Frasi sulla ricchezza

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema fame, denaro, gratitudine, successo.

Migliori frasi sulla ricchezza

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“È grande chi sa essere povero nella ricchezza.”

Lucio Anneo Seneca (-4–65 a.C.) filosofo, poeta, politico e drammaturgo romano

20, 10

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“La ricchezza non è tutto, ma la povertà è ancora meno.”

Roberto Gervaso (1937) storico, scrittore, giornalista

Il grillo parlante

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“Il lavoro non è la fonte di ogni ricchezza.”

Karl Marx (1818–1883) filosofo, economista, storico, sociologo e giornalista tedesco
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“L'arte non può mai uguagliare la ricchezza della natura.”

Giacomo Leopardi (1798–1837) poeta, filosofo e scrittore italiano

189; 1898, Vol. I, p. 294

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“Ricchezza: i risparmi di molti nelle mani di uno solo.”

Ambrose Bierce (1842–1914) scrittore, giornalista e aforista statunitense

libro Dizionario del diavolo

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“La fortuna può togliere le ricchezze, non l'animo.”

Lucio Anneo Seneca (-4–65 a.C.) filosofo, poeta, politico e drammaturgo romano

da Medea, II, 1, 176

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“La ricchezza della vita è fatta di ricordi, dimenticati.”

13 febbraio 1944
Il mestiere di vivere

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“L'euro sarà la nostra ricchezza!”

Romano Prodi (1939) politico e economista italiano

Fonte migliore e data
Origine: Motto pro-euro- cineteche RAI.

Frasi sulla ricchezza

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“Il pianeta più strano di cui ho sentito raccontare è il pianeta della Sacra Merda. In esso la merda è la più grande ricchezza, la moneta con cui si compra tutto. Gli abitanti non hanno portafogli: ma grossi vasi che portano in giro, e più sono grossi e puzzano e più si vantano. Le banche sono dei giganteschi pozzi neri, guardati a vista da poliziotti e vigilantes. Qua si effettuano i versamenti. Dai più piccoli, alla vecchina che viene a consegnare due palline da coniglio, tutti i suoi risparmi, al commerciante che viene a portare l'incasso della giornata, una carriolona ben odorosa. Naturalmente, nelle case non si dice "vado nel bagno", ma si dice "metto nel salvadanaio". Ogni bambino ha il suo vasino fatto a maialino. Ahimè! Anche in questo paese c'è chi vende anima e corpo, per diventare merdoso a dismisura! C'è chi rapina, e sotto la minaccia di una pistola ti obbliga a depositare lì, per strada, tutto il malloppo che hai in pancia! Se qualcuno, incautamente, si ferma in un prato per fabbricare un po' di contante, stia attento che nel breve tempo che si tira su i pantaloni, qualcuno gli avrà già sottratto il suo bene. Per non parlare degli esibizionisti: quelli che quando entrano al ristorante, eccoli mettere merda qua e là in mano ai camerieri: e lasciano come mancia uno stronzo come un cotechino: e dicono, non per vantarmi, ma ho tanta merda che non so più dove metterla! L'economia in questo pianeta è naturalmente soggetta agli sbalzi di questo genere primario: qui la mancanza di investimenti si chiama stipsi, e l'inflazione si chiama diarrea. Speriamo di mantenere il tetto della diarrea sotto il dieci per cento, dicono i governanti. E poi scoppiano gli scandali, e si scopre che segretamente i governanti prendevano quintali di merda dagli industriali e chiudevano un occhio sul contrabbando di merda all'estero. Esistono anche le cambiali, uno può acquistare una macchina, ad esempio, prendendo dieci purganti al momento dell'acquisto: ma poi se la cambiale andrà in protesto, sarà dichiarata panciarotta. E ci saranno perquisizioni e a volte anche sequestri da parte di chirurghi-finanzieri. Ma questo capita ai pochi sfortunati: questo pianeta è ricco. Tutti i mesi, ogni giorno sei, San Libero, si fa la festa della Santa Merda. I più grandi merdoni del paese convengono con grandi macchine color crema e marron, e riempiono saloni pieni di lampadari e bei quadri e porcellane da bagno. Le signore sono vestite tutte di bianco e i signori in rosa. Si sente dire: lo vedi quello? Ha fatto la merda con le bische: è un parvenù. Quello invece: uh, è di sangue blu, la sua famiglia è sempre stata un letamaio. E tutti ballano, e soprattutto scorreggiano, per mostrare la loro ricchezza. Le grosse signore scorreggiano in tonalità di bordone gonfiando come vele i vestitoni stretti di raso, le giovani signori scorreggiano deliziosamente con virtuosismi di flauto e clarinetto, i ricchi commercianti petano come cannoni scambiandosi pacche sulle spalle, gli intellettuali sfiatano con grande sofferenza, spiegando che la merda non è poi tutto al mondo, i giovani brillanti tirano bronze pungenti che alzano le falde dei loro frac in eleganti impennate, i vecchi nobili brontolano e spetazzano e non raramente nel far ciò cade nelle loro mutande qualche spicciolo, i bambini trillano ventini, i neonati pigolano e il padrone di casa, apparendo sulla soglia rosso e trionfale, spara un peditone storico con fremente interminabile premito che scrolla le cristallerie e a voce alta dice: "Il pranzo è servito!" E tutti vanno a lavarsi le mani.”

Stefano Benni (1947) scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano
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“Tutta la nostra ricchezza sta nel pregare. Chi prega ottiene quanto vuole.”

Alfonso Maria de' Liguori (1696–1787) vescovo cattolico e compositore italiano

Massime spirituali che dee tenere un cristiano

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“Non dalla ricchezza nasce la virtù, ma che dalla virtù deriva, piuttosto, ogni ricchezza e ogni bene, per l'individuo come per gli stati.”

Socrate (-470–-399 a.C.) filosofo ateniese

cap. 17
Platone, Apologia di Socrate

“La volontà di potenza, l'egoismo innalzato a sistema, il narcisismo mentale sono le radici sottili e inconsce dello spirito di avarizia.
L'avaro vuole dominare il mondo delle forme, vuole divenire padrone dei suoi fratelli schiacciandoli con il peso delle sue ricchezze. Per questo egli accumula con passione le ricchezze – non vi è cosa che non farebbe per aumentarle – e pensa che il denaro sia tutto, che la potenza economica tenga il posto di ogni altra cosa. Quanto più sarà ricco, tanto più potrà dominare, ma come farà a sapere di essere ricco? L'avaro non lo saprà mai, vedrà se stesso sempre povero, non dirà mai basta all'ingorda fame, e così la volontà di potenza che l'ha sedotto, alla fine lo beffa, muore e il suo tesoro viene disperso.
L'avarizia così offusca il lume della ragione e la conoscenza della grazia: più sarai ricco e più avrai potenza. L'accumulare diventa una mania: l'avaro non vede che il possesso, non vive che per possedere, il possesso è per lui il fine supremo. Il possesso, da schiavo, è divenuto padrone e selvaggiamente trionfa.
L'avaro non riconosce di esserlo, afferma di essere sobrio, parsimonioso, economo, di dover fare delle privazioni per non mancare ai suoi doveri, di non poter essere generoso perché altrimenti lui stesso dovrebbe mendicare, trova continuamente nuove economie e se ne vanta come di un pregio. Non vi è nulla di più spaventoso della buona fede dell'avaro, ed è questa buona fede che gli uccide l'anima.
Gli schiavi di altre passioni finiscono presto o tardi a sentirsi a disagio, le conseguenze delle loro passioni prima o poi li fanno meditare o vergognarsi; la possibilità di riconoscere il proprio peccato è una piccola via di salvezza loro offerta. Ma l'avaro di che cosa può pentirsi o vergognarsi? Frugale per non spendere, casto per economizzare, sobrio per non sprecare, convinto di sacrificarsi per il bene dei lontani eredi, si crea, a maggiore tranquillità, la visione di opere buone cui lascerà, morendo, tutto il suo. Allora si sente un eroe, un santo, un martire.”

Giovanni Vannucci (1913–1984) presbitero e teologo italiano

La vita senza fine

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“Parto da un principio semplice e indipendente da ogni analisi economica. A mio parere, la legge generale della vita richiede che in condizioni nuove un organismo produca una somma di energia maggiore di quella di cui ha bisogno per sussistere. Ne deriva che il sovrappiù di energia disponibile può essere impiegato o per la crescita o per la produzione, altrimenti viene sprecato. Nell'ambito dell'attività umana il dilemma assume questa forma: o la maggior parte delle risorse disponibili (vale a dire lavoro) vengono impiegate per fabbricare nuovi mezzi di produzione – e abbiamo l'economia capitalistica (l'accumulazione, la crescita delle ricchezze) – oppure l'eccedente viene sprecato senza cercare di aumentare il potenziale di produzione – e abbiamo l'economia di festa. Nel primo caso, il valore umano è funzione della produttività; nel secondo, si lega agli esiti più belli dell'arte, alla poesia, al pieno rigoglio della vita umana. Nel primo caso, ci si cura solo del tempo a venire, subordinando ad esso il tempo presente; nel secondo, è solo l'istante presente che conta, e la vita, almeno di quando in quando e quanto più è possibile, viene liberata da considerazioni servili che dominano un mondo consacrato alla crescita della produzione. I due sistemi di produzione non possono esistere allo stato puro; c'è sempre un minimo di compromesso. Tuttavia, l'umanità in cui viviamo si è formata sotto il primato dell'accumulazione, della consacrazione delle ricchezze all'aumento del potenziale di produzione. Le nostre concezioni morali e politiche sono ancora dominate da un principio: l'eccellenza dello sviluppo delle forze produttive. Ma se è vero che un tale principio ha incontrato negli uomini poche obiezioni, non è così nel gioco stesso dell'economia: messo alla prova, il principio dello sviluppo infinito ha mostrato che poteva portare a conseguenze imprevista […] E se l'umanità, nel suo complesso, continua a volerlo e a regolare i suoi giudizi di valore su questo desiderio, in molti si è installato il dubbio circa la validità infinita dell'operazione. Possiamo andare oltre, e porre in modo più preciso la domanda: le concezioni morali e politiche che continuano a dominare la nostra attività – vale a dire l'economia – non sono in ritardo sui fatti? Nei nostri giudizi complessivi non rifacciamo l'errore di quegli stati maggiori che si mostrano ogni volta in ritardo su una guerra? Insomma, il pensiero umano non dovrebbe seguire il rapido movimento dell'economia? Certo, non si tratterebbe di rinunciare bruscamente ai beni crescenti del globo, ma potrebbe essere arrivato il momento di riformare le nostre concezioni sull'uso delle ricchezze […] per contribuirvi, mi propongo di mostrare una serie di lavori e di saggi […] da una parte le profonde deformazioni dell'equilibrio generale che lo sviluppo attuale dell'industria ha comportato, dall'altra le prospettive di un'economia non centrate sulla crescita. Per la prima parte non ci sarà da far altro che proseguire l'analisi già avviata dalla scienza economica moderna, mentre per l'altra si tratterà di introdurre considerazioni teoriche nuove e fondare la rappresentazione generale del gioco economico sulla descrizione dei sistemi antecedenti all'accumulazione capitalistica. Questi studi dovranno allora includere un campo considerato generalmente estrinseco all'economia: quello delle religioni, primitive o non, cui è concesso il campo della storia delle arti. In effetti, a mio parere, l'uso delle ricchezze, o più precisamente il loro fine, è essenzialmente lo spreco: il loro ritiro dal circuito della produzione. Ora, questa verità non solo ha fondato fin dall'inizio i profondi valori umani (quelli del disinteresse) e tutti i tesori umani che i secoli ci hanno trasmesso; ma in più, è la sola verità su cui potremmo fondarci ora per risolvere i problemi posti dallo sviluppo industriale. Soltanto il dono senza speranza di profitto, così come lo richiede un principio di eccedenza finale delle risorse, può far uscire il mondo attuale dall'impasse. L'economia attuale ha fin da ora determinato in profondità un rovesciamento radicale delle idee; questo rovesciamento deve però ancora essere realizzato per rispondere alle esigenze dell'economia.”

Georges Bataille (1897–1962) scrittore, antropologo e filosofo francese

Origine: Da Choix de lettres 1917-1962, pp. 377-79.

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“Il porno è una cosa seria. È molto più seria di quanto dicano e io potrei tranquillamente tenere lezioni all'università. È arte pura. […] In occasione dell'Isola dei Famosi un brillante giornalista italiano ha parlato della masturbazione come fosse una malattia, invece è una di quelle cose che Dio ci ha dato e di cui gli siamo grati. Anche io mi masturbo davanti a un film porno. Chi non l'ha mai fatto è un degenere, anche se li guardo solo per completare la ricchezza del mio patrimonio conoscitivo.”

Giampiero Mughini (1941) scrittore e opinionista italiano

Origine: Dalla trasmissione radiofonica La Zanzara, Radio 24; citato in Giampiero Mughini: "Il porno è una cosa seria. Chi non si masturba è un degenere. Ho una collezione di 20 cassette hard" http://www.liberoquotidiano.it/news/sfoglio/11773414/Giampiero-Mughini---Il-porno.html, Libero quotidiano.it, 30 marzo 2015.

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“Ho amato quella lingua per la sua flessibilità di corpo allenato, la ricchezza del vocabolario nel quale a ogni parola si afferma il contatto diretto e vario delle realtà, l'ho amata perché quasi tutto quel che gli uomini han detto di meglio è stato detto in greco.”

L'imperatore Adriano
Memorie di Adriano
Variante: Ho amato quella lingua per la sua flessibilità di corpo allenato, la ricchezza del vocabolario nel quale a ogni parola si afferma il contatto diretto e vario della realtà, l’ho amata perché quasi tutto quel che gli uomini han detto di meglio è stato detto in greco.

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“Una lettura non superficiale rivela ricchezze inattese anche per chi, non credente, guardi alla persona e al ruolo del Papa con occhio rispettoso e scevro da pregiudizi.”

Papa Giovanni Paolo II (1920–2005) 264° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Angelo Montonati
Parole sull'uomo, Citazioni sul libro

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“La fede cattolica, non solo non teme questo poderoso confronto della sua umile dottrina con le meravigliose ricchezze del pensiero scientifico moderno, ma lo desidera.”

Papa Paolo VI (1897–1978) 262° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Gloria a Dio e onore a voi uomini artefici della grande impresa

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“La ricchezza superflua può comperare solo cose superflue, ma per comprare ciò che è necessario all'anima non occorre danaro.”

Henry David Thoreau (1817–1862) filosofo, scrittore e poeta statunitense

cap. XVIII, 1988, p. 405

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“La castità è una ricchezza che viene da abbondanza d'amore, non da mancanza di esso.”

Rabindranath Tagore (1861–1941) poeta, drammaturgo, scrittore e filosofo indiano

Origine: Citato in Raniero Cantalamessa, Gettate le reti. Riflessioni sui vangeli. Anno B, Piemme, Casale Monferrato, 2001, p. 170.

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“Quanto più si accumulano le ricchezze, tanto più negli uomini cresce e si esaspera l'invidia.”

Maksim Gor'kij (1868–1936) scrittore e drammaturgo russo

Origine: Aneddoto, p. 129

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“I ladri di beni privati passano la vita in carcere e in catene, quelli di beni pubblici nelle ricchezze e negli onori.”

Marco Porcio Catone (-234–-149 a.C.) politico, generale e scrittore romano

citato in Aulo Gellio, Notti attiche XI, 18, 18

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“So assolutamente, o soldati, che le parole non aggiungono valore e che un esercito non diventa coraggioso da vile né forte da pavido per un discorso del generale. Quanto è grande il coraggio nell'animo di ciascuno per indole o per educazione, tanto grande è solito manifestarsi in guerra. Colui che né la gloria né i pericoli incitano, lo potresti esortare invano: il timore dell'animo tappa le orecchie. Ma io vi ho convocato per ammonirvi riguardo a poche cose e contemporaneamente per esporvi il motivo del mio piano. Invero certamente sapete, o soldati, qual grave danno abbiano portato a noi la viltà e l'indolenza di Lentulo, e anche a lui stesso, e per quale modo mentre aspettavo rinforzi dalla città, non sono potuto partire per la Gallia. Ora dunque a quale punto sia la nostra situazione, voi tutti lo capite insieme a me. Due eserciti nemici ci sbarrano la strada, uno dalla città e uno dalla Gallia; rimanere più a lungo in questi luoghi, anche se il nostro animo lo desidera moltissimo, lo impedisce la mancanza di frumento e di altre cose. Dovunque ci piaccia andare, bisogna aprirsi la strada con le armi. Perciò vi esorto ad essere forti e pronti e, quando entrerete in combattimento, a ricordare che voi portate nelle vostre mani destre ricchezze, onore, gloria, senza contare la libertà e la patria. Se vinceremo, non correremo più alcun pericolo; ci saranno vettovaglie in abbondanza, municipi e colonie spalancheranno le porte. Se, causa la paura, ci saremo ritirati, quei medesimi diventeranno ostili, nessun amico, nessun luogo potrà proteggere chi le armi non siano riuscite a proteggere. Inoltre, soldati, non è il medesimo bisogno ad incombere su di noi e su di loro: noi combattiamo per la patria, per la libertà, per la vita; per loro è superfluo combattere per il potere di pochi. Perciò, attaccate con maggior audacia, memori dell'antico valore! Vi sarebbe stato concesso passare la vita in esilio con il massimo disonore: alcuni di voi avrebbero potuto bramare a Roma, dopo aver perso le proprie, le ricchezze di altri. Poiché quelle azioni sembravano turpi ed intollerabili agli uomini, avete deciso di seguire queste. Se volete abbandonare questa situazione, c'è bisogno di coraggio; nessuno, se non da vincitore, ha mai cambiato in pace una guerra. In guerra il massimo pericolo è quello di coloro che di più hanno paura; il coraggio è considerato come un muro. Quando vi guardo, o soldati, e quando considero le vostre azioni, mi prende una grande speranza di vittoria. L'animo, l'età, il valore vostri mi incoraggiano, e la necessità, inoltre, che rende coraggiosi anche i pavidi. E infatti l'inaccessibilità del luogo impedisce che la moltitudine dei nemici possa circondarci. Se la fortuna si sarà opposta al vostro valore, non fatevi ammazzare invendicati, e neppure, una volta catturati, non fatevi trucidare come bestie piuttosto che lasciare ai nemici una vittoria cruenta e luttuosa combattendo alla maniera degli eroi!”

Lucio Sergio Catilina (-109–-62 a.C.) militare e senatore romano

Citato in Gaio Sallustio Crispo 1994

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“Ma questo sono io! Ho capito, e la mia immagine non m'inganna piú! Brucio d'amore per me stesso, suscito e subisco la fiamma! Che devo fare? Farmi chiedere, oppure chiedere io? Ma poi, chiedere che? Quel che bramo l'ho in me: ricchezza che equivale a povertà. Oh potessi staccarmi dal mio corpo! Desiderio inaudito per un amante, vorrei che la cosa amata fosse piú distante.”

Narciso; III, 463; 1994, p. 115
Iste ego sum! sensi, nec me mea fallit imago. | Uror amore mei, flammas moveoque feroque! | Quid faciam? Roger, anne rogem? Quid deinde rogabo? | Quod cupio, mecum est: inopem me copia fecit. | O utinam a nostro secedere corpore possem! | Votum in amante novum: vellem quod amamus abesset!
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