Frasi su simile
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“Dopo il 1494, sendo stati i principi della città cacciati da Firenze, e non vi essendo alcuno governo ordinato, ma più tosto una certa licenza ambiziosa, ed andando le cose publiche di male in peggio; molti popolari, veggendo la rovina della città, e non ne intendendo altra cagione, ne accusavano la ambizione di qualche potente che nutrisse i disordini, per potere fare uno stato a suo proposito, e tôrre loro la libertà; e stavano questi tali per le logge e per le piazze, dicendo male di molti cittadini, minacciandogli che, se mai si trovassino de' Signori, scoprirebbero questo loro inganno, e gli gastigarebbero. Occorreva spesso che di simili ne ascendeva al supremo magistrato; e come egli era salito in quel luogo, e che vedeva le cose più da presso, conosceva i disordini donde nascevano, ed i pericoli che soprastavano, e la difficultà del rimediarvi. E veduto come i tempi, e non gli uomini, causavano il disordine, diventava subito d'un altro animo, e d'un'altra fatta; perché la cognizione delle cose particulari gli toglieva via quello inganno che nel considerarle generalmente si aveva presupposto. Dimodoché, quelli che lo avevano prima, quando era privato, sentito parlare, e vedutolo poi nel supremo magistrato stare quieto, credevono che nascessi, non per più vera cognizione delle cose, ma perché fusse stato aggirato e corrotto dai grandi. Ed accadendo questo a molti uomini, e molte volte, ne nacque tra loro uno proverbio che diceva: Costoro hanno uno animo in piazza, ed uno in palazzo.”

libro I, cap. XLVII
Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio

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“Preso sensu proprio il dogma diventa rivoltante. Esso, infatti, prevedendo le eterne torture dell'inferno, fa scontare con pene senza fine qualche fallo o persino la mancanza di fede di una vita che spesso non giunge neppure a vent'anni; in più vi è il fatto che questa dannazione quasi universale è in realtà la conseguenza del peccato originale e quindi il risultato inevitabile della prima caduta dell'uomo. Ma questa caduta avrebbe dovuto, in ogni caso, essere prevista da colui che in primo luogo non ha creato gli uomini migliori di quello che sono, e poi ha loro apprestato un tranello, pur sapendo che vi sarebbero caduti, poiché tutto era opera sua e nulla gli rimane nascosto. Secondo questo dogma egli avrebbe chiamato dal nulla all'esistenza un genere umano debole e soggetto al peccato per poi condannarlo a torture senza fine. Inoltre c'è da aggiungere che il Dio che prescrive l'indulgenza e il perdono di ogni colpa fino a giungere all'amore per i nemici non manifesta simili sentimenti, bensì cade in sentimenti opposti; perché un castigo che subentra alla fine delle cose, quando tutto è passato e concluso, non può avere per scopo né il miglioramento né l'intimorimento: è, dunque, soltanto vendetta. Visto così, sembra persino che l'intero genere umano sia stato in realtà destinato e creato apposta per l'eterna tortura e dannazione – tranne quelle poche eccezioni che, non si sa perché, sono state salvate mediante la predestinazione, per grazia di Dio. A parte queste eccezioni, risulta come se il buon Dio avesse creato il mondo affinché il diavolo se lo pigliasse; onde egli avrebbe fatto assai meglio se vi avesse rinunciato.”

Arthur Schopenhauer (1788–1860) filosofo e aforista tedesco

L'arte di insultare

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“L'amore è la capacità di avvertire il simile nel dissimile.”

Theodor W. Adorno (1903–1969) filosofo, musicologo e aforista tedesco

n. 122
Minima moralia

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“I grandi uomini sono simili alle meteore che splendono e si consumano per rischiarar la terra.”

Napoleone Bonaparte (1769–1821) politico e militare francese, fondatore del Primo Impero francese

L'arte di comandare, Pensieri morali

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“Mio Dio | conosci tu forse | una simile gioia lassù?”

Giuseppe Masi (1915–2007) scrittore, filosofo e poeta italiano

da Le stagioni e i giorni, L'Edicola, Padova 1969

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“Era curioso trovarsi in una situazione in cui le sensazioni di un attore e del suo personaggio sono simili.”

Peter Jacobson (1965) attore statunitense

citato nei contenuti speciali dei DVD della quarta stagione di Dr. House, Universal Pictures

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“Cosí diranno molti lettori, e rimprovereranno l'autore d'inverosimiglianza, o daranno dell'imbecille ai poveri funzionari, giacché l'uomo è generoso di questa parola imbecille, e pronto a somministrarla venti volte al giorno al suo prossimo. È sufficiente, di dieci lati, averne uno un po' sciocco, per esser spacciato imbecille a onta dei nove buoni. Ai lettori riesce facile trinciar giudizi guardando dal loro angolo tranquillo, da una sommità da cui è tutta aperta la visuale su tutto quanto avviene in basso, dove l'uomo scorge soltanto gli oggetti vicini. Anche negli annali universali dell'umanità vi sono addirittura molti secoli, che, si direbbe, andrebbero cancellati e annullati, come superflui. Molti errori si sono compiuti a questo mondo, tali che, si direbbe, ora non li farebbe neppure un bambino. Che strade tortuose, cieche, anguste, impraticabili, lontane dal giusto orientamento, ha scelto l'umanità nel suo conato di pervenire alla verità eterna, mentre pure aveva innanzi tutta aperta la retta via, simile a quella che conduce alle splendide stanze, destinate all'imperatore in una reggia! Piú larga di tutte l'altre vie, piú fastosa era questa, rischiarata dal sole e illuminata tutta notte dai fuochi: ma fuori di essa, nella fitta oscurità, ha proceduto il flusso degli uomini. E quante volte, già guidati da un pensiero che scendeva dai cieli, essi hanno ancora saputo deviare e smarrirsi, hanno saputo nel pieno fulgore del giorno cacciarsi un'altra volta nei fondi impraticabili, hanno saputo un'altra volta spandersi l'un l'altro negli occhi una cieca nebbia, e vagando dietro ai fuochi fatui, hanno pur saputo spingersi fin sull'orlo dell'abisso, per poi, inorridendo, domandarsi l'un l'altro: – Dov'è l'uscita? dov'è la via? – Ora tutto appare chiaro alla generazione che passa, e si meraviglia degli errori, ride della semplicità dei suoi antenati, e non vede che un fuoco celeste irradia tutti questi annali, che grida da essi ogni lettera, e che di là, penetrante, un dito s'appunta proprio su essa, su essa, la generazione che passa. Ma ride la generazione che passa, e sicura di sé, orgogliosa, dà inizio a una nuova serie di errori, sui quali a loro volta rideranno i posteri.”

Nikolaj Vasiljevič Gogol (1809–1852) scrittore e drammaturgo ucraino

I, 10; 1977, p. 210

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“Una volta stavamo tornando da Mosca, e lungo la via ci dettero un passaggio dei carrettieri, che venivano da Serpuchòv ed erano diretti a un bosco, da un mercante, per caricare del legname. Era il giovedì santo. Io m'ero seduto sulla telega davanti, accanto al carrettiere, un mužìk forte, rosso, grossolano, che ad ogni evidenza era anche un gran bevitore. Passando per un villaggio, vedemmo che dall'ultima casa stavano trascinando fuori un maiale, ben ingrassato, nudo, roseo, per ucciderlo. Urlava con una voce disperata, simile a un grido umano. E proprio mentre stavamo passando noi, si misero a sgozzarlo. Uno degli uomini gli fece un lungo taglio sulla gola, con un coltello. Il maiale mandò un urlo ancora più forte e penetrante, si divincolò e corse via, inondandosi di sangue. Io sono miope e non vidi tutto nei dettagli, vidi soltanto il corpo del maiale, un corpo roseo come un corpo umano, e udii quello strillo disperato; ma il carrettiere vide tutti i dettagli, e continuava a guardare senza mai distogliere gli occhi. Acchiapparono il maiale, lo rovesciarono a terra e si misero a finirlo. Quando il suo strillo tacque, il carrettiere fece un sospiro profondo: «Possibile che un giorno non dovranno rispondere di questo?» borbottò.
A tal punto è forte negli uomini la ripugnanza per ogni uccisione, ma con l'esempio, con lo stimolo dell'umana avidità, con il ripetere che Dio ha permesso queste cose, e soprattutto con l'abitudine, si spinge la gente fino al punto di perdere del tutto questo loro naturale sentimento.”

Lev Nikolajevič Tolstoj (1828–1910) scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista, esegeta ed attivista sociale russo
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“Dobbiamo asserire […] che [San Francesco] fu un poeta. […] Ma egli ebbe un privilegio negato a molti poeti; poté infatti chiamarsi il solo poeta felice fra i tanti poeti infelici del mondo. Tutta la sua vita fu una poesia, ed egli non fu tanto un menestrello che cantava semplicemente le proprie canzoni, quanto un drammaturgo capace di recitare per intero il suo dramma. […] Parlare dell'arte di vivere suona oggi artificiale più che artistico. Ma San Francesco rese in ogni senso la vita arte, per quanto un'arte involontaria. […] [A età avanzata, poiché stava per diventare cieco, gli prospettarono un rimedio orribile, che] consisteva nel cauterizzare l'occhio senza alcun anestetico. In altre parole, si dovevano bruciare i bulbi degli occhi con un ferro rovente. […] Quando fu preso il ferro dalla fornace, egli si levò con atteggiamento educato, e parlò come se si rivolgesse ad un essere invisibile: "Fratello fuoco, Dio ti ha creato bellissimo e forte e utile; ti prego d'essere cortese con me." Se c'è qualcosa che possa dirsi arte di vivere, a me pare che un simile momento sia uno dei suoi capolavori. Non a molti poeti è stato concesso di ricordare la propria poesia in un simile momento, ancor meno di vivere uno dei propri poemi. Perfino William Blake sarebbe stato sconvolto se, leggendo i nobili versi: "Tigre! Tigre! che splendente bruci!" un'enorme tigre viva del Bengala fosse apparsa alla finesta del suo cottage in Felpham, con la evidente intenzione di asportargli la testa.”

Gilbert Keith Chesterton (1874–1936) scrittore, giornalista e aforista inglese

cap. VI, p. 68
Francesco d'Assisi

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“Bisogna, quaggiù, che i fiori muoiano ed il loro profumo svanisca perché diventino frutto e nutrimento. Lassù, respireremo un fiore eterno. Ed il suo profumo ci nutrirà. Solo ciò che muore si riproduce. La fecondità è un perpetuo compromesso tra l'essere ed il nulla. L'eternità è sterile: dove i fiori non appassiscono, i semi sono inutili. L'inflessione unica della tua voce, la luce fuggitiva del tuo sguardo, la freschezza delle tue mani sulla mia fronte, l'ora eletta in cui la preghiera aveva il sapore del pane terreno spezzato dopo la rude fatica d'un giorno d'estate: questo, questo solo, ritroverò in Dio. Ma senza limiti, ed al di là del filtro avaro del momento e del luogo. Qui, ho vissuto solo di queste briciole, ho camminato solo alla luce rapida di questi lampi. Ma queste briciole saranno lassù un pane inesauribile, questi lampi un'alba senza tramonto. L'abitudine sarà scomparsa: tutto sarà stupefacente sorpresa. L'uniformità, la separazione — il triste destino dei granelli di sabbia tutti eguali e tutti solitari — non getteranno più la loro ombra: niente sarà simile a niente, e tutto sarà immerso nell'unità. La resurrezione sarà più vergine di una nascita; la certezza e l'imprevisto fioriranno insieme. «Amate quel che non potrà mai essere visto due volte». Tutto ciò che merita di essere contemplato non si lascia guardare impunemente due volte. Bisogna desiderare vederlo eternamente. L'inferno è ripetizione; il cielo, rinnovamento.”

Gustave Thibon (1903–2001) filosofo e scrittore francese

Origine: L'uomo maschera di Dio, p. 80

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“Trovandomi in una cittadina presso Lione, dove la Provvidenza mi aveva chiamato a fare il parroco, una domenica, mentre mi vestivo per celebrare la messa, vennero a dirmi che, in una casa isolata ad un quarto dl lega di distanza, tutti erano ammalati senza che rimanesse una sola persona per assistere gli altri, e tutti erano in una miseria da non dirsi. Ne fui grandemente commosso, e non mancai dl raccomandarli, nella predica, con tutto I'affetto, al mio popolo; e Dio, toccando il cuore di quelli che mi ascoltavano, fece si che tutti fossero presi da compassione per quei poveri sventurati. Nel pomeriggio tenemmo un'adunanza in casa dl una buona signorina della parrocchia per vedere quali soccorsi fosse possibile portar loro, e ognuno si disse disposto ad andare a consolarli e ad aiutarli secondo i propri mezzi. Dopo il vespro, presi con me un galantuomo della parrocchia e insieme ci mettemmo in cammino verso quella casa. Per la via incontrammo diverse donne che ci precedevano, e un po' più avanti, altre che tornavano. Poiché era estate e faceva molto caldo, alcune di quelle signore si erano fermate lungo la via per riposarsi e rinfrescarsi. Per dirla in breve ve n'erano tante che l'avreste detta una processione. Appena arrivato visitai gli ammalati e andai a prendere il Santissimo Sacramento per quelli che mi erano sembrati in uno stato più grave, quando Ii ebbi confessati e comunicati si trattò dl vedere che cosa fare per soccorrerli nelle loro necessità. Proposi a tutte le buone persone che la carità aveva spinto a recarsi colà, di impegnarsi, un giorno per una, a far da mangiare ad essi, e non solo ad essi ma a quanti in avvenire si fossero trovati in una simile necessità. È cosi che è nata la prima "Carità". In seguito fui chiamato a venire qui. Dopo qualche tempo, andando in missione a Villepreux, che i un villaggio a cinque o sei leghe da Parigi, avemmo I'occasione dl stabilirvi la Carità: fu la seconda. Quindi fu data la possibilità di istituirla anche a Parigi, e San Salvatore fu la prima parrocchia ad averla. Dopo vennero le altre principali parrocchie.”

Vincenzo de' Paoli (1581–1660) sacerdote francese

Alle Figlie della Carità, 13 febbraio 1646
Conferenze

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“Dove si trova la conoscenza? I bambini di solito cominciano con il dare per scontato che l'insegnante possieda la conoscenza e la trasmetta alla classe. Se si creano le condizioni opportune, imparano presto che anche altri componenti della classe potrebbero possedere delle conoscenze, e che queste conoscenze possono essere condivise. (Naturalmente lo sanno fin dall'inizio, ma solo riguardo ad argomenti spiccioli.) In questa seconda fase, la conoscenza esiste nel gruppo – ma in modo inerte. È possibile allora vedere la discussione di gruppo come un modo di creare conoscenza invece che semplicemente come un modo per scoprire chi possiede quali conoscenze?
C'è un ulteriore passo da compiere, che ci porta a toccare uno degli aspetti più profondi della conoscenza umana. Se nessun membro del gruppo "sa" la risposta, dove si può andare a "scovarla"? È il balzo che porta a concepire la cultura come un magazzino, come un deposito di attrezzi o qualcosa di simile. Esistono cose note a tutti gli individui (più di quante essi stessi sappiano); più cose ancora sono conosciute dal gruppo possono essere scoperte tramite una discussione all'interno del gruppo; e molte più ancora sono immagazzinate in qualche altro posto – nella "cultura", per esempio nella testa delle persone più colte, nei manuali, nei libri, nelle mappe e così via. Per definizione, praticamente nessuno in una cultura sa tutto quello che c'è da sapere su di essa. E allora cosa dobbiamo fare quando non sappiamo come andare avanti? E quali sono i problemi che incontriamo nel reperire la conoscenza che ci serve?
Se sappiamo rispondere a questa domanda siamo sulla buona strada per capire cos'è una cultura. Non ci vorrà molto perché un bambino cominci a capire che la conoscenza è potere, o che è una forma di ricchezza, o che è una rete di sicurezza.”

Jerome Bruner (1915–2016) psicologo statunitense

da La cultura dell'educazione, Feltrinelli, Milano, 1997, pp. 64-65

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“[Su LeBron James] Lui è un fenomeno però per molti anni non ha vinto nulla di importante, anche se è andato spesso vicino alla vittoria. Posso dire di essere in una situazione simile.”

Andy Murray (1987) tennista britannico

Origine: Citato in Francesco Rio, Murray: “Io come Lebron James” http://www.ubitennis.com/sport/tennis/2012/07/05/739529-murray_come_lebron_james.shtml, Ubitennis.com, 5 luglio 2012.

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“Tutto ciò che nasce nella sua sede originaria è più genuino: trapiantato su un terreno che non gli è proprio, è costretto a degenerare perché la sua natura deve diventare simile a ciò da cui trae nutrimento.”

XXXVIII, 17; 1997
<Est> generosius, in sua quidquid sede gignitur; insitum alienae terrae in id, quo alitur, natura vertente se, degenerat.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

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“Tutti quelli che vengono dalle Provincie meridionali non parlano che di reazione, di Governo provvisorio a Melfi, e cose simili, e non capisco poi come si tema tanto di spaventare coll'armamento i potenti vicini; io non capisco, come, armandoci, mentre l'Europa intera si arma, noi ci metteremmo in istato di provocazione.”

Giuseppe Garibaldi (1807–1882) generale, patriota e condottiero italiano

Origine: Dalla Discussione sull'interpellanza del deputato Ricasoli Bettino intorno all'esercito meridionale; citato in Atti parlamentari dello Senato, Tip. E. Botta, 1861, p. 628.

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“Talvolta Dio dice "no" alle nostre preghiere… ma è tutta un'apparenza. Quando lo fa, il suo "no" si trasforma in un torrente di grazie per qualcun altro, spesso per molti altri. Non c'è nulla al mondo di simile a una preghiera inesaudita.”

Variante: "Talvolta Dio dice "no" alle nostre preghiere... ma è tutta un'apparenza. Quando lo fa, il suo "no" si trasforma in un torrente di grazie per qualcun altro, spesso per molti altri. Non c'è nulla al mondo di simile a una preghiera inesaudita." (p. 244)
Origine: L'ultimo crociato, p. 244

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“"Qualunque cosa vedano i miei occhi, o non vedano nulla, vita mia, te l'ho già detto, mi richiamano sempre la tua immagine."
"Sarei sciocca – rispondesti – se credessi a simili fole: gli amanti sono avvezzi a ingannare inventando molte bugie come questa.”

Giovanni Cotta (1480–1510) scrittore e umanista italiano

da A Licori, p. 41
"Sive aliquid, seu forte nihil mea lumina cernunt | dixi ea te semper, vita, referre mihi." | "Stulta ego sim – dixti – si credam talia: amantes | talia fallaces fingere multa solent."
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“Della montagna o di me non posso dire che cosa fosse stregato, ma un simile miracolo ottico, in quel periplo attraverso la montagna, l'ho visto presentarsi almeno una volta al giorno.”

Antonin Artaud (1896–1948) commediografo, attore teatrale e scrittore francese

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