Frasi su resto
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“Tu da' palla a Robertson e lui farà il resto.”

Brian Clough (1935–2004) calciatore e allenatore di calcio inglese
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“Negli Stati Uniti d'America la classe media sta lentamente scomparendo: ci sono sempre più poveri e sempre più ricchi. Penso che Essi vivono verrà visto in futuro come una delle poche voci d'indignazione in un periodo durante il quale tutti volevano due cose: vincere e fare soldi; tutto il resto era secondario. Se aveste avuto un paio di quegli occhiali avreste voluto far attenzione al vostro Primo Ministro.”

John Carpenter (1948) regista statunitense

Nel 1989 nel Regno Unito, nazionalità del quotidiano da cui Carpenter è intervistato, era in carica Margaret Thatcher
In the US, the middle class is slowly disappearing: there are more poor people and more rich. I think They Live will be looked back on as one of the few voices of outrage at a time when everyone wanted two things: to win, and to make money; all other considerations were secondary. If you had a pair of those sun-glasses, you might want to watch out for your Prime Minister.

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“Un po' di quella che chiami ostentazione è necessaria per sembrare come il resto del mondo.”

Abigail Adams (1744–1818) first lady statunitense

da Lettera a John Adams, 1° maggio 1780

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“Chi ama troppo la natura rischia di perdere il resto del mondo. Il poeta deve respingere le moine del creato.”

Leonardo Sinisgalli (1908–1981) poeta, ingegnere e pubblicitario italiano

L'età della luna

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“Del resto, ho finito. Potrei ricominciare e sarebbe meglio: ma nessuno se ne accorgerebbe. È meglio che sia finita.”

Jules Renard (1864–1910) scrittore e aforista francese

27 febbraio 1910; Vergani, p. 283
Diario 1887-1910

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“Le parole sopravvivono ai sistemi perchè vivono di loro stesse: sono fuochi di memoria, segnali di trasmissione, transiti tra passato e presente, ancoraggi per evitare derive, non certo approdi definitivi, ma porti sicuri nel mare aperto della verità. Le parole, com'è noto, sono sapienti di per sè e per questo, ogni volta, prima ancora di pronunziarle bisognerebbe ascoltarle: come all'inizio. Infatti, non sono nostre, ma ci sono state donate, le abbiamo apprese.

Perchè non suonino vane è necessario che non se perda l'eco profonda, che nel dirle si sia ancora capaci di risentirle - quasi a trattenerle - per evitare che con il suono ne svanisca anche i senso. La sapienza delle parole ha preceduto la filosofia e per molti versi l'ha preparata: in essa, poi, le parole sono maturate come frutti, si sono fissate in idee, si sono trasformate in concetti.

Variamente definite, hanno acquisito spessore e pur rimanendo le stesse nel corso del tempo sono divenute polisemiche, in taluni casi anche equivoche. Una stratificazione di significati tutta da indagare. Le parole della filosofia, come del resto tutte le parole, sono poi vincolate dalla logica del contesto, ma, ora, nell'attenuarsi dei vincoli di tradizione hanno acquistato una loro singolare libertà perchè nessuno più ha l'autorità di sottoporle a una previa restrizione.

Non si sono affatto sgravate del passato, ma sono più che mai feconde in forza di quel passato: eccedono se stesse per un sovraccarico di storia che mettono a disposizione senza ipoteche per la più ampia e e libera interpretazione. Per fare una buona filosofia basta, quindi, meditare sulle sue parole, seguirle nelle loro peripezie, procedere a una loro delucidatio, vincolarle di nuovo a più alti e differenziati livelli di definizione. Consapevoli, nel far questo, di prendere decisioni su di esse, di fare, appunto, teoria.

Le parole, poi, sono depositi di sapienza, sono tradizione e perciò garanzia di continuità pur nella variazione dei significati: certo, per investigare, scoprire, bisogna disfarsi del peso del passato, ma il già noto se non costringe sostiene, rassicura, è piattaforma per il futuro, è possibilità di mettersi al riparo se si perde la rotta e si fa naufragio.”

Parole della filosofia, o dell'arte di meditare

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“«Alex, non ti capita mai di pensare come la nostra storia sia assolutamente folle e fuori da tutti i canoni, e di come la gente non la capisca e di come nessuno la potrà mai capire?»
«Se è per questo, ci penso praticamente tutti i giorni. Anzi, spesso mi domando quanto ne capisco io»
«Un sacco di gente mi chiede perché non stiamo insieme e… non so, è strano, a pensarci bene. Effettivamente, visti dal di fuori dobbiamo dare l'idea di due che stanno insieme.»
«Io non sto con te perché… perché va bene così, perché giugno è fantastico, e sapere che c'è l'America che arriva, e allora dirsi tutto perché tra una settimana è troppo tardi, è magnifico. Qualcosa mi manca, e lo sai. Io vorrei baciarti e tutto il resto, ma non tanto per il gesto in sé… Davvero. E’ difficile… E’ come mettere le basi per addomesticarti un po’ di più. Farai più fatica a dimenticarti di me, così. Resteremo più attaccati ogni cosa in più che faremo. Io ho paura, per l'anno prossimo. Bacerò cento ragazze, andrò a letto con gente di cui non m'importa, ma non sarà come uscire con te e non dirsi niente per tutto il pomeriggio. Io so già che l'anno prossimo farò le cose più facili, più banali. E con te è tutto così trasparente e da ragazzini… Se penso che non ti ho mai baciata, Aidi…»
«Lo sai, bisogna sempre fare solo Quello Che Ci Si Sente.»
«Certo, dicevo così. Dicevo Quello Che Mi Sento.»
«E cosa ti senti, ancora?»
«Sento che questo giugno, questo scoprirsi ogni giorno di più, e ogni pezzo di me che scopro trovarne uno nuovo di te, e ogni pezzo di me che ti regalo trovarne in cambio uno che tu mi lasci nel calzino di lana di fianco al camino mentre dormo, è bello. A me non era mai successo. E vedere crescere Aidi e Alex, ogni giorno, ogni mattina di sole, che per il resto della gente non vuol dire niente di particolare, è sovvertire tutti i pronostici, è ridere di fronte all'Uomo con le Previsioni Sicure, quello che era certo che la Danimarca avrebbe preso una vagonata di gol e sarebbe stata eliminata nelle qualificazioni e invece si è qualificata e agli Europei giocherà con squadre molto più forti, e l'Uomo con le Previsioni Sicure non si raccapezza. La Gente capisce solo quando le cose sono già successe, mai mentre accadono. E per noi due è lo stesso. La Gente che non capisce come sia possibile, visto che l'Uomo dei Sondaggi aveva negato categoricamente che due come noi potessero avere una pazza storia del genere.»
«Fantastico. E la Danimarca come gioca?»
«Bene. Si vede che si divertono.»
«Alex», aveva detto lei, stringendogli le mani con una strana intensità che l'aveva turbato. «Io voglio che la Danimarca vinca.»”

Jack Frusciante Has Left the Band: A Love Story- with Rock 'n' Roll

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“Le passioni umane sono una cosa molto misteriosa e per i bambini le cose non stanno diversamente che per i grandi. Coloro che ne vengono colpiti non le sanno spiegare, e coloro che non hanno mai provato nulla di simile non le possono comprendere. Ci sono persone che mettono in gioco la loro esistenza per raggiungere la vetta di una montagna. A nessuno, neppure a se stessi, potrebbero realmente spiegare perché lo fanno. Altri si rovinano per conquistare il cuore di una persona che non ne vuole sapere di loro. E altri ancora vanno in rovina perché non sanno resistere ai piaceri della gola, o a quelli della bottiglia. Alcuni buttano tutti i loro beni nel gioco, oppure sacrificano ogni cosa per un'idea fissa, che mai potrà diventare realtà. Altri credono di poter essere felici soltanto in un luogo diverso da quello dove si trovano e così passano la vita girando il mondo. E altri ancora non trovano pace fino a quando non hanno ottenuto il potere. Insomma, ci sono tante e diverse passioni, quante e diverse sono le persone.
Per Bastiano Baldassarre Bucci la passione erano i libri.
Chi non ha mai passato interi pomeriggi con le orecchie in fiamme e i capelli ritti in testa chino su un libro, dimenticando tutto il resto del mondo intorno a sé, senza più accorgersi di aver fame o freddo;
chi non ha mai letto sotto le coperte, al debole bagliore di una minuscola lampadina tascabile, perché altrimenti il papà o la mamma o qualche altra persona si sarebbero preoccupati di spegnere il lume per la buona ragione ch'era ora di dormire, dal momento che l'indomani mattina bisognava alzarsi presto;
chi non ha mai versato, apertamente o in segreto, amare lacrime perché una storia meravigliosa era finita ed era venuto il momento di dire addio a tanti personaggi con i quali si erano vissute tante straordinarie avventure, a creature che si era imparato ad amare e ammirare, per le quali si era temuto e sperato e senza le quali d'improvviso la vita pareva così vuota e priva di interesse; chi non conosce questo per sua personale esperienza, costui molto probabilmente non potrà comprendere ciò che fece allora Bastiano.
Fissava il titolo del libro e si sentiva percorrere da vampate di caldo e di freddo. Questo, ecco, proprio questo era ciò che lui aveva sognato tanto spesso e che sempre aveva desiderato da quando era caduto in preda alla sua passione: una storia che non dovesse mai aver fine. Il libro di tutti i libri.”

The Neverending Story

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“Eccola dunque col pensiero laggiù.
Le par d’essere ancora fanciulla, arrampicata sul belvedere del prete, in una sera di maggio. Una grande luna di rame sorge dal mare, e tutto il mondo pare d’oro e di perla. La fisarmonica riempie coi suoi gridi lamentosi il cortile illuminato da un fuoco d’alaterni il cui chiarore rossastro fa spiccare sul grigio del muro la figura svelta e bruna del suonatore, i visi violacei delle donne e dei ragazzi che ballano il ballo sardo. Le ombre si muovono fantastiche sull’erba calpestata e sui muri della chiesa; brillano i bottoni d’oro, i galloni argentei dei costumi, i tasti della fisarmonica: il resto si perde nella penombra perlacea della notte lunare. Noemi ricordava di non aver mai preso parte diretta alla festa, mentre le sorelle maggiori ridevano e si divertivano, e Lia accovacciata come una lepre in un angolo erboso del cortile forse fin da quel tempo meditava la fuga.
La festa durava nove giorni di cui gli ultimi tre diventavano un ballo tondo continuo accompagnato da suoni e canti: Noemi stava sempre sul belvedere, tra gli avanzi del banchetto; intorno a lei scintillavano le bottiglie vuote, i piatti rotti, qualche mela d’un verde ghiacciato, un vassoio e un cucchiaino dimenticati; anche le stelle oscillavano sopra il cortile come scosse dal ritmo della danza. No, ella non ballava, non rideva, ma le bastava veder la gente a divertirsi perché sperava di poter anche lei prender parte alla festa della vita.
Ma gli anni eran passati e la festa della vita s’era svolta lontana dal paesetto, e per poterne prender parte sua sorella Lia era fuggita di casa…
Lei, Noemi, era rimasta sul balcone cadente della vecchia dimora come un tempo sul belvedere del prete.”

Grazia Deledda (1871–1936) scrittrice italiana

Reeds in the Wind

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“Io sono arrivato alla convinzione che di utile, di cose che valgano ne esistono poche. Se rifletto, non mi rendo nemmeno conto perché ho scritto i miei libri. Perché? Forse per comunicare, per l'appunto, il mio sentimento dell'inutilità: che è l'unica cosa vera che sono riuscito a scoprire. E non è cosa da poco, intendiamoci: poiché sull'inutilità, camuffata o dissimulata da utilità, gira il mondo e gira la vita. Del resto, guai se non fosse così. Non si farebbe più nulla. Eppure bisogna fare qualche cosa, dal momento che si è in questo mondo, per vivere. E questo qualche cosa consiste, per somma stranezza, nella scoperta della reale sostanza della vita, di quel che effettivamente è e perché serve. No, non sono un ateo, non vorrei che lei se ne andasse con questa opinione. Dio! Penso che Dio sia immensamente grande e noi immensamente picccoli; così piccoli che non riusciamo ad intuire nulla, o quasi nulla, di questa grandezza; nulla dei fini per i quali siamo nati. E, nella nostra miseria che è poi ignoranza, ci dibattiamo, ci affanniamo, ci straziamo, ci disperiamo per arrivare a collocarci in un sistema del quale tutto ci sfugge. Ci mettiamo allora a indagare, a escogitare, a inventare. Sì, invenzioni dovute alla nostra incapacità di comprendere i veri fini della creazione. Sicché, quel che noi crediamo di avere scoperto e per cui crediamo di agire, è nulla nulla nulla rispetto alla realtà vera che c'è stata data. E gli anni trascorrono nella illusione.”

Henry De Montherlant (1895–1972) scrittore e drammaturgo francese

Origine: Dall'intervista di Luigi Maria Personè, Il Bacione di Montherlant, La Gazzetta del Mezzogiorno, 7 ottobre 1972, p. 3.

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“I Khmer Rossi non volevano essere semplicemente dei comunisti; volevano essere estremisti. La loro filosofia era un misto di nazismo e di rivoluzionarismo culturale cinese. Volevano che la Cambogia avesse un nome nella storia, renderla ancora più potente di quanto fosse nel periodo di Angkor, tra il nono e dodicesimo secolo, quando l'antico regno di Cambogia dominava tutta questa parte del mondo. Dicevano inoltre che per avere una nazione grande, tutti dovevano essere impavidi, come il popolo di Sparta nella Grecia antica. Avevano buone ragioni per pensare di riuscire. Il loro ragionamento era questo: siccome abbiamo sconfitto gli americani e siamo riusciti a avere il miglior esercito del mondo, perché dovremmo fallire nei nostri tentativi di rendere il resto della nazione puro, impavido e esperto come il nostro esercito?”

Norodom Sihanouk (1922–2012) re della Cambogia

The Khmer Rouge didn't want to be just Communists. They wanted to be extremists. Their philosophy was a mixture of Hitlerism and Chinese cultural revolutionism. They wanted Cambodia to have a name in history, to be even more powerful than we were during the period of Angkor between the Ninth and 12th centuries, when the ancient kingdom of Cambodia dominated this entire part of the world. And in order to be a great nation, they said, everybody must be tough, like the people of Sparta in ancient Greece. And they had reason to believe they could succeed. The Khmer reasoning was this: Since we defeated the Americans and succeeded in having the best army in the world, why should we fail in our attempts to make the rest of the nation as pure, as tough, as skillful as our army?
Citazioni tratte dalle interviste
Variante: I Khmer Rossi non volevano essere semplicemente dei comunisti; volevano essere estremisti. La loro filosofia era un misto di nazismo e di rivoluzionarismo culturale cinese. Volevano che la Cambogia avesse un nome nella storia, renderla ancora più potente di quanto fosse nel periodo di Angkor, tra il nono e dodicesimo secolo, quando l'antico regno di Cambogia dominava tutta questa parte del mondo. Dicevano inoltre che per avere una nazione grande, tutti dovevano essere impavidi, come il popolo di Sparta nella Grecia antica. Avevano buone ragioni per pensare di riuscire. Il loro ragionamento era questo: siccome abbiamo sconfitto gli americani e siamo riusciti a avere il miglior esercito del mondo, perché dovremmo fallire nei nostri tentativi di rendere il resto della nazione puro, impavido e esperto come il nostro esercito?

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“Il calcio, come i tortellini in brodo, ha una sola versione, il gioco. Tutto il resto è fuffa.”

Italo Cucci (1939) giornalista italiano

Il Blog di Italo Cucci, Italpress
Origine: Da Il gioco unica versione del calcio, il resto fuffa http://www.italpress.com/il-blog-di-italo-cucci/il-gioco-unica-versione-del-calcio-il-resto-fuffa, 22 agosto 2017.

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