Frasi su padre
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“Dunque," chiese, "tu non apprezzi proprio la fedeltà? La fedeltà alle proprie memorie?"
"Io credo che solo il presente abbia importanza, non il passato. Lasciamolo perdere il passato. Se cerchiamo di mantenerlo in vita, lo alteriamo, lo vediamo in una prospettiva sbagliata… esageriamo sempre."
"Ma io ricordo a perfezione ogni parola e ogni incidente di quei giorni!" esclamò David con passione.
"E non dovresti, caro: perché così rivivi quei giorni col sentimento di un ragazzo, mentre dovresti giudicarli con l'equilibrio e la maturità di un uomo."
"E che importa?"
Hilda esitò. Si rendeva conto che non era saggio proseguire, eppure desiderava troppo dire certe cose.
"Ecco… io credo che tu continui a veder tuo padre come un… mostro. Ne fai una specie di personificazione del male… Probabilmente invece, se lo vedessi oggi, ti renderesti conto che è un uomo qualunque, un uomo forse dominato dalle passioni, non esente da biasimo, ma sempre e soltanto un uomo, non una specie di mostro inumano."
"Non capisci… Il modo in cui ha trattato mia madre…"
"Vi è una certa forma di dolcezza, di sottomissione," disse Hilda gravemente, "che stimola i peggiori istinti di un uomo, mentre lo stesso uomo affrontato con spirito deciso diventerebbe una creatura tutta diversa."
"Dunque, secondo te, è colpa della mamma…"
"No, no," lo interruppe Hilda. "Sono certa che tuo padre deve averla trattata molto male, ma… ma il matrimonio è una cosa specialissima e non credo che un estraneo - sia pure un figlio - abbia il diritto di giudicare tra i coniugi. Comunque, il tuo risentimento attuale non può più aiutare in nulla tua madre… Tutto è finito, ormai: non rimane che un vecchio malandato in salute che desidera rivedere suo figlio per Natale."
"E tu vuoi che io vada?"
Ancora una volta Hilda esitò. Poi si decise.
"Sì," disse. "Desidero che tu vada, e la faccia finita una volta per tutte.”

Hercule Poirot's Christmas

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“«Benvenuto nel Cimitero dei Libri Dimenticati, Daniel.»

«Questo luogo è un mistero, Daniel, un santuario. Ogni libro, ogni volume che vedi possiede un'anima, l'anima di chi lo ha scritto e di coloro che lo hanno letto, di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie a esso. Ogni volta che un libro cambia proprietario, ogni volta che un nuovo sguardo ne sfiora le pagine, il suo spirito acquista forza. Molti anni fa, quando mio padre mi portò qui per la prima volta, questo luogo era già vecchio, quasi come la città. Nessuno sa con certezza da quanto tempo esista o chi l'abbia creato. Ti posso solo ripetere quello che mi disse mio padre: quando una biblioteca scompare, quando una libreria chiude i battenti, quando un libro viene cancellato dall'oblio, noi, i custodi di questo luogo, facciamo in modo che arrivi qui. E qui i libri che più nessuno ricorda, i libri perduti nel tempo, vivono per sempre, in attesa del giorno in cui potranno tornare nelle mani di un nuovo lettore, di un nuovo spirito. Noi li vendiamo e li compriamo, ma in realtà i libri non ci appartengono mai. Ognuno di questi libri è stato il miglior amico di qualcuno. Adesso hanno soltanto noi, Daniel. Pensi di poter mantenere il segreto?»”

The Shadow of the Wind
Variante: «Benvenuto nel Cimitero dei Libri Dimenticati, Daniel.
...
«Questo luogo è un mistero, Daniel, un santuario. Ogni libro, ogni volume che vedi possiede un'anima, l'anima di chi lo ha scritto e di coloro che lo hanno letto, di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie a esso. Ogni volta che un libro cambia proprietario, ogni volta che un nuovo sguardo ne sfiora le pagine, il suo spirito acquista forza. Molti anni fa, quando mio padre mi portò qui per la prima volta, questo luogo era già vecchio, quasi come la città. Nessuno sa con certezza da quanto tempo esista o chi l'abbia creato. Ti posso solo ripetere quello che mi disse mio padre: quando una biblioteca scompare, quando una libreria chiude i battenti, quando un libro viene cancellato dall'oblio, noi, i custodi di questo luogo, facciamo in modo che arrivi qui. E qui i libri che più nessuno ricorda, i libri perduti nel tempo, vivono per sempre, in attesa del giorno in cui potranno tornare nelle mani di un nuovo lettore, di un nuovo spirito. Noi li vendiamo e li compriamo, ma in realtà i libri non ci appartengono mai. Ognuno di questi libri è stato il miglior amico di qualcuno. Adesso hanno soltanto noi, Daniel. Pensi di poter mantenere il segreto?»

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“Dovessimo restare zitte e non parlare, il nostro abbigliamento e la condizione dei nostri corpi saprebbero tradire la vita che abbiamo condotta dopo il tuo esilio. Pensa un poco teco quanto più sfortunate di ogni donna vivente siamo noi qua venute, poiché la tua vista che dovrebbe far fluire di gioia i nostri occhi, far danzare i nostri cuori di consolazione, costringe quelli a piangere e questi a tremare di paura e di dolore, ponendo la madre, la sposa e il figlio a vedere il figlio, il marito e il padre che dilacera via le viscere della sua patria. E a noi poverine la tua inimicizia è quanto mai fatale: c’interdici le preghiere ai nostri Dei, ed è questo un conforto che tutti godono eccettuate noi; infatti, come possiamo noi, ahimè, come possiamo noi pregare per la nostra patria, a cui siamo vincolate. Insieme con la vittoria tua, a cui siamo ligie? Povere noi! O noi dobbiamo perdere la patria, nostra cara nutrice, o altrimenti perdere la tua persona, conforto nostro in patria. Subire noi dobbiamo una calamità evidente, anche se fosse soddisfatto il nostro augurio che da una parte abbia da vincere; perché o tu dovrai, come straniero rinnegato, essere condotto ammanettato per le nostre vie, oppure dovrai marciare trionfalmente sulle rovine della tua patria e meritar la palma per aver prodemente versato il sangue di tua moglie e dei tuoi figli. In quanto a me, o figlio, non intendo farmi ancella alla fortuna sinché non siano finite queste guerre: se non mi sia dato persuaderti di mostrare nobile amistà alle due parti anziché volere la morte di una, tu non marcerai ad assalire la tua patria senza prima calpestare – sta sicuro che non lo farai – il ventre di tua madre che ti ha messo a questo mondo. (Atto V, scena III)”

Coriolanus

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“EDIPO - Non venirmi più a dire che non ho fatto ciò che era meglio, non darmi più consigli. Io non so con quali occhi, vedendo, avrei guardato mio padre, una volta disceso nell'Ade, o la misera madre: verso entrambi ho commesso atti, per cui non sarebbe bastato impiccarmi. O forse potevo desiderare la vista dei figli, nati come nacquero? No davvero, mai, per i miei occhi; e neppure la città, né le mura, né le sacre immagini degli dèi: di tutto ciò io sventuratissimo, l'uomo più illustre fra i Tebani, privai me stesso, proclamando che tutti scacciassero l'empio, l'individuo rivelato agli dèi impuro e figlio di Laio. Dopo avere denunziato così la mia infamia, dovevo guardare a fronte alta questi cittadini? No, affatto: anzi, se fosse stato possibile otturare nelle mie orecchie anche la fonte dell'udito, non avrei esitato a sbarrare del tutto questo misero corpo, così da essere sordo, oltre che cieco. È dolce per l'animo dimorare fuori dai mali. Ahi, Citerone, perché mi accogliesti? Perché, dopo avermi preso, non mi uccidesti subito, così che io non rivelassi mai agli uomini da chi sono nato? O Polibo e Corinto, e voi, che credevo antiche dimore degli avi, quale bellezza colma di male nutrivate in me: ora scopro d'essere uno sventurato, nato da sventurati! O tre strade e nascosta vallata, o querceto e gola alla convergenza delle tre vie, che beveste il sangue di mio padre, il mio, dalle mie stesse mani versato, vi ricordate di me? Quali delitti commisi presso di voi, e quali altri poi, giunto qui, ancora commisi! O nozze, voi mi generaste: e dopo avermi generato suscitaste ancora lo stesso seme, e mostraste padri, fratelli, figli, tutti dello stesso sangue; e spose insieme mogli e madri, e ogni cosa più turpe che esiste fra gli uomini. Ma, poiché ciò che non è bello fare non bisogna neppure dire, nascondetemi al più presto, per gli dèi, via di qui, o uccidetemi, o precipitatemi in mare, dove non mi vedrete mai più. Venite, non disdegnate di toccare un infelice; datemi ascolto, non temete: i miei mali nessun altro mortale può portarli, tranne me.

Sofocle, Edipo Re [Esodo]”

Sofocle (-496–-406 a.C.) tragediografo ateniese

Oedipus Rex

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“Da quando mio padre è morto, gli chiedo di intervenire nella mia vita. Guardo il cielo e gli parlo con voce confidenziale e veemente. È l’unico essere a cui possa rivolgermi quando mi sento impotente. All’infuori di lui non conosco nessuno che potrebbe preoccuparsi di me nell’aldilà. Non mi viene mai in mente di parlare con Dio. Ho sempre ritenuto che non si possa disturbare Dio. Non si può parlare con lui direttamente. Dio non ha tempo di interessarsi ai singoli casi. A meno che non si tratti di casi eccezionalmente gravi. Nella scala delle suppliche, le mie sono diciamo così ridicole. Io la penso come la mia amica Pauline, quando ha ritrovato una collana che aveva ereditato dalla madre e perso nell’erba alta. Passando da un paese, suo marito ha fermato la macchina per precipitarsi in chiesa. Il portone era chiuso, e lui si è messo a scuotere freneticamente il catenaccio. Ma cosa fai? Voglio ringraziare Dio, ha risposto. – Dio se ne frega! – Voglio ringraziare la Madonna. – Ascolta Hervé, se mai c’è un Dio, se mai c’è una Madonna, credi che con tutto quello che succede nell’universo, con tutti i mali del mondo, gliene importi qualcosa della mia collana?!… Per cui io invoco mio padre, che mi sembra più accessibile. Gli chiedo dei favori ben determinati. Forse perché le circostanze mi portano a desiderare cose precise, ma anche, sotto sotto, per testare le sue capacità. È sempre la stessa richiesta d’aiuto. Una preghiera affinché succeda qualcosa. Ma mio padre è un disastro. Non mi sente, oppure non possiede alcun potere. È deprecabile che i morti non abbiano alcun potere. Disapprovo questa divisione radicale dei mondi. Ogni tanto gli attribuisco un sapere profetico. Penso: non soddisfa le tue richieste perché sa che non sarebbe un bene per te. Questo mi dà sui nervi, ho voglia di dire, non sono affari tuoi, ma almeno posso considerare il suo non intervento come un gesto deliberato. [Da].”

Yasmina Reza (1959) drammaturga, scrittrice e attrice francese

Heureux les heureux

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“Dice che, a pensarci, è curioso che persone normali, intelligenti, possano credere a una cosa tanto pazzesca come la religione cristiana, una cosa in tutto e per tutto identica alla mitologia greca o alle favole. […]
Eppure viene creduta. Sono in molti a crederci. Durante la messa recitano il Credo, ogni frase del quale è un insulto al buonsenso, e lo recitano nella loro lingua, che si presume capiscano. Quand’ero piccolo, la domenica mio padre mi portava in chiesa e gli dispiaceva che la messa non fosse più in latino, un po’ per passatismo, e un po’ perché, ricordo ancora le sue parole, «in latino non ci si accorgeva che scemenza fosse». Ci si può rassicurare dicendo: non ci credono. Come non credono a Babbo Natale. Fa parte di un retaggio, di abitudini secolari e belle alle quali sono attaccati. Tramandandole, affermano un legame, di cui vanno fieri, con ciò che ha ispirato le cattedrali e la musica di Bach. Borbottano quelle parole perché è la consuetudine, come noialtri radical-chic, per i quali il corso di yoga della domenica mattina ha preso il posto della messa, borbottiamo un mantra seguendo il maestro prima di cominciare la pratica. In questo mantra, tuttavia, ci auguriamo che la pioggia cada al momento giusto e tutti gli uomini vivano in pace, nient’altro che pii desideri, probabilmente, i quali però non offendono la ragione, e questa è una differenza sostanziale con il cristianesimo.”

Le Royaume

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“BENVOLIO - Tuo padre, sì… Ma quale interna pena fa tanto lunghe
l’ore di Romeo?
ROMEO - La pena di non posseder per sé la cosa che gliele farebbe brevi.
==========

È la crudele legge dell’amore. Già le pene del mio pesano troppo
sul mio cuore, e tu vuoi ch’esso trabocchi coll’aggiungervi il peso
delle tue: giacché quest’affettuosa tua premura altro non fa che
aggiunger nuova ambascia a quella che m’opprime, ch’è già troppa.
L’amore è vaporosa nebbiolina formata dai sospiri; se si dissolve,
è fuoco che sfavilla scintillando negli occhi degli amanti; s’è
ostacolato, è un mare alimentato dalle lacrime degli stessi amanti.
Che altro è più? Una follia segreta, un’acritudine che mozza il
fiato, una dolcezza che ti tira su.
==========
Oh, ch’ella insegna perfino alle torce come splendere di più viva
luce! Par che sul buio volto della notte ella brilli come una gemma
rara pendente dall’orecchio d’una Etiope. Bellezza troppo ricca per
usarne, troppo cara e preziosa per la terra! Ella spicca fra queste
sue compagne come spicca una nivea colomba in mezzo ad uno stormo
di cornacchie. Finito questo ballo, osserverò dove s’andrà a posare
e, toccando la sua, farò beata questa mia rozza mano… Ha mai amato
il mio cuore finora?… Se dice sì, occhi miei, sbugiardatelo,
perch’io non ho mai visto vera beltà prima di questa notte.
==========

Codesti subitanei piacimenti hanno altrettanta subitanea fine, e
come fuoco o polvere da sparo s’estinguono nel lor trionfo stesso,
si consumano al loro primo bacio. Miele più dolce si fa più
stucchevole proprio per l’eccessiva sua dolcezza, e toglie la sua
voglia al primo assaggio. Perciò sii moderato nell’amare. L’amor
che vuol durare fa così. Chi ha fretta arriva sempre troppo tardi,
come chi s’incammina troppo adagio.”

Romeo and Juliet

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“Decisi che avrei scoperto chi aveva ucciso Wellington, anche se mio padre mi aveva ordinato di non ficcare il naso negli affari degli altri.
Perché non faccio sempre quello che mi dicono di fare.

Perché quando qualcuno mi dà degli ordini, di solito sono cose che mi confondono e che non hanno nessun senso.

Per esempio quando dicono “Sta’ zitto”, ma non specificano per quanto tempo devi stare zitto. Oppure se su un cartello vedi NON CALPESTARE IL PRATO, in realtà dovrebbe esserci scritto NON CALPESTARE IL PRATO INTORNO A QUESTO CARTELLO oppure NON CALPESTARE IL PRATO DI QUESTO PARCO, perché invece ci sono molti prati su cui si può camminare.

La gente non rispetta mai le regole. Mio padre per esempio va a più di 90 chilometri all’ora nelle strade dove non si devono superare i 90 chilometri all’ora, e qualche volta guida dopo aver bevuto e spesso non si mette la cintura di sicurezza quando prende il furgone. E nella Bibbia si legge Non uccidere, ma ci sono state le Crociate e due Guerre Mondiali e la Guerra del Golfo e in ognuna di queste guerre dei Cristiani hanno ucciso dei loro simili.

E poi non lo capisco, quando dice “Non ficcare il naso negli affari degli altri”, perché non so cosa sono gli “affari degli altri”; io faccio un mucchio di cose con “gli altri”, a scuola, nel negozio e sul pulmino, e il suo lavoro consiste nell’andare a casa di altre persone e riparare i loro scaldabagni e l’impianto di riscaldamento. Anche questo vuol dire farsi gli affari degli altri.

Siobhan mi capisce. Quando mi ordina di non fare una cosa mi dice esattamente cos’è che non devo fare. Così mi piace.

Per esempio una volta mi ha detto: - Non devi mai prendere a pugni Sarah o picchiarla in nessun modo, Christopher. Anche se è lei a colpirti per prima. Se succede di nuovo, allontanati, rimani immobile e conta da 1 a 50, poi vieni da me a raccontarmi cosa ha fatto o parlane con qualche altro insegnante.

Un’altra volta mi ha detto: - Se vuoi andare sull’altalena e c’è sempre qualcuno sopra, non spingerlo via. Chiedi se puoi fare un giro anche tu. E poi aspetta fino a quando non ha finito.

Gli altri però quando ti danno un ordine non si comportano in questo modo. E allora sono io a decidere cosa fare e cosa non fare.”

The Curious Incident of the Dog in the Night-Time

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“Io attaccai discorso con una splendida ragazza di campagna che portava una camicetta di cotone molto scollata e rivelava la sommità abbronzata del suo bel seno. Era ottusa. Parlò di serate in campagna passate a fare il popcorn sotto il portico. Un tempo ciò mi avrebbe rallegrato il cuore ma poiché il cuore di lei non se ne rallegrava mentre lo diceva, capii che in esso non c'era altro che l'idea di ciò che si dovrebbe fare. «E in quale altro modo si diverte?» Cercai di tirar nel discorso le amicizie maschili e il sesso. I suoi grandi occhi scuri mi scrutarono vacui e con una specie di dolore nel sangue che risaliva a generazioni addietro per non aver fatto ciò che urgeva venisse fatto… qualsiasi cosa fosse, e tutti sanno cosa sia. «Cos'è che esige dalla vita?» Volevo prenderla e spremere da lei la risposta. Non aveva la minima idea di quel che volesse. Farfugliò di impieghi, di film, di andare da sua nonna durante l'estate, del desiderio di recarsi a New York a vedere il Roxy, di che specie di completo avrebbe indossato: qualcosa di simile a quello che portava la Pasqua scorsa, cappellino bianco, rose, scarpine pure rosa, e un soprabito di gabardine color lavanda. «Cosa fa la domenica pomeriggio?» domandai. Stava seduta sotto il portico. I suoi amici passavano in bicicletta e si fermavano a chiacchierare. Leggeva giornaletti umoristici, si sdraiava nell'amaca. «Cosa fa in una calda notte d'estate?» Sedeva sotto il portico guardava le macchine sulla strada. Lei e sua madre facevano il popcorn. «Cosa fa suo padre in una notte d'estate?» Lavora, fa il turno di notte in una fabbrica di caldaie, ha passato la sua vita intera a mantenere una donna e i suoi rampolli e senza credito né adorazione. «Cosa fa suo fratello in una notte d'estate?» Va in giro in bicicletta e passeggia davanti al chiosco delle bibite. «Cos'è che egli muore dalla voglia di fare? Cos'è che tutti noi moriamo dalla voglia di fare? Cosa vogliamo?» Non lo sapeva. Sbadigliò. Aveva sonno. Era troppo. Nessuno poteva dirlo. Nessuno avrebbe potuto dirlo mai. Tutto era finito. Aveva diciott'anni ed era estremamente adorabile, e mancata.”

On the Road

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“I Cristiani quando costruivano chiese nei luoghi dei santuari pagani e accoglievano antichi capitelli e fusti di colonne nelle loro navate, si comportavano come Eracle con il leone di Nemea, come Atena con la Gorgone. Nel rapporto con il mostro, essenziale è innanzi tutto questo: che il mostro possiede o protegge o addirittura è il tesoro. Ucciderlo vuol dire incorporarlo, sostituirlo. L'eroe diventerà egli stesso il nuovo mostro, rivestito della pelle del vecchio e ornato di qualche sua metonimica spoglia. Così la testa di Eracle non accetta più di mostrarsi se non tra le fauci inerti del leone che ha sconfitto.
Il mostro è il più prezioso tra i nemici: perciò è il nemico che si cerca. Gli altri nemici posso semplicemente assaltarci: sono i Giganti, i Titani, rappresentanti di un ordine che sta per essere soppiantato o vuole vendicarsi per essere stato soppiantato. Tutt'altra è la natura del mostro. Il mostro aspetta vicino alla sorgente. Il mostro è la sorgente. Non ha bisogna dell'eroe. E' l'eroe che ha bisogno di lui per esistere, perché la sua potenza sarà protetta dal mostro e al mostro va strappata. Quando l'eroe affronta il mostro, non ha ancora potere, né sapienza. Il mostro è il suo padre segreto, che lo investirà di un potere e di una sapienza che sono soltanto di un singolo, e soltanto il mostro gli può trasmettere.
Il mostro, in origine, stava al centro, al centro della terra e del cielo, là dove sgorgano le acque. Quando il mostro fu ucciso dall'eroe, il suo corpo smembrato migrò e si ricompose ai quattro angoli del mondo. Poi cinse il mondo in un cerchio, di squame e di acque. Era il margine composito del tutto. Era la cornice. Che la cornice fosse il luogo del mostro lo sapevano anche gli artefici delle cornici barocche: ben più intricate, ben più folte, ben più arcaiche di tutti gli idilli che racchiudevano - e forse, un giorno, avrebbero soffocato. Poi venne il momento in cui non si vollero più le cornici. I musei ospitarono quadri senza cornici, che sembravano spogliati. La cornice non è l'antiquato, ma il remoto. Scomparsa la cornice, il mostro perde la sua ultima dimora. E torna a vagare, ovunque.”

Roberto Calasso (1941) scrittore italiano

Οι γάμοι του Κάδμου και της Αρμονίας

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“Artù andò alla porta della fucina, la spalancò e fissò il cortile. Niente vi si muoveva, a parte i soliti cani. Si voltò.
- Sei un uomo onesto, figlio - ammise a malincuore. - Un uomo onesto. Sono orgoglioso di te. Ma hai un'idea troppo buona del mondo. C'è il male là fuori, il vero male, e tu non ci credi.
- Tu ci credevi, quando avevi la mia età?
Artù riconobbe con un mezzo sorriso l'acutezza della domanda. - Quando avevo la tua età, credevo di poter rifare il mondo. Credevo che il mondo avesse bisogno solo d'onestà e di gentilezza. Credevo che il trattare bene la gente, il mantenere la pace e il praticare la giustizia sarebbero stati ricompensati con la gratitudine. Credevo che il bene avrebbe annullato il male.
Rimase pensieroso per qualche attimo. - Forse pensavo che le persone fossero simili ai cani e che, offrendo loro abbastanza affetto, sarebbero state docili - riprese, amaro. - Ma le persone non sono cani, Gwydre, sono lupi. Un re deve governare migliaia di ambiziosi e ognuno di loro inganna. Sarai adulato e, alle tue spalle, deriso. Ti giureranno fedeltà eterna e intanto trameranno alle tue spalle.
Scrollò le spalle. - E se sopravviverai ai complotti, un giorno avrai la barba grigia come me, guarderai la tua vita e ti accorgerai di non aver realizzato niente. Un bel niente. I bambini da te ammirati in braccio alle madri saranno cresciuti e diventati assassini, la giustizia da te imposta sarà in vendita, la gente da te protetta sarà ancora affamata e il nemico da te sconfitto minaccerà ancora i confini.
Parlando, era diventato sempre più furioso. Ora con un sorriso addolcì la collera. - É questo che vuoi?
Gwydre lo guardò negli occhi. Pensai per un attimo che avrebbe esitato o forse discusso con il padre, invece diede ad Artù una buona risposta.
- Quello che voglio, padre, è trattare bene le persone, dare loro la pace e offrire loro giustizia.”

La spada perduta

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“[Parlando del film I cento passi] Non volevamo raccontare la mafia, ma un conflitto tra padre e figlio, in un tempo di grandi sogni e di grandi ansie. Non volevamo presentare carnefici e assassini, solo bianchi o neri, ma anche tanti toni grigi.”

Claudio Fava (1957) politico, giornalista e sceneggiatore italiano

Origine: Citato in Claudia Morgoglione, "Cento passi" da applausi. Piace il film di Giordana http://www.repubblica.it/online/mostra_di_venezia/giordana/giordana/giordana.html, Repubblica.it, 31 agosto 2000

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“Mia madre era pazza. Non ho mai sentito per lei l'attaccamento che si prova per una madre. Se ne stava sempre seduta, sola, nella casa di suo padre a Shiba, i capelli raccolti da un pettine, a fumare da un lungo bocchino. Era minuta. Quando lessi il Seisōki e vi trovai la definizione «odore di terra, sapore di fango» pensai subito al volto di mia madre, al suo profilo emaciato. Non ebbi mai l'affetto di mia madre.”

Ryūnosuke Akutagawa (1892–1927) scrittore e poeta giapponese

Il registro dei morti, p. 169
Rashōmon e altri racconti
Origine: Nel testo è riportata questa nota: "Ricordi del Palazzo Occidentale. Famosa opera del teatro dell'epoca Yuan. Si ispira a una storia d'amore dell'epoca Tang."

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“Qui | riposa | Amintore Fanfani | amico | dei nemici | nemico | degli amici | figlio | di De Gasperi | padre | di nessuno.”

Indro Montanelli (1909–2001) giornalista italiano

Variante: Qui / riposa / Amintore Fanfani / amico / dei nemici / nemico / degli amici / figlio / di De Gasperi / padre / di nessuno. (p. 31)
Origine: Ricordi sott'odio, p. 31

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“Don Juan': Ehi! Signora, rispetti un padre di trenta bambini!
'La contessa': Satiro! Ripugnante figuro!”

Henry De Montherlant (1895–1972) scrittore e drammaturgo francese

La Mort qui fait le trottoir (Don Juan)
Variante: Don Juan': Ehi! Signora, rispettate un padre di trenta bambini!
'La contessa': Satiro! Ripugnante figuro!

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“Voi occidentali non capite la filosofia dietro il mio potere. Gli iraniani considerano il loro sovrano come un padre. […] La monarchia è il cemento della nostra unione. […] Ora, se per te un padre è inevitabilmente un dittatore, allora quello è un problema tuo, non mio.”

Mohammad Reza Pahlavi (1919–1980)

Variante: Voi occidentali semplicemente non capite la filosofia che sta dietro il mio potere. Gli iraniani considerano il loro sovrano come un padre. [... ] La monarchia è il cemento della nostra unità. [... ] Ora, se per te un padre è inevitabilmente un dittatore, quello è un problema tuo, non mio.

“L'intuizione di Casaleggio padre è stata proprio quella di mettere in connessione sulla Rete persone «inattive e frustrate», dando loro il movimento che gli mancava, il M5S. Adesso però finiscono per essere troppo attivi.”

Aldo Grasso (1948) giornalista, critico televisivo e docente italiano

Origine: Da De Masi parla di lavoro (e teorizza l'ozio) http://www.corriere.it/padiglione-italia-grasso/17_aprile_08/de-masi-parla-lavoro-teorizza-l-ozio-e614e850-1c94-11e7-a92d-71d01d371297.shtml, Corriere.it, 9 aprile 2017.

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“In casa c’era un pianoforte; alle elementari, c’era una lezione settimanale di musica, ci insegnavano le note e a mettere le mani sulla tastiera. A sei anni e mezzo ho cominciato a studiare pianoforte, non con grande trasporto; devo confessarlo, al pianoforte preferivo il pallone. Sono però sempre vissuto in un ambiente musicale, attorniato da dischi e in compagnia dei cantanti che andavano e venivano da mio padre. Non ero un genio quando ero ragazzo, e neppure un bambino prodigio; ma poco a poco cominciai a diventare sempre più bravo al pianoforte; studiavo con due maestri, una signora che si chiamava Elaine Korman ed era la moglie di Robert Keyes, un celebre maestro sostituto al Covent Garden, dal quale, invece, prendeva lezioni mio padre; Keyes era bravissimo, avrebbe potuto fare anche il concertista, ogni tanto anch’io studiavo con lui. Le sue mani ancora oggi sono famose al Covent Garden. Strana la vita: studio da ragazzo con un pianista del Covent Garden e dopo molti anni io divento il ‘boss’ del grande teatro. E allora la mia vita si è affacciata all’ambiente dell’opera. Col pianoforte mi sono perfezionato più tardi, quando siamo andati negli Stati Uniti. (da [//www. giannellachannel. info/2017/07/02/direttore-orchestra-antonio-tony-pappano-londra-castelfranco-miscano/ "Il maestro Tony Pappano riabbraccia il piccolo borgo paterno ed è subito magia"], testo di Antonio Pappano per “Tony Pappano. Direttore d’orchestra”, biografia a cura di Pietro Acquafredda, 2007)”

Antonio Pappano (1959) direttore d'orchestra inglese
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