Frasi su giudizio
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“Il giudizio è come lo spirito; colle donne chi ne ha lo perde, e chi non ne ha lo acquista… chi non ne ha!”

Gerolamo Rovetta (1851–1910) scrittore e drammaturgo italiano

Origine: Mater dolorosa, p. 133

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“L'amore per l'uomo non esclude quello per gli animali, e viceversa, perché l'amore non è mai fonte di separazione né di giudizio. Chi ama, ama e basta. Chi ama e separa, non ha mai iniziato a farlo.”

Susanna Tamaro (1957) scrittrice italiana

dall' intervento tenuto alla Giornata per la Coscienza degli Animali del 13 maggio 2010 http://www.lacoscienzadeglianimali.it/index.php/gli-interventi/6-la-coscienza-degli-animali-milano-13-maggio-2010-intervento-di-susanna-tamaro

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“A me pare che il pernio del cristianesimo stia tutto nel giudizio finale.”

Giorgio La Pira (1904–1977) politico italiano

Scritti vincenziani

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“[Il] giudizio finale, [che] è l'unico criterio politico col quale si può dirigere la storia umana.”

Giorgio La Pira (1904–1977) politico italiano

Citato in LaPira.org http://www.lapira.org/index2.php?file=news&form_id_cat_notizia=72

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“Gli americani hanno una radice puritana che fa loro privilegiare l'etica sull'estetica. Tendono a esprimere giudizi in forma drastica: o questo o quello. Vivere a Roma gli fa mettere questo in discussione, capiscono meglio le sfumature.”

Josif Aleksandrovič Brodskij (1940–1996) poeta russo naturalizzato statunitense

Origine: Dall'intervista di Gianluigi Melega, L'accademia, Nerone e io, L'Espresso, 24 giugno 1994, p. 111.

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“Quando interpreti un personaggio, devi essere mentalmente libero e quindi devi mettere da parte i tuoi giudizi personali. Può essere pericoloso perché si possono perdere alcuni aspetti, caratteristiche, anche solo sfumature, del personaggio.”

Philip Seymour Hoffman (1967–2014) attore e regista statunitense

Origine: Citato in Arianna Finos, Philip Seymour Hoffman: "Capote, un personaggio ambiguo" http://trovacinema.repubblica.it/news/dettaglio/philip-seymour-hoffman-capote-un-personaggio-ambiguo/304034, repubblica.it, 2 marzo 2006.

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“[Sulla richiesta degli scudetti 2004-05 e 2005-06 da parte di Silvio Berlusconi nel 2006] Quanto agli scudetti da restituire, e quali, e a chi, segnaliamo un bel libro di Carlo Petrini: «Le corna del diavolo» (Kaos). Vi si racconta come il Milan ha vinto i suoi, di scudetti. A cominciare da quello del 1987-88, quando il Napoli di Maradona ormai sicuro vincitore si suicidò a fine stagione. Poi si scoprì che alcuni giocatori partenopei avevano rapporti con la camorra, terrorizzata dall'idea di restituire le alte quote promesse col totonero a chi scommetteva sul Napoli. Ma soprattutto c'è il caso di Gianluigi Lentini, il fantasista passato nel '92 dal Toro al Milan per 64 miliardi [di lire], di cui 10 versati in nero da Berlusconi e Galliani al presidente-bancarottiere Gianmauro Borsano. L'acquisto avvenne in periodo proibito: marzo '92. Borsano voleva i soldi subito, ma il Milan non si fidava e pretendeva garanzie: alla fine ottenne «in pegno» la maggioranza azionaria della società granata sino al termine della stagione. Così, per mesi, il Cavaliere controllò due società di serie A: un illecito sportivo clamoroso, sul quale ovviamente la giustizia sportiva sorvolò. Non però quella penale: la Procura di Milano fece rinviare a giudizio Berlusconi e Galliani per falso in bilancio. Ma niente paura. Il processo fu poi assassinato nella culla dalla legge Berlusconi sul falso in bilancio. Prescrizione garantita per tutti: per il Cavaliere, quello che rivuole indietro gli scudetti, e per Galliani, quello del codice etico.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

da Il Codice da Perdi, l'Unità, 22 maggio 2006
l'Unità

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“Conosco i miei colleghi senatori a vita, sono stata troppo poco in aula per farmi un giudizio degli altri, non sono una vecchia volpe. Quando sono stata nominata ho detto al presidente Mattarella che sono sempre una bambina: mi hanno chiuso la porta della scuola e ottant’anni dopo mi hanno aperto quella del Senato.”

Liliana Segre (1930) reduce dell'olocausto e senatrice a vita italiana

Origine: Citato in Marco Damilano Liliana Segre: «La democrazia finisce piano piano» http://espresso.repubblica.it/attualita/2018/06/05/news/liliana-segre-la-democrazia-finisce-piano-piano-1.323372?ref=HEF_RULLO, L'Espresso, 5 giugno 2018.

Questa traduzione è in attesa di revisione. È corretto?
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“Nel mio giudizio nessuna linea dovrebbe essere ammessa nella geometria piana oltre alla retta e al cerchio.”

Isaac Newton (1643–1727) matematico, fisico, filosofo naturale, astronomo, teologo ed alchimista inglese
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“Che i avessero in somma stima la scienza de i numeri, e che Platone stesso ammirasse l'intelletto umano e lo stimasse partecipe di divinità solo per l'intender egli la natura de' numeri, io benissimo lo so, né sarei lontano dal farne l'istesso giudizio.”

Galileo Galilei (1564–1642) scienziato italiano

giornata prima, p. 35; citato in Koyré 1979, p. 292
Dialogo sopra i due massimi sistemi
Origine: In margine: Misteri de numeri Pitagorici, favolosi.

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“In una mattina d'inverno – fuori la neve cadeva nella luce cupa – K. sedeva nel suo ufficio, straordinariamente stanco già nelle prime ore. Per difendersi almeno dagli impiegati di livello inferiore aveva dato al commesso l'ordine di non lasciar passare nessuno di loro perché era occupato in un lavoro importante. Ma invece di lavorare si rigirava sulla sedia, spostava lentamente qualche oggetto sul tavolo, poi senza avvedersene fece cadere il braccio disteso lungo il piano del tavolo e rimase immobile con la testa china.
Il pensiero del processo non lo lasciava più. Aveva già più volte pensato se non sarebbe stato meglio redigere una difesa e inoltrarla al tribunale. Voleva anteporvi una breve descrizione della sua vita e chiarire, riguardo ad ogni evento in qualche modo più importante, le ragioni del suo comportamento e se, secondo il suo giudizio attuale il suo modo di agire era da riprovare o approvare e quali motivi poteva addurre in un caso o nell'altro. I vantaggi di una tale difesa scritta rispetto alla pura e semplice difesa dell'avvocato, del resto per niente ineccepibile, erano indubbi. K. non sapeva affatto quello che l'avvocato intendesse fare; in ogni caso non doveva essere molto, già da un mese non lo aveva più chiamato, e in nessuna delle conversazioni precedenti K. aveva avuto l'impressione che quell'uomo potesse far molto per lui.”

Franz Kafka (1883–1924) scrittore e aforista boemo di lingua tedesca

1989

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“Tutti si lamentano della propria memoria, ma nessuno si lamenta del proprio giudizio.”

François de La Rochefoucauld (1613–1680) scrittore, filosofo e aforista francese

89
Massime, Riflessioni morali

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“I pregiudizi han più sugo, talvolta, dei giudizi.”

Gesualdo Bufalino (1920–1996) scrittore

Origine: Il malpensante, Febbraio, p. 19

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“Il giorno del giudizio, chissà quanti morti si daranno malati.”

Roberto Gervaso (1937) storico, scrittore, giornalista

La volpe e l'uva

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“Ai giudizi dei nemici vuolsi avere sempre la debita osservanza.”

Giosue Carducci (1835–1907) poeta e scrittore italiano

serie prima, p. ii
Ceneri e faville

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“Il mio desiderio più ardente e la più fervida preghiera che formulo per voi, e anche per me, nell'eventualità che la cosa non sia già fatta,——è, che i grandi doni e talenti tanto dello spirito quanto del giudizio, con tutto quanto è solito accompagnarli,———come memoria, fantasia, genio, eloquenza, prontezza d'ingegno, e così via, possano in questo prezioso momento esser versati senza limite o misura, ostacolo o impedimento, tanto caldi quanto ognuno di noi può sopportarlo,—schiuma e sedimenti e tutto; (poiché non vorrei perderne neppure una goccia) nei diversi ricettacoli, cellette, cellule, domicili, dormitori, refettori, e ripostigli del nostro cervello,—in tal guisa, che possano continuare a esservi iniettati e stivati; secondo l'autentica intenzione e significato del mio desiderio, fino a che ogni suo vasello, grande e piccolo, ne sia così colmo, saturato e riempito fino all'orlo, che neppure per salvare una vita umana vi possa entrare o uscire niente altro.
Che Dio ci benedica!—quale nobile lavoro non faremmo!—quanto lo completeremmo con successo!——e con quale entusiasmo scriverei per simili lettori!—e voi,—giusto Cielo!—con quale rapimento siedereste a leggere,—ma oh!—è troppo,——mi sento mancare,——svengo deliziosamente a pensarci!——è più di quanto la natura umana possa sopportare!——sostenetemi,—mi gira la testa,—mi si annebbia la vista,——muoio,——sono spacciato.——Aiuto! Aiuto! Aiuto!—Ma ferma,—principio a sentirmi un po' meglio, perché incomincio a prevedere, quando sarà tutto finito, che poiché continueremo tutti a essere begli spiriti,—non saremo mai d'accordo fra noi, per un giorno intero:——vi sarebbero tanta satira e sarcasmo,——beffe e motteggi, con prese in giro e risposte per le rime,——con affondi e parate in un angolo o nell'altro,——non ci sarebbe fra noi altro che malizia.—Caste stelle! che morsi e che graffi, e che schiamazzo e strepito faremmo, con tante teste rotte, e bacchettate sulle nocche, e colpi bassi,—non sarebbe più vita la nostra.
Mai poi, poiché saremmo tutti uomini di gran giudizio, rappattumeremmo le cose non appena andassero storte; e per quanto ci detestassimo, dieci volte più di altrettanti diavoli e diavolesse, saremmo non di meno, figlioli cari, tutti bontà e cortesia,——latte e miele,——sarebbe una seconda terra promessa,——un paradiso in terra, se una cosa del genere si potesse avere,—cosicché nell'insieme ce la saremmo cavata abbastanza bene.
L'unica cosa per cui mi agito e fumo, e che turba maggiormente la mia invenzione in questo momento, è come ottenere questo risultato; poiché come le vostre signorie ben sanno, di quelle celesti emanazioni di spirito e giudizio, che ho tanto generosamente invocato sulle vostre signorie quanto su di me,—non vi è che un certo quantum immagazzinato per tutti, a uso e consumo dell'intera razza umana; e ne vengono mandati in questo vasto mondo dosi così piccole, che circolano qua e là in un angolino o nell'altro,—e in rivoletti così stretti, e a intervalli così prodigiosi l'uno dall'altro, che ci si chiede come possa durare, o bastare a soddisfare i bisogni e le emergenze di tanti grandi stati, e imperi popolosi.”

vol. III, cap. XX; 1982, p. 189
Vita e opinioni di Tristram Shandy

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“Il senso comune è un giudizio senz'alcuna riflessione, comunemente sentito da tutto un ordine, da tutto un popolo, da tutta una nazione, o da tutto il gener umano.”

Giambattista Vico (1668–1744) filosofo, storico e giurista italiano

libro I, II, 12; p. 40
Principj di scienza nuova

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“L'uomo può ciò che egli deve; e se dice: "Io non posso", segno è che non vuole.”

Johann Gottlieb Fichte (1762–1814) filosofo tedesco

da Contributo per rettificare i giudizi del pubblico sulla Rivoluzione francese, 1793

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“Il bello si accorda col sublime in questo, che entrambi piacciono per se stessi. Inoltre, entrambi non presuppongono un giudizio dei sensi né un giudizio determinante dell'intelletto ma un giudizio di riflessione […].
Ma saltano agli occhi anche differenze considerevoli. Il bello della natura riguarda la forma dell'oggetto, la quale consiste nella limitazione; il sublime invece si può trovare anche in un oggetto privo di forma, in quanto implichi o provochi la rappresentazione dell'illimitatezza, pensata per di più nella sua totalità […] Tra i due tipi di piacere c'è inoltre una notevole differenza quanto alla specie: mentre il bello implica direttamente un sentimento di agevolazione e di intensificazione della vita, e perciò si può conciliare con le attrattive e con il gioco dell'immaginazione, il sentimento del sublime invece è un piacere che sorge solo indirettamente, e cioè viene prodotto dal senso di un momentaneo impedimento, seguito da una più forte effusione delle forze vitali, e perciò, in quanto emozione, non si presenta affatto come gioco, ma come qualcosa di serio nell'impiego dell'immaginazione. Quindi il sublime non si può unire ad attrattive; e poiché l'animo non è semplicemente attratto dall'oggetto, ma alternativamente attratto e respinto, il piacere dei sublime non è tanto una gioia positiva […] merita di essere chiamato un piacere negativo.”

Immanuel Kant (1724–1804) filosofo tedesco

1997, pp. 159-161
Critica del giudizio

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“L'unica e grande utilità degli esempi è che essi affinano il giudizio.”

Immanuel Kant (1724–1804) filosofo tedesco

Origine: Dalla Critica della Ragion Pura -> Dottrina Trascendentale degli elementi -> Logica Trascendentale -> Analitica del Trascendente Libro II -> Analitica dei principi.

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“Costa meno fatica lo stare a detta, che non il giudicare d'ogni cosa col proprio giudizio.”

Giuseppe Baretti (1719–1789) critico letterario, traduttore e poeta italiano

La Frusta letteraria, La Frusta letteraria, vol. IV

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“Ma non questa è la sorte, e ben altro è il destino dello scrittore, che osa evocare alla luce tutto quello che abbiam sempre sott'occhi, e che gli occhi indifferenti non percepiscono: tutto il tremendo, irritante sedimento delle piccole cose che impastoiano la nostra vita, tutta la profondità dei gelidi, frammentari, banali caratteri di cui ribolle, amaro a tratti e tedioso, il nostro viaggio terreno; e colla salda forza dell'implacabile cesello osa prospettarli ben in rilievo e in limpida luce agli occhi del mondo! […] giacché non riconosce, il giudizio contemporaneo, che sono allo stesso titolo mirabili le lenti che contemplano i soli, e quelli che rendono i movimenti degl'invisibili microrganismi; non riconosce, il giudizio contemporaneo, che grande profondità di spirito occorre a illuminare una scena tolta dalla vita vile, ed elevarla a perla della creazione; non riconosce, il giudizio contemporaneo, che l'alto, ispirato riso è degno di stare a paro coll'alto impeto lirico, e che un abisso lo divide dalle smorfie del pagliaccio da fiera! Non riconosce questo, il giudizio contemporaneo, e tutto inscrive a carico e a rampogna del misconosciuto scrittore: senza consensi, senza echi, senza simpatie, egli, come il viaggiatore senza famiglia, si ritrova solo lungo la strada. Aspro è il corso della sua vita, e amaramente egli sente la sua solitudine.”

VII; 1977, pp. 131-132
Le anime morte, Parte prima

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“Cosí diranno molti lettori, e rimprovereranno l'autore d'inverosimiglianza, o daranno dell'imbecille ai poveri funzionari, giacché l'uomo è generoso di questa parola imbecille, e pronto a somministrarla venti volte al giorno al suo prossimo. È sufficiente, di dieci lati, averne uno un po' sciocco, per esser spacciato imbecille a onta dei nove buoni. Ai lettori riesce facile trinciar giudizi guardando dal loro angolo tranquillo, da una sommità da cui è tutta aperta la visuale su tutto quanto avviene in basso, dove l'uomo scorge soltanto gli oggetti vicini. Anche negli annali universali dell'umanità vi sono addirittura molti secoli, che, si direbbe, andrebbero cancellati e annullati, come superflui. Molti errori si sono compiuti a questo mondo, tali che, si direbbe, ora non li farebbe neppure un bambino. Che strade tortuose, cieche, anguste, impraticabili, lontane dal giusto orientamento, ha scelto l'umanità nel suo conato di pervenire alla verità eterna, mentre pure aveva innanzi tutta aperta la retta via, simile a quella che conduce alle splendide stanze, destinate all'imperatore in una reggia! Piú larga di tutte l'altre vie, piú fastosa era questa, rischiarata dal sole e illuminata tutta notte dai fuochi: ma fuori di essa, nella fitta oscurità, ha proceduto il flusso degli uomini. E quante volte, già guidati da un pensiero che scendeva dai cieli, essi hanno ancora saputo deviare e smarrirsi, hanno saputo nel pieno fulgore del giorno cacciarsi un'altra volta nei fondi impraticabili, hanno saputo un'altra volta spandersi l'un l'altro negli occhi una cieca nebbia, e vagando dietro ai fuochi fatui, hanno pur saputo spingersi fin sull'orlo dell'abisso, per poi, inorridendo, domandarsi l'un l'altro: – Dov'è l'uscita? dov'è la via? – Ora tutto appare chiaro alla generazione che passa, e si meraviglia degli errori, ride della semplicità dei suoi antenati, e non vede che un fuoco celeste irradia tutti questi annali, che grida da essi ogni lettera, e che di là, penetrante, un dito s'appunta proprio su essa, su essa, la generazione che passa. Ma ride la generazione che passa, e sicura di sé, orgogliosa, dà inizio a una nuova serie di errori, sui quali a loro volta rideranno i posteri.”

Nikolaj Vasiljevič Gogol (1809–1852) scrittore e drammaturgo ucraino

I, 10; 1977, p. 210

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“[Giovanni Crisostomo] Trovasi in lui uno squisito giudizio, nobili imagini, una morale dolce e amabile.”

Fénelon (1651–1715) religioso, teologo e pedagogo francese

citato in Guglielmo Audisio, Lezioni di eloquenza sacra, Giacinto Marietti, Torino 1870.

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“Nella sua profonda opera Della vita, che era anche il libro preferito di mia madre, Tolstoj parla della ragione come fonte stessa della nostra vita. Questo testo fu scritto con un vigore e un fervore eccezionali. In quel periodo si videro rinascere di nuovo in mio padre allegria e buon umore. Il suo lavoro lo appassionava ed era il segno più evidente della sua riuscita. Infatti questo libro di Tolstoj, poco noto alla massa dei lettori, è una delle più notevoli tra le sue opere filosofiche e religiose.
«La vera vita inizia solo nel momento in cui si manifesta la ragione.» La ragione è l'unica forza che riveli in noi l'amore.
Ed è ancora una nuova forma di fede che Tolstoj scopre all'interno della sua anima e che ci espone in quest'opera. A mio giudizio, Della vita e Il regno di Dio è in voi sono le opere religiose capitali di mio padre.
In quest'ultima opera di una chiarezza sorprendente e perfettamente armoniosa, Tolstoj esprime al meglio la propria dottrina, rivolgendosi direttamente agli uomini dalle professioni più disparate e predicando le sue idee. Zar, generali, ministri, giudici, preti, uomini di scienza, ognuno trova in questo sermone una parola che lo tocca personalmente e che lo invita a cambiare vita.
Fu l'ultima grande opera prettamente religiosa di mio padre e tutte quelle che scrisse in seguito non sono altro che ripetizioni.”

Lev L'vovič Tolstoj (1869–1945) scrittore russo

Origine: La verità su mio padre, pp. 123-124

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“Il soverchio attaccamento ai nostri giudizi è il primo impedimento alla perfezione.”

Giuseppe Marello (1844–1895) vescovo cattolico italiano

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