Frasi su proprio
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“Sostenendo che si stia facendo un'operazione fondamentale e decisiva come quella della presunta soppressione del Senato, esattamente come presuntivamente sono state soppresse le Province, Matteo Renzi elenca i risultati che questo Esecutivo da lui guidato avrebbe portato a casa. Bene, fra questi, lui dice: «abbiamo portato a casa la riforma del lavoro, nessuno lo credeva eppure ci siamo riusciti». Lo ringrazio perché quantomeno ha parlato in italiano per uno che è abituato allo slang e allo "shish" almeno ha recuperato un pochino di sano orgoglio linguistico. Poi Matteo Renzi dice: «Poi abbiamo anche eliminato tasse giudicate a torto o a ragione insopportabili». Scusi, probabilmente qualunque contribuente potrebbe ritenere la propria tassazione una sorta di vessazione, poi poco importa se a torto o a ragione. Anche in questo caso Matteo Renzi dimostra la sua grettezza intellettuale e dunque morale perché le tasse non si tolgono a torto o a ragione perché sono considerate insopportabili. Noi abbiamo una Costituzione che ci dice che la fiscalità deve essere progressiva e questa è stata una conquista di chi adesso approva uno stravolgimento di quei principi, a torto o a ragione! Come se un Governo non si dovesse far orientare dalla ragione. Da che cosa si dovrebbe fare orientare: forse da Jim Messina, quel famoso specialista di comunicazione politica che forse lo accompagnerà casa per casa quando Matteo Renzi, così ci ha detto, dovrà andare a convincere gli italiani per il referendum confermativo. Perché a questo siamo arrivati, perché chi non ha il polso della situazione, chi non ha il controllo di quanto venga sentito dalle persone, dai cittadini, dai lavoratori, dai disoccupati, da tutti coloro che stanno pensando da troppo tempo all'emigrazione come unica via di fuga da questa situazione insopportabile, bene, chi quel rapporto non ce l'ha può anche pensare di spendere un botto di soldi per far venire un professionista statunitense di comunicazione politica.”

Nicola Morra (1963) politico italiano
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“Quando crebbero [i gattini] sprezzarono questi frivoli giochi e acquisirono il temperamento calmo e filosofico ch'è proprio dei gatti.”

Théophile Gautier (1811–1872) scrittore, poeta e giornalista francese

Origine: Da Le dinastie bianche nere; citato in Alessandro Paronuzzi (a cura di), 101 gatti d'autore. Grandi autori, da Benni a Sepúlveda, dalla Morante a García Márquez, da Eco a Twain hanno descritto un gatto, Franco Muzzio Editore, Padova, 1997, p. 79. ISBN 88-7021-844-9

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“È sempre bene accettare i propri difetti con franchezza ma considerare quelli dei propri amici con un'educata incredulità.”

Russel Lynes (1910–1991) storico dell'arte, fotografo, scrittore

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“Eri tu schivo, Gesù Bambino, | un giorno, e come me piccino? | E che sentivi a vivere | fuori dei Cieli, e proprio come io vivo? | Pensavi mai le cose di lassù, | dove fossero gli angeli chiedevi?”

Francis Thompson (1859–1907) poeta inglese

Origine: Da Gesù Bambino; citato in Aa.Vv., Incontri e scontri col Cristo, a cura di Domenico Porzio, M. Ferro, Milano, 1971, vol. I, p. 189.

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“Io il mio lavoro l'ho sempre amato e ho avuto fortuna di trasmettere questo amore a chi lavora con me. Ecco che cos'è la cultura del lavoro: fare proprie le difficoltà e i successi a cui l'azienda va incontro.”

Pasquale Natuzzi (1940) imprenditore italiano

Origine: Citato in Lello Parise, Santeramo, dove nasce la "cultura del lavoro", La Gazzetta del Mezzogiorno, 1997.

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“È veramente un enigma per me che cosa induce la gente a prendere il proprio lavoro con tanta maledetta serietà. Per chi? Per se stessi? Tutti quanti dobbiamo ben presto andarcene. Per i contemporanei? Per i posteri? No, rimane sempre un enigma.”

Albert Einstein (1879–1955) scienziato tedesco

Origine: Da una lettera a Joseph Scharl, un amico artista, 27 dicembre 1949; Archivio Einstein 34-207; citato in Pensieri di un uomo curioso, p. 155.
Origine: Il lato umano, pp. 94-95

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“Si tratta … di un problema di aspettative. Tanto più una persona ritiene che il mondo circostante sia corrotto, tanto maggiore è per lui il costo di essere onesto e tanto minore quello di essere corrotto. Lo scopo della corruzione è proprio quello di sbilanciare le regole a favore dei corruttori, a tutto svantaggio degli onesti.”

Luigi Zingales (1963) economista italiano

Origine: Da Contro la tangente la legge non basta http://espresso.repubblica.it/opinioni/libero-mercato/2014/12/10/news/contro-la-tangente-la-legge-non-basta-1.191216, L'Espresso.it, 10 dicembre 2014.

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“In Italia, il modo più sicuro per conservare il proprio posto è minacciare le dimissioni.”

Roberto Gervaso (1937) storico, scrittore, giornalista

Origine: Aforismi, p. 24

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“Chi si rissa coi grandi, versa il proprio sangue.”

da Follia del contrastare ai grandi, vol. II, p. 129
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“[Su Michael Jackson] Spesso mi vengono in mente proprio le ultime conversazioni che abbiamo avuto al telefono, così intime, dove ci raccontavamo le cose più semplici. Mi manca, mi ha influenzata molto.”

Anastacia (1968) cantautrice e stilista statunitense

Origine: Citato in La "Resurrection" di Anastacia a Milano http://www.ansa.it/lombardia/notizie/2014/05/08/anastacia-e-la-sua-resurrection-tra-i-fan-adoranti_5ba77184-7b74-41f6-a566-fe089a23c4cd.html, Ansa.it, 8 maggio 2014.

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“Dobbiamo resistere alla tentazione del tribalismo e dell'autoreferenzialità, proprio quando l'odio brucia più forte.”

Barack Obama (1961) 44º Presidente degli Stati Uniti d'America

2016
Origine: Citato in Vittorio Zucconi, "I due presidenti e il fattore Putin, la guerra della transizione" http://www.repubblica.it/esteri/2016/12/30/news/i_due_presidenti_e_il_fattore_putin_la_guerra_della_transizione-155095361/?ref=HREA-1, Repubblica.it, 30 dicembre 2016

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“La parabola pronunciata da Fellini può anche lasciarci freddi, se la isoliamo dal contesto […], ma l'eccezionalità del film sta proprio nella "bella confusione" […] di errore e verità, di realtà e sogno, di valori stilistici e valori umani, nel totale adeguamento del linguaggio cinematografico di Fellini alle sconnesse immaginazioni di Guido. Come distinguere il regista della realtà da quello della finzione è impossibile, così i difetti di Fellini coincidono con le ombre spirituali di Guido. L'osmosi tra arte e vita è strabiliante. Certo siamo di fronte a un esperimento irripetibile. […] In Otto e mezzo l'operazione è riuscita fino allo spasimo. […] I motivi (e le polemiche) che serpeggiano nel film sono infiniti e appartengono a un repertorio già noto: è vano tentare di farne un elenco, così come degli scorci di racconto, dei ritratti e dei paesaggi umani. Ovunque qui il genio di Fellini brilla come raramente si è visto al cinema. Non c'è ambiente, non c'è personaggio, non c'è situazione privi di un significato preciso sul grande palcoscenico di Otto e mezzo.”

Giovanni Grazzini (1925–2001) critico cinematografico italiano

da Corriere della Sera, Milano, 16 febbraio 1963
Origine: Citato in Claudio G. Fava, I film di Federico Fellini, Volume 1 di Effetto cinema, Gremese Editore, 1995, pp. 108-109 https://books.google.it/books?id=DNMSsPUpWnoC&pg=PA108. ISBN 8876059318

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“Recentemente un discepolo pensoso (tale Critone) mi ha chiesto: "Maestro, come si può bene appressarsi alla morte?" Ho risposto che l'unico modo di prepararsi alla morte è convincersi che tutti gli altri siano dei coglioni.
[…] cerca soltanto di pensare che, al momento in cui avverti che stai lasciando questa valle, tu abbia la certezza immarcescibile che il mondo (sei miliardi di esseri umani) sia pieno di coglioni, che coglioni siano quelli che stanno danzando in discoteca, coglioni gli scienziati che credono di aver risolto i misteri del cosmo, coglioni i politici che propongono la panacea per i nostri mali, coglioni coloro che riempiono pagine e pagine di insulsi pettegolezzi marginali, coglioni i produttori suicidi che distruggono il pianeta. Non saresti in quel momento felice, sollevato, soddisfatto di abandonare questa valle di coglioni?"
Critone mi ha allora domandato: "Maestro, ma quando devo incominciare a pensare così?" Gli ho risposto che non lo si deve fare molto presto, perché qualcuno che a venti o anche trent'anni pensa che tutti siano dei coglioni è un coglione e non raggiungerà mai la saggezza. Bisogna incominciare pensando che tutti gli altri siano migliori di noi, poi evolvere poco a poco, avere i primi dubbi verso i quaranta, iniziare la revisione tra i cinquanta e i sessanta, e raggiungere la certezza mentre si marcia verso i cento, ma pronti a chiudere in pari non appena giunga il telegramma di convocazione.
Convincersi che tutti gli altri che ci stanno attorno (sei miliardi) siano coglioni, è effetto di un'arte sottile e accorta, non è disposizione del primo Cebete con l'anellino all'orecchio (o al naso). Richiede studio e fatica. Non bisogna accelerare i tempi. Bisogna arrivarci dolcemente, giusto in tempo per morire serenamente. Ma il giorno prima occorre ancora pensare che qualcuno, che amiamo e ammiriamo, proprio coglione non sia. La saggezza consiste nel riconoscere proprio al momento giusto (non prima) che era coglione anche lui. Solo allora si può morire.
[…] È naturale, è umano, è proprio della nostra specie rifiutare la persuasione che gli altri siano tutti indistintamente coglioni, altrimenti perché varrebbe la pena di vivere? Ma quando, alla fine, saprai, avrai compreso perché vale la pena”

Umberto Eco (1932–2016) semiologo, filosofo e scrittore italiano

anzi, è splendido) morire.
Critone mi ha allora detto: "Maestro, non vorrei prendere decisioni precipitose, ma nutro il sospetto che Lei sia un coglione". "Vedi", gli ho detto, "sei già sulla buona strada."
Origine: Da Come prepararsi serenamente alla morte. Sommesse istruzioni a un eventuale discepolo, La bustina di Minerva, L'Espresso, 12 giugno 1997; citato in Umberto Eco: "Come prepararsi serenamente alla morte. Sommesse istruzioni a un eventuale discepolo" http://espresso.repubblica.it/attualita/2016/02/20/news/umberto-eco-come-prepararsi-serenamente-alla-morte-sommesse-istruzioni-a-un-eventuale-discepolo-1.251268, Espresso.repubblica.it, 20 febbraio 2016.

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“[«Cosa rappresenta oggi [nel 2014] la Juventus Football Club?»] Quella che è sempre stata, un misto di arroganza, potere, di forza da tirare fuori sempre al momento giusto. Per decenni si sono crogiolati con la storia di non essere mai retrocessi ed invece era una balla colossale perché nel 1913 arrivarono ultimi nel loro girone, con appena una vittoria, un pareggio e ben otto sconfitte. Solo che guarda caso con un'abile opera diplomatica fecero in modo di abolire proprio in quell'anno le retrocessioni e pensare che ancora non erano arrivati gli Agnelli…”

Aldo Agroppi (1944) allenatore di calcio ed ex calciatore italiano

Origine: Dall'intervista al Corriere Fiorentino; citato in Agroppi al Corriere Fiorentino: "Io anti-Juve, ma sono stato un tifoso bianconero pazzo di Sivori" http://www.tuttojuve.com/altre-notizie/agroppi-al-corriere-fiorentino-io-anti-juve-ma-sono-stato-un-tifoso-bianconero-pazzo-di-sivori-180272, TuttoJuve.com, 9 marzo 2014.

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“Dinnanzi ai miei occhi si è materializzato un affascinante mix di influenze europee e nordafricane, anche se va detto che la Sicilia è una terra unica, autentica, con una sua propria identità.”

Kazuo Ishiguro (1954) scrittore giapponese

Origine: Citato in Salvatore Ferlita, Ishiguro: "Vi racconto la mia Sicilia" http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/08/08/ishiguro-vi-racconto-la-mia-sicilia.html, la Repubblica.it, 8 agosto 2009.

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“È costume degli uomini tenere se possibile in gabbia l'oggetto del proprio amore.”

Tommaso Landolfi (1908–1979) scrittore, poeta e traduttore italiano

III; 1992, p. 29
Le due zittelle

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“Il caso, questo nemico dello scienziato e dell'uomo di azione, è anche il naturale nemico del poeta, che deve concepire il proprio oggetto lirico puro da qualsiasi scoria arbitraria, fortuita, impensata.”

Renato Mucci (1893–1976) traduttore e poeta italiano

Origine: Citato in Giuseppe Appella, Forma 1 e i poeti http://www.insulaeuropea.eu/letture/forma1_appella.html, Insulaeuropea.eu.

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“Dare la vita per il proprio paese, come il ragazzo lombardo, è una grande virtú […].”

il padre di Enrico: Novembre, I poveri; 2001, p. 57
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“[Su Giorgio Morandi] Non ebbe mai un atelier nel senso pomposo del termine. Viveva e lavorava in una camera di media grandezza, una finestra della quale dava su un piccolo cortile ricoperto di verde […]. Qui si trovava anche la sua brandina, un vecchio scrittoio e il tavolo da disegno, una specie di libreria, il cavalletto e poi tutt'intorno su stretti scaffali l'arsenale, in attesa discreta, delle semplici cose che noi tutti conosciamo attraverso le sue nature morte: bottiglie, recipienti, vasi, brocche, utensili da cucina, scatole. Le aveva scovate chissà dove, per lo più da rigattieri, si era innamorato di ciascuna di esse, le aveva portate a casa una ad una, per poi disporre in fila questi trovatelli quali suoi compagni di stanza, in via sperimentale e con grandi speranze. Qui si trovavano dunque i suoi modelli veri e propri: le "cose" nel loro isolamento silenzioso, gli interlocutori del suo incessante dialogo. […] Quanto più essi diventavano parte del suo mondo abituale, dimostrando il proprio diritto di cittadinanza attraverso un crescente strato di polvere, tanto più gli stavano a cuore. Tutto ciò sembrava molto ordinato in modo piuttosto piccolo-borghese, relativamente ordinato; infatti attorno, davanti e dietro al cavalletto vi era abbastanza spesso una traccia evidente di inquietudine e di caos. Là si trovava una consolle a tre ripiani. Nel settore più basso, che poteva comprendere anche il pavimento, giaceva una confusione di quegli oggetti che l'avevano colpito a un primo esame ma che poi gli si erano dimostrati insufficienti per un discorso prolungato. Al piano di sopra si trovavano oggetti come comparse in attesa di una ancor possibile entrata in scena. Ma la scena, sulla quale comparivano i protagonisti scelti come interlocutori di un lungo dialogo, si trovava nell'ultimo ripiano, situato pressoché all'altezza degli occhi. Lì si trovavano queste cose scelte in tutta la loro imperturbabile solitudine; nelle mutevoli composizioni acquisivano una sconcertante personalità e cercavano anche di allacciare tra loro delle sottili relazioni dalle quali si costituiva pian piano, lenta-mente dalla loro prossimità, una compagine armonica. L'arrangiatore paziente era Morandi, che stava a vedere con dedizione ed ansia estreme il lento formarsi della comparsa delle cose; tutto ciò poteva durare dei giorni. […] E in questa comunicazione meditativa, che si faceva sempre più stretta, la distanza tra le cose e l'io contemplante era abolita […], sicché l'immagine infine raggiunta, la controimmagine che rispondeva al pittore, era al tempo stesso la sua autorappresentazione. Giunto a questo punto, Morandi si metteva a dipingere e trasponeva questa realtà, che egli aveva prefigurato con tanta cura, nella visualità del quadro, nella "seconda", più comprensiva realtà. Il vero e proprio atto pittorico durava spesso solo poche ore. Alcuni quadri mostrano chiaramente le tracce di una certa corsività nella pennellata. Sono segni di spontaneità, di un'estrema visione creatrice divampante come la fiamma di una candela che sprigiona l'ultimo guizzo.”

Werner Haftmann (1912–1999) storico dell'arte tedesco

Origine: Citato in Marilena Pasquali, Morandi, Art Dossier, n°50, Giunti, Firenze, ISBN 88-09-76143-X, pp. 6-8.

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