Frasi sulla distanza

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema lontano, essere, vita, due-giorni.

Migliori frasi sulla distanza

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“Se anche tu vedi la stessa luna non siamo poi così lontani.”

Claudio Baglioni (1951) cantautore italiano

da Stai su
Viaggiatore sulla coda del tempo

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“In questa mesta e pazza nostalgia che mi porta via lontano.”

Pierpaolo Lauriola (1975) cantautore italiano

da Un Mattino Nuovo, n. 4
Quando arriva La Sera

“Acqua lontana non spegne fuoco vicino.”

Stefano Guazzo (1530–1593) scrittore italiano

Origine: Citato in Harbottle, p. 243
Origine: Dialoghi Piacevoli, Del Prencipe di Valacchia, p. 39

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Frasi sulla distanza

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“Non amo particolarmente la gente. Più lontano ne sto e meglio mi sento.”

Charles Bukowski (1920–1994) poeta e scrittore statunitense

3/11/91, 12:48 AM; 2000, p. 69
Il capitano è fuori a pranzo

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“Quando guardate, guardate lontano, e anche quando credete di star guardando lontano, guardate ancor più lontano!”

Robert Baden-Powell (1857–1941) militare, educatore e scrittore inglese, fondatore del movimento scout

Origine: Da Headquarters Gazette, novembre 1920, in Taccuino, p. 123.

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“E la vita continua | anche senza di noi | che siamo lontani ormai.”

Vasco Rossi (1980) cantautore italiano

da Anima fragile, n. 4
Colpa d'Alfredo

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“Io sono nato in Sicilia e lì l'uomo nasce isola nell'isola e rimane tale fino alla morte, anche vivendo lontano dall'aspra terra natìa circondata dal mare immenso e geloso.”

Luigi Pirandello (1867–1936) drammaturgo, scrittore e poeta italiano premio Nobel per la Letteratura nel 1934

dal discorso pronunciato da Luigi Pirandello in occasione della morte di Giovanni Verga; citato in Michele Sabatino, Tra la mia perduta gente. Lettere e poesie, epilogo, La Moderna Edizioni, Enna, 2006

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“Adesso che mi ci fai pensare, mi domando anch'io che cosa ho conservato di abruzzese e debbo dire, ahimè, tutto; cioè l'orgoglio di esserlo che mi riviene in gola quando meno me l'aspetto, per esempio quest'estate in Canada, parlando con alcuni abruzzesi della comunità di Montreal, gente straordinaria e fedele al ricordo della loro terra. Un orgoglio che ha le sue relative lacerazioni e ambivalenze di sentimenti verso tutto ciò che è Abruzzo. Questo dovrebbe spiegarti il mio ritardo nel risponderti; e questo ti dice che sono nato a Pescara per caso: c'era nato anche mio padre e mia madre veniva da Cappelle sul Tavo. I nonni paterni e materni anche essi del Teramano, mia madre era fiera del paese di sua madre, Montepagano, che io ho visto una sola volta di sfuggita, in automobile, come facciamo noi, poveri viaggiatori d'oggi… Tra i dati positivi della mia eredità abruzzese metto anche la tolleranza, la pietà cristiana (nelle campagne un uomo è ancora nu cristiane), la benevolenza dell'umore, la semplicità, la franchezza nelle amicizie; e cioè quel sempre fermarmi alla prima impressione e non cambiare poi il giudizio sulle persone, accettandole come sono, riconoscendo i loro difetti come miei, anzi nei loro difetti i miei. Quel senso ospitale che è in noi, un po' dovuto alla conformazione di una terra isolata, diciamo addirittura un'isola (nel Decamerone, Boccaccio cita una sola volta l'Abruzzo, come regione remota: «Gli è più lontano che Abruzzi»); un'isola schiacciata tra un mare esemplare e due montagne che non è possibile ignorare, monumentali e libere: se ci pensi bene, il Gran Sasso e la Majella son le nostre basiliche, che si fronteggiano in un dialogo molto riuscito e complementare… Bisogna prenderci come siamo, gente rimasta di confine (a quale stato o nazione? O, forse, a quale tempo?), con una sola morale: il lavoro. E con le nostre Madonne vestite a lutto e le sette spade dei sette dolori ben confitte nel seno. Amico, dell'Abruzzo conosco poco, quel poco che ho nel sangue.”

Ennio Flaiano (1910–1972) scrittore italiano

Origine: Da una lettera citata in Pasquale Scarpitti, Disincanto, Sarus, Teramo, 1972.

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“Io e te, che attraversiamo il fuoco con un ghiacciolo in mano | che siamo due punti ma visti da lontano.”

Jovanotti (1966) cantautore, rapper e disc jockey italiano

da Il più grande spettacolo dopo il big bang, n. 6
Ora

“La volontà di potenza, l'egoismo innalzato a sistema, il narcisismo mentale sono le radici sottili e inconsce dello spirito di avarizia.
L'avaro vuole dominare il mondo delle forme, vuole divenire padrone dei suoi fratelli schiacciandoli con il peso delle sue ricchezze. Per questo egli accumula con passione le ricchezze – non vi è cosa che non farebbe per aumentarle – e pensa che il denaro sia tutto, che la potenza economica tenga il posto di ogni altra cosa. Quanto più sarà ricco, tanto più potrà dominare, ma come farà a sapere di essere ricco? L'avaro non lo saprà mai, vedrà se stesso sempre povero, non dirà mai basta all'ingorda fame, e così la volontà di potenza che l'ha sedotto, alla fine lo beffa, muore e il suo tesoro viene disperso.
L'avarizia così offusca il lume della ragione e la conoscenza della grazia: più sarai ricco e più avrai potenza. L'accumulare diventa una mania: l'avaro non vede che il possesso, non vive che per possedere, il possesso è per lui il fine supremo. Il possesso, da schiavo, è divenuto padrone e selvaggiamente trionfa.
L'avaro non riconosce di esserlo, afferma di essere sobrio, parsimonioso, economo, di dover fare delle privazioni per non mancare ai suoi doveri, di non poter essere generoso perché altrimenti lui stesso dovrebbe mendicare, trova continuamente nuove economie e se ne vanta come di un pregio. Non vi è nulla di più spaventoso della buona fede dell'avaro, ed è questa buona fede che gli uccide l'anima.
Gli schiavi di altre passioni finiscono presto o tardi a sentirsi a disagio, le conseguenze delle loro passioni prima o poi li fanno meditare o vergognarsi; la possibilità di riconoscere il proprio peccato è una piccola via di salvezza loro offerta. Ma l'avaro di che cosa può pentirsi o vergognarsi? Frugale per non spendere, casto per economizzare, sobrio per non sprecare, convinto di sacrificarsi per il bene dei lontani eredi, si crea, a maggiore tranquillità, la visione di opere buone cui lascerà, morendo, tutto il suo. Allora si sente un eroe, un santo, un martire.”

Giovanni Vannucci (1913–1984) presbitero e teologo italiano

La vita senza fine

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“La gente vive per anni e anni, ma in realtà è solo una piccola parte di quegli anni che vive davvero, e cioè negli anni in cui riesce a fare ciò per cui è nata. Allora, lì, è felice. Il resto del tempo è tempo che passa ad aspettare o a ricordare. Ma non è triste quando aspetta o ricorda. Sembra triste. Ma è solo un po' lontana.”

Alessandro Baricco (1958) scrittore e saggista italiano

Questa Storia
Variante: Mi ha detto che secondo lui la gente vive per anni e anni, ma in realtà è solo in una piccola parte di quegli anni che vive davvero, e cioè negli anni in cui riesce a fare ciò per cui è nata. Allora, lì, è felice. Il resto del tempo è tempo che passa ad aspettare o a ricordare. Sembri triste, ma è solo che stai aspettando, o ricordando. Non è triste la gente che aspetta, e nemmeno quella che ricorda. Semplicemente è lontana.

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“Quando un giorno sarai lontana | e vedrai il cielo quando si colora | pensami almeno per un momento | pensami almeno per mezz'ora.”

Jovanotti (1966) cantautore, rapper e disc jockey italiano

da Quando sarai lontana, n. 8
Lorenzo 1990-1995

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“Proprio in quel tempo Drogo si accorse come gli uomini, per quanto possano volersi bene, rimangono sempre lontani; che se uno soffre il dolore è completamente suo, nessun altro può prenderne su di sé una minima parte; che se uno soffre, gli altri per questo non sentono male, anche se l'amore è grande, e questo provoca la solitudine della vita.”

The Tartar Steppe
Il deserto dei Tartari
Variante: Difficile è credere in una cosa quando si è soli, e non se ne può parlare con alcuno. Proprio in quel tempo Drogo si accorse come gli uomini, per quanto possano volersi bene, rimangono sempre lontani; che se uno soffre il dolore è completamente suo, nessun altro può prenderne su di sé una minima parte; che se uno soffre, gli altri per questo non sentono male, anche se l'amore è grande, e questo provoca la solitudine della vita.

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“E non importa quanto oggi ti sono lontano. Tu mi sei sempre a un millimetro di cuore.”

Massimo Bisotti (1979) scrittore italiano

libro Un anno per un giorno

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“[Su come capire quando si è davvero innamorati di qualcuno] Quando a fatica riesci a pensare ad altro, quando tua madre ti chiede ripetutamente perché stai sorridendo, quando la respirazione cambia, quando ti rendi conto che non puoi stare più lontana di un metro da lui, quando tutte le percezioni sono esasperate, quando Brad Pitt non ti fa né caldo né freddo, quando sei insospettabilmente allegra, quando ti sforzi di non rompergli le scatole ogni minuto, quando ascolti la tua voce che dice ti amo, quando ti sembra di non poter sopravvivere alla sua mancanza, quando diventi pazza per ogni suo piccolo gesto, quando ti senti di essere di sua proprietà esclusiva, quando ti incanti e ti attardi a guardare un albero, il cielo, una tenda, il muro o anche la punta delle tue scarpe, quando il rispetto è totale, quando, tu che odi il calcio, stai a guardare una raffica di partite fingendo di capirci qualcosa, quando ti si scioglie il cuore a un suo sottinteso, quando ti guardi e non ti vedi bella abbastanza, quando una sua chiamata sposta il ritmo del tuo cuore, quando hai voglia di urlarlo al mondo intero, quando ti rendi conto di essere più disponibile nei confronti della odiosa signora del piano di sopra, quando gli compreresti fasci di rose rosse, quando alla più piccola incomprensione piangi come un vitello, quando hai capito il motivo per il quale ti hanno messo su questa terra, quando temi per la sua incolumità fisica come se fosse un figlio, quando sei disposta a lasciare tutto pur di avere lui. Allora sei sulla buona strada.”

Mina (1940) pagina di disambiguazione di un progetto Wikimedia

dalla rubrica "Mina per voi" http://minapervoi.vanityfair.it/2011/10/28/come-si-capisce-che-e-vero-amore/, 28 ottobre 2011
Citazioni di Mina

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“Tutto ciò che è buono, onesto e vero… se lo tieni lontano abbastanza a lungo, lo perdi del tutto? Se nessuno ti vuole bene, esisti veramente?”

Cassandra Clare (1973) scrittrice statunitense

Will Herondale
Shadowhunters – Le origini, Il principe

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“Non si va mai così lontano e mai via di qua come quando non si sa bene dove si va.”

Claudio Baglioni (1951) cantautore italiano

da Un mondo a forma di te
Viaggiatore sulla coda del tempo

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“Se Dio mi darà vita devo andare più lontano, dove gli altri non vogliono andare.”

Annalena Tonelli (1943–2003) missionaria italiana

Origine: Citato in Antonio Sicari, Il decimo libro dei ritratti di santi, Editoriale Jaca Book, 2007.

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“Da un mondo migliore non siamo lontani, possiamo toccarlo, se alziamo le mani; possiamo creare, un mondo migliore, lo so che è difficile, ma non per l'amore.”

Gigi D'Agostino (1967) disc jockey e produttore discografico italiano

da Un mondo migliore, n. 18, cd 1
Lento Violento... e altre storie

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“Chi è il prossimo? Lo sappiamo, non dobbiamo cercarlo lontano: il prossimo è il fratello che ci passa vicino.”

Chiara Lubich (1920–2008) attivista (attivista cattolica)

L'arte di amare

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“Io sono Hector Horeau e vi odio. Odio i sonni che dormite, odio l'orgoglio con cui cullate lo squallore dei vostri bambini, odio ciò che toccano le vostri mani marce, odio quando vi vestite per la festa, odio i soldi che avete in tasca, odio la bestemmia atroce di quando vi permettete di piangere, odio i vostri occhi, odio l'oscenità del vostro buon cuore, odio i pianoforti che come bare popolano il cimitero dei vostri salotti, odio i vostri amori schifosamente giusti, odio tutto quello che mi avete insegnato, odio la miseria dei vostri sogni, odio il rumore delle vostre scarpe nuove, odio ogni singola parola che avete mai scritto, odio ogni momento in cui mi avete toccato, odio tutti gli istanti in cui avete avuto ragione, odio le madonne che pendono sui vostri letti, odio il ricordo di quando ho fatto l'amore con voi, odio i vostri segreti da niente, odio tutti i vostri giorni più belli, odio tutto quello che mi avete rubato, odio i treni che non vi hanno portato lontano, odio i libri che avete lordato con i vostri sguardi, odio lo schifo delle vostre facce, odio il suono dei vostri nomi, odio quando vi abbracciate, odio quando battete le mani, odio quel che vi commuove, odio ogni singola parola che mi avete strappato, odio la miseria di quel che vedete quando guardate lontano, odio la morte che avete seminato, odio tutti i silenzi che avete straziato, odio il vostro profumo, odio quando vi capite, odio qualsiasi terra che vi abbia ospitato, e odio il tempo passato su di voi. Ogni minuto di quel tempo è stata una bestemmia. Io disprezzo il vostro destino. E ora che mi avete rubato il mio, solo mi importa sapervi crepati. Il dolore che vi spezzerà sarò io, l'angoscia che vi consumerà sarò io, il tanfo dei vostri cadaveri sarò io, i vermi che si ingrasseranno con le vostre carcasse sarò io. E ogni volta che qualcuno vi dimenticherà, lì ci sarò io. Volevo poi solo vivere. Bastardi.”

Castelli di rabbia

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“[«In politica, meglio veder lontano o vicino?»] Sia i miopi che i presbiti, in politica, sono pericolosissimi.”

Giulio Andreotti (1919–2013) politico, scrittore e giornalista italiano

p. 10

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“Invecchio, sì; perdo il gusto di comandare. Me lo fa perdere la servilità che scopro in tutti. Uomini, vorrei uomini! Mi vedo attorno automi, fantocci che devo atteggiare così o così, e che mi restano davanti, quasi a farmi dispetto, nell'atteggiamento che ho dato loro, finché non lo cambio con una manata. Soltanto di fuori però, capisci? si lasciano atteggiare! Dentro… eh, dentro, restano duri, coi loro pensieri copert, nemici, vivi solamente per loro. Che puoi su questi? Docili di fuori, miti, malleabili, visi ridenti, schiene ossequiose, t'approvano, t'approvano sempre. Ah, che sdegno! Vorrei sapere perché mi arrovello così; perché e per chi lo faccio… Domani morrò. Ho comandato! Sì, ecco: ho assegnato la parte a questo e a quello, a tanti che non hanno mai saputo veder altro in me che la parte che rappresento per loro. E di tant'altra vita, vita d'affetti e di idee che mi s'agita dentro, nessuno che abbia mai avuto il più lontano sospetto… Con chi vuoi parlarne? Sono fuori dalla parte che devo rappresentare… Certe volte, a qualcuno che viene qua a visitarmi, a incensarmi, mi diverto a rivolgere certi sguardi, certi sguardi che sfondano la parete, e me lo vedo allora per un attimo, restar davanti sospeso, impacciato, goffo; Dio sa che forza devo fare su me stesso per non scoppiargli a ridere in faccia. Mi crederebbe ammattito, per lo meno. E anche tu, caro mo, se vedessi con che occhi mi stai guardando in questo momento…
– Io no! – disse subito Aurelio, riscuotendosi.
Flaminio Salvo rise, scotendo il capo:
– Anche tu, anche tu… È così; per forza è così… Ti posso io dire quello che vorrei veramente da te? Il piacere che mi faresti, se tu agissi com'io forse al tuo posto agirei?
– E perché no? – domandò Aurelio, levandosi. – Mi dica…
– Ma perché no, – negò subito il Salvo, stringendosi nelle spalle, – perché non posso… Puoi dirmi tu quel che pensi, quel che senti, la vita che hai dentro in questo momento?… Non puoi… Sei davanti a me nella relazioni che possono correre tra me e te: tu sei il mio ingegnere, il mio buon figliolo che amo, a cui questa sera, davanti a una ventina di marionette, ho dato l'incarico di recarsi a Colimbetra, messaggero di trionfo: e basta! Che altro potrei dirti? Questo soltanto, forse, per il tuo bene…
E Flaminio Salvo posò una mano sulla spalla di Aurelio:
– Non ti tracciar vie da seguire, figliuolo mio; né abitudini, né doveri; va', va', muoviti sempre; scròllati di tratto in tratto d'addosso ogni incrostatura di concetti; cerca il tuo piacere e non temere il giudizio degli altri e neanche il tuo, che puoi stimar giusto oggi e falso domani. Conosci don Cosmo Laurentano? Se sapessi quanta ragione ha quel matto! Va', va', è tardi; andiamo a dormire. Addio.”

Luigi Pirandello (1867–1936) drammaturgo, scrittore e poeta italiano premio Nobel per la Letteratura nel 1934
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“Scrissi col lapis, sopra la punteggiatura, come vogliono appunto le convenzioni internazionali che tutelano il diritto delle genti: "Signora, robustizza pacco pentachìlo a 1/2 cedola all'uopàta evitando medicincarte et infiammabili. Pàccami lancorredo, sigartabacco e seccacastagne. Se però credi castagne ben cotte possano giovare al bambino, non inviarle. Non mi manca niente. Di una sola cosa ti prego: che la sera della vigilia di Natale tu imbandisca la tavola nel modo più lieto possibile. Fai schiodare la cassa delle stoviglie e quella della cristalleria; scegli la tovaglia migliore, quella nuovissima piena di ricami; accendi tutte le lampade. E prepara un grosso albero di Natale con tante candeline, e prepara con cura il presepe vicino alla finestra, come l'anno scorso. Signora, io ho bisogno che tu faccia questo. Il mio pensiero ogni notte varca il reticolato: lo so, ti riesce difficile figurarti il mio pensiero che varca il reticolato. Il pensiero è un soffio di niente e non ha volto: e allora figurati che io stesso, ogni notte, esca dal recinto. Figurati un Giovannino leggero come un sogno e trasparente come il vento delle serenissime e gelide notti invernali. Io, ogni notte, approfitto del sonno degli altri e mi affido all'aria e trasvolo rapido gli sconfinati silenzi di terre straniere e città sconosciute. Tutto è buio e triste sotto di me, e io affannosamente vado cercando luce e serenità. Rivedo la Madonnina del Duomo, ma le strade e le piazze non sono più quelle di un tempo, e stento a ritrovare il nostro quarto piano. Signora, non dire che sono il solito temerario se entro in casa dal tetto: anzi, loda la mia prudenza se non mi avventuro lungo le macerie della scala. E poi il tetto è scoperchiato e si fa più presto. Riconosco lo scheletro delle nostre stanze e ricerco i nostri ricordi nascosti sotto i rottami dei muri crollati. Tutto è buio, freddo e triste anche qui, e soltanto se la luna mi assiste riesco a scoprire sui brandelli delle tappezzerie che ancora pendono alle pareti, i riquadri chiari e la topografia dei nostri mobili. Per le strade deserte, cammina soltanto la paura vestita di luna. Su un brano di tappezzeria dell'ex-anticamera vedo un fiorellino. Uno strano fiore nero a cinque petali. Signora, rammenti quando Albertino decorò le nostre stanze con la piccola sciagurata mano intinta nell'inchiostro di China? Inutilmente vado a ricercare vestigia di giorni lieti fra le pareti dell'ufficio; le pareti non ci sono più, e il grande edificio è un cupo mucchio di cemento annerito dal fumo. Fuggo dalla città buia e silenziosa, e rivedo i luoghi dove, zitella, tu mi conoscesti zitello. Ma anche qui è squallida malinconia, e io mi rifugio alla fine nella casupola dove si accatastano i miei ultimi effetti e i miei primi affetti. Tu dormi, Albertino dorme, mia madre, mio padre dormono. Tutti dormono, e cercano forse di ritrovare in sogno il mio ignoto, lontano rifugio. I nostri mobili si affollano disordinatamente nelle esigue stanze immerse nell'ombra, e dentro le polverose casse del solaio le parole dei miei libri si sono gelate. Signora, io cerco un po' di luce, un po' di tiepida serenità, e invece non trovo che buio e freddo, e non posso ravvisare nel buio il volto di mio figlio, e sui laghi e sulle spiagge tutto è spento e abbandonato, tutto è silenzio, e io rinavigo verso il recinto e torno al mio pagliericcio portando il gelo nelle ossa del numero 6865. Signora, bisogna che, almeno la notte di Natale, il mio pensiero, fuggendo dal recinto, possa trovare un angolo tiepido e luminoso in cui sostare. Voglio tanta luce: voglio rivedere il vostro volto, voglio rivedere il volto dell'antica serenità. Altrimenti che gusto c'è a fare il prigioniero?" Qui ebbi la sensazione che le 24 righe stessero per finire, e mi interruppi. Le righe erano in effetti 138, e io avevo riempito le 24 mie, le 24 della risposta e altri cinque foglietti che stazionavano nei paraggi. Con estrema cura cancellai tutto e ricominciai da capo: "Signora, robustizza pacco pentachìlo a 1/2 cedola all'uopàta evitando medicincarte et infiammabili. Pàccami lancorredo, sigartabacco…"”

Giovannino Guareschi (1908–1968) scrittore italiano

Origine: Diario clandestino, pp. 31 a 34

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“Il filosofo non tiene affatto conto di tutto ciò che vale poco o niente e guida il suo volo dappertutto, come dice Pindaro: «Sondando gli abissi della terra, e misurandone le superfici, seguendo il cammino degli astri nelle profondità del cieli e, di ciascuna realtà, scrutando la natura nel suo dettaglio e nel suo insieme senza mai lasciarsi irretire da ciò che è immediatamente vicino»
«Che vuoi dire con questo, Socrate?»
«Voglio dir questo. Un giorno Talete osservava gli astri, Teodoro, e con lo sguardo rivolto al cielo finì per cadere in un pozzo; una sua giovane serva della Tracia, intelligente e graziosa, lo prese in giro dicendogli che con tutta la sua scienza su quel che accade nei cieli, non sapeva neppure vedere quel che aveva davanti ai piedi. La morale di questa storia può valere per tutti coloro che passano la vita a filosofare, ed effettivamente un uomo simile non conosce né vicini né lontani, non sa cosa fanno gli altri uomini o altri esseri viventi. Ma che cosa sia un uomo, in che cosa per sua natura deve distinguersi dagli altri esseri nella attività o nella passività che gli è propria, ecco, di questo il filosofo si occupa a questa ricerca consacra le sue pene. Immagino che tu mi segua, Teodoro, o mi sbaglio?»
«Ti seguo e quel che dici è la verità»
«È questo dunque, mio buon amico, nei rapporti privati il nostro filosofo; ed è così anche nella vita pubblica, come ti dicevo all'inizio. Quando nei tribunali o altrove bisogna che, contro la sua volontà, tratti di cose che sono davanti a lui, sotto i suoi occhi, finisce non soltanto per far ridere la donne di Tracia, ma cade effettivamente nei pozzi, non esce dalle difficoltà della vita per mancanza di esperienza e la sua terribile goffaggine gli fa fare la figura dello stupido. Infatti, se è costretto a subire le cattiverie della gente, non sa lanciare a nessuno degli insulti perché non sa nulla dei mali di ciascuno: non se ne è mai occupato. Messo così in difficoltà, appare ridicolo. Di fronte agli elogi, all'arroganza di cui altri si gloriano, non fa affatto finta di ridere, ma ride davvero, e in modo così aperto da essere scambiato per uno stupido.»”

Teeteto

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“E se andrai lontano, fa che non sia troppo fuori mano o trova un posto irraggiungibile.”

Claudio Baglioni (1951) cantautore italiano

da Fammi andar via
Io sono qui

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“Basta non farsi mai prendere in giro o, almeno, non farsi portare lontano vedi che bella la vita basta andare più piano.”

Luca Carboni (1962) cantautore e musicista italiano

da Ci stiamo sbagliando
...intanto Dustin Hoffman non sbaglia un film

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“Non sono al tuo fianco, Anna, io sono il tuo fianco. Sei la parte mancante che torna da lontano a combaciare.”

Erri De Luca (1950) scrittore, traduttore e poeta italiano

pag. 30
Il giorno prima della felicità

“Anche gli amici più cari che ho | li sento sempre più lontani quasi come non ci conoscessimo.”

Raige (1983) rapper italiano

da Vanno e vengono, n. 2
Addio

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