Frasi su cristallo

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema cristallo, vita, tempo, due-giorni.

Frasi su cristallo

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“In quel momento fu come se il tempo si fermasse, e l'Anima del Mondo sorgesse con tutta la sua forza davanti al ragazzo. Quando guardò gli occhi di lei, un paio di occhi neri, le labbra indecise fra un sorriso e il silenzio, egli comprese la parte più importante e più saggia del Linguaggio che parlava il mondo e che chiunque, sulla terra, era in grado di capire con il proprio cuore. E si chiamava Amore, una cosa più antica degli uomini e persino del deserto, che tuttavia risorgeva sempre con la stessa forza dovunque due sguardi si incrociassero come si incrociarono quei due davanti a un pozzo. Le labbra della giovane, infine, decisero di accennare un sorriso: era un segnale, il segnale che il ragazzo aveva atteso per tanto tempo nel corso della vita, che aveva ricercato nelle pecore e nei libri, nei cristalli e nel silenzio del deserto. Ed era là, il linguaggio puro del mondo, senza alcuna spiegazione, perché l'universo non aveva bisogno di spiegazioni per proseguire il proprio cammino nello spazio senza fine. Tutto ciò che il ragazzo capiva in quel momento era che si trovava di fronte alla donna della sua vita e anche lei, senza alcun bisogno di parole, doveva esserne consapevole. Ne era certa più di quanto lo fosse di ogni altra cosa al mondo, anche se i genitori, e i genitori dei genitori, le avevano sempre detto che, prima di sposarsi, bisognava frequentarsi, fidanzarsi, conoscersi, e avere del denaro. Ma, forse, chi lo affermava non aveva mai conosciuto il linguaggio universale: perché, una volta che vi si penetra, è facile capire come nel mondo esista sempre qualcuno che attende qualcun altro, che ci si trovi in un deserto o in una grande città. E quando questi due esseri si incontrano, e i loro sguardi si incrociano, tutto il passato e tutto il futuro non hanno più alcuna importanza. Esistono solo quel momento e quella straordinaria certezza che tutte le cose sotto il sole sono state scritte dalla stessa Mano: la Mano che risveglia l'Amore e che ha creato un'anima gemella per chiunque lavori, si riposi e cerchi i propri tesori sotto il sole. Perché, se tutto ciò non esistesse, non avrebbero più alcun senso i sogni dell'umanità.”

Paulo Coelho (1947) scrittore brasiliano

L'Alchimista

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“Sai cosa c'è alla base della matematica?» dico, «Alla base della matematica ci sono i numeri. Se qualcuno mi chiedesse che cosa mi rende davvero felice, io risponderei: i numeri. La neve, il ghiaccio e i numeri. E sai perché?»
Spacca le chele con uno schiaccianoci e ne estrae la polpa con una pinzetta curva.
«Perché il sistema matematico è come la vita umana. Per cominciare ci sono i numeri naturali. Sono quelli interi e positivi. I numeri del bambino. Ma la coscienza umana si espande. Il bambino scopre il desiderio, e sai qual è l'espressione matematica del desiderio?»
Versa nella zuppa la panna e alcune gocce di succo d'arancia.
«Sono i numeri negativi. Quelli con cui si dà forma all'impressione che manchi qualcosa. Ma la coscienza si espande ancora, e cresce, e il bambino scopre gli spazi intermedi. Fra le pietre, fra le parti di muschio sulle pietre, fra le persone. E tra i numeri. Sai questo a cosa porta? Alle frazioni. I numeri interi più le frazioni danno i numeri razionali. Ma la coscienza non si ferma lì. Vuole superare la ragione. Aggiunge un'operazione assurda come la radice quadrata. E ottiene i numeri irrazionali».
Scalda il pane nel forno e mette il pepe in un macinino.
«È una sorta di follia. Perché i numeri irrazionali sono infiniti. Non possono essere scritti. Spingono la coscienza nell'infinito. E addizionando i numeri irrazionali ai numeri razionali si ottengono i numeri reali».
Sono finita al centro della stanza per trovare posto. È raro avere la possibilità di chiarirsi con un'altra persona. Di norma bisogna combattere per avere la parola. Questo per me è molto importante.
«Non finisce. Non finisce mai. Perché ora, su due piedi, espandiamo i numeri reali con quelli immaginari, radici quadrate dei numeri negativi. Sono numeri che non possiamo figurarci, numeri che la coscienza normale non può comprendere. E quando aggiungiamo i numeri immaginari ai numeri reali abbiamo i sistemi numerici complessi. Il primo sistema numerico all'interno del quale è possibile dare una spiegazione soddisfacente della formazione dei cristalli di ghiaccio. È come un grande paesaggio aperto. Gli orizzonti. Ci si avvicina a essi e loro continuano a spostarsi. È la Groenlandia, ciò di cui non posso fare a meno! È per questo che non voglio essere rinchiusa.”

Peter Høeg (1957) scrittore danese

da Il senso di Smilla per la neve

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“Segesta. Il tempio si incastra nel paesaggio in una compatta unità di forza selvaggia e di armonia. Era una giornata nuvolosa e tirava vento; il moto delle nubi e l'equilibrio dei monti sembravano subire il dominio del santuario. Se non ci fosse il tempio a concedere una dilazione, le forze della natura si scaglierebbero titanicamente l'una sull'altra. Il rapporto ideale tra potenza e ordine è raggiunto nella distribuzione in linea orizzontale e verticale: con la contemplazione lo spirito acquista sicurezza e quietudine.
Simili edifici sono installazioni di ordine superiore, nella cui sfera d'influenza la vita artistica ed eroica si nutre per secoli. Vi si esterna in una volta sola l'intera forza terrestre; in questo senso è il suolo a sospingerli, come per effetto di un processo di cristallizzazione. Si sente che tra questi edifici e il suolo c'è un'affinità; eppure sono composizioni dello spirito – perciò si tratta al tempo stesso di formazioni della potenza incosciente e di quella cosciente.
Durante la salita verso il teatro mi voltavo spesso verso il santuario, constatando che il prodigio cresce con la distanza. Torna a onore dei greci la cognizione del rango della riduzione e del suo rapporto con la grandezza; similmente, anche il cristallo appare come il modello ridotto ma insieme intellegibile della terra.”

Ernst Jünger (1895–1998) filosofo e scrittore tedesco

da La Conca d'oro, Mondello 23 aprile 1929, pp. 31-32
Viaggi in Sicilia

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“[Da vescovo, citando Gregorio magno] Lo si voglia o non lo si voglia, io giustizia e verità impongo. Ben venga lo scandalo; non temiate che nello scandalo sia sommersa l'autorità dello stato: anzi, nello scandalo si erge sempre più solida l'autorità stessa. […] [Spiegando alla giornalista] È la catarsi liberatoria di ogni tensione. E voi giornalisti cosiddetti indipendenti ne siete, come dire, i sacerdoti benemeriti. […] smania e corre a tamponare il nostro di governo che, mi permetta di dirlo, è borbonico e precapitalista: ma lei guardi i governi del nord, gli stati del nord, veramente socialdemocratici evoluti, avanzati… l'Inghilterra. Lo scandalo Profumo, vi ricordate? profumo: addirittura coinvolto in un giro di prostitute, di droga e anche di spionaggio: crollò in seguito a questo scandalo lo stato, la borsa? Niente: stato, borsa e anche il governo non furono mai così saldi, sostenuti dall'opinione pubblica, perché la gente diceva: «Per Dio, lo scandalo c'è, ma ogni tanto il bubbone scoppia, e che gioia viene a galla» [… lo scandalo] è lo sterco concimante della socialdemocrazia: le dirò di più, è addirittura l'antidoto contro il peggiore dei veleni, che è la presa di coscienza per la gente. […] [Da matto semina scandali] E io voglio vedere arrivare fra diciotto, vent'anni, nel 1987, anche l'88, scoppiare uno scandalo al giorno, all'ora: ministri, gente di direzione, industriali, gente incriminata in tangenti, in furti, una schifezza; tanto che sui giornali fanno più presto a fare la lista dei ministri che quel giorno non hanno rubato.
Perché finalmente si arriverà al punto che anche noi italiani potremo gridare: Per Dio, siamo immersi nella merda fino al collo, ma è per questo che camminiamo a testa alta!”

Dario Fo (1926–2016) drammaturgo, attore, scrittore, paroliere e scenografo italiano

da Morte accidentale di un anarchico, registrazione al Teatro Cristallo di Milano nel 1987, RCS Libri, 2006

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“Nel centro della tela, nel posto ove suole stare il ragno, Gwynplaine vide una cosa formidabile e magnifica: una donna nuda.
Non assolutamente nuda. Questa donna era vestita e vestita dalla testa ai piedi. Indossava una camicia lunghissima, come le stole d'angeli nei quadri di santi, ma così sottile che sembrava bagnata, Donde un incirca di donna nuda, più fervido e pericoloso che la nudità assoluta.
La tela d'argento trasparente era una tenda. Fermata soltanto in alto, essa poteva essere sollevata. Separava la sala di marmo, ch'era una sala da bagno, da una camera, ch'era una camera da letto. Questa camera, piccolissima, era una specie di grotta tutta specchi. Ovunque cristalli veneziani, aggiustati poliedricamente, congiunti da bacchette dorate, riflettevano il letto ch'era nel centro. Su quel letto, d'argento come la toeletta e il canapè, era sdraitata la donna. Ella dormiva.
Dormiva col capo supino. Coi piedi respingeva le coltri, come il succubo sopra al quale aleggia il sogno.
Il suo guanciale di trine era caduto a terra sul tappeto. Fra la sua nudità e lo sguardo dell'uomo, erano due ostacoli: la camicia e la tenda di velo d'argento. Due trasparenze. La camera, più alcova che camera, era illuminata lievemente dal riflesso della sala da bagno.
Forse la donna non aveva pudore, e la luce invece ne aveva ancora.
Il letto era senza colonne, né cortinaggio, né cielo, così che la donna, aprendo gli occhi, poteva vedersi riflessa mille volte nuda negli specchi che aveva sopra il capo.
Una veste da camera di magnifica seta della Cina era gettata sulla sponda del letto.
Oltre il letto, in fondo all'alcova, era forse una porta, nascosta, segnata da uno specchio piuttosto grande, sul quale eran dipinti pavoni e cigni.
Al capezzale del letto era fermato un leggio d'argento ad aste girevoli, ed a fiaccole fisse, sul quale si poteva vedere un libro aperto, che in cima alle pagine aveva questo titolo a letteroni rossi: Alcoranus Mahumedis.
Gwynplaine non scorgeva nessuna di queste cose. La donna: ecco quello che vedeva.”

1967, p. 236
L'uomo che ride

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“Adesso avvertimenti di diverso tipo segnalano un olocausto ambientale senza precedenti. Ma dov'è la vigilanza morale che potrebbe renderci più sensibili al nuovo modello di cambiamento ambientale? Ancora una volta, i leader mondiali cianciano, sperando che il pericolo si dissolva. Eppure oggi l'evidenza di una Notte dei cristalli ecologica è chiara come il suono di un vetro che s'infrange a Berlino.”

Origine: Now warnings of a different sort signal an environmental holocaust without precedent. But where is the moral alertness that might make us more sensitive to the new pattern of environmental change? Once again, world leaders waffle, hoping the danger will dissipate. Yet today the evidence of an ecological Kristallnacht is as clear as the sound of glass shattering in Berlin. Da Earth in Balance: Healing the Global Environment, Routledge, 2013, p. 177 https://books.google.it/books?id=FYfcAAAAQBAJ&pg=PA177. ISBN 1134038380

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“Le poesie sono cristalli che sedimentano dopo l'effervescente contatto dello spirito con la realtà.”

Pierre Reverdy (1889–1960) poeta e aforista francese

libro Le Livre de mon bord

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“Commetti un delitto e la terra diventa di cristallo.”

Ralph Waldo Emerson (1803–1882) filosofo, scrittore e saggista statunitense

Compensazione, p. 101
Saggi, Prima serie

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“Quel che nella natura è il cristallo, nell'arte è l'ornamento.”

Ernst Fischer (1899–1972) politico austriaco

Origine: L'arte è necessaria?, p. 121

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“[Riferito a Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo] I fan sono scontenti. Saranno sempre scontenti. Perché lo fa così? E perché non lo fa così? Scrivono il loro film e poi, se non fai quel film che hanno in mente, si arrabbiano.”

George Lucas (1944) regista, sceneggiatore e produttore cinematografico statunitense

citato in Keys to the Kingdom http://www.vanityfair.com/culture/features/2008/02/indianajones200802?currentPage=5, VanityFair.com, maggio 2008

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“Velázquez è come un cristallo sospeso sul mondo. E nulla quanto i cristalli merita il rispetto che si deve alla veracità. E nulla c'è tuttavia che corra altrettanto pericolo di lasciarci nel dubbio se esista o no. Ma nessuno al mondo potrebbe mai perdonare a se stesso la stoltezza di ammonire Velázquez. Egli è come è: tranquillo, impassibile, irresponsabile. Ed anche le sue creature, emancipate da qualsiasi preoccupazione di levità o di peso, sono come sono e stanno come stanno.”

Eugeni d'Ors (1881–1954) scrittore spagnolo

da Tres horas en el Museo del Prado, 1922
Origine: Citato in Velázquez, I Classici dell'arte, a cura di Elena Ragusa, pagg. 183 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\TO0\1279609 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?select_db=solr_iccu&searchForm=opac%2Ficcu%2Favanzata.jsp&do_cmd=search_show_cmd&db=solr_iccu&Invia=Avvia+la+ricerca&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&nentries=1&rpnlabel=+Identificativo+SBN+%3D+IT%5CICCU%5CTO0%5C1279609+%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2B%2540attr%2B1%253D1032%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522IT%255C%255CICCU%255C%255CTO0%255C%255C1279609%2522&&fname=none&from=1

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“È la consapevolezza riflessa (vimarśa) che è l'essenza della luce (prakāśa); la luce, altrimenti, 'pur colorata' dai riflessi dell'oggetto, sarebbe simile a un inseziente cristallo.”

Utpaladeva (900–950) filosofo indiano

I.5.11
Īśvarapratyabhijñākārikā
Origine: Citato nell'introduzione a Vasugupta, Gli aforismi di Śiva, con il commento di Kṣemarāja, a cura e traduzione di Raffaele Torella, Mimesis, 1999, p. 28.

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“L'ascesa alle altezze dell'arte non oggettiva è faticosa e piena di tormenti, eppure rende felici. I contorni dell'oggettività sprofondano sempre più a ogni passo, e infine il mondo dei concetti oggettivi – «tutto ciò che noi abbiamo amato e del quale abbiamo vissuto»”

Kazimir Severinovič Malevič (1879–1935) pittore russo

diventa invisibile. (in Myriam Cristallo, p. 327)
Il suprematismo come modello della non rappresentazione
Origine: Con queste parole Malevič riassume le reazioni critiche del pubblico e dei critici d'arte al dipinto Quadrato bianco su fondo bianco. Il Novecento, storia scienza arte della società industriale avanzata, p. 327.

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“Maestro, cosa succede?
UrSu ansimò prima di rispondere.
– Nacqui… – disse, e il resto della frase si perse in un mormorìo indistinto.
Jen piegò la testa per indicare che non aveva capito. Il Maestro agitò debolmente una mano come a dirgli di aver pazienza, e finalmente riuscì a mormorare: – Nacqui sotto un cielo tempestoso.
Jen deglutì a vuoto, sforzandosi di mantenere la calma. – Per favore – disse. – Sono io, Jen.
Il vecchio saggio tornò a sollevare la mano, e mosse le labbra come per guidare le parole. – Un Cristallo cantava… – ansimò. – Un Cristallo cantava i tre divenuti uno. La colonna oscura, la colonna, la colonna rosea… e la luce…
Jen si avvicinò, chinandosi per parlargli.
– Ascolta – mormorò il Maestro. – Devi capire. Tu devi… Dopo novecentonovantanove triadi più una triade… La Grande Congiunzione, cantava il Cristallo… Io nacqui, ah… anche Skeksis…
Jen rimaneva lì immobile, timoroso all'idea che la sua vita dovesse cambiare, smarrito al pensiero delle responsabilità che, nel suo sconnesso mormorìo, il Maestro dava l'impressione di volergli imporre. Non aveva idea del significato di quei frammenti di cognizioni – se si trattava di cognizioni e non di parole prive di senso mormorate da un essere agonizzante – più di quanto non riuscisse a immaginare cosa avrebbe potuto fare per venire in aiuto al suo Maestro.
– Sei malato. Devi riposare – gli disse.
Se riusciva a calmarlo, sarebbe andato a chiamare UrIm il Guaritore, che, con la sua sensibilità all'aura, avrebbe imposto le mani e poi forse tutto sarebbe tornato come prima.
UrSu non l'aveva sentito. – Tre volte sei erano gli urSkeks – proseguì cantilenando, come se così gli riuscisse meglio di respirare. – Oscuro il Cristallo, oh… Tempestoso il cielo, grande dolore, gli Skeksis, essi… Male, oscurità, il loro governo…
Jen si sforzava di dare un senso a quelle parole sconnesse, perché il Maestro gli aveva detto che doveva capire, ma nello stesso tempo era disperato perché s'era reso conto che UrIm, che aveva visto sulla soglia della caverna, doveva aver già visitato il suo Maestro, e se si era allontanato significava che non c'era più niente da fare.
– Grande potere – continuò lentamente urSu dopo aver ripreso fiato. – Non ancora, non rinnovato, non Skeksis, non se i Ghelfling, tu, ah… – emise un gemito di dolore.”

Tu lo renderai intero, tu devi, tu devi, tutto intero, Ghelfling. Di nuovo.
Dark Crystal

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“Chi amico ti chiama – è beato. | Felice colei che ogni giorno | ti parla ti tocca | ti dorme a lato.”

Fernanda Romagnoli (1916–1986) poetessa italiana

da Cristallo di rocca
L'anima in disparte

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“Per suprematismo intendo la supremazia della sensibilità pura nelle arti figurative.”

Kazimir Severinovič Malevič (1879–1935) pittore russo

in Myriam Cristallo, p. 327
Il suprematismo come modello della non rappresentazione

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“Dal tempo della divisione avvenuta dopo l'ultima Grande Congiunzione, un avvenimento di tantissimo tempo prima, gli Skeksis avevano abbandonato gli urRu a se stessi nella loro valle. Avevano dovuto fare così: l'oggetto e la sua immagine speculare potevano unirsi solo annullandosi a vicenda. Inoltre gli Skeksis non avevano mai avuto bisogno degli urRu, vecchi visionari, privi di senso pratico e ossessionati solo dalla loro vita collettiva interiore, i cui valori erano diametralmente opposti a quelli degli Skeksis.
Poco dopo la divisione, gli Skeksis avevano scoperto che, scheggiando il Cristallo, potevano intrappolare energie malvagie che, a livello molecolare, erano visibili solo nella sfumatura più cupa che il Cristallo aveva assunto. Dopo alcune ricerche, lo Scienziato aveva spiegato che il Cristallo possedeva una connessione a spirale nella sua struttura, da cui derivava la proprietà di far ruotare il piano di polarizzazione di un raggio di luce polarizzata. Quando i tre soli erano congiunti direttamente al di sopra di esso, emanavano una forza polarizzata tale da svolgere la spirale, rischiarare il colore del cristallo e produrre un raggio focalizzato della massima concentrazione. Ma se il Cristallo fosse stato scheggiato, il collegamento a spirale sarebbe rimasto intatto. La luce della Grande Congiunzione avrebbe irradiato d'energia solo gli Skeksis, ma di un'energia tutta particolare, oscura, piena di malvagità.
Gli Skeksis si erano avvantaggiati di questa cognizione e ne avevano approfittato tenendo sotto il loro controllo il Cristallo nella fortezza, che avevano ricavato dalla montagna che lo conteneva. Attraverso le linee di energia che circondavano il pianeta, essi avevano trasmesso incessantemente impulsi dannosi, fomentando la miseria e la debolezza e risucchiando per i loro fini tutte le energie geodinamiche. Il lampo che Jen aveva visto era stato concentrato sulle Pietre Erette e di lì rinviato al castello. Gli Skeksis controllavano i punti nevralgici del pianeta mediante l'agopuntura terrestre. Per tutti questi motivi essi avevano sempre ignorato gli urRu. Le spie di cristallo non li avevano mai sorvegliati, né erano stati fatti oggetto delle scorrerie dei Garthim. All'infuori delle Pietre Erette, nulla, in quella valle remota, avrebbe potuto costituire una minaccia per la tirannia degli Skeksis. La valle degli urRu era un'enclave di nozioni, la provincia delle nuvole, nient'altro.”

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“Un proverbio è un cristallo di saggezza lasciato in fondo al crogiolo dell'esperienza umana.”

Sybil Marshall (1913–2005)

citato in Selezione dal Reader's Digest, marzo 1985

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“Il complicato disegno sui pavimenti del Castello del Cristallo Oscuro rappresentava un sentiero. Chiunque lo vedeva non aveva dubbi in proposito, ma quello che veniva lasciato all'interpretazione individuale era il punto d'inizio e quello d'arrivo, oltre allo scopo del tragitto.
Con le sue biforcazioni e intersecazioni, i suoi archi, i suoi cerchi e le sue spirali che portavano di stanza in stanza, avrebbe potuto essere interpretato, secondo un modo di vedere trascendentale, come la strada che un pellegrino doveva percorrere per raggiungere i più alti gradi dell'illuminazione. Il viaggiatore, fatto in origine di materia bruta, si sarebbe a poco a poco elevato fino a diventare un puro spirito, senza però mai procedere in linea retta ma seguendo un percorso contorto, che continuava anche quando pareva che il percorso fosse stato compiuto. (Perché anche l'anima, fatta di puro spirito, ha ancora dei compiti da assolvere, e per questo il ciclo del disegno dei pavimenti si snodava all'infinito.)
Gli Skeksis, tuttavia, non la pensavano a questo modo. Il presupposto che la pura spiritualità fosse superiore alla materia bruta era qualcosa che sfuggiva alla loro comprensione. Uno dei significati del labirinto fu chiaro ai loro occhi il giorno successivo a quello dei funerali dell'Imperatore: era la via che conduceva al trono.
Colui che aspirava a stringere fra gli artigli lo scettro, sapeva come seguirne il tracciato. Doveva farlo con apparente umiltà, con rispetto, dimostrando di volersi sottomettere a una debita disciplina. Così quei tre – il Maestro delle Cerimonie, il Generale dei Garthim e il Ciambellano – stavano percorrendo da alcune ore il labirinto, con la dovuta solennità, sotto lo sguardo attento degli altri Skeksis. I tre seguivano le circonvoluzioni del percorso, ne studiavano le difficoltà, si soffermavano alle biforcazioni, e scoprivano infine che portavano invariabilmente al punto di partenza.”

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