Frasi su vivo
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“Fin tanto che vivo, nessuno deve immischiarsi nel governo.”

Francesco Giuseppe I d'Austria (1830–1916) Imperatore d'Austria e Re di Ungaria

Origine: Citato in Francesco Giuseppe di Cesare Marchi, in Le ultime monarchie, p. 45, 1973, Istituto Geografico De Agostini.

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“Intreccio d'ombre e di rami | tutta una cosa col cielo! | Tre cornacchie che hanno il nido in un pino | strillano d'allegria per così poco. | C'è un sospiro d'aria appena, | una dolce calma di sole calato | e nel cielo liscio una stella | che ammicca a un barchetto dorato. | Ecco la navicella | che scivola a fil di cielo | portando nell'aria serena | i sogni dei bambini | che intanto stanno a cena. | Che odore d'infanzia e di favole! || Questo è il mattino | color del mio brivido. | Ed io con parole innocenti | vado come palpando | i fuggitivi contatti di questi momenti col cielo: | sono altrettanti saluti d'amore | al bel clima di felicità silenziosa | specchiata nel giro del nostro orizzonte. || Quando spunta l'erba novella sul prato, | una resistenza è spezzata in forma di luce, | e assistiamo alla gloria | dei lavorii già nascosti sotterra | in forza di luminosi aspetti | che il buio gelosamente protesse | fino al momento che divenuti polpa | il sole vi urta sopra | con quel rimbalzo di splendore | che noi chiamiamo esistenza. || Queste minute creature | che ieri erano fuori del nostro raggio, | possiamo toccarle al vivo | come una nostra affezione… | Tieniti muta, | anima nostra, | nel tuo vibrante solstizio, | giacché un abbraccio tacito e immenso, | un abbraccio al mondo | è l'ultimo gesto appreso dal tuo dolore | quando hai scoperto che la tua pena | è soltanto una pena d'amore.)”

Arturo Onofri (1885–1928) poeta e scrittore italiano

Origine: Citato in De Marchi e Palanza, Protagonisti della civiltà letteraria nella critica, Antologia della critica Letteraria dalle Origini ai nostri giorni, Casa Editrice Federico & Ardia, Napoli, 1974, p. 750.

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“Bè, è un'intervista abbastanza agghiacciante, per chi la vede soprattutto col senno di poi, cioè la vede come il testamento spirituale. Borsellino dice alcune cose: a) che la procura di Palermo in quel momento sta indagando sui rapporti tra Berlusconi, Dell'Utri e Mangano; e poi dice un'altra cosa: dice che in una intercettazione del 1981 tra Mangano e Dell'Utri, Mangano sta contrattando con Dell'Utri a proposito di un cavallo. E Borsellino dice che "nel maxiprocesso noi abbiamo appurato che Mangano quando parla di cavalli intende partite di droga". Quando poi il giornalista, che è un francese, quindi fa domande, gli dice "se ricordo bene nell'inchiesta c'è un'intercettazione fra Mangano e Dell'Utri in cui si parla di cavalli". Borsellino, che evidentemente è un fine umorista, risponde "bè, nella conversazione nel maxiprocesso, se non piglio errore, si parla di cavalli che dovevano essere mandati in un albergo. Quindi non credo che potesse trattarsi effettivamente di cavalli: se qualcuno mi deve recapitare due cavalli me li recapita all'ippodromo oppure al maneggio, non certamente dentro a un albergo". Allora, voi immaginate un'intervista di questo genere rilasciata oggi da Borsellino vivo, che cosa si direbbe di Borsellino, che è una toga rossa, che è arrivata la cavalleria comunista, che non a caso è un complotto politico, la giustizia a orologeria. Il problema è che pare che Paolo Borsellino votasse Movimento Sociale; cioè apparteneva a quella tradizione della destra, la nobile tradizione della destra legalitaria, che in Sicilia faceva fronte contro la mafia. Per cui, andava perfettamente d'accordo con suoi colleghi che erano di sinistra. Immaginatevi se un uomo come Borsellino fosse sopravvissuto e avesse rilasciato oggi questa intervista dove sarebbe già finito, come minimo davanti al CSM, come minimo. Il fatto che in questo paese un'intervista del genere non trovi un programma che la trasmetta in prima serata ma debba andare di notte è abbastanza significativo.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

Citazioni tratte da interviste

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“Ma se non fosse per sentirti vivo, adesso, io nemmeno per tutto l'oro del mondo | starei gridando.”

Francesco De Gregori (1951) cantautore italiano

da Chi ruba nei supermercati?, n. 4
Canzoni d'amore

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“Io resto un uomo solo sulla terra come tutti noi | ma vivo col cuore come l'ultimo degli eroi.”

Rayden (1985) rapper e beatmaker italiano

da Fai col cuore, n. 3
In Ogni Dove

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“E se non fosse per sentirmi vivo, adesso, io nemmeno probabilmente | starei cantando.”

Francesco De Gregori (1951) cantautore italiano

da Chi ruba nei supermercati?, n. 4
Canzoni d'amore

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“ancora vivo, ma Antipatro e i Macedoni non hanno lasciato inviolato neppure il tuo tempio.”

Demostene (-384–-322 a.C.) politico e oratore ateniese

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“Moro non è il santino immaginario della interessata iconografia ufficiale. […] Moro è quello che vien fuori dalle sue lettere, quelle lettere che scrisse quando era prigioniero delle Br e che sono quanto di più penoso ed umiliante sia mai uscito da una prigione. Lo «statista insigne» che, al momento del dunque, sconfessa tutti i principi dello Stato di diritto, sembra considerare lo Stato ed i suoi organismi come un proprio patrimonio privato, invita gli amici del suo partito ed i principali rappresentanti della Repubblica a fare altrettanto. L'uomo che chiede pietà per sé ma, in novanta lettere, non ha una parola per gli uomini della sua scorta, morti ammazzati per lui e, anzi, l'unico accenno che ne fa è gelidamente burocratico per definirli «amministrativamente non all'altezza». Il politico che conferma la tradizione della classe dirigente italiana pronta a chiedere tutto, anche la vita, agli umili, ma mai disposta, le poche volte che capita, a pagare di persona (si pensi a Mussolini in fuga sotto un pastrano tedesco, al modo con cui il re e Badoglio abbandonano Roma). Dire queste cose d'un uomo che è morto come è morto Moro può apparire, anzi è, crudele. Ma è la verità. E poiché ho scritto queste cose quando Moro era ancora vivo («Statista insigne o pover'uomo?»”

Massimo Fini (1943) giornalista, scrittore e drammaturgo italiano

Il Lavoro 4 aprile 1978) non ho alcuna remora a ripeterle ora che è morto e che altri tasselli vengono a completarne la figura.
Origine: Da E questo era lo «statista insigne»? http://www.massimofini.it/1986/blog/pagina-2, Massimofini.it, archivio 1986.

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“Ci sono quelli che vengono schiantati dal dolore, quelli che diventano pensosi. Ci sono quelli che parlano del più e del meno sull'orlo della tomba, e continuano in macchina, del più e del meno, neanche del morto, di piccole cose domestiche; ci sono quelli che dopo si suicideranno e non glielo si vede in faccia, ci sono quelli che piangono molto e cicatrizzano in fretta, quelli che annegano nelle lacrime che versano, quelli che sono contenti, sbarazzati da qualcuno; ci sono quelli che non riescono più a vedere il morto, tentano, ma non ce la fanno, il morto ha portato con sé la propria immagine, ci sono quelli che vedono il morto ovunque, vorrebbero cancellarlo, vendono i suoi tre stracci, bruciano le sue foto, traslocano, cambiano continente, ci riprovano con un vivo, ma niente da fare, il morto è sempre lì, nel retrovisore; ci sono quelli che fanno il pic-nic al cimitero e quelli che lo evitano perché hanno una tomba scavata nella testa, ci sono quelli che non mangiano più, ci sono quelli che bevono, quelli che si domandano se il loro dolore è autentico o costruito; ci sono quelli che si ammazzano di lavoro e quelli che finalmente si prendono una vacanza, ci sono quelli che trovano la morte scandalosa e quelli che la trovano naturale con-l'età-per-cui, circostanze-che-fanno-sì-che; è la guerra, è la malattia, è la moto, la macchina, l'epoca, la vita; ci sono quelli che trovano che la morte sia la vita.”

La fata Carabina

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“Faccio acquistare il Suo libro [Esperienze pastorali], e piace a tutti. È così fresco, vivo, sincero, schietto, che conferma nella certezza che ci sono persone bene orientate. Io vi ho trovato tante cose in cui convengo […] era una mia vecchia idea quella della scuola che insegna a capire ciò che è testo, le parole, la lingua.”

Aldo Capitini (1899–1968) filosofo, politico e antifascista italiano

Origine: Da una lettera a Don Milani, gennaio 1960; citato in Neera Fallaci, Dalla parte dell'ultimo: vita del prete Lorenzo Milani, Milano Libri Edizioni, Milano, 1974, p. 360.

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“Beh, guarda… io… Noi due non ci conosciamo, sicuramente non ci conosciamo. Però… apro una parentesi veloce, senza polemiche e senza niente. Credo che tu non sia stato… non sei molto al corrente della mia carriera., la Fiorentina anc… eh però, però nel mio curriculum… Però, se ti devo dire la verità, ti devo dir la verità… arrivato qua mi sembra di esser tornato ai tempi del Chievo. Però cosa c'è qua? Che respiri un'aria, pur essendo piccola… ecco la differenza, eh… c'è, c'è aria di una società mol… importante, secondo me. Ecco, queste sono le mie prime sensazioni quando mi son calato nel nero-verde.
[…] E quando vieni fuori da una situazione di 'sto tipo qua, che comunque poi ti hanno scelto, beh, parti ancora più rinvigorito, perché vuol dire che… che tu li hai convinti e… e che è una cosa bella! Se tu invece vieni fuori da situazioni forzate, eccetera, non sta bene, capisci? Ecco, questa l'ho vissuta molto bene. Perché comunque credo che alla fine dopo, o per un motivo o per l'altro, la scelta è caduta su di me perché ero quello… quello a cui la scoietà voleva arrivare.
[…] Esonero se tu fai… Allora, chiaro che se tu fai 2 anni di carriera, la statistica, magari fai 2 esoneri di fila, è un conto. Se tu fai 20 anni di Serie A e lavori anche all'estero qualche esonero ci sta, vai a vedere le carriere degli allenatori… Poi dopo, sai… un conto è lavorare in un posto, un conto è lavorare in un altro posto. È una cosa normale in un… in un trand, diciamo di lavoro di un allenatore. La vivo, l'ho sempre vissuta… chiaro che non fa mai piacere essere esonerati, però bisogna sempre trovare l'energia e la forza di andare avanti, di capire perché comunque sei stato esonerato, di cercare di, di, di, di… di avere quel coraggio di insistere e di migliorarti in modo che poi di far ricredere anche chi ti ha esonerato, ecco, questo ti deve sempre animare secondo me. […] Modena, Modena fu… il mio esonero è stato perché c'è stata incompatibilità col direttore sportivo Tosi. Non è stato un esonero di quelli… e non c'era incompatibilità, io purtroppo ho un carattere di quelli, allora magari più di adesso, avevo un carattere che io non, non… non ci si deve sposare per forza nella vita, se c'è incompatibilità ci si lascia. Ecco, di Modena ho 'sto ricordo qua.
[…] Però sono parito dalle giovanili, ho fatto un percorso, un cammino credo giusto e mi hanno scelto per allenare la prima squadra, ho fatto 2 anni di allenatore in seconda, ho imparato; poi mi hanno dato in mano la squadra, l'ho portata in Serie B, credo che se non è un'impresa come il Sassuolo, ci manca poco. Perché il Chievo, chi sa dov'è Verona, era un posto dove c'era la diga, ci passa l'Adige… ci sono 500 persone, e lì siamo andati in Serie B. In Serie B ho fatto 3 anni, tutti in miglioramento fino alla soglia della Serie A. Poi l'ho lasciato… l'ho lasciato perché sai, e lo sa anche il Sassuolo, tu quando vai, ad esempio il Sassuolo va in Serie A e cerca il giocatore di grande esperianze, eccetera, a volte ti senti dire di no. Quindi al Chievo c'era questo grande enigma. Noi eravamo in B madovevamo fare ancora con giocatori di C. Quindi sono state grandi imprese quelle lì. Perché, chi veniva al Chievo? Capisci? Chi veniva… adesso al Chievo ci va anche il grande giocatore, ma allora figurati. Quindi, abbiamo seminato insieme anche là con una grande società insieme con buon lavoro di gruppo, e siamo arrivati alla soglia della Serie A, che dopo l'ha ottenuta Del Neri dopo 2 anni. Però bisogna guardare anche il lavoro precedente, perché non è che tutto quanto è da buttare a mare, capito? Ecco, questo voglio dire.
[…] Io quando la mattina apro gli occhi e guardo il cielo ringrazio il Signore, perché credo che bisogna anche nella vita essere… Io credo di aver fatto, di avere avuto la fortuna di fare il lavoro che mi piace e di averlo svolto in maniera professionale al massimo e sono ancora qua dopo 20 che ho questa voglia qua perché penso che sia… per me è il più bel lavoro del mondo. E mi limito a dire questo, capito? Cioè, non ho nessun rimpianto, non ho nessun rammarico. La carriera di un allenatore purtroppo, o bene o male, ha degli alti e bassi e bisogna accetarli, bisogna sempre essere lì sul pezzo, a migliorarsi, a… la voglia di, di… altrimenti quando non c'è quella voglia lì bisogna smettere. Se non c'hai quella voglia lì bisogna smettere, qualsiasi tipo di lavoro. Oppure cambiare lavoro. Io questa voglia qua ce l'ho ancora, quindi sono qua con la voglia di, di, di… di trasmettere le, le, le, le, le, le mie sensazioni e le mie motivazioni a questa società ma soprattutto ai ragazzi.”

Alberto Malesani (1954) allenatore di calcio e ex calciatore italiano
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“Era scappato perché sentiva che il desiderio di lei era cosi vivo e reale da fargli perdere la testa.”

Licia Troisi (1980) scrittrice italiana

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Le leggende del mondo emerso

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“Oltre a ciò che tutti sanno di un cane pechinese | vi dico davvero che quello zero di vituccia evanescente nelle mie palme | è stato niente di più e niente di meno che il puro amore stesso, | è stato sì, davvero, quel certo amore che con devota estasi | ed in lotte strazianti brama e insegue l'anima assetata | perché vuole fiammeggiare come roveto, | perché vuol boccheggiare come i pesci di Francesco. | Eccolo, è qui, ingenuo e minuto, scintillante e trasparente | come un pizzico di radio attivo estratto da centinaia di quintali di pece. | Non ha niente, né cervello né cuore, è solo amore, | più non ci sono ragioni o istinti, c'è solo l'amore. | Non ha neppure vita più, nemmeno vuole vivere, solo amare vuole. | Amore senza anima, senza sensi, senza vita. | In verità vi dico che anche a noi uomini farebbe bene amare così. | Lo so, vorremmo amarci, amare gli uni e gli altri e non noi stessi, | gli uni e gli altri e non quell'io fastidioso al quale siamo legati a vita. | Sarebbe bello amare, amare un altro e non compiangere sempre noi stessi. | So che siete buoni, ragazzi, buoni sotto quelle larve sfigurate dalla cattiveria. | Attendi, è vero, mio assassino, attendi, è vero, la mia morte? | Sarebbe bello amare, sarebbe bello, ma tu ti tormenti mentre sai che vivo. | Tutti aspettate insieme con me il momento d'amarmi, | ma morire io devo perché voi possiate amarmi, ricordarmi con lacrime.”

Frigyes Karinthy (1887–1938) scrittore, poeta e drammaturgo ungherese

da Tommy, Monologo ingenuo sul cuore di un cane
Origine: In Mario De Micheli e Eva Rossi, Poesia ungherese del Novecento, Schwarz editore, Milano, 1960, p. 94.

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“Normalmente vivo sulle nuvole che stanno sopra le nuvole.”

Nicoletta Braschi (1960) attrice italiana

Origine: Citato in Paola Jacobbi, «Adesso so come fanno i marinai» http://www.vanityfair.it/people/italia/12/11/20/nicoletta-braschi-adesso-so-come-fanno-i-marinai, VanityFair.it, 20 novembre 2012.

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“Belli e fatti di jeans, meglio di una pubblicità dal vivo.”

Riferendosi a Babi e Step in moto
Tre metri sopra il cielo

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“Un'emozione non so che cosa sia | ma ho imparato che che va buttata via. | Dolce prudenza, ti prego, resta ancora con me | da troppo tempo non vivo grazie a te.”

Giorgio Gaber (1939–2003) cantautore, commediografo e regista teatrale italiano

da Un'emozione, CD 2, n. 3
Far finta di essere sani

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“Omero rimase vivo duemila anni., è invecchiata dopo cinquant'anni.”

Umberto Saba (1883–1957) poeta italiano

22, p. 183
Scorciatoie e raccontini

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“Ho una Punto celeste non un'auto blu | vivo d'artista non parli più | l'hai scritto tu C. A. L. M. A.| l'hai scritto tu se vuoi.”

Rayden (1985) rapper e beatmaker italiano

da Anche no, n. 8
In Ogni Dove

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“Più tosto can vivo che leone morto.”

Stefano Guazzo (1530–1593) scrittore italiano

Origine: Citato in Harbottle, p. 394
Origine: Dialoghi Piacevoli, Della Morte, p. 525

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“Vivere vuol dire rifiutare. Chi accetta ogni cosa non è più vivo dell’orifizio di un lavandino.”

Métaphysique des tubes
Variante: Vivere vuol dire rifiutare. Chi accetta ogni cosa non è più vivo dell'orifizio di un lavandino.

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“Per Wallander la vita era un succedersi di problemi pratici che dovevano essere risolti, allo stesso tempo sapeva di non aveva la capacità di migliorare la propria esistenza o quella di altri con formule filosofiche. E non si era mai lamentato di vivere nell'epoca che il caso o il destino gli avevano assegnato. Si nasce quando si nasce e si muore quando viene la nostra ora, e questi per Wallander erano i limiti dell'esistenza. Ma in quella notte passata insieme a Baiba Liepa in quella gelida chiesa fu costretto a guardare dentro se stesso come non aveva mai fatto prima. Durante quella notte interminabile si rese conto che la ricca Svezia non era il mondo e che quelle che fino ad allora aveva considerato delle difficoltà apparivano insignificanti se paragonate al terrore con cui Baiba Liepa doveva vivere giorno dopo giorno. Quella notte il ricordo del massacro di cui era stato testimone lo colpì con tutta la sua violenza. Quello a cui aveva assistito none era stato un incubo, le armi erano armi vere e le pallottole che avevano brutalmente interrotto delle vite umane erano pallottole vere. Si chiese se il supplizio peggiore al quale un essere umano potesse essere condannato fosse una paura senza fine. Improvvisamente, il nostro è diventato il tempo della paura, pensò. Questa è l'epoca in cui io vivo ed è solo adesso che me ne rendo conto.”

The Dogs of Riga

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“Era di nuovo notte. La locanda della Pietra Miliare era in silenzio, e si trattava di un silenzio in tre parti.
La parte più ovvia era una quiete vuota, riecheggiante, formata da cose che mancavano. Se ci fosse stato del vento, avrebbe spirato attraverso gli alberi, fatto scricchiolare l’insegna della locanda sui suoi cardini e spazzato via il silenzio lungo la strada come vorticanti foglie autunnali.
Se ci fosse stata una folla o anche solo un gruppetto di avventori, questi l’avrebbero riempito con conversazioni e risa, il fracasso e gli schiamazzi che ci si aspetta da una taverna nelle buie ore notturne. Se ci fosse stata musica… ma no, ovviamente non c’era alcuna musica. In realtà non c’era nulla di tutto ciò, perciò rimaneva il silenzio.
All’interno della Pietra Miliare alcuni uomini erano radunati a un angolo del bancone. Bevevano con calma determinazione, evitando serie discussioni di notizie preoccupanti. Nel fare ciò essi aggiungevano un piccolo, cupo silenzio a quello, vuoto, più grande. Formava una sorta di lega, un contrappunto.
Il terzo silenzio non era facile da notare. Se foste rimasti in ascolto per un’ora, avreste potuto cominciare a sentirlo nel pavimento di legno sotto i piedi e nei ruvidi barili scheggiati dietro il bancone.
Era nel peso del focolare di pietra nera che tratteneva il calore di un fuoco spento da molto. Era nel lento andirivieni di un bianco panno di lino che sfregava le venature del bancone. Ed era nelle mani dell’uomo che se ne stava lì in piedi a pulire un tratto di mogano che già risplendeva alla luce delle lampade. L’uomo aveva capelli di color rosso vivo, come fiamma. I suoi occhi erano scuri e distanti, e lui si muoveva con la sottile certezza che proviene dal conoscere molte cose.
La Pietra miliare era sua, proprio come il terzo silenzio.
Era appropriato, dato che dei tre era il silenzio più grande, che avvolgeva gli altri.
Era profondo e vasto come la fine dell’autunno. Era pesante come una grossa pietra levigata dal fiume. Era il paziente suono di fiori recisi, di un uomo che sta aspettando di morire.”

The Name of the Wind

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“Variante. Tu sei un autore, non sai ancora quanto grande, colei che amavi ti ha tradito, la vita per te non ha più senso e un giorno, per dimenticare, fai un viaggio sul Titanic e naufraghi nei mari del sud, ti raccoglie (unico superstite) una piroga di indigeni e passi lunghi anni ignorato da tutti, su di un'isola abitata solo da papuasi, con le ragazze che ti cantano canzoni di intenso languore, agitando i seni appena coperti dalla collana di fiori di pua. Cominci ad abituarti, ti chiamano Jim, come fanno coi bianchi, una ragazza dalla pelle ambrata ti si introduce una sera nella capanna e ti dice: "Io tua, io con te." In fondo è bello, la sera, stare sdraiato sulla veranda a guardare la Croce del Sud mentre lei ti accarezza la fronte.
Vivi secondo il ciclo delle albe e dei tramonti, e non sai d'altro. Un giorno arriva una barca a motore con degli olandesi, apprendi che sono passati dieci anni, potresti andare via con loro, ma esiti, preferisci scambiare noci di cocco con derrate, prometti che potresti occuparti della raccolta della canapa, gli indigeni lavorano per te, tu cominci a navigare da isolotto a isolotto, sei diventato per tutti Jim della Canapa. Un avventuriero portoghese rovinato dall'alcool viene a lavorare con te e si redime, tutti parlano ormai di te in quei mari della Sonda, dai consigli al marajà di Brunei per una campagna contro i dajaki del fiume, riesci a riattivare un vecchio cannone dei tempi di Tippo Sahib, caricato a chiodaglia, alleni una squadra di malesi devoti, coi denti anneriti dal betel in uno scontro presso la Barriera Corallina il vecchio Sampan, i denti anneriti dal betel, ti fa scudo col proprio corpo - Sono contento di morire per te, Jim della Canapa. - Vecchio, vecchio Sampan, amico mio.
Ormai sei famoso in tutto l'arcipelago tra Sumatra e Port-au-Prince, tratti con gli inglesi, alla capitaneria del di Darwin sei registrato come Kurtz, e ormai sei Kurtz per tutti - Jim della Canapa per gli indigeni. Ma una sera, mentre la ragazza ti accarezza sulla veranda e la Croce del Sud sfavilla come non mai, ahi quanto, diversa dall'Orsa, tu capisci: vorresti tornare. Solo per poco, per vedere che cosa sia rimasto di te, laggiù.
Prendi la barca a motore, raggiungi Manila, di là un aereo a elica ti porta a Bali. Poi Samoa, Isole dell'Ammiragliato, Singapore, Tananarive, Timbuctu, Aleppo, Samarcanda, Bassora, Malta e sei a casa.
Sono passati diciott'anni, la vita ti ha segnato, il viso è abbronzato dagli alisei, sei più vecchio, forse più bello. Ed ecco che appena arrivato scopri che le librerie ostentano tutti i tuoi libri, in riedizioni critiche, c'è il tuo nome sul frontone della vecchia scuola dove hai imparato a leggere e a scrivere. Sei il Grande Poeta Scomparso, la coscienza della generazione. Fanciulle romantiche si uccidono sulla tua tomba vuota.
E poi incontro te, amore, con tante rughe intorno agli occhi, e il volto ancora bello che si strugge di ricordo, e tenero rimorso. Quasi ti ho sfiorata sul marciapiede, sono là a due passi, e tu mi hai guardato come guardi tutti, cercando un altro oltre la loro ombra. Potrei parlare, cancellare il tempo. Ma a che scopo? Non ho già avuto quello che volevo? Io sono Dio, la stessa solitudine, la stessa vanagloria, la stessa disperazione per non essere una delle mie creature come tutti. Tutti che vivono nella mia luce e io che vivo nello scintillio insopportabile della mia tenebra.”

Foucault's Pendulum

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“Sei vivo in proporzione inversa alla densità delle frasi fatte che usi nei tuoi scritti”

Nassim Nicholas Taleb (1960) filosofo, saggista e matematico libanese

The Bed of Procrustes: Philosophical and Practical Aphorisms

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“Vivo ancora.”

Daniel Webster (1782–1852) politico statunitense

John Carter of Mars

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