Frasi su stretta
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“L'abbraccio con Mourinho? Ci siamo salutati con una stretta di mano, come si fa con ogni collega. Non è avvenuto niente di particolare. José è un grande allenatore e un grande personaggio. La sua Inter? La squadra era già forte e si è ancora rinforzata, anche quest'anno sarà la compagine da battere.”

Roberto Mancini (1964) allenatore di calcio ed ex calciatore italiano

Origine: Citato in Mourinho punge la Serie A "Un prodotto che non piace" http://www.gazzetta.it/Calcio/SerieA/Squadre/Inter/Primo_Piano/2008/11/17/mourinho.shtml, Gazzetta.it, 17 novembre 2008.

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“Appena toccai la corteccia della mano – la stretta fu forte come sempre – sentii che non stava morendo, ma solo diventando bosco.”

Paolo Rumiz (1947) giornalista e scrittore italiano

Origine: Da Mario Rigoni Stern. Quella fede incorrotta nella natura http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/06/18/mario-rigoni-stern-quella-fede-incorrotta-nella.html, la Repubblica, 18 giugno 2008.

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“Si sentiva stremata, l'appiglio sfuggente al presente, l'appiglio al mondo e alla vita, le sarebbe presto scivolato dalle mani. Era questa la morte? Stava forse per morire? Non avrebbe più rivisto il cielo, la terra, il sorgo, suo figlio, e il suo amante che combatteva alla testa dei soldati? Gli spari risuonavano in lontananza oltre la fitta cortina di nebbia. Douguan! Douguan! Figlio mio, aiutami, tienimi stretta, tua madre non vuole morire. Oh, cielo! Cielo… mi hai donato un amante, un figlio, la ricchezza, e questi trenta anni di vita densa come il sorgo rosso. Cielo, me le hai donate queste cose, non puoi riprendertele, perdonami, ma lasciami andare! Cielo, pensi che io sia in colpa? Credi che se avessi diviso il cuscino con un lebbroso, e generato un mostro rognoso e purulento insozzando questo bel mondo sarei stata nel giusto? Cielo, cos'è la castità? Cos'è la giusta via? Cos'è la bontà? Cos'è il male? Non me l'hai mai detto, ho sempre dovuto sbrigarmela da sola. Amo la felicità, amo la forza, amo la bellezza, il mio corpo mi appartiene, sono padrona di me stessa, non ho paura di sbagliare, non ho paura della punizione, non ho paura di entrare nei diciotto gironi del tuo inferno. Ho fatto tutto ciò che dovevo fare e ciò che andava fatto, e non temo nulla. Ma non voglio morire, voglio vivere, voglio vedere ancora un po' di mondo. Cielo…”

Mo Yan (1955) scrittore e sceneggiatore cinese

da Sorgo rosso, pp. 94-95

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“Le isole sono diverse. E se l'isola è piccola è ancora più vero. Guardate l'Inghilterra, è quasi inconcepibile che questa stretta distesa di terra sorregga tanta diversità: il cricket, il tè alla panna, Shakespeare, Sheffield, il fish and chips nel giornale imbevuto d'aceto, Soho, Oxford e Cambridge, il lungomare di Southend, le sedie a sdraio con le righe a Green Park, i Beatles e i Rolling Stone, Oxford Street, i pigri pomeriggi domenicali. Tutte contraddizioni, che marciano tutte insieme come dimostranti ubriachi che non si sono ancora resi conto che la principale causa di protesta sono proprio loro. Le isole sono pionieri, gruppi divisi, malcontento, pesci fuor d'acqua, isolazionisti naturali. Come ho detto, diverse.
Quest'isola, per esempio. Da un capo all'altro soltanto una corsa in bicicletta. Un uomo che camminasse sull'acqua riuscirebbe a raggiungere la costa in un pomeriggio. L'isola di Le Devin, uno dei molti isolotti intrappolati come granchi nelle secche lungo il litorale della Vandea, oscurata da Noirmoutier dal lato prospiciente la costa, dall'Ile d'Yen a sud; in una giornata nebbiosa si potrebbe non notarla affatto. Le carte la citano a malapena. In effetti non merita quasi lo status di isola, essendo poco più che un grappolo di banchi di sabbia con qualche pretesa, una dorsale rocciosa che la solleva dall'Atlantico, un paio di villaggi, un piccolo stabilimento dove mettono il pesce in scatola, un'unica spiaggia. Al capo estremo, casa mia, Les Salants, una fila di casette, appena sufficienti per chiamarlo paese, distribuite fra rocce e dune verso un mare che guadagna terreno a ogni brutta marea. Casa, il posto da cui non si può fuggire, il posto verso cui ruota la bussola del cuore.”

Joanne Harris (1964) scrittrice britannica

Coastliners

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“Con la fantasia, Bridget tornò mille volte a quel primo bacio appassionato, rendendolo sempre più perfetto.
Ma non andò oltre.
Per molte ore, dopo avere lasciato Eric, rimase sveglia nel sacco a pelo.
Tremava.
Aveva gli occhi pieni di lacrime.
Ecco che cominciavano a scendere.
Lacrime di tristezza, di disagio, d’amore.
Erano il genere di lacrime che le venivano quando si sentiva troppo colma: aveva bisogno di fare un po’ di spazio.
Guardò il cielo.
Era più grande, quella notte.
Quella notte i suoi pensieri si avventuravano negli spazi infiniti e, come diceva Diana, non trovavano alcun ostacolo su cui rimbalzare per tornare indietro.
Andavano avanti e avanti, finché nulla sembrava più reale.
Neppure il pensiero. Bridget si era stretta a Eric, piena di desiderio, insicura, spavalda e impaurita.
C’era una tempesta nel suo corpo, e quando era diventata troppo violenta, lei era andata via. Si era lasciata levitare fino alle fronde delle palme.
Lo aveva già fatto altre volte.
Avrebbe lasciato affondare la nave senza il capitano.
Quello che era successo con Eric era insondabile, indescrivibile.
Ora tutto questo era lì con lei, incerto, desideroso di qualcuno che se ne prendesse cura: ma Bridget non sapeva come.
Richiamò indietro i propri pensieri, raccogliendoli ad anello come il filo di un aquilone.
Si arrotolò il sacco a pelo sotto il braccio e tornò furtiva alla baracca. Si distese sul letto.
Quella notte non avrebbe concesso ai suoi pensieri di avventurarsi oltre le travi sbiadite del soffitto”

Ann Brashares (1967) scrittrice statunitense

The Sisterhood of the Traveling Pants

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“L’autobus correva lungo una striscia di cemento molto stretta a pelo dell’acqua senza parapetto, niente; tutto lì. L’autista si appoggiava allo schienale e passava rombando su quella stretta striscia di cemento circondata dall’acqua e tutti i passeggeri dell’autobus, venticinque o quaranta o cinquantadue persone si fidavano di lui, ma io no. Ogni tanto c’era un nuovo autista e io pensavo, come li scelgono, questi figli di puttana? L’acqua è profonda su tutt’e due i lati e basta un piccolo errore per andare tutti al creatore. Era ridicolo. Mettiamo che quella mattina avesse litigato con la moglie. O che avesse il cancro. O che vedesse la Madonna. O che avesse i denti cariati. Qualunque cosa. Bastava un niente. Avrebbe potuto impazzire. Buttarci tutti di sotto. Sapevo che se ci fossi stato io, al suo posto, avrei preso in considerazione la possibilità di trascinare tutti in acqua. Mi sarebbe piaciuto. e qualche volta, dopo considerazioni del genere, la possibilità diventa realtà. Per ogni Giovanna d’Arco c’è un Hitler appollaiato dall’altra estremità dell’altalena. La vecchia storia del bene e del male. Ma nessuno di quegli autisti ci buttò mai di sotto. Pensavano soltanto alle rate della macchina, alla partita di baseball, al taglio dei capelli, alle ferie, ai clisteri, alle domeniche in famiglia. In quel branco di merdosi non c’era nemmeno un vero uomo. Arrivavo sempre al lavoro con la nausea ma sano e salvo. Il che dimostra che Schumann era più relativo di Shostakovich…”

Factotum

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“(…) Ma perché non siete mai a scuola? vi vedo ogni giorno, in giro, sempre vagabonda…"
"Oh, non soffrono troppo della mia mancanza, credetemi" rispose lei. "Sono un temperamento asociale, dicono. Non mi mescolo con gli altri. Ed è strano, perché io sono piena di senso sociale, invece. Tutto dipende da che cosa si intenda per senso sociale, non vi sembra? Per me significa parlare con voi di cose come queste. (…) O anche parlare di quanto è strano questo mondo. Stare con la gente è una cosa bellissima. Ma non mi sembra sociale riunire un mucchio di gente, per poi non lasciarla parlare, non sembra anche a voi? Un'ora di lezione davanti alla TV, un'ora di pallacanestro, o di baseball o di footing, un'altra ora di storia riassunta o di riproduzione di quadri celebri e poi ancora sport, ma, capite, nopn si fanno domande, o almeno quasi nessuno le fa; loro hanno già le risposte pronte, su misura, e ve le sparano contro in rapida successione, bang, bang, bang, e intanto noi stiamo seduti là per più di quattr'ore di lezioni con proiezioni. Tutto ciò per me non è sociale. E' tutt'acqua rovesciata a torrenti, risciacquatura è, mentre loro ci dicono che è vino quando non lo è. Ci riducono in condizioni così pietose, quando viene la sera, che non possiamo fare altro che andarcene a letto o rifugiarci in qualche Parco Divertimenti a canzonare o provocare la gente, a spaccare vetri nel Padiglione degli spaccavetri o a scassare automobili, nel Recinto degli scassamacchine, con la grossa sfera d'acciaio. O non ci resta che salire in macchina e correre pazzamente per le strade, cercando di vedere quanto da vicino si possano sfiorare i lampioni e quanto strette si possano fare le curve, magari sulle due ruote laterali. Può darsi benissimo che io sia proprio quello che dicono, d'accordo. Non ho amici, io. E questo dovrebbe provare che sono anormale. Ma tutte le persone che conosco urlano e ballano intorno come impazzite o addirittura si battono a vicenda, selvaggiamente. Avete notato come la gente si faccia male, di questi tempi? (…) Ho paura dei ragazzi della mia età. Si uccidono a vicenda. (…) Sei amici miei sono morti d'arma da fuoco da un solo anno a questa parte. Dieci ne sono morti in incidenti automobilistici. Mi fanno paura e loro non mi hanno in simpatia perché ho paura
(…)
Soprattutto mi piace studiare la gente. A volte passo l'itera giornata nella Ferrovia Sotterranea, a sentir le persone parlare, a guardarle. Mi piace indovinare chi sia quel tale, che cosa voglia quell'altro, dove vadano. Spesso scivolo come un serpente su una vettura della Sotterranea a sentire cosa dicono le persone. O nelle mescite di bibite e dolci, e sapete cosa ho scoperto? (…) Che la gente non dice nulla. (…) Parla di una gran quantità di automobili, parla di vestiti e di piscine e dice che sono una meraviglia! Ma non fanno tutti che dire le stesse cose e nessuno dice mai qualcosa di diverso dagli altri. E quasi sempre nei caffè hanno le macchinette d'azzardo in funzione, si raccontano le stesse barzellette, oppure c'è la parete musicale accesa con i disegni a colori che vanno e vengono.”

Ray Bradbury (1920–2012) scrittore statunitense
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“In biblioteca, attraverso la porta aperta, vide Blay e Saxton che parlavano. Poi suo cugino fece un passo avanti e prese Blay tra le braccia. Rimasero cosi, stretti l'uno contro l'altro; Qhuinn fece un respiro profondo e si sentì morire un pochino anche lui. Ecco come siamo finiti, pensò. Vite separate, futuri separati. Difficile credere che all'inizio erano inseparabili… All'improvviso gli occhi azzurri di Blay incrociarono i suoi.
E ciò che Qhuinn vi colse lo fece vacillare: quel volto splendeva d'amore, un amore puro e inalterato dalla timidezza che era parte integrante del suo riserbo. Blay non distolse lo sguardo. E per la prima volta… non lo fece neanche Qhuinn. Non sapeva se quell'emozione era legata a suo cugino - probabilmente sì - ma decise di godersela: guardò Blaylock dritto negli occhi, lasciando trasparire sul suo viso tutto ciò che aveva nel cuore. Lo lasciò trapelare in piena libertà. Perché c'era una lezione nella cerimonia funebre di quella sera: possiamo perdere in un batter d'occhio quelli che amiamo. E quando succede, c'è da scommetterci, non pensiamo a tutti i motivi che avrebbero potuto dividerci: pensiamo a tutti i motivi che ci univano. E di sicuro rimpiangiamo amaramente di non aver avuto più tempo a disposizione, anche se abbiamo avuto secoli e secoli… Da giovani pensiamo che il tempo sia un peso, qualcosa da scaricare il prima possibile per poter crescere. Ma è un tragico errore… da adulti capiamo che i minuti e le ore sono la cosa più preziosa che abbiamo. Nessuno ha a disposizione tutta l'eternità ed è un delitto sprecare il tempo che ci è dato da vivere. Basta, pensò Qhuinn. Basta con le scuse, basta scappare, basta cercare di essere qualcun altro, chiunque altro. Anche se restava fregato, anche se il suo prezioso piccolo ego e il suo stupidissimo cuoricino andavano in mille pezzi, era ora di piantarla con le stronzate. Era ora di comportarsi da persona matura. Esatto, amico, pensò Qhuinn vedendo che Blay cominciava a raddrizzarsi come se avesse colto il messaggio. Il nostro futuro è arrivato.”

Jessica Bird (1969) scrittrice statunitense

Lover Reborn

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“La solitudine è questa situazione un po’ buffa, un po’ ridicola, un po’ aggressiva di un uomo seduto al tavolo di un ristorante turistico: l’immagine di una persona incompleta, tanto goffa da sembrare stupida o arrogante. Leo deve incominciare a difendere questa sua solitudine. Non deve permettere che gli altri lo vedano come un atomo dalle valenze aperte, come qualcuno immiserito dalla mancanza di un compagno, di un amico, di un amore. La solitudine è anche scomodità. Obbliga a rivolgersi agli altri, a fare richieste continue. Sul treno lui non può lasciare i bagagli per recarsi al ristorante. Deve cercare il controllore, o un altro passeggero, e chiedergli di dare cortesemente un’occhiata alla macchina fotografica. Negli aeroporti, con il carrello carico di valigie, non riesce a raggiungere la toilette, o la cabina del telefono soprattutto se si trovano a livelli diversi da quelli in cui è stato sbarcato e allora, scaricare i bagagli, affrontare le scale, deporli, entrare in un bagno diventa un’impresa impossibile, faticosa già mentalmente. Nei ristoranti è pressato dalla gente in coda solo perché gli altri sono in due e lui, solo, sta occupando un piccolo tavolo. Negli alberghi le camere singole sono, in genere, le più strette e le più piccole: i sottotetti o le mansardine della servitù. E per giunta c’è sempre un supplemento da pagare.
   La solitudine impietosisce gli altri. A volte lui sente lo sguardo indiscreto della gente posato sulla sua figura come un gesto di una violenza inaudita. Come se gli altri lo pensassero cieco e gli si accostassero per fargli attraversare la strada. Certe premure lo offendono più dell’indifferenza, perché è come se gli ricordassero continuamente che a lui manca qualcosa e che non può essere felice. Si vede con un lato del corpo sanguinante, una cicatrice aperta dalla quale è stata separata l’altra metà. Vorrebbe spiegare che sì, Thomas gli manca e di questo sta soffrendo. Ma che non avverte la propria solitudine come una disperazione. Si sta concentrando su di sé, si sta racchiudendo nelle proprie fantasie e nei propri ricordi. Sta cercando di abbracciare la parte più vera di se stesso recuperandola attraverso il ricordo, la riflessione, il silenzio.”

Camere separate

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“Se Tess avesse potuto afferrare l'importanza dell'incontro si sarebbe chiesta perché quel giorno fosse destinata a essere notata e desiderata dall'uomo sbagliato e non
dall'altro: quello giusto amato sotto tutti gli aspetti; quasi che l'umanità fosse in grado di poter sempre offrire ciò che è giusto e che è desiderato. Ma l'uomo che poteva avvicinarsi al suo ideale, tra i ragazzi conosciuti, non era per Tess che un'impressione fugace e quasi dimenticata.
Nella difettosa esecuzione del piano ben disposto dell'universo, raramente l'invito provoca l'arrivo di chi si invoca, e raramente si incontra l'uomo da amare, quando viene l'ora per l'amore. La natura non dice troppo spesso "guarda" alla povera creatura nel momento in cui il guardare potrebbe
portare a una lieta conclusione; né risponde "qui" alla carne che grida "dove?"; finché tutto questo nascondersi e cercarsi diventa un gioco penoso e senza mordente.
Potremmo chiederci se all'acme e alla sommità dell'umano progresso questi anacronismi saranno modificati da un'intuizione migliore, da un più stretto rapporto reciproco nell'ingranaggio sociale, che non ci scuota in ogni direzione, come ora; ma non si può predire un simile ideale, forse nemmeno concepirlo come possibile. Così, anche nel caso attuale, come in milioni di altri, le due parti di un perfetto insieme non si sono incontrate al momento perfetto: la controparte assente,
vagando indipendente per la terra, aspetta in crassa ottusità un tempo che giungerà sempre troppo tardi.”

Thomas Hardy (1840–1928) poeta e scrittore britannico

Tess of the D'Urbervilles

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“In lui [Reinhard Heydrich] le capacità intellettuali si accompagnarono ai caratteri somatici, per cui egli poteva apparire la conferma della teoria della «stretta relazione tra psiche e razza»: l'anticipazione di quel nuovo tipo d'uomo che avrebbe dovuto essere distillato dal torbido materiale biologico del popolo tedesco attraverso «una serie d'incroci obbligati» e allevato in scuole speciali; «il tipo d'uomo», come Hitler dichiarò, «padrone della vita e della morte, che comanda sulla paura e sulla superstizione, che ha imparato a dominare il suo corpo, i suoi muscoli e i suoi nervi… ma che non si lascia vincere dalle tentazioni dello spirito e da una sedicente libertà scientifica.»”

Joachim Fest (1926–2006) storico, giornalista e saggista tedesco

Parte seconda: Tecnici e realizzatori del regime autoritario, Capitolo 3 Reinhard Heydrich: il successore, p. 162
Il volto del Terzo Reich
Variante: In lui le capacità intellettuali si accompagnarono ai caratteri somatici, per cui egli poteva apparire la conferma della teoria della «stretta relazione tra psiche e razza»: l'anticipazione di quel nuovo tipo d'uomo che avrebbe dovuto essere distillato dal torbido materiale biologico del popolo tedesco attraverso «una serie d'incroci obbligati» e allevato in scuole speciali; «il tipo d'uomo», come Hitler dichiarò, «padrone della vita e della morte, che comanda sulla paura e sulla superstizione, che ha imparato a dominare il suo corpo, i suoi muscoli e i suoi nervi... ma che non si lascia vincere dalle tentazioni dello spirito e da una sedicente libertà scientifica». (Parte seconda: Tecnici e realizzatori del regime autoritario, Capitolo 3 Reinhard Heydrich: il successore», p. 162)

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“Forse nessun'altra invenzione architettonica esercitò un'influenza più duratura dell'arco trionfale, che i romani eressero in tutto il loro impero: Italia, Francia, Africa settentrionale e Asia. L'architettura greca in generale era composta da elementi identici, e lo stesso si può dire anche del Colosseo: gli archi trionfali, invece, adoperano gli ordini per incorniciare e mettere in risalto il grande passaggio centrale affiancandogli aperture più strette. Era una disposizione atta a essere usata nella composizione architettonica quasi come si usa un accordo in musica. (5. I conquistatori del mondo, Romani, buddisti, ebrei e cristiani”

Ernst Hans Josef Gombrich (1909–2001) storico dell'arte austriaco

I-IV secolo d.C.), p. 117
La storia dell'arte
Variante: Forse nessun'altra invenzione architettonica esercitò un'influenza più duratura dell'arco trionfale, che i romani eressero in tutto il loro impero: Italia, Francia, Africa settentrionale e Asia. L'architettura greca in generale era composta da elementi identici, e lo stesso si può dire anche del Colosseo: gli archi trionfali, invece, adoperano gli ordini per incorniciare e mettere in risalto il grande passaggio centrale affiancandogli aperture più strette. Era una disposizione atta a essere usata nella composizione architettonica quasi come si usa un accordo in musica. (5. I conquistatori del mondo, Romani, buddisti, ebrei e cristiani (I-IV secolo d. C.), p. 117)
Origine: voce su Wikipedia

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“Viaggiare sulle strade d'Etiopia è duro e spesso pericoloso. Nella stagione secca, la macchina slitta sul pietrisco degli stretti percorsi scavati nelle pareti di montagne a picco, lungo precipizi profondi centinaia di metri. Nella stagione delle piogge, le strade di montagna vengono addirittura chiuse, mentre quelle di pianura si trasformano in acquitrini melmosi dove si rischia di restare impantanati per giorni e giorni.”

Variante: Viaggiare sulle strade d'Etiopia è duro e spesso pericoloso. Nella stagione secca, la macchina slitta sul pietrisco degli stretti percorsi scavati nelle pareti di montagne a picco, lungo precipizi profondi centinaia di metri. Nella stagione delle piogge, le strade di montagna vengono addirittura chiuse, mentre quelle di pianura si trasformano in acquitrini melmosi dove si rischia di restare impantanati per giorni e giorni. (p. 117)
Origine: Ebano, p. 117

“[Sulla preparazione per doppiare] No, non ho studiato niente, perché come si dice, sono figlia d'arte, si può dire che l'avevo proprio nel mio DNA questa capacità di recitare. Perché poi "doppiaggio" è una parola quasi inadeguata, nel senso che il doppiaggio lo può fare chi sa recitare, e in più a questo deve aggiungere una tecnica particolare. Perché una cosa è recitare in teatro, quindi portare la voce, avere un timbro diverso; e una cosa è fare il doppiaggio, avere davanti un microfono, e quindi devi poter dosare la tua voce, e avere la tecnica tale da permetterti di essere vera, autentica, di trasmettere emozioni. Tutto quello che l'attore in presa diretta ha costruito magari in mesi di lavoro, noi dobbiamo doppiarlo in tempi molto stretti, quindi è necessaria una tecnica particolare, una particolare sensibilità, perché bisogna tradurre quello che è il lavoro dell'attore in originale, a noi, alla nostra lingua, il nostro modo di essere, le nostre sensazioni, quindi è un lavoro anche creativo.”

Maria Pia Di Meo (1939) attrice, doppiatrice e direttrice del doppiaggio italiana

Variante: No, non ho studiato niente, perché come si dice, sono figlia d'arte, si può dire che l'avevo proprio nel mio DNA questa capacità di recitare. Perché poi "doppiaggio" è una parola quasi inadeguata, nel senso che il doppiaggio lo può fare chi sa recitare, e in più a questo deve aggiungere una tecnica particolare. Perché una cosa è recitare in teatro, quindi portare la voce, avere un timbro diverso; e una cosa è fare il doppiaggio, avere davanti un microfono, e quindi devi poter dosare la tua voce, e avere la tecnica tale da permetterti di essere vera, autentica, di trasmettere emozioni. Tutto quello che l'attore in presa diretta ha costruito magari in mesi di lavoro, noi dobbiamo doppiarlo in tempi molto stretti, quindi è necessaria una tecnica particolare, una particolare sensibilità, perché bisogna tradurre quello che è il lavoro dell'attore in originale, a noi, alla nostra lingua, il nostro modo di essere, le nostre sensazioni, quindi è un lavoro anche creativo.
Origine: Da Quel mostro di mia suocera è Mary Poppins: intervista a Maria Pia Di Meo http://www.panorama.it/blog-5/la-fine-del-mondo-e-ritorno/quel-mostro-di-mia-suocera-e-mary-poppins-intervista-a-maria-pia-di-meo/, Panorama, 8 agosto 2016.

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“Lo sfacelo degli eserciti della Russia è conseguenza dell'assenza di un governo forte e capace; ora io debbo dire che il Governo italiano sta facendo una politica interna rovinosa per la disciplina e per il morale dell'Esercito contro la quale è mio stretto dovere di protestare con tutte le forze dell'animo.”

Luigi Cadorna (1850–1928) generale e politico italiano

Origine: Da lettera al Presidente del Consiglio Paolo Boselli, 18 agosto 1917; citato in Paolo Mieli, Le manovre di Cadorna, Corriere della Sera, 4 aprile 2017, pp. 46-47.

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“Dopo essere stata una colonia tedesca, il Ruanda è diventato nel 1918, in seguito alla sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale, una colonia belga, vale a dire un paese francofono. Qualità che più tardi, ottenuta l'indipendenza, gli ha consentito di entrare nel privilegiato club dei paesi africani protetti dalla Francia. In quel club conta senz'altro il fascino per la cultura francese. Conta altresì la preferenza per i prodotti e la tecnica francesi ben inteso, anche se gli scambi con l'Africa francofona rappresentano soltanto il 3 per cento del commercio con l'estero di Parigi. In compenso i vari regimi hanno la garanzia di essere assistiti dall'Armée. Così quello ruandese, dominato dalla maggioranza hutu (85 per cento della popolazione) ha avuto un appoggio militare quando è cominciato il conflitto con la minoranza tutsi. La quale aveva tra l'altro un difetto, quello di essere per lo più anglofona, per via degli stretti rapporti con la vicina Uganda, ex colonia britannica. È dunque con armi e istruttori forniti dai francesi, che è cominciato il genocidio dei tutsi compiuto dalle milizie hutu. Ed ora che i primi, i tutsi, hanno vinto, e che gli hutu fuggono per timore di essere a loro volta massacrati, i francesi intervenuti per ragioni umanitarie sono costretti a proteggerli, e con loro proteggono gli autori del genocidio.”

Bernardo Valli (1930) giornalista e scrittore italiano

Variante: Dopo essere stata una colonia tedesca, il Ruanda è diventato nel 1918, in seguito alla sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale, una colonia belga, vale a dire un paese francofono. Qualità che più tardi, ottenuta l'indipendenza, gli ha consentito di entrare nel privilegiato club dei paesi africani protetti dalla Francia. In quel club conta senz'altro il fascino per la cultura francese. Conta altresì la preferenza per i prodotti e la tecnica francesi ben inteso, anche se gli scambi con l'Africa francofona rappresentano soltanto il 3 per cento del commercio con l'estero di Parigi. In compenso i vari regimi hanno la garanzia di essere assistiti dall'Armée. Così quello ruandese, dominato dalla maggioranza hutu (85 per cento della popolazione) ha avuto un appoggio militare quando è cominciato il conflitto con la minoranza tutsi. La quale aveva tra l'altro un difetto, quello di essere per lo più anglofona, per via degli stretti rapporti con la vicina Uganda, ex colonia britannica. È dunque con armi e istruttori forniti dai francesi, che è cominciato il genocidio dei tutsi compiuto dalle milizie hutu. Ed ora che i primi, i tutsi, hanno vinto, e che gli hutu fuggono per timore di essere a loro volta massacrati, i francesi intervenuti per ragioni umanitarie sono costretti a proteggerli, e con loro proteggono gli autori del genocidio.

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“Idol vuol dire essere la ragazza del momento, che fa spettacolo, ha un rapporto stretto con i fans e vive praticamente per loro, una persona innavicinabile.”

Yuriko Tiger (1993) modella e personaggio televisivo italiana

Origine: Da Intervista a: Yuriko Tiger http://www.immaginaria.eu/2017/10/05/intervista-a-yuriko-tiger/, immaginaria.eu, 5 ottobre 2017.

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“Dite che gli amici nel bisogno sono rari? Al contrario: appena si è stretta amicizia con uno, ecco che è subito nel bisogno e vorrebbe farsi prestar denaro.”

Arthur Schopenhauer (1788–1860) filosofo e aforista tedesco

Aforismi sulla saggezza del vivere
Origine: Citato nel Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 881714603X

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“Genova è magnifica, moltissime case somigliano piuttosto a palazzi, adorne di quadri dei migliori pittori italiani, però le strade sono così strette che due persone affiancate non riescono a passarci. In compenso, sono lastricate di marmo e molto pulite.”

Nikolaj Vasiljevič Gogol (1809–1852) scrittore e drammaturgo ucraino

Citazioni di Nikolaj Vasil'evič Gogol
Origine: Da una lettera a Marija Ivanovna Gogol' del 28/16 marzo 1837; in Dall'Italia, traduzione di Maria Giuseppina Cavallo, Voland, Roma, 1995, p. 18

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“Il governo ed il popolo di Zanzibar e di Pemba sono animati dai sentimenti più amichevoli verso il popolo della Unione Sovietica e desiderano mantenere con il popolo della URSS e con gli altri popoli dei paesi socialisti relazioni molto strette.”

Abdulrahman Mohamed Babu (1924–1996)

Origine: Citato in Zanzibar: amicizia con l'URSS https://archivio.unita.news/assets/main/1964/01/23/page_014.pdf, L'Unità, 23 gennaio 1964

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“Il colono mantiene nel colonizzato una collera, che blocca quando emerge. Il colonizzato è preso nelle maglie strette del colonialismo.”

Frantz Fanon (1925–1961) psichiatra, scrittore e filosofo francese

Origine: Citato in AA.VV., Il libro della politica, traduzione di Sonia Sferzi, Gribaudo, 2018, p. 306. ISBN 9788858019429

“Un riflesso della stretta affinità di Richardson con la mentalità femminile si può trovare nella ricchezza di dettagli domestici descritti in Pamela.”

Ian Watt (1917–1999)

[...] Il gusto per i particolari domestici del pubblico femminile di Richardson contribuì probabilmente in misura rilevante a quell'aria di realtà quotidiana tipica delle sue narrazioni. Le eroine dei romance, ad esempio, viaggiavano spesso ma nessuna prima di Pamela fu rappresentata così realisticamente nell'affrontare i vari problemi di dover mettere insieme un guardaroba da viaggio. [...] Il matrimonio di Pamela con un uomo così al di sopra di lei socialmente ed economicamente è una vittoria senza precedenti per il suo sesso [...].
Le origini del romanzo borghese

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“Tutti quegli elementi nel disegno della casa moderna per cui noi architetti abbiamo combattuto — la stretta correlazione fra esterno ed interno, le divisioni a slitta fra le stanze, ed altre ancora — eccoli qui nella casa giapponese.”

Walter Gropius (1883–1969) architetto, designer e urbanista tedesco

Origine: Citato da Fosco Maraini Ore giapponesi, Corbaccio editore p. 51 ISBN 978-88-7972-207-0 da un'intervista concessa allo Asahi Evening News, Tokyo, 16 giugno 1954.

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