Frasi su simbolo

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema simbolo, essere, mondo, vita.

Frasi su simbolo

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“Un confessionale in cui è presente un sacerdote, in una chiesa vuota, è il simbolo più toccante della pazienza di Dio che attende.”

Joachim Meisner (1933–2017) cardinale e arcivescovo cattolico tedesco

Tragedia per la Chiesa: il sacramento della confessione dimenticato

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“L'arte è un simbolo poiché un simbolo è l'uomo.”

1958, p. 94
De profundis

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“Il bello è il simbolo del bene morale.”

Immanuel Kant (1724–1804) filosofo tedesco

Critica del giudizio

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“Sono dell'avviso che l'unione della verità razionale e di quella irrazionale si deve trovare non tanto nell'arte quanto nel «simbolo» in sé.”

Carl Gustav Jung (1875–1961) psichiatra, psicoanalista e antropologo svizzero

Origine: L'inconscio (1918), p. 150; 1997

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“Dio non sarà aritmetica | né parapsicologia | non sta nei falsi tuoi simboli | nella pornografia.”

Renato Zero (1950) cantautore e showman italiano

da Potrebbe essere Dio
Tregua

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“Dipendesse da me, il crocifisso resterebbe appeso nelle scuole. E non per le penose ragioni accampate da politici e tromboni di destra, centro, sinistra e persino dal Vaticano. Anzi, se fosse per quelle, lo leverei anch'io. […] Se dobbiamo difendere il crocifisso come "arredo", tanto vale staccarlo subito. Gesù in croce non è nemmeno il simbolo di una "tradizione" (come Santa Klaus o la zucca di Halloween) o della presunta "civiltà ebraico-cristiana" (furbesco gingillo dei Pera, dei Ferrara e altri ateoclericali che poi non dicono una parola sulle leggi razziali contro i bambini rom e sui profughi respinti in alto mare). Gesù Cristo è un fatto storico e una persona reale, morta ammazzata dopo indicibili torture, pur potendosi agevolmente salvare con qualche parola ambigua, accomodante, politichese, paracula. È, da duemila anni, uno "scandalo" sia per chi crede alla resurrezione, sia per chi si ferma al dato storico della crocifissione. L'immagine vivente di libertà e umanità, di sofferenza e speranza, di resistenza inerme all'ingiustizia, ma soprattutto di laicità ("date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio") e gratuità ("Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno"). Gratuità: la parola più scandalosa per questi tempi dominati dagli interessi, dove tutto è in vendita e troppi sono all'asta. Gesù Cristo è riconosciuto non solo dai cristiani, ma anche dagli ebrei e dai musulmani, come un grande profeta. Infatti fu proprio l'ideologia più pagana della storia, il nazismo – l'ha ricordato Antonio Socci – a scatenare la guerra ai crocifissi. È significativo che oggi nessun politico né la Chiesa riescano a trovare le parole giuste per raccontarlo. […] Basterebbe raccontarlo a tanti ignorantissimi genitori, insegnanti, ragazzi: e nessuno – ateo, cristiano, islamico, ebreo, buddista che sia – si sentirebbe minimamente offeso dal crocifisso. Ma, all'uscita della sentenza europea, nessun uomo di Chiesa è riuscito a farlo. Forse la gerarchia è troppo occupata a fare spot per l'8 per mille, a batter cassa per le scuole private e le esenzioni fiscali, a combattere Dan Brown e Halloween, e le manca il tempo per quell'uomo in croce. Anzi, le mancano proprio le parole. Oggi i peggiori nemici del crocifisso sono proprio i chierici. E i clericali.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

da Ma io difendo quella croce, 5 novembre 2009
Il Fatto Quotidiano

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“Il presepe, non è un simbolo del male, una contrapposizione di cultura, è un bambino che nasce, è la vita, è la vita, punto!”

Vittorio Sgarbi (1952) critico d'arte, politico e opinionista italiano

da Domenica Live, 6 dicembre 2015
Da programmi televisivi

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“Noi non ci accontentiamo di vedere la bellezza, anche se il Cielo sa che gran dono sia questo. Noi vogliamo qualcos'altro, che è difficile descrivere a parole: vogliamo sentirci uniti alla bellezza che vediamo, trapassarla, riceverla dentro di noi, immergerci in essa, diventarne parte. Ecco perché abbiamo popolato l'aria, la terra e l'acqua di dei e dee, ninfe ed elfi che, dato che a noi non è possibile, possano almeno loro, queste proiezioni di noi stessi, godere ritrovando in se stessi quella bellezza, quella grazia, e quel potere di cui la Natura è immagine. Ecco perché i poeti ci narrano tante meravigliose menzogne. Essi parlano come se il Vento dell'Occidente potesse davvero soffiare dentro un'anima umana: ma non è vero. Ci dicono che "la Bellezza nata da un sussurro" passerà in un volto umano: ma non lo farà. Non per ora. E se prendiamo sul serio l'immagine della Scrittura, se crediamo che Dio un giorno ci darà davvero la Stella del Mattino e ci farà indossare lo splendore del sole, allora possiamo credere che gli antichi miti, come la poesia moderna, pur così falsi nel loro significato storico, siano tanto vicini alla verità quanto la profezia. In questo momento noi ci troviamo all'esterno del mondo, dalla parte sbagliata della porta. Possiamo percepire la freschezza e la purezza del mattino, senza però che queste ci possano rendere freschi puri come loro. Non possiamo penetrare lo splendore che vediamo. Ma tutte le foglie del Nuovo Testamento sussurrano frusciando che non sarà sempre così. Un giorno, a Dio piacendo, riusciremo ad entrare. Quando le anime umane saranno diventate così perfette nella loro obbedienza volontaria da uguagliare le creature inanimate nella loro obbedienza senza vita, allora potranno riscoprirsi della medesima gloria della natura, anzi, di quella Gloria ben più grande di cui la natura non è che un primo abbozzo. La Natura è mortale: noi le sopravviveremo. Quando tutti i soli e tutte le nebulose saranno tramontati, ognuno di voi sarà ancora vivo. La Natura non è che un'immagine, un simbolo, ma è il simbolo che la Scrittura mi invita ad usare. Siamo invitati ad entrare attraverso la Natura, oltrepassandola, fino a raggiungere quello splendore che essa è in grado di riflettere solo in parte. E una volta dentro, oltrepassata la Natura, potremo mangiare dell'albero della vita.”

Clive Staples Lewis (1898–1963) scrittore e filologo britannico

Origine: Citato in Gulisano, p. 182.

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“Tutti gli oggetti e tutte le azioni sono simboli dello spirito.”

Charles Horton Cooley (1864–1929) sociologo statunitense

La comunicazione

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“[Su Roberto Bettega] Roberto è stato uno dei giocatori che hanno fatto la storia bianconera […] un grande campione, un simbolo.”

Giampiero Boniperti (1928) dirigente sportivo, politico ed ex calciatore italiano

Origine: Da Enciclopedia dello sport, ed. Universo.

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“Odio il punto esclamativo, questo gran pennacchio su una testa tanto piccola, questa spada di Damocle sospesa su una pulce, questo gran spiedo per un passero, questo palo per impalare il buon senso, questo stuzzicadenti pel trastullo delle bocche vuote, questo punteruolo da ciabattini, questa siringa da morfinomani, questa asta della bestemmia, questo pugnalettaccio dell'enfasi, questa daga dell'iperbole, quest'alabarda della retorica. Quando, come s'usa nei nostri tempi scamiciati, ne vedo due o tre in fila sul finir d'un periodo, che sembrano gli stecchi sul didietro di un'oca spennata, chiudo il libro perché lo sento bugiardo. Adesso v'è anche chi te l'accoppia con l'interrogativo, che par di veder Arlecchino appoggiato a Pulcinella. Tanto odio questa romantica lacrimuccia nera quando la vedo sgocciolare sulla povera candida pagina, che in essa mi immagino di scoprire or la causa or l'effetto, certo il chiaro simbolo di tutti i mali delle nostre lettere, arti e costumi. E se potessi far leggi, bandirei il punto esclamativo dalla calligrafia, dalle tipografie, dalle macchine da scrivere, dall'alfabeto Morse, con la speranza che a non vederlo più gli italiani se ne dimenticassero anche nel parlare e nel pensare, e pian piano espellessero dal loro sangue questo microbo aguzzo il quale dove arriva fa imputridire i cervelli e la ragione e rimbambisce gli adulti, accieca i veggenti, instupidisce i savi, indiavola i santi… Il punto esclamativo è il servo scemo dell'interiezione.”

Ugo Ojetti (1871–1946) scrittore, critico d'arte e giornalista italiano

Cose viste

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“Artista cerebrale, invaghito dei simboli, delle allegorie e delle fantasticherie satiriche e disegnatore analitico e minuzioso, il Martini, al contrario del maggior numero degli odierni illustratori, non ricerca punto la modernità realistica, sia vezzosamente elegante, sia rudemente brutale, né, in quanto alla tecnica, ama servirsi dei contrasti d'impressionistica virtuosità delle macchie nere di seppia con quelle bianche di biacca, che tanto giovano a fissare gli effetti di luce e l' dei movimenti: ciò spiega come egli non risenta in alcun modo dell'influenza dei maggiori vignettisti contemporanei e si riavvicini invece ai maestri antichi che egli adora e studia di continuo, e ciò dà un carattere di particolare austerità estetica, anche nella maggiore giocondità dell'ispirazione, all'arte sua e la dispone in specie alle composizioni semplicemente ornamentali della pagina stampata, alle copertine e agli ex-libris e la fa più adatta ad interpretare i poeti che i novellieri della vita di tutti i giorni ed a rappresentare i soggetti del passato o che si svolgono fuori d'una precisa nozione di tempo e di luogo che gli aspetti fugaci e spesso frivoli dell'attualità.”

Vittorio Pica (1864–1930) scrittore e critico d'arte italiano

Variante: Artista cerebrale, invaghito dei simboli, delle allegorie e delle fantasticherie satiriche e disegnatore analitico e minuzioso, il Martini, al contrario del maggior numero degli odierni illustratori, non ricerca punto la modernità realistica, sia vezzosamente elegante, sia rudemente brutale, né, in quanto alla tecnica, ama servirsi dei contrasti d'impressionistica virtuosità delle macchie nere di seppia con quelle bianche di biacca, che tanto giovano a fissare gli effetti di luce e l' dei movimenti: ciò spiega come egli non risenta in alcun modo dell'influenza dei maggiori vignettisti contemporanei e si riavvicini invece ai maestri antichi che egli adora e studia di continuo, e ciò dà un carattere di particolare austerità estetica, anche nella maggiore giocondità dell'ispirazione, all'arte sua e la dispone in specie alle composizioni semplicemente ornamentali della pagina stampata, alle copertine e agli ex-libris e la fa più adatta ad interpretare i poeti che i novellieri della vita di tutti i giorni ed a rappresentare i soggetti del passato o che si svolgono fuori d'una precisa nozione di tempo e di luogo che gli aspetti fugaci e spesso frivoli dell'attualità.
Origine: Attraverso gli albi e le cartelle, p. 190

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“La ragione per cui Venezia si presta ad essere il simbolo delle città storiche è che, oltre ad essere straordinariamente bella, il suo tessuto urbano vive in simbiosi con la natura e in particolare con la Laguna.”

Salvatore Settis (1941) archeologo e storico dell'arte italiano, ventiquattresimo direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa

Origine: Intervistato da Simona Maggiorelli, left.it, 3 maggio 2019. URL archiviato il 25 settembre 2019 http://archive.is/GPFpZ/.