Frasi su lingua
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“La lingua di chi parla a cazzo viene tagliata e buttata ai cani.”

Origine: Il selvaggio di Santa Venere, p. 22

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“Questo mare è pieno di voci e questo cielo è pieno di visioni.”

Giovanni Pascoli (1855–1912) poeta italiano

da Un poeta di lingua morta, in Pensieri e discorsi

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“Io sono uno scrittore mistico. Mi servo di tinte cupe e mistiche per rappresentare le innumerevoli mostruosità della nostra vita quotidiana, il veleno di cui è intrisa la mia lingua, la trasfigurazione di alcune terribili caratteristiche del mio popolo.”

Michail Bulgakov (1891–1940) scrittore e drammaturgo russo

Origine: Citato in Il "Maestro" Bulgakov un veggente che raccontò la Russia dello zar Putin http://www.ilgiornale.it/news/cultura/maestro-bulgakov-veggente-che-raccont-russia-dello-zar-putin-966215.html, il Giornale.it, 11 novembre 2013.

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“Potente la lingua, più pura la vita.”

Papa Pio II (1405–1464) 210° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica
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“Star sotto un padrone sin da quando si è nati, come voi, non è prendere minca per tutta la vita?”

Gavino Ledda (1938) scrittore italiano

da Lingua di falce
Lingua di falce

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“Non sono tipo da messaggi o da idee io… Le idee, ne è piena l’enciclopedia… Io sono uno stilista. Un maniaco dello stile. Oh una cosa da nulla, una certa musichetta introdotta nello stile, tutto qui. Sono l’ultimo musicista del romanzo! Il resto, immaginazione, creatività e roba del genere, non mi interessa. La lingua, nient’altro che la lingua, ecco l’importante. La foto non è il vero: il vero lo si fa barando al modo giusto. Se prendi un bastone e vuoi farlo apparire diritto nell’acqua, devi prima curvarlo sennò sembra rotto. Bisogna romperlo prima di immergerlo. È un vero lavoro, è il lavoro dello stilista. Ci vuole un enorme respiro, grande sensibilità, è difficilissimo da fare, perché bisogna girarle attorno. Attorno a che? All’emozione! Perché in principio non era il verbo, era l’emozione. L’argot non si fa con il dizionario, ma con immagini nate dall’odio; è l’odio che fa l’argot! Tutti hanno voluto imitarmi, nessuno c’è riuscito… Mi prendono per un primitivo, un rozzo… Io invece sono un raffinato, un aristocratico, e quei cretini credono che improvvisi… Io so far ballare i tavolini e loro no, ecco la verità! I miei libri moriranno anche loro, e presto, si capisce, ma almeno avranno vissuto! Tanto i posteri saranno i cinesi… E quelli se ne fregheranno altamente della mia letteratura fessa e del mio stile vacca e dei miei tre puntini…”

Louis-ferdinand Céline (1894–1961) scrittore, saggista e medico francese
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“Mosè ha dato della differenza delle lingue una ragione superlativamente favolosa. Dice che i figli degli uomini, riunitisi, volevano fabbricare una città e, in essa, una gran torre; ma Dio dichiarò: qui bisogna scendere e confondere le loro lingue. - E, perché nessuno creda che io voglia darla ad intendere, leggiamo nel testo stesso di Mosè, quel che segue: «E dissero: "Orsù; fabbrichiamoci una città ed una torre, la cui cupola giunga fino al cielo; e facciamoci un nome prima di essere dispersi su tutta la faccia della terra". E scese il Signore a vedere la città e la torre, che i figli degli uomini edificavano. E disse il Signore: "Ecco, essi sono un medesimo popolo, e una medesima lingua hanno tutti; e questo cominciarono a fare; ed ora non resteranno dal compiere tutto ciò che hanno cominciato. Dunque: discendiamo là, e confondiamo la loro lingua, affinché non capisca l'uno la parola dell'altro". E li disperseil Signore Iddio su tutta la faccia della terra, ed essi cessarono di fabbricare la città e la torre».Poi volete che a questo crediamo; ma voi non credete a ciò che dice Omero degli Aloadi, che tre montagne meditavano di porre l'una sull'altra, «onde fosse ascendibile il cielo». Per me io dico che questo racconto è ugualmente favoloso che quello. Ma voi, che il primo accogliete, per qual ragione, in nome di Dio, respingete la favola di Omero? Poiché questo - credo - uomini ignoranti non lo capiscono: che, se anche tutte le genti che popolano la terra avessero la medesima voce e la medesima lingua, fabbricare una torre che arrivi fino al cielo non potrebbero affatto, quand'anche facessero mattoni di tutta quanta la terra. Mattoni ce ne vorrebbero infiniti di grandezza pari a tutta intera la terra per arrivare al solo cerchio della luna. Ammettiamo pure che tutte le genti si siano riunite parlando una stessa lingua ed abbiano ridotto in mattoni e cavato le pietre di tutta la terra; come potranno arrivare fino al cielo, se anche la loro opera dovesse stendersi più sottile di un filo allungato? In conclusione: voi che stimate vera una favola così evidentemente falsa, e pretendete che Dio abbia avuto paura della unità di voce degli uomini e per questo sia disceso a confonderne le lingue, oserete ancora menare vanto della vostra conoscenza di Dio?”

Flavio Claudio Giuliano (331–363) imperatore romano

Contro i galilei

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Questa traduzione è in attesa di revisione. È corretto?
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“Nessuno, in alcuna lingua, ha scritto un romanzo che sia pari o almeno si avvicini a Clarissa.”

Jean Jacques Rousseau (1712–1778) filosofo, scrittore e musicista svizzero di lingua francese

Origine: Da Lettr à d'Alembert; citato in Ian Watt, Le origini del romanzo borghese (The Rise Of The Novel), traduzione di Luigi Del Grosso Destrieri, Bompiani, Milano, 1985.

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“L'uffizio del muscolo è di tirare e non di spingere, eccetto li membri genitali e la lingua.”

Leonardo Da Vinci (1452–1519) pittore, ingegnere e scienziato italiano

Origine: Da De vocie; citato in Edmondo Solmi, Il trattato di Leonardo da Vinci sul linguaggio «De vocie», in Archivio storico lombardo, VI, 1906.

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“Non potremo comprenderci finché non ridurremo la lingua a sette parole.”

Khalil Gibran (1883–1931) poeta, pittore e filosofo libanese

Sabbia e spuma

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“Una voce non può trascinare con sé la lingua e le labbra che le hanno dato le ali.”

Khalil Gibran (1883–1931) poeta, pittore e filosofo libanese

Il Profeta

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“Un cambiamento di religione è per l'anima come un cambiamento di lingua per lo scrittore.”

Origine: Attesa di Dio, Forme dell'amore implicito di Dio, p. 149

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“Ci fu data la lingua, sì, per parlare; ma anche i denti per tenerla assiepata.”

Carlo Dossi (1849–1910) scrittore, politico e diplomatico italiano

n. 2239

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“Chiunque permette alla propria lingua di dire un mendaccio, non dice il vero, e chiunque non dice il vero, mente.”

William Shakespeare (1564–1616) poeta inglese del XVI secolo

Uberto: atto IV, scena III
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“Il silenzio è diventato la sua lingua madre.”

Oliver Goldsmith (1728–1774) scrittore e drammaturgo irlandese

Origine: Da Il dabbenuomo.

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“Ci sono pensieri sordomuti. Chi ha la lingua troppo lunga, può inciamparci.”

Stanisław Jerzy Lec (1909–1966) scrittore, poeta e aforista polacco

Pensieri spettinati

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“La lingua esiste per servire il pensiero, non per esser conservata in un museo.”

Ezra Pound (1885–1972) poeta, saggista e traduttore statunitense

Aforismi e detti memorabili

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“Colui che non sa le lingue straniere, non sa nulla della propria.”

Johann Wolfgang von Goethe (1749–1832) drammaturgo, poeta, saggista, scrittore, pittore, teologo, filosofo, umanista, scienziato, critico d'arte e…

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“E poi, a che cosa potrebbero servire, nei paesi di lingua tedesca, dei cervelli che pensano per conto proprio?”

Gustav Meyrink (1868–1932) scrittore, traduttore e banchiere austriaco

da I cervelli

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“Non posso considerare libero un essere che dentro di sé non nutra il desiderio di sciogliere i legami del linguaggio.”

Georges Bataille (1897–1962) scrittore, antropologo e filosofo francese

Origine: Da Tradurre Bataille: la lingua del Collegio di Sociologia. "Nota" di Marina Galletti in Il Collegio di Sociologia, pag. XXIX.

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“La lingua di una inglese spiritosa assomiglia a quella di una tigre che strazia la carne fino all'osso volendo giocare.”

Honoré De Balzac (1799–1850) scrittore, drammaturgo e critico letterario francese

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“Un vero scrittore non scrive in una lingua appresa da adulto, ma nella lingua che conosce sin dall'infanzia.”

Isaac Bashevis Singer (1902–1991) scrittore polacco

Origine: Citato in Corriere della Sera, 5 novembre 2009.

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“La lingua è una belva che, se una volta si scioglie, è poi difficilissimo che si possa rimettere in catene.”

Baltasar Gracián (1601–1658) gesuita, scrittore e filosofo spagnolo

da L'uomo tardo a decidere si dimostra prudente, p. 134
Oracolo manuale e arte di prudenza

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“Interprete (s. m.). Chi mette due persone di lingua diversa in grado di capirsi, ripetendo all'uno e all'altro quello che gli fa comodo abbiano detto.”

Ambrose Bierce (1842–1914) scrittore, giornalista e aforista statunitense

1988, p. 101
Dizionario del diavolo

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“Ciascuna lingua, sotto l'aspetto delle relazioni intellettuali, è un vocabolario di metafore sbiadite.”

Jean Paul (1763–1825) scrittore e pedagogista tedesco

Introduzione all'estetica

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“Una civiltà nasce nel punto in cui una grande anima si desta dallo stato della psichicità primordiale di una umanità eternamente giovane e si distacca, forma dall'informe, realtà limitata e peritura di fronte allo sconfinato e al perenne. Essa fiorisce sul suolo di un paesaggio esattamente delimitabile, al quale resta radicata come una pianta. Una civiltà muore quando la sua anima ha realizzato la somma delle sue possibilità sotto specie di popoli, lingue, forme di fede, arti Stati, scienze; essa allora si riconfonde con l'elemento animico primordiale. Ma finché essa vive, la sua esistenza nella successione delle grandi epoche, che contrassegnano con tratti decisi la sua progressiva realizzazione, è una lotta intima e appassionata per l'affermazione dell'idea contro le potenze del caos all'esterno, così come contro l'inconscio all'interno, ove tali potenze si ritirano irate. Non è solo l'artista a lottare contro la resistenza della materia e contro ciò che in lui vuol negare l'idea. Ogni civiltà sta in un rapporto profondamente simbolico e quasi mistico con l'esteso, con lo spazio in cui e attraverso cui essa intende realizzarsi. Una volta che lo scopo è raggiunto e che l'idea è esteriormente realizzata nella pienezza di tutte le sue interne possibilità, la civiltà d'un tratto s'irrigidisce, muore, il suo sangue scorre via, le sue forze sono spezzate, essa diviene civilizzazione. Ecco quel che noi sentiamo e intendiamo nelle parole egizianismo, bizantinismo, mandarinismo. Così essa, gigantesco albero disseccato di una foresta vergine, ancor per secoli e per millenni può protendere le sue ramificazioni marcite. Lo vediamo in Cina, in India, nel mondo dell'Islam. Così la civilizzazione antica del periodo imperiale giganteggiò in apparenza di forza giovanile e di pienezza, togliendo luce e aria alla giovane civiltà araba d'Oriente. Questo è il senso di ogni tramonto nella storia, il senso del compimento interno ed esterno, dell'esaurimento che attende ogni civiltà vivente. Di tali tramonti, quello dai tratti più distinti, il «tramonto del mondo antico», lo abbiamo dinanzi agli occhi, mentre già oggi cominciamo a sentire in noi e intorno a noi i primi sintomi di un fenomeno del tutto simile quanto a decorso e a durata, il quale si manifesterà nei primi secoli del prossimo millennio, il «tramonto dell'Occidente.»”

Il tramonto dell'Occidente

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