Frasi su specie
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“In questa lunga digressione infatti nella quale mi sono lasciato trascinare accidentalmente, come in tutte le mie digressioni (a eccezione di una sola) c'è un colpo da maestro di abilità digressiva, il cui merito temo sia sempre sfuggito al lettore,--non per mancanza di acume da parte sua,—ma perché si tratta di una perfezione che di rado si cerca, o in verità ci si aspetta, in una digressione;---e precisamente di questa: Che sebbene nelle mie digressioni giochi sempre lealmente, come potete notare,—e mi allontani da quello di cui tratto, di tanto e tanto spesso quanto qualsiasi altro scrittore in Gran Bretagna, purtuttavia è sempre mia cura badare che le cose siano sistemate in modo, da non lasciare fermo in mia assenza il congegno principale. […]
Grazie a questo marchingegno il macchinario della mia opera costituisce una specie a parte; due movimenti contrari vi sono stati indotti, e conciliati, che si riteneva fossero inconciliabili fra loro. In una parola, la mia opera è digressiva, e progressiva,—a un tempo. […]
Le digressioni, inconfutabilmente, sono la luce del sole;——sono la vita, l'anima della lettura;---eliminatele da questo libro, per esempio,--tanto varrebbe che eliminaste con esse il libro stesso;—un freddo eterno inverno regnerebbe in ogni pagina; restituitele allo scrittore;----e si fa avanti baldanzoso come uno sposo;—augura Salute a tutti; riporta la varietà, e impedisce all'appetito di languire.
Tutta l'abilità consiste nel manipolarle e cucinarle a dovere, perché non siano solo a vantaggio del lettore, ma anche dell'autore, la cui difficile situazione, a questo proposito, è davvero da compatire: Se, infatti, incomincia una digressione,---da quel momento, a quanto posso notare, tutta la sua opera se ne sta ferma come un ciocco;—e se procede con l'opera principale,----è bell'e finita la digressione.
——È uno sporco lavoro.—Per il qual motivo, fin dall'inizio di questa, come vedete, ho costruito l'opera principale e le sue parti avventizie con tali intersezioni, e ho così intersecato e attorcigliato i movimenti digressivo e progressivo, una ruota dentro l'altra, che tutto l'ingranaggio ha continuato, in genere, a funzionare;---e per di più, continuerà a funzionare per i prossimi quarant'anni, se piacerà alla fonte della salute di concedermi tanto a lungo la benedizione della vita e del buonumore.”

vol. I, cap. XXII; 1982, p. 69
Vita e opinioni di Tristram Shandy

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“Una civiltà nasce nel punto in cui una grande anima si desta dallo stato della psichicità primordiale di una umanità eternamente giovane e si distacca, forma dall'informe, realtà limitata e peritura di fronte allo sconfinato e al perenne. Essa fiorisce sul suolo di un paesaggio esattamente delimitabile, al quale resta radicata come una pianta. Una civiltà muore quando la sua anima ha realizzato la somma delle sue possibilità sotto specie di popoli, lingue, forme di fede, arti Stati, scienze; essa allora si riconfonde con l'elemento animico primordiale. Ma finché essa vive, la sua esistenza nella successione delle grandi epoche, che contrassegnano con tratti decisi la sua progressiva realizzazione, è una lotta intima e appassionata per l'affermazione dell'idea contro le potenze del caos all'esterno, così come contro l'inconscio all'interno, ove tali potenze si ritirano irate. Non è solo l'artista a lottare contro la resistenza della materia e contro ciò che in lui vuol negare l'idea. Ogni civiltà sta in un rapporto profondamente simbolico e quasi mistico con l'esteso, con lo spazio in cui e attraverso cui essa intende realizzarsi. Una volta che lo scopo è raggiunto e che l'idea è esteriormente realizzata nella pienezza di tutte le sue interne possibilità, la civiltà d'un tratto s'irrigidisce, muore, il suo sangue scorre via, le sue forze sono spezzate, essa diviene civilizzazione. Ecco quel che noi sentiamo e intendiamo nelle parole egizianismo, bizantinismo, mandarinismo. Così essa, gigantesco albero disseccato di una foresta vergine, ancor per secoli e per millenni può protendere le sue ramificazioni marcite. Lo vediamo in Cina, in India, nel mondo dell'Islam. Così la civilizzazione antica del periodo imperiale giganteggiò in apparenza di forza giovanile e di pienezza, togliendo luce e aria alla giovane civiltà araba d'Oriente. Questo è il senso di ogni tramonto nella storia, il senso del compimento interno ed esterno, dell'esaurimento che attende ogni civiltà vivente. Di tali tramonti, quello dai tratti più distinti, il «tramonto del mondo antico», lo abbiamo dinanzi agli occhi, mentre già oggi cominciamo a sentire in noi e intorno a noi i primi sintomi di un fenomeno del tutto simile quanto a decorso e a durata, il quale si manifesterà nei primi secoli del prossimo millennio, il «tramonto dell'Occidente.»”

Il tramonto dell'Occidente

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“Quasi tutti i ragionamenti in questo libro vengono ricondotti all'esperienza; e la credenza, che accompagna l'esperienza, viene spiegata soltanto come un sentimento peculiare, o una concezione vivace prodotta dall'abitudine. Né questo è tutto; quando noi crediamo che qualche cosa abbia un'esistenza esterna, o quando supponiamo che un oggetto esista un istante dopo che esso cessa di essere percepito, questa credenza non è che un sentimento della stessa specie. Il nostro autore insiste su parecchie altre tesi scettiche ed infine conclude che noi prestiamo fede alle nostre facoltà ed adoperiamo la ragione soltanto perché non possiamo farne a meno. La filosofia ci renderebbe interamente pirroniani, se la natura non fosse troppo forte su questo punto. Concluderò la logica di quest'autore dando ragione di due opinioni, che sembrano a lui peculiari, come sono, del resto, la maggior parte delle sue opinioni. Egli afferma che l'anima in quanto la possiamo concepire, non è che un sistema, una serie di percezioni differenti, di caldo e di freddo, di amore e di collera, di pensieri e di sensazioni, tutte unite insieme, ma senza alcuna perfetta semplicità o identità. Cartesio sosteneva che l'essenza della mente è il pensiero, non questo o quel pensiero, ma il pensiero in generale. Ma ciò pare del tutto inintelligibile, poiché ogni cosa che esiste è particolare, e perciò devono essere le nostre distinte percezioni particolari che compongono la mente. Dico, compongono la mente, non appartengono ad essa. La mente non è una sostanza, alla quale le percezioni ineriscano. Questa nozione è altrettanto inintelligibile di quella cartesiana secondo la quale il pensiero o la percezione in generale è l'essenza della mente. Noi non abbiamo alcuna idea di una sostanza di qualsiasi genere, perché non abbiamo alcuna idea che non sia derivata da qualche impressione e non abbiamo impressione alcuna di una qualsiasi sostanza, materiale o spirituale che sia. Noi conosciamo soltanto qualità e percezioni particolari. Come la nostra idea di un corpo, per esempio di una pesca, non è che l'idea di un particolare sapore, colore, figura, grandezza, solidità ecc., così la nostra idea di una mente non è che quella di particolari percezioni, senza la nozione di tutto quello che chiamiamo sostanza, semplice o composta che sia.
Il solo mezzo per cui possiamo sperare di ottenere un successo nelle nostre ricerche filosofiche è quello di abbandonare il tedioso ed estenuante metodo seguito fino ad oggi; invece d'impadronirci, di tanto in tanto, d'un castello o d'un villaggio alla frontiera, marciamo direttamente sulla capitale, ossia al centro di queste scienze, alla natura umana: padroni di esso, potremo sperare di ottenere ovunque una facile vittoria. Movendo di qui, potremo estendere la nostra conquista a tutte le scienze piú intimamente legate con la vita umana e procedere poi con agio a quelle che sono oggetto di pura curiosità. Non c'è questione di qualche importanza, la cui soluzione non sia compresa nella scienza dell'uomo, e non c'è nessuna che possa venire risolta con certezza se prima non la padroneggiamo. Accingendoci quindi a spiegare i princípi della natura umana, noi miriamo in realtà a un sistema completo delle scienze costruito su di un fondamento quasi del tutto nuovo e tale che solo su esso possano poggiare con sicurezza.”

Trattato sulla natura umana

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“[Che] i negri, e in generale tutte le altre specie di uomini siano per natura inferiori ai bianchi.”

David Hume (1711–1776) filosofo e storico scozzese

citato in Gianni Scipione Rossi, Razzismo. Il buio della ragione nel secolo dei lumi

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“La nostra miserabile specie è cosí fatta, che quelli che camminano sulle vie battute gettano sempre sassi a quelli che insegnano le nuove vie.”

Voltaire (1694–1778) filosofo, drammaturgo, storico, scrittore, poeta, aforista, enciclopedista, autore di fiabe, romanziere e s…

Lettere, uomini di lettere o letterati; 1950, p. 282
Dizionario filosofico

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“Il brasiliano è un animale che non ha ancora raggiunto la maturazione della propria specie.”

Voltaire (1694–1778) filosofo, drammaturgo, storico, scrittore, poeta, aforista, enciclopedista, autore di fiabe, romanziere e s…

Origine: Da Dialogues et anedoctes philosophiques, 1768.

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“Il bello si accorda col sublime in questo, che entrambi piacciono per se stessi. Inoltre, entrambi non presuppongono un giudizio dei sensi né un giudizio determinante dell'intelletto ma un giudizio di riflessione […].
Ma saltano agli occhi anche differenze considerevoli. Il bello della natura riguarda la forma dell'oggetto, la quale consiste nella limitazione; il sublime invece si può trovare anche in un oggetto privo di forma, in quanto implichi o provochi la rappresentazione dell'illimitatezza, pensata per di più nella sua totalità […] Tra i due tipi di piacere c'è inoltre una notevole differenza quanto alla specie: mentre il bello implica direttamente un sentimento di agevolazione e di intensificazione della vita, e perciò si può conciliare con le attrattive e con il gioco dell'immaginazione, il sentimento del sublime invece è un piacere che sorge solo indirettamente, e cioè viene prodotto dal senso di un momentaneo impedimento, seguito da una più forte effusione delle forze vitali, e perciò, in quanto emozione, non si presenta affatto come gioco, ma come qualcosa di serio nell'impiego dell'immaginazione. Quindi il sublime non si può unire ad attrattive; e poiché l'animo non è semplicemente attratto dall'oggetto, ma alternativamente attratto e respinto, il piacere dei sublime non è tanto una gioia positiva […] merita di essere chiamato un piacere negativo.”

Immanuel Kant (1724–1804) filosofo tedesco

1997, pp. 159-161
Critica del giudizio

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“D'ora in poi lo spazio di per se stesso e il tempo di per se stesso sono condannati a svanire in pure ombre, e solo una specie di unione tra i due concetti conserverà una realtà indipendente.”

Hermann Minkowski (1864–1909) matematico lituano

Origine: Da una conferenza del 1908; citato in Fritjof Capra, Il Tao della fisica, traduzione di Giovanni Salio, Adelphi, 2010, p. 195.

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“Il vino è una specie di riso interiore che per un istante rende bello il volto dei nostri pensieri.”

Henri de Régnier (1864–1936) scrittore e poeta francese

Lui ou les femmes et l'amour

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“[…] si può dire ancora che vi siano delle 'donne'? Certo la teoria dell'eterno femminino conta numerosi adepti […]; altri sospirano: 'La donna si perde, la donna è perduta.'. Non è più chiaro se vi siano ancora donne, se ve ne saranno sempre, se bisogna augurarselo o no, che posto occupano nel mondo, che posto dovrebbero occuparvi. 'Dove sono le donne?' […]. Ma innanzi tutto: cos'è una donna? 'Tota mulier in utero: è una matrice', dice qualcuno. Tuttavia parlando di certe donne, gli esperti decretano 'non sono donne', benché abbiano un utero come le altre. Tutti sono d'accordo nel riconoscere che nella specie umana sono comprese le femmine, le quali costituiscono oggi come in passato circa mezza umanità del genere umano; e tuttavia ci dicono 'la femminilità è in pericolo'; ci esortano: 'siate donne, restate donne, divenite donne'. Dunque non è detto che ogni essere umano di genere femminile sia una donna; bisogna che partecipi di quell'essenza velata dal mistero e dal dubbio che è la femminilità. La femminilità è una secrezione delle ovaie o sta congelata sullo sfondo di un cielo platonico? Basta una sottana per farla scendere in terra? Benché certe donne si sforzino con zelo di incarnarla, ci fa difetto un esemplare sicuro, un marchio depositato. Perciò essa viene descritta volentieri in termini vaghi e abbaglianti, che sembrano presi in prestito dal vocabolario delle veggenti. […] le scienze biologiche e sociali non credono nell'esistenza di entità fisse e immutabili che definiscano dati caratteri, come quelli della donna, dell'Ebreo o del Negro; esse considerano il carattere una reazione secondaria a una situazione. Se oggi la femminilità è scomparsa è perché non è mai esistita. […] il fatto è che ogni essere umano concreto ha sempre la sua particolare situazione. Respingere le nozioni di eterno femminino, di anima negra, di carattere giudaico non significa negare che vi siano, oggi Ebrei, Negri e donne: questa negazione non ha per gli interessati un significato di libertà ma una fuga dall'autenticità.”

dall'introduzione; Il saggiatore, 1949, p. 13
Il secondo sesso

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“Il bianco è anche una specie di nero.”

Ludwig Wittgenstein (1889–1951) filosofo e logico austriaco

1° dicembre 1936
Movimenti del pensiero, Diari 1936-1937

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“Cosa posso dirvi – rispose Jura. Si mosse irrequieto sulla seggiola, si alzò, fece alcuni passi e sedette di nuovo. – Prima di tutto, domani vi sentirete meglio, ci sono i sintomi, son pronto a farmi tagliare la testa. E poi: la morte, la coscienza, la fede nella resurrezione… Volete sapere la mia opinione di naturalista? Non sarebbe meglio un'altra volta? No? Subito? Bene, come volete. Solo che è una cosa difficile, così, di punto in bianco –…..
– La resurrezione. Nella forma più volgare in cui se ne parla, a consolazione dei deboli, mi è estranea. E anche le parole di Cristo sui vivi e sui morti io le ho sempre intese in un altro modo. Dove mettereste questi immensi eserciti arruolati in tutti i millenni? Non basterebbe l'universo, le divinità, il bene e il raziocinio dovrebbero cedere il posto. In quell'avida calca animalesca sarebbero schiacciati.
– Ma, nel tempo, sempre la medesima vita, incommensurabilmente identica, riempie l'universo, a ogni ora si rinnova di innumerevoli combinazioni e trasformazioni. Ecco, voi vi preoccupate se risorgerete o meno, mentre siete già risorta, senza accorgervene, quando siete nata.
– Sentirete dolore? Sente forse il tessuto la propria dissoluzione? Cioè, in altre parole, che sarà della vostra coscienza? Ma che cos'è la coscienza? Vediamo. Desiderare coscientemente di dormire è insonnia garantita, tentare coscientemente di avvertire il lavorio del propria digestione è esattamente perturbare la sua innervazione. La coscienza è un veleno, un mezzo di autoavvelenamento per il soggetto che la applica a se stesso. La coscienza è luce, proiettata al di fuori e che illumina la strada a noi, perché non si inciampi. La coscienza sono i fari accesi davanti ad una locomotiva che corre. Rivolgete la loro luce all'interno e succederà una catastrofe.
– Dunque, che sarà della vostra coscienza? Della vostra. La vostra. Ma voi cosa siete? Qui sta il punto. Guardiamo meglio. In che modo avete memoria di voi stessa, di quale parte del vostro organismo siete cosciente? Dei vostri reni, del fegato, dei vasi sanguigni? No, per quanto ricordiate, di voi vi siete sempre accorta di una estrinsecazione, in un atto, nelle opere delle vostre mani, in famiglia, fra gli altri. E, ora, state bene attenta. L'uomo negli altri uomini, ecco che cos'è l'anima dell'uomo. Ecco che cosa siete voi, ecco di che cosa ha respirato, si è nutrita, di che cosa si è abbeverata per tutta la vita la vostra coscienza. Della vostra anima, della vostra immortalità, della vostra vita negli altri. E allora? Negli altri siete vissuta, negli altri resterete. Che differenza fa per voi se poi ciò si chiamerà memoria? Sarete ancora voi, entrata a far parte del futuro.
– Un ultima cosa. Non c'è nulla di cui preoccuparsi. La morte non esiste. La morte non riguarda noi. Ecco, voi avete parlato di talento, questa è un'altra cosa, una cosa nostra, scoperta da noi. E il talento, nella sua nozione più alta e più lata, è il dono della vita.
– Non vi sarà morte, dice Giovanni Evangelista: guardate come è semplice la sua argomentazione. Non vi sarà morte, perché il passato è ormai trascorso. Quasi come dire: non vi sarà morte, perché questo è già stato visto, è vecchio e ha stancato, e ora occorre qualcosa di nuovo e il nuovo è la vita eterna.
Parlando, Jura passeggiava per la stanza.”

Dormite, – disse accostandosi al letto e ponendo le mani sulla testa dell'inferma. Passò qualche minuto e Anna Ivànova cominciò ad assopirsi.
Silenziosamente Jura uscì dalla camera e disse alla Egòrovna di richiamare l'infermiera. «Che diavolo,- pensò,- sto diventando una specie di ciarlatano. Mi metto pure a fare scongiuri, a curare la gente imponendo le mani».
Il dottor Živago

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“Ho ricevuto da parte della santa Vergine, una specie di appello urgente, istantaneo, sconvolgente e irresistibile che ha cambiato tutta la mia vita.”

Maurice Zundel (1897–1975) poeta, filosofo, mistico, teologo

Origine: Citato in Claudio Dalla Costa, Maurice Zundel. Un mistico contemporaneo, Effata Editrice, 2008.

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“Nulla di più comune, per esempio, che trovare un critico moderno che scriva cose di questo genere: 'Il Cristianesimo fu soprattutto un movimento ascetico, una corsa al deserto, un rifugio nel chiostro, una rinuncia alla vita e alla felicità; esso non fu che parte di una fosca e inumana reazione contro la natura stessa, un odio pel corpo, un aborrimento dell'universo materiale, una specie di suicidio universale dei sensi e anche dell'individuo. Derivava da un fanatismo orientale come quello dei fachiri, ed era basato su un pessimismo orientale che considerava l'esistenza stessa come un male'. In tutto questo la cosa straordinaria è che tutto è verissimo; vero in ogni particolare, con la sola differenza che è attribuito erroneamente a chi non ci ha niente a che vedere. Non è vero della Chiesa; è vero delle eresie condannate dalla Chiesa. È come se uno fosse obbligato a scrivere un'analisi degli errori e del malgoverno dei ministri di Giorgio III, con la piccola inesattezza che tutto il racconto si riferisse a Giorgio Washington; o come se uno facesse un elenco dei delitti dei bolscevichi con la sola variante di attribuirli allo zar. La Chiesa primitiva fu, sì, ascetica, ma in dipendenza di una filosofia totalmente diversa da quella di una guerra alla vita e alla natura; la quale realmente esistette nel mondo, e basterebbe che i critici sapessero dove andare a cercarla.”

Gilbert Keith Chesterton (1874–1936) scrittore, giornalista e aforista inglese

L'Uomo Eterno

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“Le creature senza piedi hanno il mio amore, e così lo hanno quelle a due piedi e anche quelle a molti piedi. Possano tutte le creature, tutte le cose che hanno vita, tutti gli esseri di qualunque specie, non avere mai nulla che possa danneggiarle. Possa non accadere loro mai nulla di male.”

Gautama Buddha (-563–-483 a.C.) monaco buddhista, filosofo, mistico e asceta indiano, fondatore del Buddhismo

Origine: Citato in Franco Libero Manco, Biocentrismo. L'alba della nuova civiltà, Nuova Impronta Edizioni, Roma, 1999, p. 31.

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“Ci formiamo un'idea così romantica di Venezia per la sua ben nota e singolare posizione, che ora essa non risponde per nulla alle mie aspettative, specie dopo aver esaminato le vedute di Canaletto, tutte d'un solo colore: io trovo che questa, come altre famose città, è composta di cose diverse per dimensioni, per ordini architettonici, per tempo, per materiali.”

Charles Burney (1726–1814) compositore, organista e storico inglese

da The present state of music in France and Italy http://books.google.it/books?id=x0QJAAAAQAAJ&hl=it&pg=PP7#v=onepage&q&f=false, 1771
Origine: Citato in Canaletto, I Classici dell'arte, a cura di Cinzia Manco, pagg. 181 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\CAG\0608462 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?db=solr_iccu&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2540and%2B%2540and%2B%2B%2540attr%2B1%253D13%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522759.5%2522%2B%2B%2540attr%2B1%253D4005%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522classici%2Bdell%2527arte%2522%2B%2B%2540attr%2B1%253D4018%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522rizzoli%252Fskira%2522&totalResult=13&select_db=solr_iccu&nentries=1&rpnlabel=+Codice+Classificazione+Dewey+%3D+759.5+&format=xml&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&searchForm=opac%2Ficcu%2Ferror.jsp&do_cmd=search_show_cmd&refine=4005%7C%7C%7Cclassici+dell%27arte%7C%7C%7Cclassici+dell%27arte%7C%7C%7CCollezione%404018%7C%7C%7Crizzoli%2Fskira%7C%7C%7Crizzoli%2Fskira%7C%7C%7CEditore&saveparams=false&&fname=none&from=11

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“Le ispirazioni alle base dei miei testi sono molte, ma il punto di partenza è quasi sempre l'osservazione della realtà. Poi c'è anche un'importante componente liberatoria. Anche se i miei brani sono più che altro ironici, sono convinto che ascoltarli abbia un effetto quasi catartico, specie nel clima di moralismo in cui viviamo adesso.”

Immanuel Casto (1983) musicista e cantante italiano

Origine: Citato in Casto, principe del porno-groove. «Ruby? Siamo nella società del sesso» http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/spettacoli/2010/29-ottobre-2010/casto-principe-porno-grooveruby-siamo-societa-sesso-1804054174299.shtml, Corriere del Mezzogiorno.it, 29 ottobre 2010.

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“L'importanza dell'opera dei missionari cristiani, specie per l'educazione, è stata incalcolabile.”

John Gunther (1901–1970) giornalista

Origine: Africa, p. 15-16

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“Ma la maggior parte di quelli che hanno lo spirito d'avventura lo combinano con lo spirito di conquista. Vanno in lontane contrade non tanto per diffondervi la Fede, quanto per depradarle dell'oro. Questi uomini vogliono che il loro coraggo serva a loro, non a Dio. Non è necessario essere cristiano per questo! Qualunque pagano potrebbe fare altrettanto. Dov'è l'uomo che ha lo spirito dei veri crociati? L'uomo che vuole compiere una missione, non perché egli lo vuole, ma perché Dio lo vuole? Deus lo vult: non ho mai udito questo grido in tutta la mia vita! Lasciamo che le cose vadano per la loro via, e le future generazioni non capiranno nemmeno più come un grido di tal genere si sia potuto proferire. Lo traduranno nelle loro anime mercenarie come una strana specie di ipocrisia, Dio mi perdoni, come una superstizione.”

Variante: "Ma la maggior parte di quelli che hanno lo spirito d'avventura lo combinano con lo spirito di conquista. Vanno in lontane contrade non tanto per diffondervi la Fede, quanto per depradarle dell'oro. Questi uomini vogliono che il loro coraggo serva a loro, non a Dio. Non è necessario essere cristiano per questo! Qualunque pagano potrebbe fare altrettanto. Dov'è l'uomo che ha lo spirito dei veri crociati? L'uomo che vuole compiere una missione, non perché egli lo vuole, ma perché Dio lo vuole? Deus lo vult: non ho mai udito questo grido in tutta la mia vita! Lasciamo che le cose vadano per la loro via, e le future generazioni non capiranno nemmeno più come un grido di tal genere si sia potuto proferire. Lo traduranno nelle loro anime mercenarie come una strana specie di ipocrisia, Dio mi perdoni, come una superstizione."
Origine: L'ultimo crociato, p. 251

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“L'essere orgogliosi della propria cultura è la peggiore specie d'ignoranza.”

Jeremy Taylor (1613–1667) religioso

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“Non voglio che mi cambino là dentro. Che mi trasformino in una specie di mostro che non sono.”

Suzanne Collins (1962) scrittrice e sceneggiatrice statunitense

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“Non si incontrano affatto la sera, nelle strade di Napoli, quelle donne che sono la vergogna del loro sesso con le molestie; è vero che vi sono delle guide che si piazzano nei luoghi conosciuti, come vicino al teatro, ma è ancora con una specie di riservatezza, o di timidezza, che fa onore ai costumi e alla città di Napoli.”

Jérôme Lalande (1732–1807) astronomo francese

da Voyage d'un François en Italie: fait dans les années 1765 et 1766, traduzione di Lorenzo Terzi; citato in Lorenzo Terzi, Joseph-Jérôme Le François de Lalande a Napoli, ARPA Campania n. 1, Napoli 2010

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“«Il tuo dogma, la tua tirannia dell'ideale, hanno prosciugato la gioventù degli uomini. Sotto il dispotismo, i bambini nascono vecchi. Basta guardare i loro occhi e le loro bocche in quelle immagini dalla Romania. E se l'America è infantile, e forse lo è, che difetto fortunato! Fontana di giovinezza? La speranza dei conquistatori si è forse trasformata in Coca-Cola. Ma frizza!»
«Fa marcire i denti. Gesuita che sei. Gesuita casuista. […] Carlo, siamo una specie assassina, avida, impura. Ma abbiamo prodotto Platone e Schubert, per riprendere i tuoi esempi, Shakespeare e Einstein. Di conseguenza ci sono differenze di valore fra le imprese umane. Credo: che è intrinsecamente meglio che un essere umano sia ossessionato da un problema algebrico, da un canone di Mozart o da una composizione di Cézanne, piuttosto che dalla fabbricazione di automobili o dal mercato azionario. Che un insegnante, un erudito, un pensatore, persino, Dio mi perdoni, un prete è quasi incommensurabilmente più prezioso e vicino alla dignità della speranza di un campione di pugilato, di un piazzista o di un magnate dei detersivi. Credo ancora: che il mistero del genio creativo e analitico è proprio questo, un mistero, e che è concesso a pochissimi. Ma che gli esseri più umili possono essere risvegliati, resi attenti alla sua presenza e esposti alle sue esigenze.”

George Steiner (1929–2020) scrittore e saggista francese

cap. VIII, p. 65
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