Frasi su primo
pagina 22

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“L'altro giorno (come riferisce il sito articolo21. info) quello della spagnola Tve riportava il primo incidente diplomatico scatenato dal nostro futuro premier prim'ancora di insediarsi al governo, con una frase riportata col dovuto rilievo solo dall'Unità (subito rimbrottata dall'interessato): "Zapatero avrà una certa difficoltà, troppe donne nel suo governo". In effetti Zapatero non ha la fortuna di avere come ministri Bossi, Calderoli e Maroni. Così il Cainano ha compiuto il miracolo di mettere d'accordo la destra e la sinistra spagnole. "La risposta al vincitore delle elezioni italiane – riferiva la Tve il 16 aprile – è stata unanime, al di là del colore politico". E giù critiche feroci dalle neoministre Bibiana Aido e Magdalena Alvarez, ma anche da Esperanza Aguirre, presidente del Comune di Madrid (Partito Popolare, centrodestra): "Questo è il secolo delle donne, e una delle cose migliori del presidente è stata la nomina di così tante donne nel governo". Il socialista Alfonso Guerra ha sintetizzato il comune sentire iberico con una frase lapidaria: "Berlusconi è un delinquente, non c'è altro da dire su questo signore". Insomma l'immagine internazionale dell'Italia, oscurata da due anni di comunismo, torna finalmente a rifulgere nel mondo intero. In Spagna se ne sono già accorti. Il Tg1 seguirà.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

Liscia la notizia, 22 aprile 2008
l'Unità

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“Si può dire che le due grandi composizioni che Velázquez dipinse verso la fine della carriera, Le damine di corte e Le filatrici, offrono un esempio evidentissimo del senso spaziale che il grande spagnolo possedeva, e dell'arte con cui sapeva utilizzare e realizzare gli insegnamenti tratti a suo tempo dalle opere del Tintoretto. Velázquez comunica realmente allo spettatore la nozione delle dimensioni, in primo luogo giovandosi degli esseri animati, degli oggetti, delle scale, degli ordigni per tessere, dei soffitti a volta e delle pareti, e in secondo luogo con la vita che infonde nei personaggi, coi loro gesti professionali, con una genuflessione, con una mano tesa. Ma è soprattutto il modo armonioso con cui sfrutta ombre e luci che costringe l'occhio ad abbracciare l'intera visione e a cogliere la distanza tra l'uno e l'altro piano. Con queste variazioni animate, Velázquez ci trasporta nello spazio che egli stesso ha creato, ci fa vivere direttamente in esso; e attinge così le vette della realtà artistica e vivente.”

August Liebmann Mayer (1885–1944)

da Velázquez, 1936
Origine: Citato in Velázquez, I Classici dell'arte, a cura di Elena Ragusa, pagg. 183 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\TO0\1279609 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?select_db=solr_iccu&searchForm=opac%2Ficcu%2Favanzata.jsp&do_cmd=search_show_cmd&db=solr_iccu&Invia=Avvia+la+ricerca&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&nentries=1&rpnlabel=+Identificativo+SBN+%3D+IT%5CICCU%5CTO0%5C1279609+%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2B%2540attr%2B1%253D1032%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522IT%255C%255CICCU%255C%255CTO0%255C%255C1279609%2522&&fname=none&from=1

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“Ma in realtà passeggiando per le strade di Firenze mi rendo conto che non solo i capolavori universali, ma ogni luogo della città mi dice qualcosa: un campo sportivo dove ho giocato, un giardino dove ho pianto, persino una fermata dell'autobus dove ho aspettato qualcosa o forse qualcuno. Ogni angolo della città deve scatenare un sentimento in chi vuol fare il sindaco. Altrimenti ha sbagliato mestiere. Potrà ragionare di culture politiche, discutere sulle grandi riforme. Magari sarà il più colto dei deputati o il più elegante tra i senatori. Ma non potrà mai fare il sindaco. Può provare a fare il primo cittadino solo chi crede che amministrare sia davvero un'estensione del verbo amare. L'etimologia della parola ci porterebbe altrove. Dovremmo dire infatti che amministrare significa servire. E il tema del servizio civico, della cosa pubblica è uno degli aspetti più intriganti della politica fatta con passione. Nell'abisso di solitudini che caratterizza il nostro tempo, c'è proprio bisogno di costruire una comunità, di incrociare sogni, di stabilire legami. Evitare l'individualismo dedicando del tempo al servizio del bene comune è già una suggestiva scelta controcorrente. Ma questo vale per ogni tipo di impegno politico. La peculiarità dell'esperienza come sindaco – o come candidato sindaco – sta proprio nel legame intimo e inebriante con la propria città.”

Matteo Renzi (1975) politico italiano

Origine: Fuori!, pp. 26

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“Al principio, che non è veramente un principio e che non ha alcun significato spirituale fuor dalla nostra esistenza finita, la volontà vuole conoscere se stessa; allora si desta la coscienza riflessa e col destarsi di essa la volontà si divide. La volontà unica, intera e completa in se stessa, ora è divenuta attore e, ad un tempo, osservatore. Il conflitto è inevitabile perché l'attore vuole esser libero dalle limitazioni a cui è stato costretto ad assoggettarsi nel suo desiderio di una coscienza riflessa. Per un lato, gli è stato dato il potere di vedere, ma nel contempo vi è qualcosa che egli, in quanto osservatore, non può scorgere. Alla conoscenza si unisce fatalmente l'ignoranza, l'una accompagna l'altra come l'ombra accompagna l'oggetto; non vi è separazione possibile fra i due compagni. Ma il volere come attore tende a tornare nella sede originaria dove il dualismo ancora non esisteva e dove, di conseguenza, regnava la pace. […] Al verificarsi della divisione la coscienza è, in un primo momento, così rapita dalla novità dello stato e dalla sua apparente capacità di risolvere i problemi della vita da dimenticare la sua missione, che è l'illuminare la volontà. Invece di gettare luce all'interno – cioè sulla volontà da cui trae il principio della sua esistenza – la coscienza si concentra sul mondo esteriore degli oggetti e delle idee. Quando cerca di guardare in se stessa, trova il mondo di una unità assoluta, nel quale l'oggetto che essa desidera conoscere è lo stesso soggetto. […] Si tratta di un volere in cui vi è più della mera volontà, in cui vi è anche l'atto di pensare e di vedere. Grazie a questo atto, la volontà scorge se stessa diventando libera e signora di sé. Questo è un sapere in senso eminente, ed è in ciò che consiste la redenzione buddhista.”

Daisetsu Teitarō Suzuki (1870–1966) storico delle religioni giapponese

Origine: Saggi sul Buddhismo Zen – Vol. I, pp. 125-126

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“Volendo assegnare una paternità ideale a Paul Cézanne, le grandi immagini di Michelangelo e di Eschilo apparirebbero fra le prime alla fantasia. Al pari del toscano, egli ha compreso la forza mistica che scoppia dalle cose mute, dai tronchi e dalle rocce; al pari del greco, ha sentito la potenza selvaggia che erompe dal cuore ingenuo del popolo, e queste due energie ha racchiuse nei suoi paesi e nelle sue figure. Così come la loro, la sua opera è un rozzo terreno, spoglio, pietroso, atroce, scorticato, dal quale sbocciano piante, fiori ed erbe, mestamente, castamente, con semplice spontaneità naturale. Per arrivare a suggerire pittoricamente delle immagini tanto solenni, è naturale che Paul Cézanne abbia dovuto sfrondare le sue fantasie e presentarle religiosamente, col solo magistero dello stile. Infatti il suo colore e il suo disegno sono agri, poveri e brutali. Nella sua pittura si riscontrano i conflitti cromatici che, per il primo, Masaccio suscitò realisticamente negli affreschi della cappella Brancacci al Carmine; ed anche le torsioni vigorose del Tintoretto. Senza legge, senza scrupoli, il suo stile accusa le asperità dei contorni degli esseri e di ciò che li circonda.”

Ardengo Soffici (1879–1964) scrittore italiano

da Scoperte e massacri, 1929
Origine: Citato in Stefania Lapenta, Cézanne, I Classici dell'arte, Rizzoli - Skira, Milano, 2003, pp. 183-188 e frontespizio. ISBN 88-7624-186-8

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“All'inizio eravamo un band esplosiva, però il nostro primo album non era affatto un disco esplosivo.”

Flea (1962) bassista, trombettista e pianista australiano

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“Libertà: […] a ripeterla oggi, questa dolce parola che si può ancora gridare ad alta voce, il cuore trema come al primo incontro con l'amante ritrovata; e vien voglia di abbracciare, in nome di essa, il primo sconosciuto che s'incontra per via, tutti fratelli in questo nome, tutti rinati per essa a dignità di persone? Superata la prima emozione si rimane esitante: che vuol dire libertà? Qualcuno potrebbe osservare che tutto quello che è avvenuto, è avvenuto proprio per colpa della libertà: libertà dei ricchi, di oziare e accumulare altre ricchezze; libertà di una banda di criminali, d'impadronirsi del potere e di precipitare i popoli nell'abisso; libertà di un popolo di preparare scientificamente la schiavitù di altri popoli. Se a questo ha servito la parola libertà, cinquantacinque milioni di uomini si sarebbero dunque sacrificati soltanto per ricominciare tra dieci anni la stessa esperienza?
Non vogliamo crederlo. Se la carneficina deve avere un senso, se essa non è stata soltanto un fenomeno cieco e senza perché, bisogna che essa abbia servito ad arricchire la coscienza umana di una verità che va oltre la libertà: di una fede che non è contro la libertà, ma che è un approfondimento di essa, una libertà più piena e universale. Unità e indipendenza, il programma del Risorgimento, non basta più. Libertà intesa soltanto come indipendenza può voler dire, nelle relazioni tra singoli, rissa di egoismi, privilegio, sfruttamento, «homo homini lupus»; nelle relazioni tra regioni di una stessa patria, campanilismo e separatismo; nelle relazioni tra nazioni, nazionalismo e guerra. Indipendenza, ecco il tragico pregiudizio: l'orgoglio dell'uomo che considera la propria sorte staccata da quella degli altri, la cieca albagia nazionale che si illude di servire la patria collo schiacciare le patrie altrui. Non più indipendenza, ma "interdipendenza": questa è la parola non nuova in cui se non si vuol che il domani ripeta ed aggravi gli orrori di ieri, si dovrà riassumere in sintesi il nuovo senso della libertà, quello da cui potrà nascere da tanto dolore un avvenire diverso dal passato.”

Piero Calamandrei (1889–1956) politico italiano

Citazioni tratte da articoli de Il Ponte, Settembre 1945

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“"Sai che cosa significa?" chiese improvvisamente Black a Harry, mentre procedevano lentamente lungo il tunnel. "Consegnare Minus?"
"Che tu sei libero" disse Harry.
"Sì…" disse Black. "Ma io sono anche… non so se nessuno te l'ha mai detto… io sono il tuo padrino".
"Sì, lo sapevo" disse Harry.
"Be'… i tuoi genitori mi hanno nominato tuo tutore" disse Black seccamente. "Se fosse successo qualcosa a loro…"
Harry rimase in attesa. Black intendeva dire quello che anche lui pensava?
"Lo capisco, naturalmente, se vuoi restare con i tuoi zii" disse Black. "Ma… be'… riflettici. Una volta che avranno riconosciuto la mia innocenza… se tu volessi una… una casa diversa…"
Qualcosa parve esplodere in fondo allo stomaco di Harry.
"Co… vivere con te?" chiese, battendo la testa contro una roccia che sporgeva dal soffitto. "Lasciare i Dursley?"
"Certo, lo sapevo che non avresti voluto" disse Black in fretta. "Capisco, credevo solo che…"
"Sei matto?" disse Harry, la voce di colpo roca come quella di Black. "Ma certo che voglio lasciare i Dursley! Tu hai una casa? Quando posso venire?"
Black vi voltò a guardarlo; la testa di Piton strisciava contro il soffitto, ma Black non ci fece caso.
"Lo desideri davvero?" chiese. "Sul serio?"
"Sì, sul serio!" rispose Harry.
Il volto tormentato di Black si aprì nel primo vero sorriso che Harry vi avesse scorto finora.”

Origine: Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, p. 321

“[Su Juventus-Milan, finale di Champions League del 2003] La vittoria in Champions è anche un premio ad una certa strategia societaria. Il Milan ha scelto la strada della grandeur (o comunque della ricchezza sportiva) e la Juve quello della ricchezza economica. […] Se la Juve vende Vieri, Henry, Zidane e Inzaghi e poi si ritrova a giocare la gara più importante degli ultimi sette anni con Zalayeta e Birindelli, le colpe non possono soltanto attribuirsi alla sfortuna che le ha impedito a Manchester di schierare lo squalificato Nedved. Lippi ha anche sbagliato formazione con un Montero a sinistra chiaramente a disagio e un Tudor centrale, ruolo che contro Inzaghi non è in grado di ricoprire. Ma c'è anche qualcosa sulla preparazione atletica che ha lasciato perplessi: mai la Juve negli ultimi due anni era stata messa sotto sul piano dinamico come lo è stata a Manchester nel primo tempo. Ma il Milan ha giocato alla grande, a pieno ritmo nei primi quarantacinque minuti e nel finale, in dieci, è stato trascinato da Paolo Maldini, forse il più grande calciatore italiano dell'ultimo ventennio. Seedorf alla sua terza Champions con tre squadre diverse, Sheva finalmente primo in una grande manifestazione e Ancelotti praticamente perfetto gli artefici di un successo invidiato da tutti.”

Franco Rossi (1944–2013) giornalista italiano

Con data
Origine: Da Grandeur del Milan premiata in Europa: quando a vincere sono anche i soldi https://web.archive.org/web/20030712132134fw_/http://www.dialoga.com/francorossi/Admin/Leggi_Articolo.asp?id=732, Francorossi.com, 29 maggio 2003.

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“[Akhenaton] […] il più interessante di tutti i Faraoni, il primo individualista della storia umana… forte e senza paura.”

James Henry Breasted (1865–1935) archeologo e storico statunitense

Origine: Citato in Leonard Woolley, Il mestiere dell'archeologo, traduzione di Giuliana Lenghi Balestra, Edizione CDE, Milano, stampa 1985, p. 44.

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“A lui non frega nulla di Eluana. A lui interessa affermare il principio che una sentenza definitiva può essere ribaltata per decreto, o per legge ordinaria, o per legge costituzionale. A lui non frega nulla della vita e della morte. A lui interessa compiacere il Vaticano con un decreto impopolare ma a costo zero, fatto già sapendo che il Quirinale non lo firmerà, dunque senza pagare alcun prezzo di impopolarità. A lui non frega nulla delle questioni etiche. A lui interessa coprire il colpo di mano contro la giustizia e la civiltà: i medici trasformati in questurini e delatori contro i malati clandestini; le ronde illegali legalizzate; le intercettazioni legali proibite; gli avvocati promossi a padroni del processo, che faranno durare decenni convocando migliaia di testimoni inutili per procacciare ai clienti ricchi l'agognata prescrizione; i pm degradati ad «avvocati dell'accusa», come negli stati di polizia, dove appunto la polizia, braccio armato del governo, fa il bello e il cattivo tempo senza controlli della magistratura indipendente; dulcis in fundo, abolito l'appello del pm contro l'assoluzione o la prescrizione in primo grado, ma non quello del condannato (non hai vinto? Ritenta, sarai più fortunato), sempre all'insegna della «parità fra difesa e accusa». Tutte leggi incostituzionali che, dopo il no del Quirinale al decreto contra Eluana, hanno molte possibilità in più di passare. Per giunta, inosservati. Parlare di colpo di Stato è puro eufemismo. E poi, che sarà mai un colpo di Stato? Se la Costituzione non lo prevede, si cambia la Costituzione.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

Tecnica di un colpo di Stato, 11 febbraio 2009
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“Dopo Aristotele e Polibio, Machiavelli è il primo in cui si trovi l'avviamento ad una considerazione storico-naturale della storia.”

Eduard Fueter (1876–1928) storico svizzero

Origine: Citato in Walter Binni e Riccardo Scrivano, Antologia della critica letteraria, p. 418

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“ERCULE. Sì come tra li beni del corpo la sanitade è il primo e tra quelli de l'animo la virtù, così tra li beni esterni chiamati di fortuna, l'onore il primo e summo loco tiene; non le ricchezze, come li irrazionali e vulgari omini estimano.”

Pandolfo Collenuccio (1444–1504) umanista, storico e poeta italiano

da Apologo intitulato Filotimo a lo illustrissimo Principe Ercule inclito Duca di Ferrara, composto per Messer Pandolfo Coldenose da Pesaro, p. 99
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“[Mario Rigoni Stern] Era uno scrittore grandissimo, aveva la grandezza che hanno i solitari. Quando sono stato presidente del Pen Club italiano è stato il primo italiano che ho candidato al Nobel: era uno scrittore classico, dalla visione lucida e dalla scrittura semplice ma potente; aveva carisma anche come uomo. Aveva un carattere buono e mite, se ne fregava dei convegni e delle società letterarie.”

Ferdinando Camon (1935) scrittore italiano

Origine: Citato in È morto Mario Rigoni Stern, cantò la tragica ritirata in Russia http://www.repubblica.it/2008/06/sezioni/spettacoli_e_cultura/morto-rigoni-stern/morto-rigoni-stern/morto-rigoni-stern.html, Repubblica.it, 27 gennaio 2014.

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“Non voglio più vedere queste genie che girano per le strade di giorno e di notte. Questo è un primo compito, e io sono convinto che il nostro governo, i nostri parlamentari saranno in grado di dare una risposta al popolo padano, al popolo veneto e al popolo leghista.”

Giancarlo Gentilini (1929) politico italiano

da La Procura di Venezia indaga su Gentilini http://tribunatreviso.repubblica.it/dettaglio/articolo/1521850, La Tribuna di Treviso; Video su Youtube http://www.youtube.com/watch?v=_WCZNQJkV3E, 14 settembre 2008

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“[Sulle accuse di combine riguardo Italia-Camerun] Provo a ricostruire la situazione. Pareggiando, noi passavamo il turno e andavamo nel girone a tre con Argentina e Brasile. Con una vittoria molto larga pescavamo due avversari più morbidi, Belgio e Unione Sovietica. Il Camerun poteva solo vincere per qualificarsi, col pareggio andava fuori. Domanda. Perché mai due squadre dovrebbero accordarsi per un risultato che non serve a nessuna delle due? Se qualcuno di noi avesse pensato di combinare una porcheria a tutti i costi, avremmo comprato la vittoria con molti gol di scarto, non certo il pareggio. Quella partita finì uno a uno e ci destinò ad Argentina e Brasile, mentre al Camerun costò l'eliminazione, per una serie di motivi assolutamente banali. Noi sbagliammo tre-quattro gol nel primo tempo, quando ancora era possibile la goleada; nel secondo andammo in vantaggio ma fummo subito raggiunti per una serie di esitazioni difensive; il poco tempo a disposizione non ci consentiva più di pensare a raddrizzare la differenza reti; a mezz'ora dalla fine era più importante pensare a salvare la qualificazione che a vincere rischiando. Avrebbe dovuto rischiare il Camerun, semmai, visto che col pareggio andava fuori, e fu la loro difesa a oltranza a mettere sull'avviso i cultori del sospetto. Ma quella era una squadra che sapeva solo difendersi, e piuttosto bene, come anche le successive edizioni dei mondiali e delle coppe d'Africa hanno dimostrato. Se vogliamo parlare seriamente la finiamo qui, premesso il fatto che nemmeno la dovevamo cominciare. Se la vogliamo colorire, allora è sicuro che nella combine gli stregoni non c'entravano, perché li ho beccati io di persona a farmi la macumba, mezz'ora prima della partita.”

Enzo Bearzot (1927–2010) allenatore di calcio e calciatore italiano

Origine: Il romanzo del vecio, p. 91

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“[I criteri per distinguere una macchina da un essere umano] Qui in particolare mi ero fermato per far vedere che se ci fossero macchine con organi e forma di scimmia o di qualche altro animale privo di ragione, non avremmo nessun mezzo per accorgerci che non sono in tutto uguali a questi animali; mentre se ce ne fossero di somiglianti ai nostri corpi e capaci di imitare le nostre azioni per quanto è di fatto possibile, ci resterebbero sempre due mezzi sicurissimi per riconoscere che, non per questo, sono uomini veri. In primo luogo, non potrebbero mai usare parole o altri segni combinandoli come facciamo noi per comunicare agli altri i nostri pensieri. Perché si può ben concepire che una macchina sia fatta in modo tale da proferire parole, e ne proferisca anzi in relazione a movimenti corporei che provochino qualche cambiamento nei suoi organi; che chieda, ad esempio, che cosa si vuole da lei se la si tocca in qualche punto, o se si tocca in un altro gridi che le si fa male e così via; ma non si può immaginare che possa combinarle in modi diversi per rispondere al senso di tutto quel che si dice in sua presenza, come possono fare gli uomini, anche i più ottusi. L'altro criterio è che quando pure facessero molte cose altrettanto bene o forse meglio di qualcuno di noi, fallirebbero inevitabilmente in altre, e si scoprirebbe cosí che agiscono non in quanto conoscono, ma soltanto per la disposizione degli organi.”

V; 1996
Discorso sul metodo

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“Quello veramente da tener di mira è la sua nuova concezione stilistica. La nota che la caratterizza è una ricerca così tenace di concisione, da ricordare la sobrietà dei grandi periodi arcaici. A tal fine il Caravaggio si serve principalmente di due mezzi: della luce e della composizione. Egli, come è noto, immerge le sue scene nell'oscurità, investendole di un getto violento di luce radente, in modo che alcune parti soltanto affiorino dalle tenebre nella luce. Questa, creduta fino ad oggi, e forse dagli stessi suoi seguaci, una trovata realistica fu, caso mai, una concessione alla fantasia – come pare la interpretasse lo stesso Rembrandt –, ma soprattutto una ricerca di unità e di stile: un mezzo a mettere in valore certe parti e linee essenziali delle cose, facendole affiorare nella luce e ad eliminarne nelle tenebre altre secondarie, inutili o dannose ad una concisa rappresentazione. L'altro mezzo che il Caravaggio impiega per raggiungere l'unità stilistica riguarda, dunque, la composizione del quadro. Per il primo Michelangiolo aveva decisamente spezzato la secolare uniformità degli schemi compositivi a linee e piani paralleli "al quadro", e aveva mostrato quante maggiori risorse di movimento e di energia offrisse l'impostatura, diciamo, in tralice di certe sue figure; risorsa che il Tintoretto aveva spinto al colmo, limitandola però anche lui troppo a singole figure isolate. Era riserbato al Caravaggio di coronare la geniale iniziativa dei suoi precursori estendendo questo stesso sistema costruttivo a tutta quanta la compagine della composizione, in modo da ottenere in un sol tratto, con sintesi insuperata, il massimo risultato di senso plastico e dinamico. (da [http://books.google.it/books?id=euFBAQAAIAAJ Il Caravaggio], 1922; citato in * Caravaggio”

Matteo Marangoni (1876–1958) critico d'arte e compositore italiano

pag. 186
Francesca Marini, 2003
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“[Fabrizio] chiedeva perdono a Dio per molte cose; ma, fatto notevole, non pensò neppure ad annoverare tra i suoi peccati il progetto di diventare arcivescovo, per la semplice ragione che il conte Mosca era primo ministro e giudicava quel posto e i suoi svariati privilegi convenienti al nipote della duchessa. Fabrizio l'aveva desiderato senza eccessivo slancio, è vero, però ci aveva pensato spesso, proprio come avrebbe fatto per un posto di ministro o di generale. Non gli era mai passato per la testa che la sua coscienza potesse avere voce in capitolo nel progetto della duchessa: e questo è un esempio concreto della strana forma di religione imparata da Fabrizio presso i gesuiti di Milano. È una religione che toglie il coraggio di pensare alle cose che non rientrano nelle abitudini, e vede nell'esame di coscienza il più grave di tutti i peccati, perché rappresenta un passo avanti verso il protestantesimo. Per sapere di cosa si è colpevoli, bisogna chiederlo al prete, oppure leggere la lista dei peccati così come appare nei libri intitolati "Preparazione al sacramento della Penitenza". Fabrizio sapeva a memoria la lista dei peccati redatta in latino; l'aveva imparata all'Accademia Ecclesiastica di Napoli. Mentre la recitava, arrivato alla voce "delitto", si era accusato davanti a Dio di avere ucciso un uomo, anche se per legittima difesa. Aveva rapidamente elencato, ma senza farci attenzione, i diversi articoli relativi al peccato di simonia (procurarsi attraverso il denaro le dignità ecclesiastiche). Se gli avessero chiesto cento luigi per diventare primo gran vicario dell'arcivescovo di Parma, avrebbe respinto la proposta con sdegno; ma, pur non mancando di intelligenza né di logica, non gli venne mai in mente che impiegare a suo vantaggio l'autorità del conte Mosca fosse una simonia. E qui trionfa l'educazione gesuitica: abituare la gente a non fare attenzione a cose più chiare della luce del sole. Un francese cresciuto all'insegna dell'interesse personale e nutrito di ironia parigina avrebbe facilmente, e in buona fede, accusato Fabrizio di ipocrisia, proprio nel momento in cui il nostro eroe apriva il suo cuore a Dio con la più grande sincerità e la più profonda commozione.”

Libro Primo – Capitolo XII
La Certosa di Parma

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“Terra, terra silenziosa. | Silenziosa, | con la pelle bruciata, la statura nuda, | perdona, Hiroshima… | Perdona ogni passo | che sfiora una tua ferita, rompe una cicatrice… | Perdona uno sguardo | che ti fa male anche se t'accarezza… | Perdona qualsiasi parola | che smuove l'aria in cui cerchi | i tuoi bambini, | popoli di bambini perduti per sempre. | Non c'è | non può esistere | una tomba! Vento c'è… vento… vento… | È la loro voce | che risuona | di giorno in giorno più debole | soltanto nel ricordo.”

Eugen Jebeleanu (1911–1991) Scrittore e traduttore Rumeno

da Il primo incontro
Origine: In Il sorriso di Hiroshima, brano pubblicato nella rivista L'Europa letteraria del dicembre 1961, traduzione di Dragos Vranceanu e Franco Costabile; citato in Giuseppe Passarello, Voci del tempo nostro, antologia di letture moderne e contemporanee, Società editrice internazionale, Torino, 1968, p. 904.

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“Cosa successe il 7 aprile [1979]? Ci fu una grande retata disposta dall'allora sostituto Procuratore di Padova Pietro Calogero, magistrato, che fece arrestare i più importanti leader dell'Autonomia Operaia in tutta Italia, sostenendo che avevano un progetto comune strategico con le Brigate Rosse per cercare di sollecitare un'insurrezione, una rivolta, un fenomeno eversivo nei confronti dello Stato italiano, […] questo è il 7 aprile, Potere Operaio, Autonomia Operaia, Brigate Rosse, connivenze nelle università nei movimenti sindacali, nelle fabbriche, Toni Negri il più famoso tra gli arrestati di quell'operazione. […] Il 7 aprile questi signori di Autonomia Operaia ho detto Toni Negri ma c'erano anche Ibesci, Scalzone, Ferrari Bravo, Piperno, le associazioni sovversive, insurrezione armata contro lo Stato, alcuni vennero accusati di avere a che fare anche con il rapimento di Moro di qualche mese prima, si parlò di teorema Calogero che naturalmente ipotizzava che l'Autonomia fosse una specie di cervello che un'organizzazione molto più ampia, Autonomia Operaia Organizzata che poi si esplicitava in varie forme, […] Toni Negri è stato poi condannato in primo grado a 30 anni e in appello a 17, grazie a Pannella è stato eletto parlamentare così si è sottratto alla giustizia per 14 anni latitante in Francia e poi è rientrato in Italia e ha scontato un pezzettino della pena, Scalzone ha avuto una pena definitiva di 8 anni, altri hanno avuto pene minori, per alcuni le accuse sono cadute, per altri sono rimaste, come sempre nei processi, quindi non era affatto un teorema, era una cosa che poi è stata dimostrata con tanto di sentenze definitive.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

da Minority Gasparri, 20 dicembre 2010
BeppeGrillo.it
Origine: In realtà la Corte d'Assise d'Appello condannò Negri a 12 anni nel 1987.

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“Per anni, la gente è rimasta meravigliata quando mi trovavo a perdere un set. Sembrava quasi, per i giornalisti, che non avessi più il diritto di perdere una partita. Raggiungevo la finale? Non andava bene. La semifinale? Non ne parliamo nemmeno. Un quarto di finale? Era come se avessi perso al primo turno. Era tutto diventato davvero estremo.”

Roger Federer (1981) tennista svizzero

2015
Origine: Da un'intervista rilasciata al quotidiano Le Monde prima del Roland Garros 2015; citato in Roger Federer: "Nei miei anni d´oro sembrava quasi che non avessi più il diritto di perdere" http://www.tennisworlditalia.com/Roger-Federer--Nei-miei-anni-doro-sembrava-quasi-che-non-avessi-piu-il-diritto-di-perdere-articolo29030.html, TennisWorldItalia.com, 22 maggio 2015.

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“La Juventus è una società solida, incredibilmente forte con un dna preciso: lì impari a capire, sin dal primo giorno, il significato della parola vittoria; rinnovando ad ogni allenamento la fame e la voglia di non mollare mai. Il Milan è un grandissimo club con tradizione storica e tantissime vittorie, ma mi ha impressionato di più l'ambiente di Torino.”

Emerson Ferreira da Rosa (1976) calciatore brasiliano

Citazioni di Emerson
Origine: Dall'intervista di Romeo Agresti, Emerson a Goal: "Numeri incredibili per la Juventus, il Milan è fallimentare" http://www.goal.com/it/news/1942/esclusivo/2016/05/20/23719542/emerson-a-goal-numeri-incredibili-per-la-juventus-il-milan-%C3%A8, Goal.com, 20 maggio 2016.

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