Frasi su mente
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“Aver paura d'innamorarsi troppo, | non disarmarsi per non sciupare tutto, | non dire niente per non tradir la mente, | è un leggero dolore che però io non so più sopportare.”

Lucio Battisti (1943–1998) compositore, cantautore e produttore discografico italiano

da Aver paura d'innamorarsi troppo, lato A, n. 3
Una donna per amico

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“Anche se molte sono le Vie – la Via degli Dei, la Via della Poesia, la Via di Confucio – tutte condividono la chiarezza di quest'ultima mente.”

Takuan Sōhō (1573–1645) monaco buddhista giapponese

Origine: La mente senza catene, La Testimonianza Segreta della Saggezza Immutabile, p. 34

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“Il giorno del Big Bang non è lontano. Il denaro, nella sua estrema essenza, è futuro, rappresentazione del futuro, scommessa sul futuro, rilancio inesausto sul futuro, simulazione del futuro ad uso del presente. Se il futuro non è eterno ma ha una sua finitudine, noi, alla velocità cui stiamo andando proprio grazie al denaro, lo stiamo vertignosamente accorciando. Stiamo correndo a rotta di collo verso la nostra morte come specie. Se il futuro è infinito ed illimitato, lo abbiamo ipotecato fino a regioni temporali così sideralmente lontane da renderlo di fatto inesistente. L'impressione infatti è che, per quanto veloci si vada, anzi propri in ragione di ciò, questo futuro orgiastico arretri costantemente davanti a noi. O forse, in un moto circolare, niciano, einsteniano, proprio del denaro, ci sta arrivando alle spalle gravido dell'immenso debito di cui lo abbiamo caricato. Se infine, come noi pensiamo, il futuro è un tempo inesistente, un parto della nostra mente, come lo è il denaro, allora abbiamo puntato la nostra esistenza su qualcosa che non c'è, sul niente, sul Nulla. In qualunque caso questo futuro, reale o immaginario che sia, dilatato a dimensioni mostruose e oniriche dalla nostra fantasia e dalla nostra follia, un giorno ci ricadrà addosso come drammatico presente. Quel giorno il denaro non ci sarà più. Perché non avremo più futuro, nemmeno da immaginare. Ce lo saremo divorato.”

Massimo Fini (1943) giornalista, scrittore e drammaturgo italiano

Origine: Da Il denaro, sterco del demonio, Marsilio, 1998.

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“Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d'essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell'ampiezza uniforme; l'aria gli par gravosa e morta; s'inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a' suoi monti. Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell'avvenire, e n'è sbalzato lontano, da una forza perversa! Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que' monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l'immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s'imparò a distinguere dal rumore de' passi comuni il rumore d'un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l'animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov'era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l'amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande.”

cap. VIII
I promessi sposi

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“All'uscita di scuola i ragazzi vendevano i libri, | io restavo a guardarli cercando il coraggio per imitarli, | poi sconfitto tornavo a giocar con la mente i suoi tarli.”

Lucio Battisti (1943–1998) compositore, cantautore e produttore discografico italiano

da I giardini di marzo, lato A, n. 1
Umanamente uomo: il sogno

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“È affascinante notare come la paura riesca ad inibire la mente.”

Marc Levy (1961) scrittore francese

da Quel che non ci siamo detti

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“Quei buddhisti che si esercitano nella dottrina dell'assoluta buddhità, dovrebbero rendere la loro mente simile a un pezzo di roccia, essere oscuramente ignoranti, rimanere inconsapevoli (di tutte le cose), non aver discriminazione, mostrare disinteresse per tutte le cose, rassomigliare a un idiota. E perché? Perché il Dharma non ha consapevolezza né intelligenza; perché non dà intrepidità; esso è l'ultimo rifugio ove riposare. È come un uomo che ha commesso un delitto capitale ma che, graziato dal re, viene liberato dalla paura della morte. Così è per tutti gli esseri. Essi commettono i dieci atti malvagi e le cinque offese gravi che li porteranno sicuramente all'inferno. Ma il Dharma, come un re, ha il potere supremo di perdonare tutti i peccati, in modo da liberare i colpevoli dalla punizione. Vi è un uomo che è in amicizia col re. Egli viene a trovarsi in un luogo lontano dalla terra ove è nato, e uccide uomini e donne. Catturato, sta per essere punito dei suoi misfatti. Non sa cosa fare, non ha alcun aiuto, quando inaspettatamente vede il suo re e viene così liberato. Anche quando un uomo viola i precetti, commettendo omicidio, adulterio, furto, ed è terrorizzato all'idea di sprofondare nell'inferno, egli è risvegliato alla purezza del suo Dharma-re interiore e così compie la propria emancipazione.”

Bodhidharma (483–540) monaco buddhista indiano

Origine: Citato in Daisetz T. Suzuki, La dottrina Zen del Vuoto Mentale, Ubaldini Editore, 1968, pp. 95-96.

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“I migliori discorsi sono quelli che feriscono la mente, non l'orecchio.”

Fausto Cercignani (1941) filologo, critico letterario e poeta italiano

p. 34

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“In fuga, Bonnie and Clyde, | ma nessuno può entrare nella mente e nel cuore | quindi non ci prenderanno mai.”

Rayden (1985) rapper e beatmaker italiano

da Via con te, n. 8

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“… altro non resta che alzare lo sguardo al cielo | la mente assorta a riguardar le stelle.”

Pietro Nigro (1939) poeta italiano

da Forse i fiori mi sogneranno, vv. 18-19
Il deserto e il cactus

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“Freud ha elaborato le migliori teorie finora, oltre alla mia, su come si costruisce una mente.”

Marvin Minsky (1927–2016) informatico e scienziato statunitense

Origine: Citato in John Horgan, In memoria di Marvin Minsky, romantico della scienza http://www.lescienze.it/news/2016/01/30/news/ritratto_marvin_minsky-2948947/, lescienze.it, 30 gennaio 2016.

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“Quando le donne si baciano vengono sempre in mente i lottatori professionisti che si stringono la mano.”

Henry Louis Mencken (1880–1956) giornalista e saggista statunitense

Citato in Le Formiche, § 1391

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“Quando la mente smette di muoversi entra nel nirvana. Il nirvana è una mente vuota.”

Bodhidharma (483–540) monaco buddhista indiano

Origine: Bodhidharma, p. 80

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“E solo per un attimo avevo raggiunto quell'apice d'estasi che avevo sempre desiderato raggiungere, che era il completo passaggio attraverso il tempo cronologico nelle ombre senza tempo, e stupore nella desolazione del regno mortale, e la sensazione di morte che mi batteva ai calcagni perché andassi avanti, con un fantasma che stava alle calcagna di se stesso, e io che correvo verso un trampolino dal quale si tuffavano tutti gli angeli per volare nel vuoto sacro della vacuità non creata, le potenti e inconcepibili radiazioni che splendono nella luminosa Essenza Mentale, innumerevoli regioni del loto che sbocciavano in un magico sciamare di falene nel cielo. Potevo sentire un indescrivibile rombo ribollente che non era nelle mie orecchie ma dovunque e non aveva niente a che fare col suono. Capii che ero morto ed ero tornato alla luce innumerevoli volte ma solo non me lo ricordavo, soprattutto perché i passaggi dalla vita alla morte e di nuovo alla vita sono così fantomaticamente facili, una magica azione per nulla, come cadere addormentati e svegliarsi di nuovo un milione di volte, la pura casualità e la profonda ignoranza di ciò. Capii che era solo a causa della stabilità della Mente intrinseca che aveva luogo questo lieve ondeggiare del nascere e del morire, come l'azione del vento su una distesa di acqua pura, serena, simile a uno specchio. Provavo un senso di benedizione dolce, travolgente, come un grosso getto di eroina nella vena principale; come un sorso di vino nel tardo pomeriggio che ti fa rabbrividire; i piedi mi formicolavano. Mi pareva che sarei morto da un momento all'altro. Ma non morii…”

On the Road

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“Vi dirò come mi sono trasformata in un uomo.
Prima ho dovuto trasformarmi in una donna.
Ero stata neutra molto tempo, voglio dire che non ero affatto una donna ma uno-dei-ragazzi, perché se entri in una riunione di uomini, per motivi professionali o di altro genere, tanto vale mettersi un cartellone pubblicitario con la scritta: GUARDATE! HO LE TETTE! Ci sono sogghigni e risolini, rossori, contorsioni ipocrite, giochini con la cravatta, bottoni che vengono sistemati, allusioni, citazioni cortesi e una galanteria molto consapevole, sommata a un’insistenza compiaciuta sul mio fisico. Tutta questa robaccia solo per farmi piacere. Se diventi brava a essere uno-dei-ragazzi, il problema scompare. Naturalmente ciò comporta una certa spersonalizzazione, ma il cartellone pubblicitario svanisce; ribattei a tono e risi alle battute scherzose, specialmente quelle di natura ostile. Sotto sotto continui a ripetere in maniera gradevole ma risoluta: No, no, no, no, no, no. Ma è vitale per il mio lavoro e a me piace il mio lavoro. Ritengo abbiano deciso che le mie tette non erano autentiche, o che appartenessero a qualcun’altra (alla mia sorella gemella), così mi hanno diviso dal collo in su; come dicevo, questo richiede una certa spersonalizzazione. Ero certa che una volta ottenuto il dottorato di ricerca, la cattedra universitaria, la medaglia al torneo di tennis, il contratto da ingegnere, uno stipendio da diecimila dollari l’anno, una domestica a tempo pieno, la fama e il rispetto dei colleghi, una volta divenuta forte, alta e bella, una volta che il mio quoziente di intelligenza avesse superato la quota 200, e una volta divenuta un genio, soloavrei potuto togliermi il cartellone pubblicitario. Lasciai a casa sorrisi e risate allegre. Non sono una donna; sono un uomo. Sono una donna con la mente d’un uomo. Lo dicono tutti.”

The Female Man

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“Non v'è arte buona a leggere nel volto i disegni della mente.”

William Shakespeare (1564–1616) poeta inglese del XVI secolo

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“Sa lei perché la gente ora legge più libri di quanto non abbia mai fatto prima? Perché la terrificante catastrofe della guerra le ha fatto comprendere di aver la mente ammalata. Il mondo soffriva di ogni sorta di febbri celebrali, e dolori, e disordini, e non lo sapeva. Ora le nostre angosce mentali sono anche troppo manifeste. Leggiamo tutti avidamente, in fretta, cercando di scoprire, passato il disturbo, che cosa c'era che non andava nella nostra mente.”

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Variante: Sa lei perché la gente ora legge più libri di quanto non abbia mai fatto? Perché la terrificante catastrofe della guerra le ha fatto comprendere di aver la mente ammalata. Il mondo soffriva di ogni sorta di febbri celebrali, e dolori, e disordini, e non lo sapeva. Ora le nostre angosce mentali sono anche troppo manifeste. Leggiamo tutti avidamente, in fretta, cercando di scoprire, passato il disturbo, che cosa c'era che non andava nella nostra mente.

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