Frasi su lungo
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“L’autobus correva lungo una striscia di cemento molto stretta a pelo dell’acqua senza parapetto, niente; tutto lì. L’autista si appoggiava allo schienale e passava rombando su quella stretta striscia di cemento circondata dall’acqua e tutti i passeggeri dell’autobus, venticinque o quaranta o cinquantadue persone si fidavano di lui, ma io no. Ogni tanto c’era un nuovo autista e io pensavo, come li scelgono, questi figli di puttana? L’acqua è profonda su tutt’e due i lati e basta un piccolo errore per andare tutti al creatore. Era ridicolo. Mettiamo che quella mattina avesse litigato con la moglie. O che avesse il cancro. O che vedesse la Madonna. O che avesse i denti cariati. Qualunque cosa. Bastava un niente. Avrebbe potuto impazzire. Buttarci tutti di sotto. Sapevo che se ci fossi stato io, al suo posto, avrei preso in considerazione la possibilità di trascinare tutti in acqua. Mi sarebbe piaciuto. e qualche volta, dopo considerazioni del genere, la possibilità diventa realtà. Per ogni Giovanna d’Arco c’è un Hitler appollaiato dall’altra estremità dell’altalena. La vecchia storia del bene e del male. Ma nessuno di quegli autisti ci buttò mai di sotto. Pensavano soltanto alle rate della macchina, alla partita di baseball, al taglio dei capelli, alle ferie, ai clisteri, alle domeniche in famiglia. In quel branco di merdosi non c’era nemmeno un vero uomo. Arrivavo sempre al lavoro con la nausea ma sano e salvo. Il che dimostra che Schumann era più relativo di Shostakovich…”

Factotum

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“orrore all’idea di aggiungere i miei lamenti ai piagnistei dell’umanità, per lungo tempo non avrei saputo dire cosa mi avesse resa capace di sopportare tutto ciò. Se la Storia è l’inferno, la vita è il paradiso. La felicità non ci è data: è una cosa che si fa, si inventa. L’ho imparato da poco, leggendo dietro consiglio della signora Mandonato i filosofi della gioia, che hanno scritto nero su bianco tutto quanto ho sempre pensato, senza averlo mai saputo esprimere. Epicuro, capace di parlare così bene del piacere della contemplazione e morto per un blocco renale dopo aver sopportato i dolori di terribili calcoli. Spinoza, cantore della felicità, proscritto e maledetto dalla comunità a cui apparteneva. Infine Nietzsche, che ha celebrato la vita e sosteneva di provare un’indicibile allegria mentre soffriva martiri in tutto il corpo, divorato com’era da un mostruoso herpes genitale e da una sifilide all’ultimo stadio, oltre che da una cecità crescente e un’ipersensibilità uditiva. Per non parlare degli attacchi di vomito ed emicrania. «Nietzsche chiamava il dolore la sua cagna» ha precisato Jacky, che è una persona colta. «Lo considerava fedele come un cagnolone su cui sfogare il suo cattivo umore.» Dopo cena, ormai sbronza, mi sono alzata e ho sproloquiato un po’: «Un discorso è come un vestito da donna. Dev’essere abbastanza lungo da coprire e abbastanza corto da suscitare interesse. Il mio si comporrà di un’unica frase: ognuno ha solo la vita che si merita».”

La cuoca di Himmler

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“Di colpo era come se Katherine fosse nella stanza accanto e l'avesse lasciata solo qualche istante prima. Sentì un pizzicore alle dita, come se la stesse toccando. Il senso di quella perdita, che aveva rinchiuso così a lungo dentro di sé, straripò sommergendolo mentre lui si lasciava portare alla deriva, oltre il controllo della sua volontà, perché ormai non voleva più salvarsi. Poi sorrise di gioia, come sull'onda di un ricordo: pensò che aveva quasi sessant'anni e avrebbe dovuto essersi lasciato alle spalle la forza di una tale passione, di un tale amore. Ma sapeva di non averlo fatto. Sapeva che non l'avrebbe fatto mai. Oltre il torpore, l'indifferenza, la rimozione, quell'amore era ancora lì, solido e intenso. Non se n'era mai andato. In gioventù l'aveva dato liberamente, senza pensarci; l'aveva dato a quella conoscenza che gli era stata rivelata - quanti anni prima? - da Archer Sloane. L'aveva dato a Edith, nei primi, ciechi, folli anni del corteggiamento e del matrimonio. E l'aveva dato a Katherine, come se fosse stata la prima volta. Stranamente, l'aveva dato a ogni momento della sua vita, e forse l'aveva dato più pienamente proprio quando non si rendeva conto di farlo. Non era una passione della mente e nemmeno dello spirito: era piuttosto una forza che comprendeva entrambi, come se non fossero che la materia, la sostanza specifica dell'amore stesso. A una donna o a una poesia, il suo amore diceva semplicemente: Guarda! Sono vivo!”

John Williams (1932) direttore d'orchestra e compositore statunitense

Stoner

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“Mai sottovalutare l'ampiezza di banda di una station wagon piena di nastri lanciata a tutta velocità lungo l'autostrada.”

Andrew Stuart Tanenbaum (1944) informatico statunitense

Origine: Da Reti di calcolatori, Pearson Italia, 2003.

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“Quando il terremoto [del Centro Italia del 2016] non è più in prima pagina, è il momento cruciale di continuare a fornire aiuti alle popolazioni colpite, perché lo sforzo per ricostruire le loro case, e le loro vite, non si esaurisce in pochi mesi ma durerà a lungo.”

Colin Firth (1960) attore britannico

Origine: Citato in Enrico Francescini, Terremoto, Colin Firth testimonial: e la serata di beneficenza si chiude con 200mila euro http://www.repubblica.it/esteri/2016/12/07/news/gran_bretagna_colin_firth_terremoto_beneficenza-153639572/?ref=search, Repubblica.it, 7 dicembre 2016.

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“Mia madre era pazza. Non ho mai sentito per lei l'attaccamento che si prova per una madre. Se ne stava sempre seduta, sola, nella casa di suo padre a Shiba, i capelli raccolti da un pettine, a fumare da un lungo bocchino. Era minuta. Quando lessi il Seisōki e vi trovai la definizione «odore di terra, sapore di fango» pensai subito al volto di mia madre, al suo profilo emaciato. Non ebbi mai l'affetto di mia madre.”

Ryūnosuke Akutagawa (1892–1927) scrittore e poeta giapponese

Il registro dei morti, p. 169
Rashōmon e altri racconti
Origine: Nel testo è riportata questa nota: "Ricordi del Palazzo Occidentale. Famosa opera del teatro dell'epoca Yuan. Si ispira a una storia d'amore dell'epoca Tang."

“Lottando contro la malattia | il lungo inverno è adesso passato | e stringo la germogliante energia | primaverile vicino al cuore.”

Aveline Kushi (1925–2001)

febbraio 1947
Origine: Citato in Aveline Kushi e Alex Jack, Guida completa alla cucina macrobiotica, traduzione di Immacolata Luppino, Edizioni Mediterranee, Roma, 2002, p. 9 https://books.google.it/books?id=vWArlD2jeT4C&pg=PA9. ISBN 88-272-0271-4

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“La vita è morte a cui siamo a lungo diretti, | la morte il cardine della vita.”

Emily Dickinson (1830–1886) scrittrice e poetessa inglese

F502, vv. 1-2
Lettere
Origine: In Tutte le poesie. F501 – 500 http://www.emilydickinson.it/f0501-0550.html, EmilyDickinson, traduzione di G. Ierolli.

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“Viaggiare sulle strade d'Etiopia è duro e spesso pericoloso. Nella stagione secca, la macchina slitta sul pietrisco degli stretti percorsi scavati nelle pareti di montagne a picco, lungo precipizi profondi centinaia di metri. Nella stagione delle piogge, le strade di montagna vengono addirittura chiuse, mentre quelle di pianura si trasformano in acquitrini melmosi dove si rischia di restare impantanati per giorni e giorni.”

Variante: Viaggiare sulle strade d'Etiopia è duro e spesso pericoloso. Nella stagione secca, la macchina slitta sul pietrisco degli stretti percorsi scavati nelle pareti di montagne a picco, lungo precipizi profondi centinaia di metri. Nella stagione delle piogge, le strade di montagna vengono addirittura chiuse, mentre quelle di pianura si trasformano in acquitrini melmosi dove si rischia di restare impantanati per giorni e giorni. (p. 117)
Origine: Ebano, p. 117

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“Nel 1939 il re imperatore Vittorio Emanuele III compì settant'anni. Da duecento anni ormai nessun principe regnante sabaudo era vissuto tanto a lungo da raggiungere quell'età; ed era un risultato genetico notevole per un primogenito del ramo Carignano della dinastia; ramo in cui i primogeniti morivano solitamente giovani. La sua sfida alle leggi della longevità e la povertà del sangue che scorreva nelle sue vene, dovuta ad un amore tra consanguinei, si rifletteva nel suo aspetto, negli occhi e nella pelle incartapecorita del volto. Rughe profonde percorrevano la sua fronte, i capelli erano caduti e i pochi rimasti dietro le orecchie, così come i baffetti ben arricciolati sulle labbra in perfetto stile fascista, erano diventati candidi. La sua mascella tremava più di prima, due borse violacee pendevano sotto gli occhi e la bocca era serrata in una smorfia grinzosa di fastidio, come se tutto quello che gli si era accumulato dentro fosse aggrovigliato in un nodo di incessante pena. (Parte quarta La caduta di Casa Savoia”

Robert Katz (1933–2010) giornalista, scrittore e storico statunitense

1922-1946), p. 368
La fine dei Savoia
Variante: Nel 1939 il re imperatore Vittorio Emanuele III compì settant'anni. Da duecento anni ormai nessun principe regnante sabaudo era vissuto tanto a lungo da raggiungere quell'età; ed era un risultato genetico notevole per un primogenito del ramo Carignano della dinastia; ramo in cui i primogeniti morivano solitamente giovani. La sua sfida alle leggi della longevità e la povertà del sangue che scorreva nelle sue vene, dovuta ad un amore tra consanguinei, si rifletteva nel suo aspetto, negli occhi e nella pelle incartapecorita del volto. Rughe profonde percorrevano la sua fronte, i capelli erano caduti e i pochi rimasti dietro le orecchie, così come i baffetti ben arricciolati sulle labbra in perfetto stile fascista, erano diventati candidi. La sua mascella tremava più di prima, due borse violacee pendevano sotto gli occhi e la bocca era serrata in una smorfia grinzosa di fastidio, come se tutto quello che gli si era accumulato dentro fosse aggrovigliato in un nodo di incessante pena. (Parte quarta La caduta di Casa Savoia (1922-1946), p. 368)
Origine: Umberto I e Margherita di Savoia, genitori di Vittorio Emanuele III, erano cugini.

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“Le azioni del mondo non influenzano il sole, | ed i nemici, è sicuro, sono dentro di noi, | com'è possibile restare ciechi per così lungo tempo. | Mi trovavo a lottare contro i miei fantasmi, | spostandomi in avanti per quanto lo permette la catena, | scopersi per caso lo stato che ascende alla Gioia.”

Franco Battiato (1945) musicista, cantautore e regista italiano

da Stati di Gioia, n.9
Il vuoto
Variante: Le azioni del mondo | non influenzano il sole, | ed i nemici, è sicuro, | sono dentro di noi, | com'è possibile restare ciechi | per così lungo tempo. | Mi trovavo a lottare contro i miei fantasmi, | spostandomi in avanti per quanto lo permette la catena, | scopersi per caso lo stato che ascende alla Gioia. (da Stati di Gioia, n.9)

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“Per quanto tempo ti penserò | in quelle notti a Genova | giù lungo il porto dentro quei bar | sogni cambiati in spiccioli”

Cristiano De André (1962) cantautore e polistrumentista italiano

da Invincibili
Canzoni con il naso lungo

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“La luna depone un uovo nei telescopi che la guardano a lungo.”

Ramón Gómez De La Serna (1888–1963) scrittore e aforista spagnolo

Origine: Mille e una greguería, Greguería‎s‎, p. 27

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“Alle sette e mezzo il 17 aprile 1975, la guerra contro la Cambogia si concluse. Fu una guerra particolare, poiché nessun paese aveva mai fatto esperienza d'un simile bombardamento. Su questa terra, forse la più graziosa e più pacifica in tutta l'Asia, il presidente Nixon e il signor Kissinger sganciarono centomila tonnellate di bombe, l'equivalente di cinque Hiroshima. Il bombardamento fu una loro scelta personale. Illegalmente e in segreto, bombardarono la Cambogia, un paese neutrale, fino a riportarla all'età della pietra, e intendo età della pietra nel suo senso strettamente letterale. Poco dopo l'alba, il 17 aprile 1975, i bombardamenti cessarono, e regnò il silenzio. Poi, i vittoriosi, i Khmer Rossi, il cui potere era cresciuto in modo del tutto sproporzionato rispetto ai loro numeri, emersero dalla foresta. Entrarono nella capitale, Phnom Penh, una città che molti di loro non avevano mai visto prima. Marciarono in fila indiana disciplinata lungo i viali e il traffico immobile. Si vestivano di nero ed erano per la maggior parte adolescenti. Il popolo li acclamò ansiosamente, ingenuamente. Dopo tutto, i bombardamenti e i combattimenti erano finalmente terminati. Il terrore cominciò quasi immediatamente. Phnom Penh, una città di 2.5 milioni d'abitanti, fu evacuata con la forza entro un ora dal loro arrivo, i malati e feriti trascinati dai loro letti d'ospedale, bambini morenti trasportati in sacchi di plastica, i vecchi e gli zoppi abbandonati ai margini della strada, e tutti in marcia sotto tiro verso la campagna e una società totalmente nuova, quale mai si era vista prima. I nuovi leader della Cambogia chiamarono il 1975 l'«Anno zero», l'alba di un'era in cui non ci sarebbero state famiglie, né sentimenti, né espressioni d'amore o di sofferenza, né medicine, né ospedali, né scuole, né libri, né istruzione, né vacanze, né musica, né canzoni, né posta, né moneta: solo fatica e morte.”

John Pilger (1939) giornalista australiano

At 7:30 AM on April 17, 1975, the war on Cambodia was over. It was a unique war, for no country has ever experienced such concentrated bombing. On this, perhaps the most graceful and gentle land in all of Asia, president Nixon and mister Kissinger unleashed 100,000 tons of bombs, the equivalent of five Hiroshimas. The bombing was their personal decision. Illegally and secretly, they bombed Cambodia, a neutral country, back to the Stone Age, and I mean Stone Age in its literal sense. Shortly after dawn on April 17, the bombings stopped and there was silence. Then, out of the forest, came the victors, the Khmer Rouges, whose power had grown out of all proportion to their numbers. They entered the capital Phnom Penh, a city most of them had never seen. They marched in disciplined Indian file through the long boulevards and the still traffic. They wore black and were mostly teenagers, and people cheered them, nervously, naively. After all, the bombing, the fighting, was over at last. The horror began almost immediately. Phnom Penh, a city of 2.5 million people, was forcibly emptied within an hour of their coming, the sick and wounded being dragged from their hospital beds, dying children being carried in plastic bags, the old and crippled being dumped beside the road, and all of them being marched at gunpoint into the countryside and towards a totally new society, the likes of which we have never known. The new rulers of Cambodia called 1975 "Year Zero", the dawn of an age in which there would be no families, no sentiments, no expressions of love or grief, no medicines, no hospitals, no schools, no books, no learning, no holidays, no music, no songs, no post, no money, only work and death.
Variante: Alle sette e mezzo il 17 aprile 1975, la guerra contro la Cambogia si concluse. Era una guerra particolare, poiché nessun paese aveva sofferto d'un tale bombardamento. Su questa terra, forse la più graziosa e più pacifica in tutta l'Asia, il presidente Nixon e il signor Kissinger sguanciarono centomila tonnellate di bombe, l'equivalente di cinque Hiroshima. Il bombardamento fu una loro scelta personale. Illegalmente e in segreto, bombardarono la Cambogia, un paese neutrale, fino a riportarla all'età della pietra, e intendo età della pietra nel suo senso strettamente letterale. Poco dopo l'alba, il 17 aprile 1975, i bombardamenti cessarono, e regnò il silenzio. Poi, i vittoriosi, i Khmer Rossi, il cui potere era cresciuto fuori proporzione dai loro numeri, emersero dalla foresta. Entrarono la capitale, Phnom Penh, una città che molti di loro non avevano mai visto prima. Marciarono in fila indiana disciplinata lungo i viali e il traffico immobile. Si vestivano di nero, ed erano per la maggior parte adolescenti. Il popolo li acclamò ansiosamente ed ingenuamente. Dopo tutto, i bombardamenti e le sparatorie erano finiti. Il terrore cominciò quasi immediatamente. Phnom Penh, una città di 2.5 milioni d'abitanti, fu evacuata con la foza entro un ora del loro arrivo, i malati e feriti trascinati dai loro letti d'ospedale, bambini morenti trasportati in sacchi di plastica, i vecchi e zoppi lasciati per la strada, tutti marciati sotto tiro verso la campagna e una società totalmente nuova, mai vista prima. I nuovi leader di Cambogia nominarono 17 aprile «Anno zero», l'alba di un' era in cui non ci sarebbero state famiglie, niente sentimenti, nessuna espressione d'amore o lutto, niente medicine, niente ospedali, niente scuole, niente libri, niente istruzione, niente vacanze, niente musica, niente canzoni, niente posta e niente denaro: solo fatica e morte.

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“Il nostro inno nazionale non è opera di uno o due compositori, è l'opera del nostro intero popolo, che lo ha scritto col suo proprio sangue, sangue che ha generosamente versato lungo i secoli.”

Pol Pot (1925–1998) politico e rivoluzionario cambogiano

Our national anthem is not the work of one or two composers, it is the work of our whole people, who wrote it with their own blood, blood which our people generously shed over the centuries.
Variante: Il nostro inno nazionale non è opera di uno o due compositori, è l'opera del nostro intero popolo, che lo ha scritto col suo proprio sangue, sangue che ha generosamente versato lungo i secoli.

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“Se vuole sopravvivere, il figlio di un agricoltore deve affrontare la vita a pelle nuda e far fronte alle difficoltà per sopravvivere. Se passi lungo i vecchi cimiteri presso i grandi villaggi, vedrai che le tombe dei bambini sono numerose. Molti bambini non riuscirono a trovare né medicine né dottori ad aiutare la loro salute fragile contro la malattia. Ecco come siamo cresciuti per affrontare una vita piena di difficoltà e di problemi, dalla culla a oggi. Ma io non mi ricordo d'essermi impietrito di fronte a una certa situazione, né di aver preso in considerazione uno stato migliore per me stesso. quali che siano le cose, non mi causano disturbi personali.”

Saddam Hussein (1937–2006) politico iracheno

A farmer's son, who wants to survive, has to face life with his bare skin, and meet the difficulties for the sake of survival. If you pass by the old graveyards near the large villages you will see that children's graves are numerous. Most children could not find medicine or doctors to help their frail health face disease. This is how we grew up to face a life full of difficulties and problems, from birth to the present. But I do not remember having stood helpless before a certain situation, or considered a better state for myself. Whatever things are like, they do not cause me a personal disturbance.
Variante: Se vuole sopravvivere, il figlio di un agricoltore deve affrontare la vita a pelle nuda e far fronte alle difficoltà per sopravvivere. Se passi lungo i vecchi cimiteri presso i grandi villaggi, vedrai che le tombe dei bambini sono numerose. Molti bambini non riuscirono a trovare né medicine né dottori ad aiutare la loro salute fragile contro la malattia. Ecco come siamo cresciuti per affrontare una vita piena di difficoltà e di problemi, dalla culla a oggi. Ma io non mi ricordo d'essermi impietrito di fronte a una certa situazione, né di aver preso in considerazione uno stato migliore per me stesso. quali che siano le cose, non mi causano disturbi personali.

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“Ibrahimović è un campione innanzitutto. Poi, quello che ammiro di lui è la storia. È nato dal niente, è nato da un ghetto come dice lui quindi mi sono appassionato al percorso lungo e difficile che ha intrapreso e al giocatore e all'uomo che è diventato.”

Federico Bernardeschi (1994) calciatore italiano

Origine: Citato in Federico Bernardeschi: "Voglio fare la storia in viola" http://www.footballnerds.it/intervista-a-federico-bernardeschi/, Footballnerds.it, 29 ottobre 2015.

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“Ovunque, nelle zone più remote, nelle profondità delle foreste e sulle montagne, lungo le pianure e nelle città, la solenne proclamazione del Partito verrà salutata con grida di gioia.”

Pol Pot (1925–1998) politico e rivoluzionario cambogiano

Everywhere, in the most remote areas, in the depths of the forests and on the mountains, across the plains and in the towns, the solemn proclamation of the Party will be greeted with cheers of joy.

“[Chiedendo la soppressione della Ménagerie du Jardin des Plantes] L'umiliazione degli animali non è più tollerabile di quella delle persone. Proprio come un secolo fa, e ancora di più, vengono esibiti gattopardi, puma e tigri che sono, in realtà, morti viventi.
Sono disperati, ma soprattutto deprivati. Hanno perso il verde delle foglie degli alberi e dei prati così come la terra che calcavano. Le grandi zampe dei predatori, dai cuscinetti così delicati, si feriscono sul duro cemento. I rapaci si trascinano nei loro stessi escrementi. I fenicotteri rosa rimestano l'acqua delle fogne. […] In prigione, l'uomo perde la sua libertà; in una gabbia l'animale perde anche lo spazio in cui organizzava la sua esistenza in tutta la sua complessità: il suo comportamento viene sconvolto, la sua psiche scossa. Non trova altra via d'uscita che la follia, spesso misericordiosa. Ecco perché l'orso continua il suo vorticoso viavai lungo quel muro che lambisce con il muso. L'elefante si dondola senza tregua. Un giovane lupo si strappa le unghie. I prigionieri degli zoo, fatta salva qualche eccezione, sono dei malati mentali, ossessionati dalla loro condanna, frustrati, ansiosi e aggressivi.
Quest'ospedale psichiatrico, che sfrutta la sofferenza animale, non merita né il nostro tempo né le eminenti personalità da museo che lo amministrano. Il serraglio del Jardin des Plantes è solo un'enclave anacronistica e scandalosa, dove, nel cuore di Parigi, si possono vedere, per soli tre franchi, animali infelici, costruzioni traballanti e piastrelle rotte.
Sbarazzatevi di tutto ciò e piantate dei fiori!”

Philippe Diolé (1908–1977)

Origine: Da Prisons dans un jardin, Le Figaro, 11 giugno 1974; citato in Matthieu Ricard, Sei un animale!, traduzione di Sergio Orrao, Sperling & Kupfer, Milano, 2016, pp. 245-246. ISBN 978-88-200-6028-2

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“I cani, per segnare i limiti del territorio di cui si sentono padroni, orinano lungo i confini e lungo le caricellate delle ville cui sono messi a guardia. Poveri cani: ignorano che i veri padroni di quello spazio non sono loro, ma quelle persone che preparano loro le ciotole e li portano a spasso con il guinzaglio. Questo è il territorial pissing canino. L'uomo, per segnare i limiti del territorio estetico o sociale in cui si sente dominante, non orina, ma fa di peggio: ride, compassiona o distrugge con la critica, creando così una barricata virtuale (a volte, però, addirittura fisica, come nel caso della già vista invisibilità della Gialappa's Band) dietro la quale crede di essere al sicuro dalle contaminazioni del ridicolo.”

Parte prima: Giovani salmoni del trash. 5. Territorial Pissing, p. 15
Andy Warhol era un coatto
Variante: I cani, per segnare i limiti del territorio di cui si sentono padroni, orinano lungo i confini e lungo le caricellate delle ville cui sono messi a guardia. Poveri cani: ignorano che i veri padroni di quello spazio non sono loro, ma quelle persone che preparano loro le ciotole e li portano a spasso con il guinzaglio. Questo è il territorial pissing canino. L’uomo, per segnare i limiti del territorio estetico o sociale in cui si sente dominante, non orina, ma fa di peggio: ride, compassiona o distrugge con la critica, creando così una barricata virtuale (a volte, però, addirittura fisica, come nel caso della già vista invisibilità della Gialappa’s Band) dietro la quale crede di essere al sicuro dalle contaminazioni del ridicolo. (Parte prima: Giovani salmoni del trash. 5. Territorial Pissing, p. 15)

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“Il Pettirosso per la Briciola | non replica sillaba | ma a lungo imprime il nome della Dama | in Argentee Cronache.”

Emily Dickinson (1830–1886) scrittrice e poetessa inglese

J864 – F810, vv. 1-4
Lettere

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“Non siamo contrari ai partiti, né siamo contrari ai gruppi leali. Stiamo sempre dalla loro parte, aiutandoli ad attraversare l'oceano di questa vita. A noi non piace che le mode e le tendenze di questi partiti s'infiltrino per qualsiasi ragione nei ranghi dell'Esercito. Fratelli, il motivo di questo è salvaguardare l'unità dell'esercito e renderlo sempre disponibile a servire il popolo e la sua libertà.”

Abd al-Karim Qasim (1914–1963) militare e politico iracheno

We are not against parties nor are we against the loyal groups, we are always with them, helping them across the ocean of this life. We do not like that the trends and leanings of these parties should get into the ranks of the Army under any circumstances. The reason for this, brothers, is to preserve the unity of the Army and make it always ready to serve the people and the freedom of the people.
Principles of 14th July revolution
Variante: Non siamo contrari ai partiti, e neanche ai gruppi leali. Stiamo sempre dalla loro parte, aiutandoli lungo l'oceano di questa vita. A noi non piace che le mode e le tendenze di questi partiti s'infiltrino nei ranghi dell'Esercito in alcuna circostanza. Fratelli, la ragione è di salvaguardare l'unità dell'esercito e renderlo sempre disponibile a servire il popolo e la sua libertà.

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“Sapete che le donne prima della Rivoluzione [del 17 luglio 1968] erano in una situazione sociale ed economica simile a quella delle donne nel Terzo Mondo in generale. Ma la posizione delle donne è cambiata notevolmente, non in termini di progresso graduale e relativo, ma il cambiamento è stato sbalorditivo. Lungo la sua lunga storia, il Partito Ba'th Socialista Arabo si è sforzato a istruire le donne riguardo l'importanza della loro integrazione con gli uomini in tutti gli aspetti umani, politici e sociali.”

Saddam Hussein (1937–2006) politico iracheno

Variante: Sapete che le donne prima della Rivoluzione [del 17 luglio 1968] erano in una situazione sociale ed economica pressoché simile a quella delle donne nel Terzo Mondo in generale. Ma la condizione delle donne è cambiata notevolmente, non in termini di progresso graduale e relativo, ma piuttosto il cambiamento è stato tangibile. Nel corso della sua lunga storia, il Partito Ba'th Socialista Arabo si è sforzato di illuminare le donne sull'importanza della loro integrazione con gli uomini in tutti gli aspetti umani, politici e sociali.

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“Dopo aver visitato le antiche e nobili dimore di Genova e ammirato alcuni quadri fra i quali i tre capolavori di Van Dyck, non rimane da vedere che il Camposanto, il più bizzarro, sorprendente, macabro e comico museo di sculture funebri che vi sia al mondo. Lungo l'immenso quadrilatero corre una galleria, come un chiostro gigantesco aperto su un cortile che accoglie le tombe dei poveri ricoperte da lapidi bianche come neve. Percorrendola, si passa davanti a una processione di borghesi di marmo che piangono i loro morti.
Che mistero! Queste statue testimoniano una grande capacità, un vero talento da parte degli artigiani che le hanno realizzate. La natura dei vestiti, delle camicie, dei pantaloni rivela una lavorazione di fattura stupefacente. Ho visto un abito di amoerro a cui i tagli netti della stoffa davano un aspetto di totale verosimiglianza. Non vi è niente di più irresistibilmente grottesco, mostruosamente ordinario, indegnamente comune di queste persone che piangono gli amati congiunti.
Di chi è la colpa? Dello scultore, che nei lineamenti dei suoi modelli ha visto soltanto la volgarità dei borghesi moderni e non ha saputo trovarvi quel riflesso superiore d'umanità che i pittori fiamminghi hanno colto così bene nei tipi più laidi e plebei della loro razza? Dei borghesi, ai quali il basso livello di civilizzazione democratica ha eroso e cancellato ogni carattere distintivo e ha fatto perdere i segni di originalità di cui ogni classe sociale è sempre stata dotata?
I Genovesi sembrano molto fieri di questo sorprendente museo che disorienta e rende difficile il giudizio.”

Guy de Maupassant (1850–1893) scrittore e drammaturgo francese

Origine: La vita errante, pp. 45-46

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