Frasi su carne
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“Ricevette l'amministrazione della Chiesa di Gerusalemme Giacomo, il fratello del Signore, chiamato il Giusto… non bevve né vino né altra bevanda inebriante, non mangiò mai carne.”

Eusebio di Cesarea (265–339) vescovo e scrittore greco antico

Origine: Da Storia ecclesiastica; citato in Aa. Vv., La dieta vegetariana nel Cristianesimo, Edizioni Il Sentiero, Milano, 2011, pp. 48-49. ISBN 978-88-86604-12-3

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“La maggior parte della gente non vuole farsi domande sulla carne. Per i miei vicini (e per i miei amici, e per me durante gran parte della mia vita) la carne non è carne. È un'astrazione. La gente non pensa a un animale quando usa la parola carne.”

Bill Buford (1954) scrittore statunitense

Origine: Da Calore; citato in Jeffrey Moussaieff Masson, Chi c'è nel tuo piatto? Tutta la verità su quello che mangi, traduzione di Nello Giugliano, Cairo editore, Milano, 2009, p. 147. ISBN 978-88-6052-218-4

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“Figli – bah, borbottò. Odiano il loro padre…. Si vergognano della propria carne e del proprio sangue…. Meglio morire. Ti seppelliscono. Ti dimenticano…”

John Fante (1909–1983) scrittore e sceneggiatore statunitense

Origine: Da Full of Life, traduzione di Alessandra Osti, Fazi, 1998.

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“I vegetariani consumano un decimo delle risorse rispetto a coloro che si nutrono di carne. Un vantaggio per l'ambiente e per la salute.”

Rob Stewart (produttore cinematografico) (1979–2017) fotografo e produttore cinematografico canadese

Citazioni di Rob Stewart
Origine: Dall'intervista nel documentario di Gertjan Zwanikken, Meat the Truth - Carne, la verità sconosciuta, Nicolaas G. Pierson Foundation, 2007.

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“[…] ah Larte è multo dificile quando si tiene per punto di vista che il disegnio è pane il colore è carne, queste due sostanze non costituiscono che il pitore. Ma Lartista dev'esere un individualità distinta e originale caraterizzata e improntata dal proprio sentimento coi mezi piú semplici della natura.”

Giovanni Segantini (1858–1899) pittore italiano

da Lettera a Vittore Grubicy de Dragon da [Carella] del I/21 82, p. 23
Venticinque lettere
Origine: L'edizione in bibliografia riproduce per la prima volta la lezione originaria, non emendata, delle venticinque lettere di Giovanni Segantini.

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“Hanno voluto la carne e si prenderanno anche le ossa. Io non firmo.”

Francesco Lo Sardo (1871–1931) politico italiano

in Gramsci vivo – Nelle testimonianze dei suoi contemporanei a cura di Mimma Paulesu Quercioli, Feltrinelli, 1977

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“Una creatura simile a noi si può considerare come un oggetto di proprietà, un investimento, un pezzo di carne, un "esso", senza degenerare nella crudeltà verso quella creatura?”

Karen Davis (1944) attivista statunitense

Origine: Da Prisoned Chickens, Poisoned Eggs: An Inside Look at the Modern Poultry Industry, Book Publishing, Summertown, 1996, p. 50; citato in Will Tuttle, Cibo per la pace, traduzione di Marta Mariotto, Sonda, Casale Monferrato, 2014, p. 119. ISBN 978-88-7106-742-1

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“Vide i busti e i profili dei soldati che cavalcavano di fianco alla carrozza, e la folla lungo il percorso: i pugni alzati, e facce stravolte con le bocche spalancate a insultare e a maledire e a invocare una morte, la sua morte! Proseguendo verso Porta San Gaudenzio, s'accorse che per non sentire quelle grida bastava non ascoltarle. Guardava i volti e i corpi degli uomini là fuori come avrebbe guardato dei pesci in una boccia divetro; li vedeva lontani ed anche strani, anzi si meravigliava di non aver mai fatto caso a quei dettagli che ora le sembravano così assurdi; di non essersi mai stupita in precedenza di quelle forme, considerandole – come tutti – inevitabili, e assolutamente sensate! Di averle sempre credute… normali! Quei cosiddetti nasi, quelle orecchie…. Perché eran fatte così? Quelle bocche aperte con dentro quei pezzi di carne che si muovevano. Che insensatezza! Che schifo! E quell'esplosione incontenibile di odio, da parte di individui che fino a pochi giorni prima non sapevano nemmmeno che lei esistesse e ora volevano il suo sangue, le sue viscere, reclamavano d'ammazzarla loro stessi, lì sul momento e con le loro mani… C'era forse un senso, una ragione in tutto questo? E se non c'era, perché accadeva? Ecco, pensava: io sto qui, e non si perché sto qui; loro gridano, e non sanno perché gridano. Le sembrava di capire, finalmente!, qualcosa della vita: un'energia insensata, una mostruosa malattia che scuote il mondo e la sostanza stessa di cui sono fatte le cose, come il mal caduco scuoteva il povero Biagio quando lo coglieva per strada. Anche la tanto celebrata intelligenza dell'uomo non era altro che un vedere e non vedere, un raccontarsi vane storie più fragili d'un sogno: la giustizia, la legge, Dio, l'inferno…”

cap. 30, p. 291
La chimera

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“Partendo dalla convinzione (mai confermata) che il clero avesse elaborato un piano che approfittasse delle confische di oggetti sacri per dichiarare guerra al potere dei soviet, Lenin scrisse: «Per noi, questo momento è quello in cui abbiamo il 99% delle possibilità di riuscire a distruggere il nemico [la Chiesa] e assicurarci una posizione indispensabile per i decenni a venire. È precisamente ora e solamente ora, mentre nelle regioni affamate le popolazioni si nutrono di carne umana e centinaia se non migliaia di cadaveri marciscono sulle strade, che noi possiamo (e dobbiamo) realizzare la confisca dei tesori della Chiesa con l'energia più selvaggia e impietosa. Noi dobbiamo, come che sia, confiscare i beni della Chiesa il più rapidamente possibile e in modo decisivo per assicurarci un fondo di centinaia di milioni di rubli. Senza questo fondo, nessun lavoro governativo in generale, nessuno sforzo economico in particolare, nessuna difesa delle nostre posizioni alla conferenza di Genova sono concepibili». E, per riuscirvi, Lenin ordinò nella stessa lettera delle confische brutali e implacabili «senza fermarsi davanti a niente», e «l'esecuzione del più gran numero possibile di componenti del clero reazionario […]. Più grande sarà il numero delle esecuzioni, meglio sarà»”

Hélène Carrère d'Encausse (1929) storica francese

cap. 14, pp. 408-409
Lenin
Origine: Chiosa dell'Autore.
Origine: Omissione dell'Autore.

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“Come i figli assomigliano i padri, e la carne nasce medesima dalla carne, così l’anime dalle anime.”

Federigo Tozzi (1883–1920) scrittore italiano

da Quel che manca all’intelligenza, Pagine critiche, 1993, p. 84.

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“Io ho smesso di mangiare animali nel 1987, ma sono diventato vegano solo il primo gennaio 2011, eppure non ho cambiato le mie motivazioni: quando decisi di passare al vegetarismo, lo feci perché non volevo contribuire all'uccisione di animali. […] fingevo di non sapere che la produzione di latte e uova è parte della stessa catena di sfruttamento e morte che produce la carne. Non andavo fino in fondo nei miei pensieri e nelle mie scelte […]. Quando diventi vegetariano, i familiari e gli amici si preoccupano per la tua salute e tu cominci a sentirti diverso; sai che ogni invito a pranzo comporterà la necessità di spiegare i motivi per cui non mangi carne e così via. Alla fine i più si fermano lì e non osano andare oltre: dire no a tutto ciò che comporta sfruttamento e morte per gli animali, quindi latte, uova, lana eccetera. Sembra impossibile, una cosa da estremisti e asociali. Ma bisogna ricordare che estremisti e asociali erano definiti i vegetariani fino a poco tempo fa; ora che il vegetarismo è più diffuso e accettato, quest'etichetta è passata a stigmatizzare i vegani. […] In realtà credo che l'unico modo per essere davvero vegetariani, cioè rispettosi degli animali, sia la scelta vegan e spero che presto il termine vegetariano torni ad indicare un'alimentazione a base vegetale e non lacto-ovo-vegetariana come avviene ora.”

Lorenzo Guadagnucci (1963) giornalista italiano

Origine: Dall'intervista di Lorenzo Strisciullo, Intervista a Lorenzo Guadagnucci http://www.mangialibri.com/interviste/intervista-lorenzo-guadagnucci, mangialibri.com, 2013.

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“[Descrivendo le condizioni dei mattatoi di Chicago] Tutte le volte che avanzava carne troppo guasta da poter essere utilizzata altrimenti, era uso comune inscatolarla o trasformarla in salsicce… Non c'era la minima attenzione per quel che veniva tritato per essere insaccato come salsiccia: dall'Europa, tornavano indietro vecchie salsicce rifiutate da quei paesi, ormai bianchicce e muffite, che – trattate con borace e glicerina, e rovesciate nei recipienti – venivano riciclate per finire sulla tavola di migliaia di famiglie americane. S'usava la carne caduta per terra, su quel pavimento pieno di sporcizia e segatura, su cui i lavoratori camminavano e sputavano miliardi di bacilli di tubercolosi; s'usava la carne ammucchiata negli stanzoni, sulla quale non aveva smesso un attimo di gocciolare l'acqua dal soffitto pieno di crepe, su cui centinaia di topi non avevano smesso un attimo di correre. Era troppo buio per riuscire a vedere bene, in quegli stanzoni, ma bastava passare una mano sui mucchi di carne per raccogliere manciate d'escrementi secchi di topo. I topi erano una grossa scocciatura e i conservieri avevano dato disposizione perché venissero sparsi bocconi avvelenati: gli animali li mangiavano, morivano e poi le carcasse dei topi, il pane avvelenato e la carne finivano tutti insieme nei recipienti per la triturazione.”

Upton Sinclair (1878–1968) scrittore statunitense

Origine: Da La giungla; citato in Jeremy Rifkin, Ecocidio: ascesa e caduta della cultura della carne, traduzione di Paolo Canton, Oscar Mondadori, Milano, 2014, cap. XX https://books.google.it/books?id=aAakAwAAQBAJ&pg=PT137.

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“La chiesa è l'istituzione più materialista. Fa di Dio, l'essenza stessa dello spiritualismo, una roba di carne e di sangue: lo mangia e lo beve.”

Ferdinando Petruccelli della Gattina (1815–1890) giornalista, scrittore e patriota italiano

citato in Civiltà Cattolica, 1875, p. 616

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“Credo si possa essere sicuri che una dieta vegetariana sia molto migliore di una dieta che preveda il consumo di carne, soprattutto per quel che riguarda il rischio di cancro e malattie cardiovascolari, e che una dieta vegana sia un buon modo di ridurre, tra le altre cose, il rischio di cancro alla prostata.”

Neal D. Barnard (1953) medico statunitense

Origine: Citato in Jeffrey Moussaieff Masson (che riporta una mail inviatagli da Barnard), Chi c'è nel tuo piatto? Tutta la verità su quello che mangi, traduzione di Nello Giugliano, Cairo editore, Milano, 2009, p. 183. ISBN 978-88-6052-218-4

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“Gli esseri in un'età futura | potrebbero stupidamente dire della carne: | "È pura e non è sbagliato, | i buddha hanno detto che possiamo mangiarne."”

Gautama Buddha (-563–-483 a.C.) monaco buddhista, filosofo, mistico e asceta indiano, fondatore del Buddhismo

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“L'eccessivo consumo di carne da parte del ricco significa la fame per il povero. Bisogna cambiare questi sistemi costosi di agricoltura, sopprimere terreni coltivati per ingrassare bovini e ridurre il bestiame.”

René Dumont (1904–2001) sociologo francese

Origine: Dichiarazione rilasciata a Roma, nel 1974, in occasione della Conferenza per l'Alimentazione Mondiale delle Nazioni Unite; citato in Aa.Vv., Un gusto superiore: un modo nuovo di mangiare e di vivere, The Bhaktivedanta Book Trust Italia, 1992, p. 12.

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“Le parole sono lame d'erba che attraversando gli ostacoli, germogliano sulla pagina; lo spirito delle parole che si muove nel corpo è concreto e palpabile come la carne; la fame di creare è altrettanto materiale quanto le dita e la mano. Guardo le mie dita, vedo crescervi piume. Dalle dita, mie piume, inchiostro nero e rosso cola sulla pagina.”

Gloria Anzaldúa (1942–2004)

da Terre di confine. La frontera, a cura di Paola Zaccaria, Palomar, Bari, 2000, p. 113.
Origine: Citato in Pierre Lepori, Wolf in translation; in Louis Wolfson, Cronache da un pianeta infernale, a cura di Pietro Barbetta ed Enrico Valtellina. Con un saggio del premio Nobel J.M.G. Le Clézio, Manifestolibri, 2014, pp. 92-93. ISBN 978-88-7285-757-1

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“In realtà il patibolo, quando è lì, drizzato, ha alcunché d'allucinante. Si può avere una certa indifferenza a proposito della pena di morte, non pronunciarsi, dire di sì e no, fino a quando non si è visto coi propri occhi una ghigliottina; ma se avviene d'incontrarne una, la scossa è violenta e bisogna decidersi a prendere partito pro o contro di essa. Taluni, come il De Maistre, ammirano; altri, come il Beccaria, esecrano. La ghigliottina concreta la legge: si chiama vendetta, ma non è neutra e non vi permette di restar neutro. Chi la scorge freme del più misterioso dei fremiti. Tutte le questioni sociali drizzano intorno alla mannaia il loro punto interrogativo. Il patibolo è una visione; ma non è una costruzione, ma non è una macchina, ma non è un inerte meccanismo fatto di legno, di ferro e di corde. Sembra ch'esso sia una specie d'essere con non so qual cupa iniziativa; si direbbe che quella costruzione veda, che quella macchina senta, che quel meccanismo capisca, che quel legno, quel ferro e quelle corde vogliano. Nella spaventosa fantasticheria in cui la sua presenza getta l'anima, il patibolo appare terribile e sembra partecipe di quello che fa.
È il complice del carnefice: divora, mangia la carne,
beve il sangue. Il patibolo è una specie di mostro fabbricato dal giudice e dal falegname, uno spettro che sembra vivere d'una specie di vita spaventevole, fatta di tutta la morte che ha dato.”

Les Misérables

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“Dal Ka-Be la musica non si sente bene: arriva assiduo e monotono il martellare della grancassa e dei piatti, ma su questa trama le frasi musicali si disegnano solo a intervalli, col capriccio del vento. Noi ci guardiamo l'un l'altro nei nostri letti, perchè tutti sentiamo che questa è musica infernale.
I motivi sono pochi, una dozzina, ogni giorno gli stessi, mattina e sera: marce e canzoni popolari care a ogni tedesco. Esse giacciono incise nelle nostre menti, saranno l'ultima cosa del Lager che dimenticheremo: sono la voce del Lager, l'espressione sensibile della sua follia geometrica, della risoluzione altrui di annullarci prima come uomoni per ucciderci poi lentamente.
Quando questa musica suona, noi sappiamo che i compagni, fuori nella nebbia, partono in marcia come automi; le loro anime sono morte e la musica li sospinge, come il vento le foglie secche, e si sostituisce alla loro volontà. Non c'è più volontà, ogni pulsazione diventa un passo, una contrazione rilflessa dei muscoli sfatti. […] Ma dove andiamo non sappiamo. Potremo forse sopravvivere alle malattie e sfuggire alle scelte, forse anche resistere al lavoro e alla fame che ci consumano: e dopo? Qui, lontani momentaneamente dalle bestiemme e dai colpi, possiamo rientrare in noi stessi e meditare, e allora diventa chiaro che non ritorneremo. Noi abbiamo viaggiato fin qui nei vagoni piombati; noi abbiamo visto partire verso il niente le nostre donne e i nostri bambini; noi fatti schiavi abbiamo marciato centro volte avanti e indietro alla fatica muta, spenti nell'anima prima che dalla morte anonima. Noi non ritorneremo. Nessuno deve uscire di qui, che potrebbe portare al mondo, insieme col segno impresso nella carne, la mala novella di quanto ad Auschwitz, è bastato animo all'uomo di fare all'uomo.”

Primo Levi (1918–1987) scrittore, partigiano e chimico italiano
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“Questa è la fattoria Hale.
Ecco la vecchia stalla per la mungitura, l’entrata buia che dice Vieni a cercarmi.
Ecco la banderuola, la catasta di legna.
Ecco la casa, echeggiante di storie.
È presto. Il falco vola lento nel cielo sgombro. Una sottile piuma blu volteggia nel vuoto. L’aria è fredda, limpida. La casa è silenziosa, come la cucina, il divano di velluto blu, la piccola tazza da tè bianca.
Da sempre la fattoria canta per noi, le sue famiglie perdute, i suoi soldati e le mogli. Durante la guerra, quando arrivarono con le baionette, entrando con la forza, gli stivali infangati sulle scale. Patrioti. Banditi. Mariti. Padri. Dormivano nei letti freddi. Razziavano la cantina in cerca di barattoli di pesche sciroppate e barbabietole da zucchero. Accendevano grandi fuochi nel campo, e le fiamme si contorcevano, schioccando alte verso il cielo. Fuochi che ridevano. Le facce calde brillavano e le mani erano in tasca, al riparo. Arrostivano un maiale e strappavano la carne dolce e rosea dall’osso. Dopo, si succhiavano via il grasso dalle dita, un sapore familiare, strano.
Ce ne sono stati altri – molti – che hanno rubato, smantellato e saccheggiato. Perfino i tubi di rame, perfino le mattonelle di ceramica. Quello che potevano prendere, prendevano. Hanno lasciato solo i muri, i pavimenti spogli. Il cuore pulsante in cantina.
Noi aspettiamo. Siamo pazienti. Aspettiamo notizie. Aspettiamo che ci venga detto qualcosa. Il vento sta provando a farlo. Gli alberi ondeggiano. È la fine di qualcosa; lo sentiamo. Presto sapremo.”

All Things Cease to Appear

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