Frasi su telaio

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema telaio, essere, vita, cosa.

Frasi su telaio

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“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire partecipare. Chi vive veramente non può non essere cittadino partecipe. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.

Io partecipo, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, partecipo. Perciò odio chi non partecipa, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci (1891–1937) politico, filosofo e giornalista italiano
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“(Su come crea la musica) È un sentimento. Tu tratti l'aria come una tela e la pittura è lo strumento che passa attraverso le tue mani, fuori dalla tastiera. Così, mentre suono, è come se dipingessi un sentimento nell'aria.”

Michael Jackson (1958–2009) cantante statunitense

dall' intervista con Pharrell Williams http://hiphop-n-more.com/2009/10/pharrell-williams-x-michael-jackson-interview-2003/,Agosto 2003

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“L'uccello ha il nido | il ragno la tela | l'uomo l'amicizia.”

William Blake (1757–1827) poeta, incisore e pittore inglese

Versi e Canti

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“La divisione che separa il saggio dal folle è più sottile della tela del ragno.”

Khalil Gibran (1883–1931) poeta, pittore e filosofo libanese

Massime spirituali

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“Gli occhi di Roose Bolton erano più pallidi della pietra, più scuri del latte. E la sua voce era esile come il fruscio del ragno sulla tela.”

libro Il Trono di Spade 3. Tempesta di Spade, Fiumi della Guerra, Il Portale delle Tenebre: Libro terzo delle cronache del Ghiaccio e del Fuoco

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“Nel centro della tela, nel posto ove suole stare il ragno, Gwynplaine vide una cosa formidabile e magnifica: una donna nuda.
Non assolutamente nuda. Questa donna era vestita e vestita dalla testa ai piedi. Indossava una camicia lunghissima, come le stole d'angeli nei quadri di santi, ma così sottile che sembrava bagnata, Donde un incirca di donna nuda, più fervido e pericoloso che la nudità assoluta.
La tela d'argento trasparente era una tenda. Fermata soltanto in alto, essa poteva essere sollevata. Separava la sala di marmo, ch'era una sala da bagno, da una camera, ch'era una camera da letto. Questa camera, piccolissima, era una specie di grotta tutta specchi. Ovunque cristalli veneziani, aggiustati poliedricamente, congiunti da bacchette dorate, riflettevano il letto ch'era nel centro. Su quel letto, d'argento come la toeletta e il canapè, era sdraitata la donna. Ella dormiva.
Dormiva col capo supino. Coi piedi respingeva le coltri, come il succubo sopra al quale aleggia il sogno.
Il suo guanciale di trine era caduto a terra sul tappeto. Fra la sua nudità e lo sguardo dell'uomo, erano due ostacoli: la camicia e la tenda di velo d'argento. Due trasparenze. La camera, più alcova che camera, era illuminata lievemente dal riflesso della sala da bagno.
Forse la donna non aveva pudore, e la luce invece ne aveva ancora.
Il letto era senza colonne, né cortinaggio, né cielo, così che la donna, aprendo gli occhi, poteva vedersi riflessa mille volte nuda negli specchi che aveva sopra il capo.
Una veste da camera di magnifica seta della Cina era gettata sulla sponda del letto.
Oltre il letto, in fondo all'alcova, era forse una porta, nascosta, segnata da uno specchio piuttosto grande, sul quale eran dipinti pavoni e cigni.
Al capezzale del letto era fermato un leggio d'argento ad aste girevoli, ed a fiaccole fisse, sul quale si poteva vedere un libro aperto, che in cima alle pagine aveva questo titolo a letteroni rossi: Alcoranus Mahumedis.
Gwynplaine non scorgeva nessuna di queste cose. La donna: ecco quello che vedeva.”

1967, p. 236
L'uomo che ride

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“Un lavoratore fornisce abbondantemente agli altri ciò di cui necessitano ed essi gli procurano ampiamente ciò di cui necessita, e una generale abbondanza si diffonde attraverso tutti gli strati della società. Osserva la sistemazione del più comune artigiano o lavoratore giornaliero in un paese civile e fiorente, e ti accorgerai che del numero di persone della sua industria una parte, sebbene una piccola parte, che è stata impiegata per procurargli questa sistemazione, eccede ogni calcolo. Il cappotto di lana, per esempio, che copre i lavoratori giornalieri, grossolano e grezzo come può apparire, è il lavoro congiunto di una gran moltitudine di lavoratori. Il pastore, lo sceglitore, il pettinatore di lana o il cardatore, il tintore, il filatore, il tessitore, il lavatore, il sarto, con molti altri, devono tutti unire i loro differenti mestieri al fine di completare anche questo prodotto casalingo. Quanti mercanti e trasportatori, inoltre, devono essere impiegati nel trasportare i materiali da alcuni di questi lavoratori ad altri che spesso vivono in parti molto distanti del paese. Quanto commercio e quanta navigazione in particolare, quanti costruttori di navi, marinai, fabbricanti di vele e di funi devono essere stati impiegati al fine di mettere insieme le diverse sostanze usate dal tintore che spesso vengono dagli angoli più remoti del mondo! Che varietà di lavoro è anche necessario per produrre gli utensili del più umile di quei lavoratori! Per non parlare di quelle macchine complicate come la nave del marinaio, la fabbrica del follatore, o perfino il telaio del tessitore, consideriamo solo quale varietà di lavoro è richiesta per costruire quella semplicissima macchina, le cesoie con le quali il pastore tosa la lana. Il minatore, il costruttore delle fornaci per la fusione del minerale, il tagliaboschi, il bruciatore di carbone per far funzionare le fornaci, il produttore di mattoni, il dispositore di mattoni, i lavoratori che supervisionano la fornace, il riparatore di mulini, l'operaio della fucina, il fabbro devono tutti mettere insieme i loro differenti mestieri al fine di produrre questi. Dobbiamo esaminare allo stesso modo tutte le diverse parti del suo abito la mobilia di casa, la ruvida canottiera che indossa sulla pelle, le scarpe che coprono i suoi piedi, il letto in cui dorme, e tutte le diverse parti che lo compongono, la grata di cucina su cui prepara i suoi viveri, il carbone di cui fa uso per questo scopo, scavato dalle viscere della terra e portatogli forse attraverso un lungo trasporto per mare e per terra, tutti gli altri utensili della sua cucina, tutta la apparecchiatura del suo tavolo, i coltelli, le forchette, i piatti di coccio o di peltro sopra i quali egli serve e divide i suoi cibi, le differenti mani impiegate nel preparare il suo pane e la sua birra, le finestre di vetro che lasciano penetrare il caldo e al luce, e isolano dal vento e dalla pioggia con tutte le conoscenze e i requisiti del mestiere per preparare quella bellissima e felice invenzione senza cui queste parti nordiche del mondo avrebbero potuto scarsamente procurare un habitat confortevole, insieme con gli utensili di tutti i diversi lavoratori impiegati nel produrre queste diverse comodità; se noi esaminiamo, io dico, tutte queste cose, e consideriamo quale varietà di lavoro è utilizzato per ciascuna di esse, saremo coscienti che senza l'assistenza e la cooperazione di molte migliaia la persona più misera in un paese civilizzato non potrebbe provvedere perfino in accordo a quello che noi potremmo falsamente immaginare, la facile e semplice maniera in cui egli è comunemente sistemato.”

cap. 1 http://www.wsu.edu/~dee/ENLIGHT/WEALTH1.HTM
La ricchezza delle nazioni

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“Più la contemplo, più vaneggio in quella | mirabil tela: e il cor, che | ne sospira, | sì nell'obbietto del suo arnor delira, | che gli amplessi n'aspetta e la favella.”

Vincenzo Monti (1754–1828) poeta italiano

da Per un dipinto del celebre sig. Filippo Agricola rappresentante la Figlia dell'Autore, p. 21
Poesie varie

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“A Isfahan visitai una volta una bottega dove dinanzi a un grande telaio verticale una donna, con alla destra e alla sinistra tre giovinette, annodava un tappeto. Udire le parole di Cristina al Collegio di Musica o sull'Aventino non è che replica di quell'immagine, sorprenderla in bottega mentre con un gran foglio davanti annoda le frasi. Il nodo è un segreto di noi orientali, che così procediamo nel compiere la tela. Per questo, Lilla Cristina, la Sua opera ci appartiene. Ha rubato il nostro tempo, cioè il nostro computo del tempo − e così ci onora.”

Alessandro Spina (1927–2013) scrittore siriano naturalizzato italiano

Origine: Sorta di titolo onorifico con cui nelle piccole corti barbaresche dell'Africa del Nord si usava rivolgersi alle principesse reali. Cfr. G. Campo – A. Spina, Carteggio, nota a p. 220 e A. Spina Conversazione in Piazza Sant'Anselmo e altri scritti, p. 78.
Origine: Da Lettera di A. Spina a C. Campo del 1 novembre '71, in Cristina Campo − Alessandro Spina, Carteggio, Editrice Morcelliana, Brescia, 2007, ISBN 9788837221850, p. 219.

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“Non mi considero al lavoro senza prima trovarmi davanti a una tela di sei piedi.”

John Constable (1776–1837) pittore inglese

Origine: Lettera al Rev. John Fisher (23 ottobre 1821) di John Constable's Correspondence, ed. R.B. Beckett, (Ipswich, Suffolk Records Society, 1962-1970), part 6, pp. 76-78.

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“L'artista più attaccato, più maltrattato, da quindici anni, dalla stampa e dal pubblico, è Cézanne. Non c'è epiteto offensivo che non venga accostato al suo nome, e le sue opere hanno ottenuto un successo d'ilarità che dura ancora. […] Cézanne appare come un greco della belle époque; le sue tele hanno la calma, la serenità eroica dei dipinti e delle terrecotte antiche, e gli ignoranti che ridono davanti ai Bagnanti, per esempio, mi fanno l'effetto di barbari che criticano il Partenone. Cézanne è un pittore, e un grande pittore. Quelli che non hanno mai preso in mano un pennello o una matita hanno detto che non sapeva disegnare, e gli hanno rimproverato "imperfezioni" che non sono che una raffinatezza ottenuta grazie a un'enorme abilità. So bene che, nonostante tutto, Cézanne non può avere il successo dei pittori alla moda […] ma la sua pittura ha l'inesprimibile fascino dell'antichità biblica e greca, i movimenti dei personaggi sono semplici e grandi come nelle sculture antiche, i paesaggi hanno una maestà imponente, e le sue nature morte così belle, così esatte nei rapporti tonali, hanno, nella loro verità, qualcosa di solenne. In tutti i suoi dipinti, l'artista commuove, perché egli stesso prova, davanti alla natura, un'emozione violenta che l'abilità trasmette alla tela.”

Georges Riviere (1855–1943)

da L'Impressionniste, 1 aprile 1877
Origine: Citato in Stefania Lapenta, Cézanne, I Classici dell'arte, Rizzoli - Skira, Milano, 2003, pp. 183-188 e frontespizio. ISBN 88-7624-186-8

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“Susie – ci vuole poco a dire quanto si è soli – chiunque può farlo, ma portare la solitudine accanto al cuore per settimane, quando dormi, e quando sei sveglia, con sempre qualcosa che ti manca, questo, non tutti riescono a dirlo, e mi sconcerta. Ne dipingerei un ritratto che indurrebbe alle lacrime, se avessi la tela per farlo, e la scena sarebbe la solitudine, e le figure – solitudine – e le luci e le ombre, ciascuna una solitudine. Potrei riempire una stanza con paesaggi così solitari, la gente si fermerebbe là a piangere; poi andrebbe di fretta a casa, per ritrovare una persona amata.”

Emily Dickinson (1830–1886) scrittrice e poetessa inglese

a Susan Gilbert, novembre-dicembre 1854, 176
Lettere
Variante: Susie – ci vuole poco a dire quanto si è soli – chiunque può farlo, ma portare la solitudine accanto al cuore per settimane, quando dormi, e quando sei sveglia, con sempre qualcosa che ti manca, questo, non tutti riescono a dirlo, e mi sconcerta. Ne dipingerei un ritratto che indurrebbe alle lacrime, se avessi la tela per farlo, e la scena sarebbe la solitudine, e le figure – solitudine – e le luci e le ombre, ciascuna una solitudine. Potrei riempire una stanza con paesaggi così solitari, la gente si fermerebbe là a piangere; poi andrebbe di fretta a casa, per ritrovare una persona amata. (a Susan Gilbert, novembre-dicembre 1854, 176

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“Sono il primo a essere sorpreso e spesso terrorizzato dalle immagini che vedo apparire sulla mia tela.”

Salvador Dalí (1904–1989) pittore, scultore, scrittore, cineasta e designer spagnolo

Origine: Citato in AA.VV., Il libro dell'arte, traduzione di Martina Dominici, Gribaudo, 2018, p. 315. ISBN 9788858018330

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“Mentre scendevamo mi disse: "Oh, deve stare attento, l'entrata è un po' scomoda". "Lo so, grazie," risposi. Questa storia cominciava ad annoiarmi. […] Diedi un colpo alla porta di pesante tela e mi lanciai attraverso con decisione. Naturalmente inciampai sul gradino, volai per aria e, prima di rendermi conto di cosa fosse successo, mi ritrovai con i denti ben conficcati tra una lampadina rossa e una blu in mezzo alle luci della ribalta. Stavo recitando in un teatro molto capiente, il che significa che qualunque sia la reazione degli spettatori arriva con la forza di un tuono a chi sta davanti a loro sul palcoscenico. Il volume di quella reazione specifica mi rintronò per un secondo o due. Mi rimisi in piedi in qualche modo, spolverandomi un po' i vestiti e stetti fermo per un attimo a scrutare il pubblico; poi mi girai e gettai uno sguardo a Ruby Miller che era sufficientemente professionista da non muovere un capello. Tornai a guardare il pubblico con aria supplichevole, ma non sembrava intenzionato a rinunciare così facilmente alla più grande risata del secolo. Nei molti anni trascorsi da allora a oggi ho recitato con gioia in numerose commedie […] Mi sono illuso di poter generalmente conquistare il livello di risate che io o la situazione comica meritavamo, ma ho sospirato invano; mai, proprio mai, nella mia vita ho sentito un suono così esplosivo e alto come il gioioso clamore sollevato da quel pubblico. Tutte le volte che ho pensato di avere motivo per essere soddisfatto di me stesso, il ricordo della mia prima entrata su un palcoscenico professionale ha immediatamente ristabilito il mio senso di equilibrio. Avanzai con aria miserevole sul palcoscenico verso Ruby e sedetti al suo fianco sul divano, lasciando che lei, con il suo fantastico senso della sincronizzazione, da grande esperta, facesse smettere quelle risate. […] Finalmente la mia parte sulla scena si concluse, mi alzai, mi chinai a baciare la mano a Ruby e uscii, questa volta evitando il gradino, piacevolmente accompagnato da un breve, allegro scoppiettio di applausi da parte di quel generosissimo pubblico. Al che mi montai la testa, in un allarmante risorgere di presunzione.”

Laurence Olivier (1907–1989) attore e regista britannico

Origine: Confessioni di un peccatore, pp. 36-37

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“Sulla spiaggia aspetterò U-Ulisse | la mia tela scioglierò U-Ulisse | lui mi ha detto "tornerò" U-Mentisse. (da Colpa mia”

Francesco Salvi (1953) attore, scrittore, comico, cantante e architetto italiano

Ulisse cha cha cha), n. 5
Limitiamo i danni

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“Una volta, dopo il tè della sera Tolstoj, che si sentiva male, mi chiamò in camera sua. Alloggiava allora in basso […].
— Che cosa vi preoccupa, ora? A che pensate? — mi domandò, sdraiandosi sul grande divano coperto di tela cerata nera e comprimendosi il fegato malato con la mano passata sotto la cintura.
— A Dio. Cerco di chiarire in me questo concetto.
— In casi simili, mi ricordo sempre della definizione di Matthew Arnold. Ve ne ricordate? «Dio è la cosa eterna, posta al di fuori di noi, che ci conduce e che esige da noi la santità.» Aveva studiato i libri del Vecchio Testamento, e, per quell'epoca, la definizione era sufficiente. Ma, dopo Cristo, bisogna aggiungere che, al contempo, Dio è l'amore.
«Ognuno di noi possiede la propria rappresentazione di Dio. Per i materialisti Dio è la materia, benché ciò sia completamente erroneo; per Kant, è una cosa, per una contadina illetterata è un'altra.» Egli continuava così rispondendo al più completo disappunto che si dipingeva sul mio volto.
— Ma che cos'è questa nozione, se differisce in ciascun individuo? Tutte le altre nozioni sono forse le stesse per tutti!
— Perché? Esiste una moltitudine d'oggetti che gli uomini si rappresentano in modo nettamente diverso.
— Per esempio?
— Ce ne sono quanti ne volete… Ecco, per esempio… prendiamo non foss'altro l'aria: per un fanciullo non esiste; un adulto la conosce, come poter dire ciò?, diciamo che col senso del tatto egli l'aspira; ma per un chimico è tutt'altro.
Il Maestro parlava con voce calma e convincente come si parla con i fanciulli.
— Ma, se si hanno concezioni diverse di questo oggetto, perché, per nominarlo, ci si serve della stessa parola "Dio"? La contadina che lo nomina vuole esprimere una cosa diversa dalla vostra?
— Le nostre concezioni sono diverse, ma hanno anche un certo elemento comune. Per tutti gli uomini, questa parola evoca nella sua essenza una nozione che è comune a tutti loro, ed è perciò che non si può sostituire questa parola con nessun'altra.”

Victor Lebrun (1882–1979) scrittore e attivista francese

pp. 111-113
Variante: Una volta, dopo il tè della sera Tolstoj, che si sentiva male, mi chiamò in camera sua. Alloggiava allora in basso [... ].— Che cosa vi preoccupa, ora? A che pensate? — mi domandò, sdraiandosi sul grande divano coperto di tela cerata nera e comprimendosi il fegato malato con la mano passata sotto la cintura.— A Dio. Cerco di chiarire in me questo concetto.— In casi simili, mi ricordo sempre della definizione di Matthew Arnold. Ve ne ricordate? «Dio è la cosa eterna, posta al di fuori di noi, che ci conduce e che esige da noi la santità.» Aveva studiato i libri del Vecchio Testamento, e, per quell'epoca, la definizione era sufficiente. Ma, dopo Cristo, bisogna aggiungere che, al contempo, Dio è l'amore.<!-- la chiusura di virgolette manca così nel testo -->«Ognuno di noi possiede la propria rappresentazione di Dio. Per i materialisti Dio è la materia, benché ciò sia completamente erroneo; per Kant, è una cosa, per una contadina illetterata è un'altra.» Egli continuava così rispondendo al più completo disappunto che si dipingeva sul mio volto.— Ma che cos'è questa nozione, se differisce in ciascun individuo? Tutte le altre nozioni sono forse le stesse per tutti!— Perché? Esiste una moltitudine d'oggetti che gli uomini si rappresentano in modo nettamente diverso.— Per esempio?— Ce ne sono quanti ne volete... Ecco, per esempio... prendiamo non foss'altro l'aria: per un fanciullo non esiste; un adulto la conosce, come poter dire ciò?, diciamo che col senso del tatto egli l'aspira; ma per un chimico è tutt'altro. Il Maestro parlava con voce calma e convincente come si parla con i fanciulli.— Ma, se si hanno concezioni diverse di questo oggetto, perché, per nominarlo, ci si serve della stessa parola "Dio"? La contadina che lo nomina vuole esprimere una cosa diversa dalla vostra?— Le nostre concezioni sono diverse, ma hanno anche un certo elemento comune. Per tutti gli uomini, questa parola evoca nella sua essenza una nozione che è comune a tutti loro, ed è perciò che non si può sostituire questa parola con nessun'altra.

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“[Michelangelo Merisi da Caravaggio] Si esercitò da giovine nell'arte di murare e portò lo schifo della calce nelle fabbriche […] s'incontrò a far le colle ad alcuni pittori che dipingevano a fresco, e tirato dalla voglia di usare i colori accompagnossi con loro, applicandosi tutto alla pittura. […] Dopo, essendo egli d'ingegno torbido e contenzioso, per alcune discordie fuggitosene da Milano giunse in Venezia, ove si compiacque tanto del colorito di Giorgione che se lo propose per iscorta nell'imitazione. […] Condottosi a Roma vi dimorò senza ricapito e senza provvedimento […] sichè dalla necessità costretto, andò a servire il cavaliere Giuseppe d'Arpino, da cui fu applicato a dipinger fiori e frutti sì bene contrafatti che da lui vennero a frequentarsi a quella maggior vaghezza che tanto oggi diletta. […] Ma esercitandosi egli di mala voglia in queste cose, e sentendo gran rammarico di vedersi tolto alle figure, incontrò l'occasione di Prospero, pittore di grottesche, e uscì di casa di Giuseppe per contrastargli la gloria del pennello. […] …era solito usare drappi e velluti nobili per adornarsi; ma quando poi si era messo un abito, mai lo tralasciava finché non gli cadeva in cenci […] …era negligentissimo nel pulirsi; mangiò molti anni sopra la tela di un ritratto, servendosene per tovaglio mattina e sera.”

Giovanni Pietro Bellori (1613–1696) scrittore italiano

da Le vite de' pittori, scultori et architetti moderni, parte prima, pp. 201-214

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“[parlando di Antonio Tatò] Di lui vogliamo ricordare, in primo luogo, la generosità e l'entusiasmo. Da quando si dedicava appassionatamente, correndo in bicicletta per tutta Roma, a tessere la tela della cospirazione antifascista […] a quando passava giorni e notti a lavorare senza soste, dimentico anche degli impegni familiari, se Giuseppe Di Vittorio o Enrico Berlinguer avevano bisogno di collaborazione per preparare un discorso, un articolo, un'intervista, una relazione […]. Di lui vogliamo ricordare lo straordinario disinteresse. Tonino aveva le capacità, professionali, politiche, culturali e umane; aveva quella sua eccezionale capacità di lavoro, che gli avrebbero consentito di ambire a cariche prestigiose; si è speso senza riserve e senza mai preoccuparsi del proprio ruolo personale, al servizio degli interessi generali, prima nella Sinistra Cristiana, poi nella CGIL e nel PCI, infine nel PDS. Si è molto favoleggiato del suo rapporto con Enrico Berliguer; in realtà Tonino ebbe in quei lunghi anni una sola preoccupazione fondamentale: far conoscere il segretario del PCI come era veramente; farlo stimare e apprezzare anche fuori dell'area dei nostri iscritti, simpatizzanti, elettori; porre al servizio del segretario del partito e, per suo tramite, della linea e dell'azione del partito, tutte le proprie conoscenze e le proprie relazioni, tutta la sua intuizione politica e la sua capacità di elaborazione ideale.”

Maria Lisa Cinciari Rodano (1921) politica italiana

Discorso riportato dall'Agenzia DIRE, supplemento al n. 218/21, novembre 1992, p. 7

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“La Germania che va a ritessere la tela del suo gioco.”

Armando Ceroni (1959) giornalista svizzero

Citazioni tratte dalle telecronache sulla RSI

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“Velázquez, che deve molto ai maestri veneziani, alla fine paga il suo debito. Abbandonate le tonalità cupe della primitiva tavolozza, diviene uno dei maggiori coloristi del tempo suo. I suoi limiti erano piuttosto angusti, ma la conoscenza dei valori crebbe con gli anni, e nell'impiego dei bianchi e dei grigi-argento non ebbe rivali. Dove i veneziani avrebbero creato un contrasto stridente con rosso e rosa, con rosa e porpora, Velázquez, con non so quale misteriosa alchimia, li combinava insieme senza dissonanze, creando nuove armonie di colori. Dai veneziani apprese a rompere i rigidi contorni delle figure e a modellarne le forme con la luce, a correre sulla trama della tela con un pennelleggiare rapido, ponendo l'accento là dove era più necessario. Dal realismo degli "interni" all'impressionismo degli ultimi lavori, fu lungo e faticoso il cammino, il costante ostinato progresso di un artigiano, destinato a padroneggiare il proprio mestiere piuttosto che il successo senza fatica di un virtuoso.”

Elizabeth Du Gue Trapier (1893–1974) critica e storica dell'arte statunitense

da Velázquez, 1948
Origine: Citato in Velázquez, I Classici dell'arte, a cura di Elena Ragusa, pagg. 183 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\TO0\1279609 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?select_db=solr_iccu&searchForm=opac%2Ficcu%2Favanzata.jsp&do_cmd=search_show_cmd&db=solr_iccu&Invia=Avvia+la+ricerca&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&nentries=1&rpnlabel=+Identificativo+SBN+%3D+IT%5CICCU%5CTO0%5C1279609+%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2B%2540attr%2B1%253D1032%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522IT%255C%255CICCU%255C%255CTO0%255C%255C1279609%2522&&fname=none&from=1

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“Il ragno partorisce fori di sé l'artificiosa e maestrevole tela, la quale gli rende, per benefizio, la presa preda.”

Leonardo Da Vinci (1452–1519) pittore, ingegnere e scienziato italiano

Ragno; 1979, p. 61
Bestiario o Le allegorie

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“La [p]reistoria è ancora un'enorme tela per lo più bianca. Quindi, vi si possono dipingere scenari incredibilmente diversi, a seconda delle preferenze dei singoli pensatori.”

Cynthia Eller (1958) storica statunitense

Origine: Da The Myth of Matriarchal Prehistory: Why an Invented Past Won't Give Women a Future, Beacon Press, Boston, 2000, p. 41; citato in Will Tuttle, Cibo per la pace, traduzione di Marta Mariotto, Sonda, Casale Monferrato, 2014, p. 33. ISBN 978-88-7106-742-1

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“Fai, | fai da, | fai da te, | fai da tela, | e lascia che la gente ti dipinga, come può! | Come deve! | Come crede!”

Caparezza (1973) cantautore e rapper italiano

da Fai da tela, n. 17
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“[Diego Velázquez] Nelle opere giovanili che di lui rimangono, lo scopo era di raffigurare una realtà assoluta. Le sue nature morte sono pitture realistiche che rivelano la maestria del pittore nei valori tattili. Egli probabilmente conobbe qualche opera del Caravaggio e di alcuni suoi seguaci: in ogni caso, utilizzò in parecchi quadri ciò che chiamiamo "tenebrismo", anche se se ne servì alla propria maniera. Per tutta la vita le sue composizioni seguirono gli schemi dei pittori manieristici; mai compose secondo linee diagonali nello spazio, fatta eccezione per qualche ritratto equestre. Ma quando Velázquez si stabilì a Madrid e poté studiare i grandi veneti, lo stile mutò. La sua tavolozza passò dal bruno ai grigi e ai neri; l'artista si fece più sicuro di sé, arrivando a raffigurare il movimento. […] Più tardi Velázquez andò in Italia e prese contatto con gli artisti di quel paese, non solo del passato, ma anche con quelli allora vivi e operosi. La tavolozza si fece così più ricca di colore, secondo un'inclinazione che doveva farsi sempre più sentita per il resto della vita. Il pennelleggiare sulla tela divenne sempre più libero ed eloquente in ogni opera, raggiungendo in breve un'esattezza unica nella pittura europea. Le sue ardite pennellat e degli anni maturi possono essere paragonate per l'eloquenza a quelle dei pittori orientali.”

Xavier de Salas (1907–1982) storico dell'arte spagnolo

da Velázquez, 1962
Origine: Citato in Velázquez, I Classici dell'arte, a cura di Elena Ragusa, pagg. 183 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\TO0\1279609 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?select_db=solr_iccu&searchForm=opac%2Ficcu%2Favanzata.jsp&do_cmd=search_show_cmd&db=solr_iccu&Invia=Avvia+la+ricerca&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&nentries=1&rpnlabel=+Identificativo+SBN+%3D+IT%5CICCU%5CTO0%5C1279609+%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2B%2540attr%2B1%253D1032%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522IT%255C%255CICCU%255C%255CTO0%255C%255C1279609%2522&&fname=none&from=1

Caparezza photo

“La gente! | Tutti ce l'abbiamo con la gente… | Come se non ne fossimo parte, | ci si estromette sempre! Sempre!”

Caparezza (1973) cantautore e rapper italiano

da Fai da tela, n. 17
Museica