Frasi su gesto
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“[Sul teatro di Pirandello] Quanto più accentuata e brutale e naturalisticamente definita è la conclusione della vicenda occasionale, la formale perentorietà del gesto culminante […] tanto più essa misura, come un deus-ex-machina infruttuoso ed ironico, la non-conclusione del dramma dei personaggi.”

Arcangelo Leone de Castris (1929–2010) scrittore e critico letterario italiano

da Arcangelo Leone de Castris, Il decadentismo italiano, Bari, 1974, p. 199; citato da Ferruccio Masini in Gli schiavi di Efesto; L'umorismo pirandelliano e la scrittura teatrale come entelechia drammatica. Editori Riuniti, Roma, 1981, pp. 349-340, nota
Origine: Omissione di Ferruccio Masini

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“La soglia era bloccata dalla mole massiccia di uno Skeksis, che li guardava. Sulla faccia del Ciambellano era dipinta un'espressione cordiale, intesa a ingraziarsi i Ghelfling.
Fizzgig saltò su un davanzale, e stando lassù in bilico si voltò verso Kira per indurla a seguirlo. Lei stava per farlo, ma poi si accorse che Jen non si era mosso.
Il Ciambellano alzò la mano, senza sfoderare gli artigli, nello stesso gesto della notte precedente. – Fermatevi – sibilò. – Sono amico. Amico di Kelffinks. Ieri notte io salvato voi da Garthim. Io nemico? No, io amico. State, per favore.
Jen guardò il mostro che avrebbe potuto afferrarlo e ridurlo in brandelli. – Mi hanno detto che gli Skeksis uccidono i Ghelfling – ribatté.
Il Ciambellano sbuffò. – Puah! È per stupida profezia che dice Kelffinks mettere fine potere di Skeksis. Stupido – e scrollò la testa.
Jen stava calcolando che lo Skeksis non avrebbe potuto varcare la soglia a meno che non abbattesse le pareti che sovrastava di tutta la testa. Ma quello non era il modo di agire degli Skeksis, che, nelle aggressioni, ricorrevano sempre ai Garthim. No, e poi, con un po' di fortuna, lui e Kira avrebbero potuto scappare dalla finestra. Per sicurezza arretrò di qualche passo per tenersi alla larga da quegli artigli. Prima di scappare, voleva sapere tutto quello che lo Skeksis aveva da dirgli.
– Stupida profezia – diceva il mostro.”

Ma Skeksis spaventati. Paura di Kelffinks, sì. Piccoli Kelffinks. Errore, grande errore. State, per favore. Io amico.
Dark Crystal

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“Che cosa, in effetti, può trattenere un essere umano da un gesto di solidarietà che, oltretutto, non "costa" nulla, visto che ciò che viene donato non ha più, per il donatore, alcuna utilità? Ho formulato apposta la domanda in un modo così semplicistico e brutale per suggerire che la risposta – non dico la giustificazione – è da cercare su un piano che non è né quello della conoscenza razionale né, tantomeno, quello del buon senso. A nessuno di noi, credenti o non credenti, è estraneo il sogno della resurrezione dei corpi: un sogno che non riguarda tanto il nostro, di corpo (del quale, del resto, è difficile se non impossibile immaginare la non – più – esistenza), quanto quello delle persone che abbiamo amato e che non ci sono più. Fra credenti e non credenti c'è, in questo, una sola anche se, certamente, essenziale differenza: che ciò che per i secondi è un sogno, per i primi è una speranza o, almeno, la volontà di una speranza. E io credo che da questo sogno o da questa speranza discenda il desiderio struggente di "salvare" non, ripeto, il proprio corpo, ma quello dei propri cari appena scomparsi, di difenderne l'integrità, di sentire come un ulteriore strazio, come un'ulteriore separazione, come un'ulteriore perdita il fatto che esso venga immediatamente – e, come la scienza e la tecnica esigono, a morte cerebrale accertata, ma a cuore ancora battente – lacerato, diminuito, privato di sé.”

Giovanni Raboni (1932–2004) poeta, scrittore e giornalista italiano

Origine: Da Trapianti e coscienza https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2000/aprile/01/TRAPIANTI_COSCIENZA_co_0_0004012997.shtml, Corriere della Sera, 1 aprile 2000, p. 11.

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“Chi saprà mai veramente quanto più che ogni gesto possa turbar nel profondo una sola parola?”

Carlo Maria Franzero (1892–1986) scrittore e giornalista italiano

Origine: Il fanciullo meraviglioso, p. 74

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“Un gesto sarà tanto più comunicativo quanto non solo comunicherà informazioni, ma metterà in rapporto le persone.”

Carlo Maria Martini (1927–2012) cardinale e arcivescovo cattolico italiano

Colti da stupore

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“Intreccio d'ombre e di rami | tutta una cosa col cielo! | Tre cornacchie che hanno il nido in un pino | strillano d'allegria per così poco. | C'è un sospiro d'aria appena, | una dolce calma di sole calato | e nel cielo liscio una stella | che ammicca a un barchetto dorato. | Ecco la navicella | che scivola a fil di cielo | portando nell'aria serena | i sogni dei bambini | che intanto stanno a cena. | Che odore d'infanzia e di favole! || Questo è il mattino | color del mio brivido. | Ed io con parole innocenti | vado come palpando | i fuggitivi contatti di questi momenti col cielo: | sono altrettanti saluti d'amore | al bel clima di felicità silenziosa | specchiata nel giro del nostro orizzonte. || Quando spunta l'erba novella sul prato, | una resistenza è spezzata in forma di luce, | e assistiamo alla gloria | dei lavorii già nascosti sotterra | in forza di luminosi aspetti | che il buio gelosamente protesse | fino al momento che divenuti polpa | il sole vi urta sopra | con quel rimbalzo di splendore | che noi chiamiamo esistenza. || Queste minute creature | che ieri erano fuori del nostro raggio, | possiamo toccarle al vivo | come una nostra affezione… | Tieniti muta, | anima nostra, | nel tuo vibrante solstizio, | giacché un abbraccio tacito e immenso, | un abbraccio al mondo | è l'ultimo gesto appreso dal tuo dolore | quando hai scoperto che la tua pena | è soltanto una pena d'amore.)”

Arturo Onofri (1885–1928) poeta e scrittore italiano

Origine: Citato in De Marchi e Palanza, Protagonisti della civiltà letteraria nella critica, Antologia della critica Letteraria dalle Origini ai nostri giorni, Casa Editrice Federico & Ardia, Napoli, 1974, p. 750.

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“È un accordo che mi soddisfa molto, perché con quest'accordo posso ragionevolmente affermare che in Lombardia si vince. Andare da soli sarebbe una inevitabile sconfitta. Capisco qualche mal di pancia, ma ricordo a tutti quanti che se non ci fosse stato l'accordo con il Pdl allora, più di 400 Comuni sarebbero a rischio con i sindaci che dovrebbero dimettersi. Ci sono quindi tutte le ragioni per considerare l'accordo utile, positivo e coerente con il disegno illustrato nell'ultimo congresso. Non temo malumori territoriali, c'è qualcuno che non era d'accordo, in Veneto, come in Piemonte, ma a questi ricordo che, nel Veneto siamo al governo della Regione con il Pdl". Cosi' Roberto Maroni ha risposto a chi gli chiedeva se teme i mal di pancia dei veneti sull'accordo raggiunto tra Pdl e Lega. Ci sono tutte le ragioni per aver stretto questo accordo che e' utile, positivo e soprattutto coerente col disegno che ho fatto approvare al congresso federale. L'accordo con il Pdl serve per vincere in Lombradia. Con questo accordo vincerò in Lombardia con buona pace dei miei avversari. Albertini mi sembra destinato ad un modesto piazzamento. Aveva detto che se avessi vinto mi avrebbe regalato una Ferrari. Bene, allora gli dico di prenotarla. L'accordo per le politiche è conseguenza dell'accordo per la Regione, ma funzionale all'accordo per la Regione. Per questo nell'accordo si dice esplicitamente che Berlusconi non sarà il premier. È un fatto rilevante ed esprimo riconoscenza per questo gesto a Silvio Berlusconi. Ho sentito che Silvio Berlusconi ha indicato Angelino Alfano come candidato premier. È una persona che stimo, con cui ho lavorato, non mi dispiace. Ma io mi permetto di indicare Giulio Tremonti.”

Roberto Maroni (1955) politico italiano

giorno. it http://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/2013/01/07/826460-Maroni-Candidato-Governatore-Lombardia.shtml, 7 gennaio 2013

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“Essere famosa all'età di otto anni e mezzo con la gente che come ti vede, ti circonda è stata un'esperienza a volte difficile da superare. Renditi conto che, quando la mia mamma mi portava al parco a giocare, venivo accerchiata dai miei coetanei, senza rendermi conto che era un gesto di popolarità.”

Francesca Guadagno (1967) doppiatrice e attrice italiana

Origine: Da Intervista a Francesca Guadagno http://www.antoniogenna.net/doppiaggio/interviste/fguadagno.htm, a cura di Alessandro Germano, AntonioGenna.net, febbraio 2006.

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“Il premio Nobel agli abitanti di Lampedusa e Lesbo sarebbe una scelta giusta e un gesto simbolico importante. Consegnarlo non a un individuo ma a un popolo. I lampedusani in questi vent'anni hanno accolto persone che sono arrivate, migranti, senza mai fermarsi. Ho vissuto lì un anno e non ho mai sentito da nessuno parole di astio e paura nei confronti degli sbarchi. Le uniche volte in cui li vedo reagire con rabbia è quando ci sono troppe notizie negative associate all'isola: "disastro a Lampedusa", "i pesci che mangiano i cadaveri", "arrivano i terroristi". Quelle sono le cose verso le quali hanno, giustamente, un rifiuto totale. Vorrebbero che tutto si svolgesse senza lasciare traccia mediatica, portando avanti il loro aiuto quotidiano. Ce ne sono tanti che lavorano al Centro d'accoglienza, oggi che gli sbarchi sono procedura istituzionale: la raccolta in mare aperto, l'arrivo al porto e al Centro per l'identificazione. Ma fino a poco tempo fa, quando arrivavano i barconi carichi sulla spiaggia, i migranti erano soccorsi, rifocillati, ospitati. Una volta in centinaia si buttarono in mare per salvare altrettanti naufraghi. […] Questo stato d'animo appartiene non solo a Lampedusa ma alla Sicilia e i siciliani. Negli ultimi tempi sono arrivate migliaia di persone e non ho sentito nessuno a Palermo o Catania parlare di barriere. Quelle barriere fisiche e mentali che alcuni stati d'Europa innalzano, vergognosamente, oggi. L'accoglienza è la prima cosa che ho imparato dai lampedusani.”

Gianfranco Rosi (1964) regista italiano
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“[Su Silvio Berlusconi] L'uomo d'Arcore non irradia fluido magnetico. L'unico rango che gli competa, antropologicamente, è quello da principe dei «bagalun dl' lüster», gl'imbonitori che incantavano i contadini nelle fiere: loquela fluviale, sorrisi da caimano, gesto sovrabbondante, effetti ilari; niente lo predestinava al dominio politico.”

Franco Cordero (1928) giurista e scrittore italiano

Origine: Da Il Signore della propaganda e un paese senza passioni http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2002/05/15/il-signore-della-propaganda-un-paese-senza.html, la Repubblica, 15 maggio 2002, p. 15.

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“[Gaffe famosa] Se ognuno di noi non accumula ricchezze soltanto per sé, ma le mette al servizio degli altri, in questo cazzo… In questo caso la provvidenza di Dio si rende visibile in questo gesto di solidarietà.”

Papa Francesco (1936) 266° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Origine: Recitando l' Angelus del 2 marzo 2014 http://www.vatican.va/holy_father/francesco/angelus/2014/documents/papa-francesco_angelus_20140302_it.html; video visibile su Fanpage.it http://youmedia.fanpage.it/video/aa/UxN4OOSw76odSU6O.

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“A nessuno importerà quali individui siano stati modificati per costruire un romanzo. Lo so, c’è sempre un certo tipo di lettore che si sentirà in dovere di chiedere: Ma che cosa è successo veramente? La risposta è semplice: gli amanti sopravvivono, felici. Finché resterà anche una sola copia, un unico dattiloscritto della mia stesura finale, la mia Arabella dall'animo sincero e il suo principe-dottore sopravviveranno per amarsi. Il problema in questi cinquantanove anni è stato un altro: come può una scrittrice espiare le proprie colpe quando il suo potere assoluto di decidere dei destini altrui la rende simile a Dio? Non esiste nessuno, nessuna entità superiore a cui possa fare appello, per riconciliarsi, per ottenere il perdono. Non c’è nulla al di fuori di lei. È la sua fantasia a sancire i limiti e i termini della storia. Non c’è espiazione per Dio, né per il romanziere, nemmeno se fossero atei. È sempre stato un compito impossibile, ed è proprio questo il punto. Si risolve tutto nel tentativo. […] Mi piace pensare che non sia debolezza né desiderio di fuga, ma un ultimo gesto di cortesia, una presa di posizione contro la dimenticanza e l'angoscia, permettere ai miei amanti di sopravvivere e vederli riuniti alla fine. Ho regalato loro la felicità, ma non sono stata tanto opportunista da consentire che mi perdonassero, non proprio, non ancora.”

Atonement

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“Da quando mio padre è morto, gli chiedo di intervenire nella mia vita. Guardo il cielo e gli parlo con voce confidenziale e veemente. È l’unico essere a cui possa rivolgermi quando mi sento impotente. All’infuori di lui non conosco nessuno che potrebbe preoccuparsi di me nell’aldilà. Non mi viene mai in mente di parlare con Dio. Ho sempre ritenuto che non si possa disturbare Dio. Non si può parlare con lui direttamente. Dio non ha tempo di interessarsi ai singoli casi. A meno che non si tratti di casi eccezionalmente gravi. Nella scala delle suppliche, le mie sono diciamo così ridicole. Io la penso come la mia amica Pauline, quando ha ritrovato una collana che aveva ereditato dalla madre e perso nell’erba alta. Passando da un paese, suo marito ha fermato la macchina per precipitarsi in chiesa. Il portone era chiuso, e lui si è messo a scuotere freneticamente il catenaccio. Ma cosa fai? Voglio ringraziare Dio, ha risposto. – Dio se ne frega! – Voglio ringraziare la Madonna. – Ascolta Hervé, se mai c’è un Dio, se mai c’è una Madonna, credi che con tutto quello che succede nell’universo, con tutti i mali del mondo, gliene importi qualcosa della mia collana?!… Per cui io invoco mio padre, che mi sembra più accessibile. Gli chiedo dei favori ben determinati. Forse perché le circostanze mi portano a desiderare cose precise, ma anche, sotto sotto, per testare le sue capacità. È sempre la stessa richiesta d’aiuto. Una preghiera affinché succeda qualcosa. Ma mio padre è un disastro. Non mi sente, oppure non possiede alcun potere. È deprecabile che i morti non abbiano alcun potere. Disapprovo questa divisione radicale dei mondi. Ogni tanto gli attribuisco un sapere profetico. Penso: non soddisfa le tue richieste perché sa che non sarebbe un bene per te. Questo mi dà sui nervi, ho voglia di dire, non sono affari tuoi, ma almeno posso considerare il suo non intervento come un gesto deliberato. [Da].”

Yasmina Reza (1959) drammaturga, scrittrice e attrice francese

Heureux les heureux

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“«Alex, non ti capita mai di pensare come la nostra storia sia assolutamente folle e fuori da tutti i canoni, e di come la gente non la capisca e di come nessuno la potrà mai capire?»
«Se è per questo, ci penso praticamente tutti i giorni. Anzi, spesso mi domando quanto ne capisco io»
«Un sacco di gente mi chiede perché non stiamo insieme e… non so, è strano, a pensarci bene. Effettivamente, visti dal di fuori dobbiamo dare l'idea di due che stanno insieme.»
«Io non sto con te perché… perché va bene così, perché giugno è fantastico, e sapere che c'è l'America che arriva, e allora dirsi tutto perché tra una settimana è troppo tardi, è magnifico. Qualcosa mi manca, e lo sai. Io vorrei baciarti e tutto il resto, ma non tanto per il gesto in sé… Davvero. E’ difficile… E’ come mettere le basi per addomesticarti un po’ di più. Farai più fatica a dimenticarti di me, così. Resteremo più attaccati ogni cosa in più che faremo. Io ho paura, per l'anno prossimo. Bacerò cento ragazze, andrò a letto con gente di cui non m'importa, ma non sarà come uscire con te e non dirsi niente per tutto il pomeriggio. Io so già che l'anno prossimo farò le cose più facili, più banali. E con te è tutto così trasparente e da ragazzini… Se penso che non ti ho mai baciata, Aidi…»
«Lo sai, bisogna sempre fare solo Quello Che Ci Si Sente.»
«Certo, dicevo così. Dicevo Quello Che Mi Sento.»
«E cosa ti senti, ancora?»
«Sento che questo giugno, questo scoprirsi ogni giorno di più, e ogni pezzo di me che scopro trovarne uno nuovo di te, e ogni pezzo di me che ti regalo trovarne in cambio uno che tu mi lasci nel calzino di lana di fianco al camino mentre dormo, è bello. A me non era mai successo. E vedere crescere Aidi e Alex, ogni giorno, ogni mattina di sole, che per il resto della gente non vuol dire niente di particolare, è sovvertire tutti i pronostici, è ridere di fronte all'Uomo con le Previsioni Sicure, quello che era certo che la Danimarca avrebbe preso una vagonata di gol e sarebbe stata eliminata nelle qualificazioni e invece si è qualificata e agli Europei giocherà con squadre molto più forti, e l'Uomo con le Previsioni Sicure non si raccapezza. La Gente capisce solo quando le cose sono già successe, mai mentre accadono. E per noi due è lo stesso. La Gente che non capisce come sia possibile, visto che l'Uomo dei Sondaggi aveva negato categoricamente che due come noi potessero avere una pazza storia del genere.»
«Fantastico. E la Danimarca come gioca?»
«Bene. Si vede che si divertono.»
«Alex», aveva detto lei, stringendogli le mani con una strana intensità che l'aveva turbato. «Io voglio che la Danimarca vinca.»”

Jack Frusciante Has Left the Band: A Love Story- with Rock 'n' Roll

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“Oh, ma con i versi si fa ben poco, quando li si scrive troppo presto. Bisognerebbe aspettare e raccogliere senso e dolcezza per tutta una vita e meglio una lunga vita, e poi, proprio alla fine, forse si riuscirebbe poi a scrivere dieci righe che fossero buone. Poiché i versi non sono, come crede la gente, sentimenti (che si hanno già presto), sono esperienze. Per un solo verso si devono vedere molte città, uomini e cose, si devono conoscere gli animali, si deve sentire come gli uccelli volano, e sapere i gesti con cui i fiori si schiudono al mattino. Si deve poter ripensare a sentieri in regioni sconosciute, a incontri inaspettati e a separazioni che si videro venire da lungi, a giorni d'infanzia che sono ancora inesplicati, ai genitori che eravamo costretti a mortificare quando ci porgevano una gioia e non la capivamo (era una gioia per altri), a malattie dell'infanzia che cominciavano in modo così strano con tante trasformazioni così profonde e gravi, a giorni in camere silenziose, raccolte, e a mattine sul mare, al mare, a mari, a notti di viaggio che passavano alte rumoreggianti e volavano con tutte le stelle, e non basta ancora poter pensare a tutto ciò. Si devono avere ricordi di molte notti d'amore, nessuna uguale all'altra, di grida di partorienti, e di lievi, bianche puerpere addormentate che si richiudono. Ma anche presso i moribondi si deve essere stati, si deve essere rimasti presso i morti nella camera con la finestra aperta e i rumori che giungono a folate. E anche avere ricordi non basta. Si deve poterli dimenticare, quando sono molti, e si deve avere la pazienza di aspettare che ritornino. Poiché i ricordi di per se stessi ancora non sono. Solo quando divengono in noi sangue, sguardo e gesto, senza nome e non più scindibili da noi, solo allora può darsi che in una rarissima ora sorga nel loro centro e ne esca la prima parola di un verso.”

The Notebooks of Malte Laurids Brigge

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“La solitudine è questa situazione un po’ buffa, un po’ ridicola, un po’ aggressiva di un uomo seduto al tavolo di un ristorante turistico: l’immagine di una persona incompleta, tanto goffa da sembrare stupida o arrogante. Leo deve incominciare a difendere questa sua solitudine. Non deve permettere che gli altri lo vedano come un atomo dalle valenze aperte, come qualcuno immiserito dalla mancanza di un compagno, di un amico, di un amore. La solitudine è anche scomodità. Obbliga a rivolgersi agli altri, a fare richieste continue. Sul treno lui non può lasciare i bagagli per recarsi al ristorante. Deve cercare il controllore, o un altro passeggero, e chiedergli di dare cortesemente un’occhiata alla macchina fotografica. Negli aeroporti, con il carrello carico di valigie, non riesce a raggiungere la toilette, o la cabina del telefono soprattutto se si trovano a livelli diversi da quelli in cui è stato sbarcato e allora, scaricare i bagagli, affrontare le scale, deporli, entrare in un bagno diventa un’impresa impossibile, faticosa già mentalmente. Nei ristoranti è pressato dalla gente in coda solo perché gli altri sono in due e lui, solo, sta occupando un piccolo tavolo. Negli alberghi le camere singole sono, in genere, le più strette e le più piccole: i sottotetti o le mansardine della servitù. E per giunta c’è sempre un supplemento da pagare.
   La solitudine impietosisce gli altri. A volte lui sente lo sguardo indiscreto della gente posato sulla sua figura come un gesto di una violenza inaudita. Come se gli altri lo pensassero cieco e gli si accostassero per fargli attraversare la strada. Certe premure lo offendono più dell’indifferenza, perché è come se gli ricordassero continuamente che a lui manca qualcosa e che non può essere felice. Si vede con un lato del corpo sanguinante, una cicatrice aperta dalla quale è stata separata l’altra metà. Vorrebbe spiegare che sì, Thomas gli manca e di questo sta soffrendo. Ma che non avverte la propria solitudine come una disperazione. Si sta concentrando su di sé, si sta racchiudendo nelle proprie fantasie e nei propri ricordi. Sta cercando di abbracciare la parte più vera di se stesso recuperandola attraverso il ricordo, la riflessione, il silenzio.”

Camere separate

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“Questi elogi del tipo «te lo spiego io di cosa parla il tuo libro» sono tutti appunti che ho mandato agli amici a proposito dei loro libri. La mia tendenza è sempre quella di spingere il libro verso l’astratto, verso la tristezza, verso le tenebre, verso la duplicità, verso diciassette tipi di ambiguità. Mi sforzo sempre di leggere la forma come contenuto, lo stile come significato. In un certo senso il libro balbetta sempre sul suo stesso linguaggio. Dipingo sempre me stesso e l’autore come le uniche fonti di un’oscura sapienza, sono sempre il paladino della disperazione spensierata, volo sempre troppo alto. Metafisico è grande. Nella mia formulazione, il soggetto del libro non è mai quello che sembra. Dico spesso che secondo tutti il libro riguarda X ma in realtà riguarda Y. Leggo sempre il libro come un’allegoria, una tesi filosofica mascherata. Uno dei termini ricorrenti è esistenza, così come umano, animale, sesso, cazzo e violenza. Adoro gli avverbi potentemente ed enormemente e instancabilmente e infinitamente. Uso di continuo indagine ed esplorazione e scavo ed esame e rigoroso. Dove andrei a finire senza meditazione? Sotto sotto c’è sempre una storia d’amore tra me e l’autore: io che amo il libro e l’autore. La chiave è il candore: essere disposto a dire ciò che nessuno è disposto a dire. Il gesto di scrivere è sempre visto come un atto di coraggio (impavido imperversa). La vita è dura, e a volte perfino una noia: il linguaggio è una (piccola) consolazione. Nessun altro coglie quello che stai facendo: solo io ci arrivo. Siamo io e te, baby. Intimità. Urgenza. Solo noi capiamo la vita. Te lo spiego io il tuo libro, il testo. Te lo spiego io di cosa parla il tuo libro. La vita è una merda. Noi siamo delle merde. Solo questo ci salverà: questa dichiarazione.”

Reality Hunger: A Manifesto

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“[Sull'esultare dopo un gol togliendosi la maglia] Non so se fui il primo nel mondo, ma sicuramente in Italia sì. Nel 1986 in un Roma-Juventus mi tolsi la maglia dopo un gol perché volevo consegnarla ai tifosi. È un gesto simbolico, la maglia è di tutti coloro che sono legati ad una squadra di calcio. […] Non si può punire chi agita la maglia verso i propri tifosi, è un gesto che viene da dentro.”

Roberto Pruzzo (1955) dirigente sportivo, allenatore di calcio e ex calciatore italiano

Origine: Da un'intervista al Corriere dello Sport - Stadio; citato in Roma, Pruzzo: "Fui il primo a esultare togliendomi la maglia. La regola è da cambiare" http://www.asromalive.it/2012/11/roma-pruzzo-fui-il-primo-a-esultare-togliendomi-la-maglia-la-regola-e-da-cambiare/, Asromalive.it, 6 novembre 2012.

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“Ma sapete voi con precisione che cosa sia una fuga, lo sapete? Non lo sapevo nemmeno io prima di vederla. Credevo che fosse l'uomo che, a un certo punto, si mette a pedalare più forte degli altri e li semina per via. Errattissima nozione. La fuga è invece un grande urlo e un gesto disperato che mettono d'improvviso in confusione tutta la carovana del Giro.”

Indro Montanelli (1909–2001) giornalista italiano

Indro al Giro
Variante: Ma sapete voi con precisione che cosa sia una fuga, lo sapete? Non lo sapevo nemmeno io prima di vederla. Credevo che fosse l'uomo che, a un certo punto, si mette a pedalare più forte degli altri e li semina per via. Errattissima nozione. La fuga è invece un grande urlo e un gesto disperato che mettono d'improvviso in confusione tutta la carovana del Giro.

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“Mai, mi sembra, è stato reso in un modo cosi commovente il "Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio". L'implorazione degli occhi, l'abbandono delle bocche, (in questi due capi di guerra! delle bocche da venir comunicate con un poco di terra e d'erba), il gesto cosi fraterno del cavaliere (come lo circonda bene, il suo orante!), le mani dell'inginocchiato, belle come un bel destino, tutto compone una freccia che raggiunge il segno. Infine una pittura cattolica che raggiunge il segno: elevare, edificare. L'autore ci fa grazia, questa volta della sua visione celeste. Il soprannaturale non è più evocato, qui, dai grossolani mezzi cari al Greco: quella deformazione del corpo umano che non soltanto è un'offesa per la più bella creazione di Dio, ma è contraria al dogma, secondo il quale i corpi risusciteranno nello stato della loro più grande bellezza. I due supplicanti del "Romero" sono il reale, poiché è presumibile che quelle espressioni prestate loro dal pittore, le abbiano talvolta veramente avute strettamente tali come le vediamo nel quadro; e nel tempo stesso trascendono il reale. Sono umani quanto è possibile esserlo, e nello stesso tempo portano il riflesso del divino.”

Henry De Montherlant (1895–1972) scrittore e drammaturgo francese

Variante: Mai, mi sembra, è stato reso in un modo così commovente il "Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio". L'implorazione degli occhi, l'abbandono delle bocche (in questi due capi di guerra! delle bocche da venir comunicate con un poco di terra e d'erba), il gesto così fraterno del cavaliere (come lo circonda bene, il suo orante!), le mani dell'inginocchiato, belle come un bel destino, tutto compone una freccia che raggiunge il segno. Infine una pittura cattolica che raggiunge il segno: elevare, edificare. L'autore ci fa grazia, questa volta della sua visione celeste. Il soprannaturale non è più evocato, qui, dai grossolani mezzi cari al Greco: quella deformazione del corpo umano che non soltanto è un'offesa per la più bella creazione di Dio, ma è contraria al dogma, secondo il quale i corpi risusciteranno nello stato della loro più grande bellezza. I due supplicanti del "Romero" sono il reale, poiché è presumibile che quelle espressioni prestate loro dal pittore, le abbiano talvolta veramente avute strettamente tali come le vediamo nel quadro; e nel tempo stesso trascendono il reale. Sono umani quanto è possibile esserlo, e nello stesso tempo portano il riflesso del divino.

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