Frasi su preoccupazione

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema preoccupazione, vita, essere, stesso.

Frasi su preoccupazione

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“Quando penso ancora a tutte queste preoccupazioni, ricordo la storia di un uomo che, sul suo letto di morte, disse che tutta la sua vita era stata piena di preoccupazioni, la maggior parte delle quali per cose che mai accaddero.”

Winston Churchill (1874–1965) politico, storico e giornalista britannico

Variante: Quando sono sopraffatto dalle preoccupazioni, ripenso a un uomo che, sul suo letto di morte, disse che tutta la sua vita era stata piena di preoccupazioni, la maggior parte delle quali per cose che mai accaddero.

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“Quante persone, lungo questo viaggio, stivano la barca fino a rischiare di farla affondare di cose sciocche che pensano essenziali al piacere e al comfort, ma che in realtà sono soltanto inutile zavorra? Come riempiono la povera piccola imbarcazione fino all'albero di bei vestiti e grandi case, di domestici inutili e di una miriade di amici alla moda ai quali non importa un fico secco di loro, e dei quali a loro importa ancora meno, di costosi divertimenti che non divertono nessuno, di formalità e mode, di finzioni e ostentazioni, e di – oh, la più pesante, la più folle delle zavorre! – della paura di che cosa penserà il vicino, di lussi che possono soltanto nauseare, di piaceri che annoiano, di vuote mostre di sé che, come la corona ferrea del criminale di un tempo, fanno sanguinare e tramortiscono il capo dolorante che la porta! È zavorra uomini… tutta zavorra! Gettatela fuoribordo. Rende la barca così pesante che remare vi sfinisce. La rende così lenta e pericolosa da manovrare che l'ansia e la preoccupazione non vi concendono mai un attimo libero; e non avete mai un momento di riposo per sognare pigramente, mai un momento per osservare le nuvole che sfiorano le onde spinte dal vento, o i scintillanti raggi di sole che giocano con le increspature, o i grandi alberi sull'argine che si curvano per fissare la loro immagine riflessa, o il bosco tutto verde e oro, o i gigli bianchi e gialli, o i giunchi che ondeggiano oscuri o i falaschi, o le orchidee o gli azzurri non-ti-scordar-di-me. Liberatevi della zavorra, uomini! Lasciate che l'imbarcazione della vostra vita sia leggera, carica soltanto di quello di cui avete bisogno: una casa accogliente e qualche semplice piacere, un paio di amici degni di questo nome, qualcuno da amare e che vi ami, un gatto, un cane, e una o due pipe, cibo e indumenti a sufficienza e da bere in abbondanza, perché la sete è una compagna pericolosa. La barca sarà più facile da governare, e non sarà tanto soggetta a capovolgimenti, e se si capovolgerà non sarà così grave; la merce semplice e di buona qualità sopporta un bagno. Avrete tempo per pensare oltre che per lavorare. Tempo per scaldarvi al sole della vita… tempo per ascoltare le melodie eoliche che il vento divino trae dalle corde del cuore umano tutt'intorno a noi… tempo per… Scusate tanto. Divagavo.”

III; 1997, pp. 21-22
Tre uomini in barca

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“Il coronavirus, il virus che solo nel mese di marzo 2020 ha devastato e ucciso intere generazioni di tutta Italia. Un mostro invisibile ed aberrante che ha messo in ginocchio il mondo intero. Ogni giorno un bollettino di guerra, in ogni paese e in ogni città si piangono morti di ogni ceto sociale dal più povero al più abbiente. Dal più giovane al più anziano senza nessuna distinzione di sesso. Un virus orribile e cruento che ha fatto chiudere i battenti a milioni di esercizi pubblici, fabbriche, piccoli e grandi imprenditori, dando lavoro in modo continuativo ed esasperante ma instancabilmente e sempre col cuore ai medici, paramedici, infermieri, personale dei supermercati, autotrasportatori, addetti alle pulizie e operatori ecologici, senza dimenticare le Forze dell'ordine così efficienti e umani in questo periodo così delicato e drammatico, che sta attraversando il nostro Paese. Un Paese irriconoscibile e deserto di cui possono uscire poche persone solo per il fabbisogno famigliare muniti di guanti e mascherine. Siamo tutti sottoposti alla quarantena ordinata dal Governo. Ora la nostra casa non è solo un rifugio ma è la nostra salvezza. Purtroppo non per tutti in quanto l'obbligo di vivere insieme costantemente tra le mura domestiche fanno emergere i lati peggiori degli esseri umani dando sfogo all'aggressività, l'intolleranza, l'esasperazione rendendo la convivenza forzata difficoltosa e ingestibile con la preoccupazione costante di ammalarsi anche a livello psicologico e mentale, danneggiando inevitabilmente e drasticamente i rapporti con la famiglia. In futuro ci saranno strascichi di persone che ne usciranno fragili e vulnerabili psicologicamente e fisicamente. Ma. Andrà tutto bene.”

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“Ecco l'angoscia umana in cui lo spettatore dovrà trovarsi uscendo dal nostro teatro. Egli sarà scosso e sconvolto dal dinamismo interno dello spettacolo che si svolgerà sotto i suoi occhi. E tale dinamismo sarà in diretta relazione con le angosce e le preoccupazioni di tutta la sua vita. Tale è la fatalità che noi evochiamo, e lo spettacolo sarà questa stessa fatalità. L'illusione che cerchiamo di suscitare non si fonderà sulla maggiore o minore verosimiglianza dell'azione, ma sulla forza comunicativa e la realtà di questa azione. Ogni spettacolo diventerà in questo modo una sorta di avvenimento. Bisogna che lo spettatore abbia la sensazione che davanti a lui si rappresenta una scena della sua stessa esistenza, una scena veramente capitale. Chiediamo insomma al nostro pubblico un'adesione intima e profonda. La discrezione non fa per noi. Ad ogni allestimento di spettacolo è per noi in gioco una partita grave. Se non saremo decisi a portare fino alle ultime conseguenze i nostri principi, penseremo che non varrà la pena di giocare la partita. Lo spettatore che viene da noi saprà di venire a sottoporsi ad una vera e propria operazione, dove non solo è in gioco il suo spirito, ma i suoi sensi e la sua carne. Se non fossimo persuasi di colpirlo il più gravemente possibile, ci riterremmo impari al nostro compito più assoluto.”

Antonin Artaud (1896–1948) commediografo, attore teatrale e scrittore francese

da Il teatro e il suo doppio

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“La quarantena
Capitolo lll

Il Coronavirus, il virus
che solo nel mese
di marzo 2020 ha devastato
e ucciso intere generazioni
di tutta Italia.
Un mostro invisibile
ed aberrante che ha messo
in ginocchio il mondo intero.
Ogni giorno un bollettino
di guerra, in ogni paese
e in ogni città si piangono
morti di ogni ceto sociale
dal più povero al più abbiente.
Dal più giovane
al più anziano senza nessuna
distinzione di sesso.
Un virus orribile e cruento
che ha fatto chiudere i battenti
a milioni di esercizi pubblici,
fabbriche, piccoli e grandi
imprenditori, dando lavoro
in modo continuativo
ed esasperante ma instancabilmente
e sempre con il cuore ai medici,
paramedici, infermieri, personale
dei supermercati, autotrasportatori,
addetti alle pulizie e operatori
ecologici senza dimenticare
le Forze dell'ordine così efficenti
e umani in questo periodo
così delicato e drammatico
che sta attraversando il nostro paese.
Un paese irriconoscibile e deserto
di cui possono uscire poche persone
solo per il fabbisogno famigliare
muniti di guanti e mascherine.
Siamo tutti sottoposti alla quarantena
Ordinata dal Governo, ora la nostra casa
non è solo un rifugio è anche la nostra
salvezza.
Purtroppo non per tutti in quanto
l'obbligo di vivere insieme
costantemente tra le mura
domestiche fanno emergere
i lati peggiori degli esseri umani
dando sfogo all'aggressività,
l'intolleranza, l'esasperazione
rendendo la convivenza forzata
difficoltosa e ingestibile
con la preoccupazione costante
di ammalarsi anche a livello
psicologico e mentale danneggiando
inevitabilmente e drasticamente
i rapporti familiari.
In futuro ci saranno strascichi
di persone che ne usciranno
fragili e vulnerabili
psicologicamente
e fisicamente.
Ma. Andrà tutto bene.”

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“[Sullo Zibaldone] È una mole di 4526 facce lunghe e larghe mezzanamente, tutte vergate di man dell'autore, d'una scrittura spesso fitta, sempre compatta, eguale, accurata, corretta. Contengono un numero grandissimo di pensieri, appunti, ricordi, osservazioni, note, conversazioni e discussioni, per così dire, del giovine illustra con se stesso su l'animo suo, la sua vita, le circostanze; a proposito delle sue letture e cognizioni; di filosofia, di letteratura, di politica; su l'uomo, su le nazioni, su l'universo; materia di considerazioni più ampia e variata che non sia la solenne tristezza delle operette morali; considerazioni poi liberissime e senza preoccupazioni, come di tale che scriveva giorno per giorno per sé stesso e non per gli altri, intento, se non a perfezionarsi, ad ammaestrarsi, a compiangersi, a istoriarsi. Per sé stesso notava e ricordava il Leopardi, non per il pubblico: ciò non per tanto gran conto ei doveva fare di questo suo ponderoso manoscritto, se vi lavorò attorno un indice amplissimo e minutissimo, anzi più indici, a somiglianza di quelli che i commentatori olandesi e tedeschi solevano apporre alle edizioni dei classici. Quasi ogni articolo di quella organica enciclopedia è segnato dell'anno del mese e del giorno in cui fu scritto, e tutta insieme va dal luglio del 1817 al 4 dicembre del 1832; ma il più è tra il '17 e il '27, cioè dei dieci anni della gioventù più feconda e operosa, se anche trista e dolente.”

Giosue Carducci (1835–1907) poeta e scrittore italiano

Origine: Dall'introduzione ai Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura.

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“L'attenzione verso il corpo si è trasformata in una preoccupazione assoluta e nel più ambito passatempo della nostra epoca.”

Zygmunt Bauman (1925–2017) sociologo e filosofo polacco

da La società dell'incertezza

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“Il merito grande del Provenzale, quello per cui tutta l'arte di un'epoca dovrà considerarsi derivata dalla sua iniziativa e dal suo travaglio, è di essere ritornato nel solco profondo ed eterno della pittura, scartando tutti gli apriorismi di ricerche tecniche (luminismo, divisionismo, complementarismo) cui aveva indotto l'epoca positivistica: di aver ripreso a dipingere la natura riflessa nel magico specchio dell'anima, vedendola non più sotto specie sensoria o sensibile (aggettivi che dominano tutta l'estetica impressionistica), ma attraverso un'intimità profonda, religiosa, eroica, che la storia ci permette di considerare essenzialmente italiana. […] Cézanne dipinge senza preoccupazioni di programmi più o meno rivoluzionari, ma sotto l'impulso di un'ansia mistica, che lo investe, lo tiranneggia, lo macera; e fa cantare, piangere, urlare la sua drammatica tavolozza. Nulla di edonistico, di descrittivo, di fenomenico nella sua arte. La pittura come la intendono Manet e Monet è di gran lunga superata nelle sue tele. Non si tratta più del "vero attraverso un temperamento" di zoliana memoria. C'è un elemento etico, religioso, trascendente nell'arte di Cézanne che la definizione zoliana non sospetta neppur lontanamente e che è proprio quello per cui l'opera cézanniana si riconnette all'arte dei sommi italiani: Giotto, Masaccio, Michelangelo, Tintoretto, Caravaggio. […] Cotesto il lato spirituale dell'italianismo di Cézanne, il suo sentimento, non italianeggiante, si badi, al modo del Poussin, ma italiano di polpa, intrinsecamente. E v'è poi il modo di esprimersi plasticamente di cotesto sentimento, modo strettamente inerente e coerente e quindi anch'esso italianissimo. Il modo stilistico di Cézanne è tornato ad essere il volume, inteso come rapporto di chiari e di scuri. Le molteplici possibilità di variazione (nell'intensità, nella posizione, nel dinamismo, o nella statica) di tale rapporto costituiscono la sintassi cézanniana. Cotesta sintassi è simultaneamente plastica e coloristica in quanto, appunto, è chiaroscurale. Per tali aspetti Cézanne si manifesta come un erede de' veneziani, non solo, ma di tutta la tradizione volumetrica italiana, fino alla sua sorgente eccelsa, a Giotto, cioè, titanico estrattore di moli poliedriche, a Masaccio che scolpisce le sue figure a colpi possenti d'ascia per entro massicci blocchi chiaroscurali.”

Mario Tinti (1885–1938) critico d'arte e giornalista italiano

Origine: Da Italianismo di Cézanne, in Pinacotheca, marzo-giugno 1929; citato in Stefania Lapenta, Cézanne, I Classici dell'arte, Rizzoli - Skira, Milano, 2003, pp. 183-188 e frontespizio. ISBN 88-7624-186-8

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“Non mancheranno mai motivi lieti o tristi di preoccupazione; la vita si caccerà da una faccenda in un'altra: il tempo libero non sarà mai una realtà, sarà sempre un sogno.”

Lucio Anneo Seneca (-4–65 a.C.) filosofo, poeta, politico e drammaturgo romano

XVII, 6; 1993, p. 91
La brevità della vita (De brevitate vitae)

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“Con la ricchezza, diceva Orazio, crescono le preoccupazioni. Con la povertà, non diminuiscono.”

Roberto Gervaso (1937) storico, scrittore, giornalista

Il grillo parlante
Origine: Odi, III, 16, 17.

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“Nulla giova alla felicità come sostituire il lavoro alle preoccupazioni.”

Maurice Maeterlinck (1862–1949) poeta, commediografo e saggista belga

Origine: Citato in Selezione dal Reader's Digest, giugno 1973.

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“Trovo nel popolo napoletano la più vivace e geniale industria, non per diventare ricchi, ma per vivere senza preoccupazioni.”

Johann Wolfgang von Goethe (1749–1832) drammaturgo, poeta, saggista, scrittore, pittore, teologo, filosofo, umanista, scienziato, critico d'arte e…
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“Ho scorso l'elenco delle malattie e non vi ho trovato le preoccupazioni e i tristi pensieri: è molto ingiusto.”

Georg Christoph Lichtenberg (1742–1799) fisico, scrittore e aforista tedesco

Origine: Citato in Focus, n. 91, p. 188.

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“È una mole di 4526 facce lunghe e larghe mezzanamente, tutte vergate di man dell'autore, d'una scrittura spesso fitta, sempre compatta, eguale, accurata, corretta. Contengono un numero grandissimo di pensieri, appunti, ricordi, osservazioni, note, conversazioni e discussioni, per così dire, del giovine illustra con se stesso su l'animo suo, la sua vita, le circostanze; a proposito delle sue letture e cognizioni; di filosofia, di letteratura, di politica; su l'uomo, su le nazioni, su l'universo; materia di considerazioni più ampia e variata che non sia la solenne tristezza delle operette morali; considerazioni poi liberissime e senza preoccupazioni, come di tale che scriveva giorno per giorno per sé stesso e non per gli altri, intento, se non a perfezionarsi, ad ammaestrarsi, a compiangersi, a istoriarsi. Per sé stesso notava e ricordava il Leopardi, non per il pubblico: ciò non per tanto gran conto ei doveva fare di questo suo ponderoso manoscritto, se vi lavorò attorno un indice amplissimo e minutissimo, anzi più indici, a somiglianza di quelli che i commentatori olandesi e tedeschi solevano apporre alle edizioni dei classici. Quasi ogni articolo di quella organica enciclopedia è segnato dell'anno del mese e del giorno in cui fu scritto, e tutta insieme va dal luglio del 1817 al 4 dicembre del 1832; ma il più è tra il '17 e il '27, cioè dei dieci anni della gioventù più feconda e operosa, se anche trista e dolente.”

Giacomo Leopardi (1798–1837) poeta, filosofo e scrittore italiano

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“La guerra va bene per gli ufficiali, per gli ambiziosi, per gli aggiottatori […], per il potere esecutivo […]. Questa decisione solleva da ogni preoccupazione, non si hanno più doveri verso il popolo quando gli si offre la guerra.”

Maximilien Robespierre (1758–1794) politico, avvocato e rivoluzionario francese

Origine: Citato in Simone Weil, Riflessioni sulla guerra (1933), in Incontri libertari, traduzione di Maurizio Zani, Elèuthera, Milano, 2001, p. 38. ISBN 88-85060-52-8

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“O preoccupazioni degli uomini! Quanta inutilità c'é nelle loro cose!”

Gaio Lucilio (-180–-102 a.C.) poeta romano

2005

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“Considerate, ad esempio, il virus umano papilloma (HPV). Tra le malattie sessualmente trasmesse, ormai HPV è la più comune negli Stati Uniti. Questo virus infetta più della metà della popolazione americana e causa la morte di quasi 5000 donne ogni anno per cancro cervicale; i Centri Per Il Controllo Delle Malattie (CDC) stimano che ogni anno in tutto il mondo muoiono più di 200.000 persone per questo motivo. Adesso abbiamo un vaccino per l'HPV che sembra sia sicuro e funzionante. Il vaccino ha prodotto il 100% dell'immunita nelle 6000 donne che lo hanno ricevuto in un esperimento clinico. Eppure, i conservatori cristiani nel nostro governo si sono opposti al programma di vaccinazione sostenendo che HPV è utile ad impedire il sesso prematrimoniale. Queste persone pie vogliono mantenere il cancro cervicale come incentivo all'astinenza, anche se sacrifica le vite di migliaia di donne ogni anno. Uno degli effetti più perniciosi della religione è che tende ad allontanare la moralità dalla realtà della sofferenza umana ed animale. La religione induce le persone a pensare che le loro preoccupazioni siano morali quando in realtà non lo sono ― perche non hanno niente a che vedere con la sofferenza e la sua alleviazione. Anzi, la religione fa pensare le persone che le loro preoccupazioni siano morali quando in realta sono altamente immorali ― perché attuarle significa infliggere sofferenze terribili e non necessarie su esseri umani innocenti. Questo spiega perché i cristiani spendano più energia "morale" ad opporsi all'aborto piuttosto che a combattere il genocidio. Spiega perché si preoccupino più degli embrioni umani che della promessa di salvare vite che ci giunge dalle cellule staminali embrionali. E spiega perché possano predicare contro l'uso del preservativo nell'Africa subsahariana quando milioni di persone lì muoiono ogni anno di Aids. Voi Cristiani credete che le vostre preoccupazioni religiose sul sesso abbiano qualcosa a che fare con la moralità. Eppure, i vostri sforzi di porre restrizioni al comportamento sessuale di adulti consenzienti ― e persino di scoraggiare i vostri stessi figli dal fare sesso prima del matrimonio ― non sono quasi mai finalizzati ad alleviare la sofferenza umana. In verità, alleviare la sofferenza sembra essere una delle ultime cose nella vostra lista di priorità.”

Lettera a una nazione cristiana

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“L'amore è causa di inutile preoccupazione!”
Amor otiosae causa sollicitudinis.

Publilio Siro scrittore e drammaturgo romano

Sententiae

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“È il campo quello che parla e da sportivo l'unica mia preoccupazione è trasferire questo pensiero ai calciatori.”

Antonio Conte (1969) calciatore e allenatore italiano

Origine: Citato in Conte: «Non accetto lezioni di stile da altri allenatori» http://www.tuttosport.com/calcio/serie_a/juventus/2012/02/17-171161/, Tuttosport.com, 17 febbraio 2012.

“L'ingresso di un uomo nel mondo è nudo e disadorno,
il suo progresso sono i guai e le preoccupazioni,
e, infine, la sua uscita dal mondo è dove nessuno sa.
Se agiamo bene qui, agiremo bene lì:
non potrei dirvi di più se vi facessi la predica per un anno intero.”

John Edwin (1749–1790)

A Man's Ingress into the World, is naked and bare,
His progress through the World, is trouble and care.
And lastly, his egress out of the World, is nobody knows where.
To Conclude.
If we do well here, we shall do well there,
I can tell you no more, if I preach a whole year. (citato in The Eccentricities of John Edwin, vol. I, p. 74)