Frasi su spazio
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“Non vi è peggior schiavitù di quella che s'ignora.”

Deborah Mayo filosofa statunitense

Origine: Contro una giustificazione scientifica della sperimentazione su animali, p. 321

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“Nel mio Milan non c'è spazio per chi non lotta”

Filippo Inzaghi (1973) allenatore di calcio e ex calciatore italiano

9 luglio 2014, presentazione ufficiale come nuovo allenatore del Milan
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“[Sulla Porta Nuova a Palermo] L'altra porta guarda occidente e mezzogiorno. I due schiavi dalle braccia mozze ai lati ascoltano i venti che vengono d'Africa. Tutto il giorno ruote, scalpicii, il richiamo dei venditori ambulanti e quello dei dispensatori d'acqua su le panchette colorate – l'acqua nell'ombra dell'arco è splendida – con il loro frastuono sembrano ostacolare transiti più leggeri. Allato è un'abitazione di poche stanze, finestre con sbarre orizzontali, ricavata dalla base stessa del bastione. Ma il sole se ne và più presto qui, dietro le montagne che s'imbrunano subito, nelle costole della salita l'erbe si risvegliano per le mani dell'erborista, e in compenso di questo suo celarsi in anticipo il sole che nimbi che aloni lascia sui profili e le cime, raggiere simili a stecche d'un ventaglio d'opaco scarlatto o venato di viola, e su una nuvoletta varca e si colora di mese e di stagione, fa immaginare le fiammate del tramonto su le sabbie d'occidente. Così la sera viene prima, e col suo arrivo i rimbombi sotto la volta vanno affievolendo, i passaggi meno frequenti. […] L'ombra cresce, ancora poco e lo spazio dell'arco si colmerà d'azzurro già notturno, la calma peschiera dove estinguere ogni ansia. Le stelle seguono la loro strada, attente, come di grado in grado, forse sanno che le segue uno sguardo dal foro del tetto più alto o da una mobile piattaforma di acciaio. Una mano poi segnerà i loro umori negli annali delle piogge e dei venti.”

Lucio Piccolo (1901–1969) poeta italiano

da Le esequie della luna

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“Quando finisce la stagione delle speranze si apre lo spazio per le memorie.”

Enzo Biagi (1920–2007) giornalista, scrittore e conduttore televisivo italiano

Origine: L'albero dai fiori bianchi, p. 13

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“[Su Antonio Conte] Un allenatore bravissimo. L'ho capito vedendo la sua squadra, si vede la mano del tecnico, la sua firma. È una squadra omogenea, unita: si vede anche dal linguaggio corporale dei giocatori, lasciano poco spazio, atteggiamento difensivo di grande qualità, ma anche fantasia nel creare gioco offensivo. E poi mi piace il suo temperamento in campo: si agita molto più di me. È più italiano di me…”

Jupp Heynckes (1945) allenatore di calcio e ex calciatore tedesco

Origine: Citato in Guido Vaciago, Heynckes: «Ho studiato la Juve giorno e notte...» http://www.tuttosport.com/calcio/champions_league/2013/04/01-256940/Heynckes%3A+%C2%ABHo+studiato+la+Juve+giorno+e+notte...%C2%BB, Tuttosport.com, 1º aprile 2013.

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“Ipocrita e arrogante, Enzo Biagi dà di cretino a chi studia il suo posto in palinsesto… Biagi è un mostro sacro degli affari suoi e un ipocrita. Dice che vuole continuare a fare il testimone del suo tempo, raccontando storie, e non il protagonista di un caso personale. Intanto però soffia sul fuoco, restringe ogni spazio di mediazione, punta al carisma del martire, e dà fiato alla tromba, anzi al trombone: mi cacciano, mi spostano dal 'miò orario, sono liberticidi. E arrogante: dice infatti Biagi che è un comportamento da 'cretinì spostare di una virgola o di un'ora il suo programmino su Rai1, e tratta con disprezzo e insopportabile sussiego il mite Fabrizio Del Noce. Questo mostro sacro degli affari suoi dovrebbe imparare a essere più parco di aggettivi, di contumelie, di isterismi politici. Quando gli hanno negato la cattedra epistolare di Indro Montanelli al 'Corriere della Sera', preferendogli Paolo Mieli che rompe meno le palle di uno il cui orizzonte sono le solite mille camere in cui guardava la Storia in cammino, lasciandosi a sua volta guardare da Lei, Biagi non ha dato di cretino a Ferruccio de Bortoli, direttore del giornale di via Solferino, e tanto meno a Cesare Romiti, il suo editore, quello che gli passa la mesata come succede a noi tutti e che mette i capitali per produrre e diffondere la tribuna dei suoi ricordi. Ha solo contrattato un altro posto in palinsesto, chiedendo che le sue coloriture strettamente personali, e strettamente provinciali, finissero la domenica in prima pagina. Con giubilo suo superiore a quello dei lettori, forse. Anche l'orario della sua rubrichina è tutt'altro che suo. È nostro, perché paghiamo. E di chi amministra la Rai per volontà del Parlamento (fatto surreale, perché la Rai andrebbe privatizzata e lì vedremmo se davvero un Murdoch lascerebbe per 41 anni al suo posto l'omino in bianco che lava più bianco). Oltre tutto quello spazio in palinsesto è di Berlusconi, come al solito e come tutto ormai in Italia, perché è sulla sua rete ammiraglia, Canale 5, che andò in onda prima del Fatto il programma d'informazione Radio Londra, in quello stesso identico orario, ma preceduto non dal primo telegiornale italiano bensì dal quiz Tra moglie e marito. Anche il segnale orario del rubrichista-martire, le cui opinioni sono come scrive Francesco Merlo 'indifferenti', è dunque copiato. Altro che suo. Biagi lo difendiamo e lo difenderemo se qualcuno lo vuole cacciare perché gli sta antipatico il governo, ma se si caccia da solo per cupidigia di eroismo, dopo 41 anni in cui di cupidigie se ne è levate tante, con tutti i regimi, allora sono affaracci suoi… È Biagi che si caccia da solo per biechi interessi di bottega”

Giuliano Ferrara (1952) giornalista, conduttore televisivo e politico italiano

da Il Foglio, 23 maggio 2002

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“Il futuro non è uno spazio da aspettare, il futuro è un luogo da conquistare.”

Matteo Renzi (1975) politico italiano

Origine: Citato in Andrea Scanzi, Renzi: slogan tanti, fatti pochi, coerenza zero http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03/27/renzi-slogan-tanti-fatti-pochi-coerenza-zero/928449/, ilFattoQuotidiano.it, 27 marzo 2014. Video https://www.youtube.com/watch?v=Z3loUvJbgo0 disponibile su YouTube.com.

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“Lo spazio è la prigionia del corpo, il tempo è quella dello spirito.”

Carlo Maria Franzero (1892–1986) scrittore e giornalista italiano

Origine: Il fanciullo meraviglioso, p. 338

“Abbiamo edifici più alti ma temperamenti più corti, strade più larghe ma punti di vista più ristretti; spendiamo di più ma abbiamo di meno; compriamo di più, ma gustiamo di meno; abbiamo case più grandi e famiglie piccole; più comodità, ma meno tempo; abbiamo più lauree ma meno buon senso; più conoscenza ma meno criterio; più specialisti, ma ancora più problemi; abbiamo più gadgets ma meno soddisfazione; più medicine, ma meno benessere; assumiamo più vitamine ma vediamo meno risultati. Beviamo troppo; fumiamo troppo; spendiamo troppo incautamente; ridiamo troppo poco; guidiamo in maniera spericolata; ci arrabbiamo troppo; rimaniamo alzati fino a tardi; ci svegliamo troppo stanchi; leggiamo troppo poco, guardiamo troppo la TV e preghiamo raramente.
Abbiamo moltiplicato le nostre proprietà, ma ridotto i nostri valori; voliamo con aerei più veloci per arrivare presto, per fare meno e tornare prima; firmiano più contratti solo per realizzare meno profitti; parliamo troppo; amiamo troppo poco e mentiamo troppo spesso; abbiamo imparato a condurre un'esistenza, ma non una vita; abbiamo aggiunto anni alla vita, non vita agli anni. Abbiamo raggiunto la Luna e ne siamo tornati, ma abbiamo problemi ad attraversare la strada per incontrare un nuovo vicino; abbiamo conquistato lo spazio esterno, ma non quello interiore; abbiamo fatto cose più grandi, ma non migliori; abbiamo pulito l'aria, ma inquinato l'anima; abbiamo separato l'atomo, ma non il nostro pregiudizio; scriviamo di più, ma impariamo di meno; pianifichiamo di più, ma realizziamo di meno; facciamo aerei più veloci, ma linee più lunghe; abbiamo imparato ad affrettarci, ma non ad aspettare; abbiamo più armi ma meno pace; redditi maggiori ma meno moralità; più feste, ma meno divertimento; più cibo ma meno appagamento; più conoscenze, ma meno amicizie; più fatica me meno successo. Costruiamo più computer per contenere più informazioni e produrre più copie che mai, ma comunichiamo sempre meno; guidiamo macchine più piccole che hanno grandi problemi; costruiamo grandi fabbriche che producono di meno. Ci siamo allargati nella quantità, ma accorciati nella qualità. Questi sono i tempi dei fast food e della digestione lenta; uomini alti ma con carattere debole; profitti esorbitanti e relazioni poco profonde. Questi sono i tempi di pace nel mondo, ma di guerriglia domestica; più piacere e meno divertimento; francobolli più costosi, ma spedizioni più lente; più varianti di cibo, me meno nutrizione. Questi sono i giorni dei due stipendi in famiglia, ma più divorzi; questi viaggi brevi, pannolini usa e getta, soggiorni di cartone, moralità usa e getta, esperienze di una notte, fisici sovrappeso, pillole che fanno tutto dal rallegrarti, a prevenire, rilassare o uccidere. E' una epoca in cui c'e' molto in vetrina e poco in magazzino.”

Words Aptly Spoken (1995)

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“Le periferie, che sono molto più integrate da un punto di vista di comunicazione rispetto a quelle del secolo scorso, sono invece distaccate e non rappresentate da un punto di vista sociale e politico. Qui spesso le reti sociali sono scadenti o assenti. Il controllo sugli spazi urbani periferici risulta complesso e difficile, tanto che vaste aree — specie nelle megalopoli — finiscono sotto il dominio di mafie e di cartelli internazionali o nazionali del crimine. La città del XXI secolo è sempre meno una comunità di destino. Anzi, mentre una parte di essa viene assorbita nei flussi globali e procede sulla via dell’internazionalizzazione, un’altra resta ai margini e fuori dai circuiti di integrazione, se non sprofonda in una condizione di isolamento. Sono i quartieri abbandonati dove spesso le persone vivono per l’intera esistenza e dove forse i figli faranno la stessa vita dei genitori. L’universo delle megalopoli si è strutturato in modo che molto spazio abitato diventi luogo di esclusione. La megalopoli produce costantemente periferie urbane e periferizzazioni umane. Di fronte a questa realtà, specie nel Sud del mondo, lo Stato e le istituzioni sovente rinunciano ad un controllo reale di questi spazi. Diventa un mondo perduto, in cui i drammi umani e sociali si annodano con reti criminose e ribellismi endemici, nel quadro di una cultura della sopravvivenza. Il cristianesimo — su impulso di papa Bergoglio — ha la possibilità di comprendere in modo nuovo la condizione umana e urbana del XXI secolo.”

Andrea Riccardi (1950) storico, accademico e pacifista italiano

da Periferie. Crisi e novità per la Chiesa, Jaka Book, 2016
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“Si tratta di un autentico cult movie, tra i pochi che può vantare il cinema italiano del dopoguerra. Un'intuizione geniale è all'origine del film, che può essere definito un road movie; il confronto di due generazioni nel territorio neutro di una giornata di vacanza. La complementarietà dei caratteri dei due protagonisti è un supporto dalle solide basi. La sceneggiatura di Scola, Risi e Maccari è in perfetto equilibrio tra la commedia all'italiana e il dramma sociale, questo appena accennato con alcune allarmanti sequenze disseminate nel film e concluso nell'impietoso finale. Il cialtronesco Gassman, finalmente libero, come lui stesso ammette, dai vincoli delle caratterizzazioni, dai ghigni classicheggianti, esprime in alcune sequenze la sua dirompente fisicità. Distrugge con l'intuizione del superficiale i luoghi comuni che lo studente Trintignant si era costruito in un'intera vita, sui suoi parenti. Libera lo charme opaco di una zia del suo amico. In ogni spostamento, dalla Roma deserta del mattino di Ferragosto lungo le strade della Versilia fino alla Costa Azzurra, si gioca la sua dignità e persino la sua figura di padre. la partita a ping-pong con Gora è al riguardo esemplare. L'attonito Trintignant in questa scuola dei diritti è infatti l'unico a soccombere, emblematicamente. Non pochi hanno lamentato il cambio di atmosfera dell'epilogo: un brusco risveglio dalla partitura scoppiettante di una pellicola che sembrava dover dispensare un eclettico piacere a fior di pelle. Come in La grande guerra e Una vita difficile il cinema italiano aveva trovato, se non un vero e proprio stile, un equilibrio basato su una precisa rappresentazione della società italiana, senza dover ricorrere ai macchiettoni che il depravato cinema d'oggi mostra con lugubre allegria. Il rimpianto di quel cinema è presente in ogni spettatore che abbia solo visto quei film pur non facendo parte di quella generazione. Ed ecco allora la Lancia Aurelia Sport diventare un oggetto mitico. Così come alcune battute di questi film vengono tramandate con puntuale approssimazione, ma con sincera partecipazione. Il sorpasso, al suo apparire quasi snobbato dalla critica, si è ritagliato col tempo uno spazio che appartiene di diritto alle grandi memorie del cinema.”

Il Farinotti (1951) critico cinematografico italiano

Il sorpasso, p. 1892

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“Il massimo sforzo dell'arte occidentale potrebbe essere così interpretato; che esso tenta di creare questo testamento: ciò appare chiaro attraverso le sue grandi opere. Ma si potrebbe anche dire, che ognuno di noi è autore del terzo testamento; il manoscritto è la vita, e da esso si crea la più alta realtà del testo nell'invisibile, nella spazio al di là della morte.”

Ernst Jünger (1895–1998) filosofo e scrittore tedesco

da Nota di diario del 9 settembre 1943, Parigi, p. 328
Irradiazioni. Diario 1941-1945
Origine: Un terzo testamento, successivo all'Antico e al Nuovo, dopo la Resurrezione, che emani dell'apoteosi. Irradiazioni, p. 328.

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“Dipingere uno spazio bianco dove nulla è disegnato: questo è il più difficile compito della pittura.”

Ike no Taiga (1723–1776)

Origine: Citato in Ferruccio Masini, Pensare il Buddha, Castelvecchi, Roma, 2013, p. 9.

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“Le donne non hanno un passato, una storia, una religione, non hanno come i proletari una solidarietà di lavoro e di interessi, tra loro non c'è neanche quella promiscuità nello spazio che fa dei negri d'America, degli ebrei dei ghetti, degli operai di Saint-Denis o delle officine Renault una comunità. Le donne vivono disperse in mezzo agli uomini, legate ad alcuni uomini – padre o marito – più strettamente che alle altre donne; e ciò per i vincoli creati dalla casa, dal lavoro, dagli interessi economici, dalla condizione sociale. Le borghesi sono solidali coi borghesi e non colle donne proletarie; le bianche con gli uomini bianchi e non colle donne negre. Il proletariato può prefiggersi il massacro della classe dirigente; un ebreo, un negro fanatici potrebbero sognare di trafugare il segreto della bomba atomica e di fare un'umanità tutta ebrea o tutta negra: neanche in sogno la donna può sterminare i maschi. Il legame che la unisce ai suoi oppressori non si può paragonare ad alcun altro. La divisione dei sessi è un dato biologico, non un momento della storia umana. La loro opposizione si è delineata entro un mitsein [stare insieme] originale e non è stata infranta. La coppia è un'unità fondamentale le cui metà sono connesse indissolubilmente l'una all'altra. Nessuna frattura della società in sessi è possibile. Ecco ciò che essenzialmente definisce la donna: essa è l'Altro nel seno di una totalità, i cui due termini sono indispensabili l'uno all'altro.”

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Il secondo sesso

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“Credi forse che questa Terra sia la unica dimora dell'Uomo? I vostri corpi, anche se circoscritti nel Tempo e nello Spazio, sono tratti da tutto ciò che si trova nel Tempo e nello Spazio. Quanto di voi proviene dal Sole, vive nel Sole. Quanto di voi procede dalla Terra, vive nella Terra. E così con tutte le altre sfere ed infiniti spazi intermedi. Solo gli sciocchi amano credere che la Terra sia l'unica dimora dell'Uomo, e che le miriadi di corpi fluttuanti nello Spazio non siano altro che ornamenti per la sua residenza e distrazioni per i suoi occhi. La Stella del Mattino, la Via Lattea, le Pleiadi, non sono le dimore dell'Uomo meno di quanto lo sia questa Terra. Ogni volta che esse inviano un raggio al suo occhio, innalzano lui a se stesse. Tutte le volte che egli passa sotto di esse, le attira verso di sé. Tutte le cose sono incorporate nell'uomo ed egli, a sua volta, è incorporato in esse. L'universo è solo un singolo corpo. Entrate in comunione con la sua più minuta particella, e sarete in comunione con tutto. E come voi, da vivi, morite continuamente, così, da morti, vivete incessantemente; se non in questo corpo, in un altro di diversa forma. Ma voi continuerete a vivere in un corpo finché non vi dissolverete in Dio; il che è come dire, fino a quando non prevarrete su ogni mutamento. […] Il Tempo ha, come legge, la ripetizione. Una volta accaduta nel Tempo, una cosa è destinata a continue ripetizioni; gl'intervalli, nel caso dell'uomo, possono essere lunghi o brevi a seconda dell'intensità dei desideri di questi e della sua volontà per la ripetizione. Se voi, passando dal ciclo noto come vita a quello conosciuto come morte, vi porterete dietro brame inestinte per la Terra ed appetiti insoddisfatti per le sue passioni, allora la calamita della Terra vi attirerà nuovamente al proprio seno. E la Terra vi allatterà, ed il Tempo vi svezzerà, vita dopo vita e morte dopo morte, finché, consenzienti e d'accordo, non vi svezzerete da soli una volta per tutte.”

Mikha'il Nu'ayma (1889–1988) scrittore e poeta libanese

Origine: Il libro di Mirdad, pp. 133-134

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“L'unico requisito a mio avviso intrinseco alla stesura di un romanzo è, come ho già detto, la sincerità. Questa libertà è un privilegio splendido, e la prima lezione per il giovane romanziere è imparare a esserne degno. 'Apprezzala come merita', gli direi; 'prendine possesso, esplorala fino al limite ultimo, divulgala, gioiscine. La vita intera ti appartiene, e non prestare ascolto a chi vorrebbe stringerti nei suoi angoli dicendoti che soltanto qua o là dimora l'arte, o a chi vorrebbe persuaderti che questo messaggero divino si libra al di fuori della vita, respirando un'aria rarefatta e torcendo il capo dalla verità delle cose. Non v'è impressione di vita, né modo di vederla e sentirla, cui il disegno del romanziere non sappia offrire uno spazio; considera soltanto che talenti dissimili come Alexandre Dumas e Jane Austen, Charles Dickens e Gustave Flaubert, hanno operato entro questo territorio con pari dignità. Non dare troppo peso all'ottimismo e al pessimismo; sforzati di cogliere il colore della vita stessa. […] Ricorda che il tuo primo dovere è di essere il più completo possibile – e di rendere l'opera perfetta. Sii prodigo, sii riguardoso, e ambisci al premio.”

Henry James (1843–1916) scrittore e critico letterario statunitense

Origine: Da L'arte della narrativa; citato in Lilla Maione, introduzione a Robert Louis Stevenson, L'isola del tesoro, traduzione di Lilla Maione, Universale Economica Feltrinelli, X ed., Milano, 2014, p. 31.

“Chi pensa non ha spazio per pensare che sta pensando.”

Isabella Santacroce (1970) scrittrice italiana

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