Frasi su semplice
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“Il carcere, e talvolta anche solo un semplice interrogatorio, sono una grande vergogna per gli uomini onesti.”

Carlo Biotti (1901–1977) Giudice della Corte Suprema di Cassazione, Presidente del Tribunale di Milano, Consigliere di Amministrazio…
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“Chinnici era un uomo semplice e schietto; il suo viso ricordava la Sicilia contadina, pulita; i suoi occhi esprimevano bontà grande, intelligenza e fermezza. Come Cesare Terranova, del fenomeno mafioso sapeva cogliere sempre e solo l'essenziale, senza vagare tra le nuvole di teorie astratte, improbabili e romanzesche o nello scetticismo interessato e mistificatorio.”

Emanuele Macaluso (1924) politico, sindacalista e giornalista italiano

Origine: Da un editoriale de l'Unità; citato in Fabio De Pasquale e Eleonora Iannelli, Così non si può vivere, Castelvecchi Rx (estratto riportato in "Il boato e un cratere": trent'anni fa moriva Rocco Chinnici http://tg24.sky.it/tg24/cronaca/2013/07/26/anniversario_morte_rocco_chinnici_cosi_non_si_puo_vivere_castelvecchi.html, Tg24.sky.it, 26 luglio 2013).

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“D'altra parte già la pura e semplice possibilità del tradurre mostra che a fondamento di tutte le lingue vi è un'unica segreta lingua originaria, la lingua dello spirito umano, senz'altro.”

Walther Kranz (1884–1960) filologo e storico della filosofia tedesco

Origine: Da Die griechische Philosophie, Bremen, 1955, p. 334; citato in epigrafe a Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, a cura di Marcello Gigante, Mondadori, Milano, 2009.

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“Eh, già, certo, – disse Trouscaillon, che con questa semplice ellissi utilizzava iperbolicamente il circolo vizioso della parabola.”

Raymond Queneau (1903–1976) scrittore, poeta e matematico francese

X; 1960, p. 87
Zazie nel metró

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“[Walter Benjamin] Essenzialmente un puro e semplice metafisico, attirato da soggetti che con la metafisica avevano poco o nulla da spartire […].”

Gershom Scholem (1897–1982) filosofo e teologo israeliano

Origine: Citato in Walter Laqueur, La Repubblica di Weimar, traduzione di Lydia Magliano, Rizzoli, Milano, 1977, p. 82.

“Nel momento in cui devo fare un videoclip rimango nello stilema classico del cantante che canta e del batterista che suona, ma all'interno di un sistema così semplice io gioco creando qualcosa di nuovo.”

Alex Infascelli (1967) regista italiano

Da L'intervista ad Alex Infascelli, regista di "Un po' esageri" dei Verdena http://www.rockit.it/verdena-un-po-esageri-video-infascelli-intervista

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“Non è certo una preferenza filosofica, o ideologica, che mi spinge a cercare soluzioni di tipo federale alla crisi del nostro Paese, ma la semplice constatazione che il centralismo, in Italia, ha giocato tutte le proprie carte e ha perso la partita.”

Gianfranco Miglio (1918–2001) giurista, politologo e politico italiano

Origine: Da Gianfranco Miglio e Augusto Barbera, Federalismo e Secessione – Un dialogo, febbraio 1997, Arnoldo Editore.

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“Prete Pero è un buon cristiano, | Lieto, semplice, alla mano; | Vive e lascia vivere.”

Giuseppe Giusti (1809–1850) poeta italiano

da Il Papato di Prete Pero, 1

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“Occorre dare un senso alla vita per il semplice fatto che essa non ha senso.”

Henry Miller (1891–1980) scrittore, pittore e saggista statunitense

Morte creatrice
Il giudizio del cuore

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“E chissà se Vasco Rossi, con le parole semplici delle canzoni, non finirà per essere più convincente dei tanti intellettuali che, derisi e vilipesi, da decenni denunciano e annunciano il crepuscolo della Modernità.”

Massimo Fini (1943) giornalista, scrittore e drammaturgo italiano

Origine: Da «Il crepuscolo della modernità. È ora di fare un passo indietro.» http://www.massimofini.it/2008/il-crepuscolo-della-modernita-e-ora-di-fare-un-passo-indietro, 2008.

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“Facciamo bene a stare insieme stasera, | facciamo bene perché è sabato sera.”

Vasco Rossi (1980) cantautore italiano

da L'uomo più semplice, n. 13
Sono innocente

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“Anche se toccando il tema dell’Inquisizione, dell’ortodossia che difendeva e della politica cui obbediva, del suo universo giuridico, dei mezzi e delle persone di cui si serviva, immediatamente si e portati a una traduzione visiva in cui prevalentemente gioca la memoria dei quadri del Greco o di Zurbaran, a guardar bene è la pittura di Murillo che, al di là dell’atmosfera da idillio, può meglio spiegare le manifestazioni eterodosse di un vastissimo arco temporale e la conseguente reazione del Sant’Uffizio. E può, soprattutto, spiegarcele a livello di eterodossia spicciola, triviale o soltanto blasfema.
Perchè sarà magari possibile cogliere nella pittura di Murillo influssi dottrinali dell’Inquisizione o dei gesuiti, ma quel che appare più evidente è che siamo di fronte a un pittore che interpreta il sentire religioso del popolo nel modo più autentico e semplice, con una familiarità alle cose della fede da cui è facile travalicare in una eresia di tipo quietista o in un culto talmente umano da diventare blasfemo o che in vera e propria bestemmia si rovescia.
I santini che da secoli moltiplicano e diffondono le immagini del Murillo come di nessun altro pittore, sono in questo senso una prova. Il mondo sacro che egli rappresenta — cosi sospeso tra il terrestre e il celeste, tra la natura e la transumana beatitudine — è un mondo familiarizzabile, familiarizzante; e quindi, nel momento in cui delude, nel momento in cui appare estraneo, in cui non interviene a stornare sventure e a correggere la sorte, bestemmiabile.
Bisogna anche aggiungere che la santità, nelle rappresentazioni di questo pittore, sembra essere un attributo della buona salute, del buon nutrimento, della domestica pace economica: e da ciò l’insinuarsi, nei momenti più affannati e affamati del mondo contadino, di un sentimento che può assomigliarsi all’invidia e comunque di insofferenza, di avversione.”

Leonardo Sciascia (1921–1989) scrittore e saggista italiano

Ore di Spagna

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“A nessuno importerà quali individui siano stati modificati per costruire un romanzo. Lo so, c’è sempre un certo tipo di lettore che si sentirà in dovere di chiedere: Ma che cosa è successo veramente? La risposta è semplice: gli amanti sopravvivono, felici. Finché resterà anche una sola copia, un unico dattiloscritto della mia stesura finale, la mia Arabella dall'animo sincero e il suo principe-dottore sopravviveranno per amarsi. Il problema in questi cinquantanove anni è stato un altro: come può una scrittrice espiare le proprie colpe quando il suo potere assoluto di decidere dei destini altrui la rende simile a Dio? Non esiste nessuno, nessuna entità superiore a cui possa fare appello, per riconciliarsi, per ottenere il perdono. Non c’è nulla al di fuori di lei. È la sua fantasia a sancire i limiti e i termini della storia. Non c’è espiazione per Dio, né per il romanziere, nemmeno se fossero atei. È sempre stato un compito impossibile, ed è proprio questo il punto. Si risolve tutto nel tentativo. […] Mi piace pensare che non sia debolezza né desiderio di fuga, ma un ultimo gesto di cortesia, una presa di posizione contro la dimenticanza e l'angoscia, permettere ai miei amanti di sopravvivere e vederli riuniti alla fine. Ho regalato loro la felicità, ma non sono stata tanto opportunista da consentire che mi perdonassero, non proprio, non ancora.”

Atonement

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“Non ci accorgiamo subito, ma solo dopo, di quanto è importante la scelta né distratta, né casuale, di scrivere, di far durare le nostre visioni prima per noi, poi per qualcuno vicino e infine per tanti lontani e invisibili. Ma non è così semplice. A volte tutto questo diventa privilegio, abitudine, sopravvivenza. Scrivere non è necessariamente pubblicare, ripeto sempre. Ma ho scritto un solo libro e già soffro perché non riesco a pubblicarne un altro. E spesso mi irrito con quelli che vogliono entrare nel mio mondo, schernisco i miei compagni di desiderio, sono impaurito da questa orda di carta, da questa immigrazione di extracomunicanti. Perché volete entrare in questo mondo di premi farseschi, di parassiti accademici, di cretini televisivi elevati a saggisti e di saggisti che aspirano a diventare cretini televisivi? Perché, se ogni scrittore ben sa che un giorno, o tutta la vita, si sentirà sottovalutato e incompreso? Se un giorno deciderà di bruciare i suoi libri, e il giorno dopo vorrà segnare con una croce di sangue ogni volume non suo, acciocché l’Angelo Maceratore scenda e cancelli i suoi rivali dalla storia e dalle classifiche?
– E lei perché vuol vivere in questo difficile mondo? – disse il professor Virgilio.
– Giusto. Non perché non so fare altro. Ma perché non conosco niente di così confuso, inestricabile, e tuttavia sempre avventuroso.”

Achille piè veloce

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“Buffo come siano semplici i desideri umani quando si è perso tutto.”

The Darkest Pleasure

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“Personalmente, per quel tanto che conosco della storia dell'lnquisizione spagnola in Sicilia, nella mostra di Madrid mi imbatto in vecchie conoscenze e particolarmente in quella di Luis Rincon de Paramo (o Paramo del Rincon) che, per la verità, prima che nei fasti dell'lnquisizione di Sicilia, ho conosciuto nel Dizionario Filosofico di Voltaire, appunto alla voce Inquisizione. “Questo Paramo — dice Voltaire — era un uomo semplice, esattissimo nelle date, che non trascurava alcun fatto che avesse un qualche interesse, e calcolava col massimo scrupolo il numero delle vittime umane che il Sant’Uffizio aveva immolato in tutti i paesi”; e prima lo aveva proclamato “uno dei più rispettabili scrittori e dei più vivi splendori del Sant’Uffizio”. Il fatto è che il libro di Paramo lo divertiva, gli permetteva di affilarvi sopra la più micidiale ironia. Si direbbe, anzi, che, una volta imbattutosi nel libro di Paramo, Voltaire non abbia sentito il bisogno di cercare altro, sull’Inquisizione; e ragionevolmente. Paramo risponde così pienamente, così esattamente all’avversione laica nei confronti dell’istituzione, del fanatismo su cui si fonda, delle sue procedure e dei suoi uomini, che basta soltanto riassumerlo o citarlo testualmente per conseguire l’effetto di alimentare e ingigantire quell’avversione. Voltaire lo riassume: oggettivamente, impassibilmente. Che è sempre il modo migliore di fronteggiare il fanatismo, anche se ben sappiamo che non sempre il ridicolo uccide (avendo attraversato il fascismo negli anni suoi più comici, tra la conquista dell’Etiopia e la seconda guerra mondiale, abbiamo coi nostri occhi constatato che al ridicolo non solo si sopravvive ma se ne può trarre nutrimento e forza).”

Leonardo Sciascia (1921–1989) scrittore e saggista italiano

Ore di Spagna

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“Robert Lindet, ossessionato creatore di quella piovra che aveva la sua testa nel comitato di sicurezza generale e che stendeva le braccia, ventunmila!, su tutta la Francia attraverso i comitati rivoluzionari; Lebuef, sul quale Girey-Duprè scrisse nel suoquesto verso: «Lebouf vit Legendre et beugla»; Thomas Paine, americano, incline alla clemenza; Anacharsis Cloots, tedesco, barone, milionario, ateo, hébertiano, animo candido; l'integerrimo Lebas, amico dei Duplay; Rovère, una delle rare creature che godono della perfidia come uno può godere dell'arte per l'arte, il che avviene più frequentemente di quanto non si creda; Charlier, il quale voleva che si trattassero gli aristocratici con il; Tallien, elegiaco e feroce, dai cui amori nascerà il 9 termidoro; Cambacéres, un procuratore che diverrà principe; Carrier, un procuratore che si paleserà tigre; Laplanche, il quale esclamò un giorno: «Voglio che sia data priorità al cannone d'allarme»; Thuriot, che propose la votazioneda parte dei giurarti del tribunale rivoluzionario; Bourdon de l'Oise, che sfidò a duello Chambon, denunciò Paine e fu denunciato da Hébert; Fayau, il quale propose l'invio nella Vandea di «un'armata incendiaria»; Tavaux, che il 13 aprile tentò la mediazione tra Gironda e Montagna; Vernier il quale chiese che i capi girondini e quelli della Montagna andassero a servire la patria come semplici soldati; Rewbell, che si chiuse dentro Magonza assediata; Bourbotte, che ebbe il suo cavallo ucciso alla presa di Saumur; Guimberteau, che fu a capo dell'armata delle Côtes di Cherbourg; Jard-Panvilliers, il quale comandò le truppe della Côtes de la Rochelle; Lecarpentier, che comandò la squadra di Concale; Roberjot, vittima dell'imboscata di Radstadt; Prieur de la Marne, che si compiaceva di indossare sul campo di battaglia le sue vecchie spalline di comandante si squadrone; Levasseur de la Sarthe, il quale, con una sola parola, indusse al sacrificio Serrent, comandante del battaglione di Saint-Armand; Reverchon, Maure, Bernard de Saintes, Charles Richard, Lequinio, e, in testa a questo gruppo un Mirabeau che portava il nome di Danton. Estraneo a questi due gruppi e dominatore di entrambi, Robespierre.”

Victor Hugo (1802–1885) scrittore francese
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“Dall'archivio magnetico del signor Alex D. Alla fine, l'equilibrio interiore non é da cercare. Forse ce l'abbiamo già, e più ci muoviamo o agitiamo o altro, e più ce ne alltonatniamo. Il fatto é che a parlare di equlibrio interiore mi sento un povero stronzo. Mi sembra uno di quei termini che si usano nelle sedute di psicoanalisi liberatoria collettiva o nei rifugi per donne violentate.
Okay. Tutto mi dice di essere forte, determinato negli scopi, capace di andare avanti nella Vita, ma se uno sente che é arrivato il momento di cambiare un pò rotta o anche solo il bisogno di fermarsi a ragionare sul serio per proprio conto? Voglio dire: e i cazzi di sette e mezzo in latino, per esempio, che da semplici strumenti sono diventati una specie di fine ultimo?… Insomma, a quanto ne so dovrei studiare per strappare un titolo di studio che a sua volta mi permetta di strappare un buon lavoro che a sua volta mi permetta di strappare abbastanza soldi per strappare una qualche cavolo di serenità tutta guerregiata e ferita e massacrata dagli sforzi inauditi per raggiungerla.
Cioè, uno dei fini ultimi é questa cavolo di serenità martoriata. Il ragionamento é così. Non ci vuole un genio. E allora, perché dovrei sacrificare i momenti di serenità che mi vengono incontro spontaneamente lungo la strada?
Perché dovrei buttarli in un pozzo, se fanno parte anche loro del fine a cui tendere? Se un pomeriggio posso andare a suonare o uscire con una ragazza che mi piace, perché cavolo devo starmene in casa a trascrivere le versioni dal traduttore o far finta di leggereil sunto di filosofia? La realtà é che mi trovo a sacrificare il me diciassettenne felice di oggi pomeriggio a un eventuale me stesso calvo e sovrappeso, cinquantenne soddisfatto, che apre la porta del garage col comando a distanza e dentro c'ha una bella macchina, una moglie che probabilmente gli fa le corna col commercialista e due figli gemelli con i capelli a caschetto identici in tutto ai bambini nazisti della kinders. Tutti dentro il garage, magari, no. Diciamo più o meno intorno. Cioè, circondato. Dovunque la domanda è: un orrore di queste proporzioni vale più del sole e del gelato di oggi pomeriggio? Più di qualunque ragazza? Più di Valentina che arriva sorridendo all'appuntamento con dieci minuti di ritardo e una maglietta blu con dentro quel ben di Dio sorprendente?”

Jack Frusciante Has Left the Band: A Love Story- with Rock 'n' Roll

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“- Andiamo al British Museum.
Detto fatto. Per non perderci, ci demmo appuntamento a mezzogiorno in Mesopotamia. Non è una cosa da tutti i giorni poter fissare un appuntamento in un posto del genere.
In quel tipo di edifici, apprezzo ancora di più l’insieme che il dettaglio. Mi piace passeggiare, senza altra logica che il mio piacere, dall’antico Egitto alle Galapagos passando per Sumer. Ingozzarmi di tutta l’assiriologia mi rimarrebbe sullo stomaco, mentre piluccare qualche carattere cuneiforme a mo’ di aperitivo, rune come antipasto, la stele di Rosetta come piatto principale e delle mani a negativo preistoriche come dessert manda in estasi le mie papille.
Quello che non sopporto, nei musei, è il passo lento e solenne che le persone si credono obbligate in cuor loro ad adottare. Quanto a me, mi sposto con passo ginnico, abbracciando con lo sguardo vaste prospettive: che si tratti di archeologia o di pittura impressionista, ho notato i vantaggi di questo metodo. Il primo è evitare l’atroce effetto guida turistica: “Ammirate la bonarietà dello sceicco el-Beled: non vi sembra di averlo incrociato ieri al mercato?” oppure: “Una controversia oppone la Grecia e il Regno Unito a proposito del fregio del Partenone.” Il secondo è concomitante al primo: rende impossibili i commenti all’uscita dal museo. I Bouvard e Pécuchet moderni devono chiudere il becco. Il terzo vantaggio, e non il meno importante per quanto mi riguarda, è che impedisce l’insorgere del terribile mal di schiena museale.
Intorno a mezzogiorno, mi resi conto di essermi persa. Affrontai un responsabile in questi termini:
– Mesopotamia, please.
– Third floor, turn to the left – mi venne risposto nel modo più semplice possibile.
E questa è la dimostrazione che ci si sbaglia nel ritenere la Mesopotamia tanto inaccessibile.”

Pétronille

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“Vorrei solo poter restare qui tutta la notte e continuare a scrivere. Scrivere mi fa bene. Lo sento. Anche quando scrivo cose tristi, qualcosa in me si tranquillizza, sento di avere uno scopo.

Voglio rimanere qui e raccontare le cose più semplici. Descrivere la foglia che è appena caduta. O la catasta di sedie in veranda. O le falene attratte dalla lampada. E raccontare ciò che avviene durante la notte finché il buio si tramuta in luce, fino ai cambiamenti di colore. Potrei rimanere qui seduta per giorni e notti a descrivere ogni stelo d'erba, ogni fiore, i sassi del muretto, le pigne. Solo dopo, quando mi sentirò pronta, passerò a scrivere di me. Del mio corpo, per esempio. Comincerò da lui, da ciò che è tangibile. Ma anche con lui partirò da lontano, dalle dita dei piedi, per avvicinarmi piano piano. Descriverò ogni sua parte, ne annoterò le sensazioni, quelle di un tempo e quelle attuali. I ricordi della caviglia, per esempio, o della guancia, o del collo. Perché no? Attraverso le carezze, i baci e le cicatrici. Mantenermi viva con la scrittura. Ci vorrà un sacco di tempo ma ne ho molto a mia disposizione. La vita è lunga e voglio raccontare di me stessa, raccontare quello che probabilmente nessuno mi racconterà mai. La mia storia. Senza aggiunte, ma anche senza detrazioni. Scrivere senza pretendere nulla. Da nessuno. Scrivere solo la mia voce.”

David Grossman (1954) scrittore e saggista israeliano

Be My Knife

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“La semplice esistenza di un fondo di conoscenza non è sufficiente; a meno che la conoscenza non venga nutrita ed alimentata da insegnanti devoti ed allo stesso tempo da studenti desiderosi, questa, come una pozza d'acqua formatasi in seguito alle piogge cambierà il suo colore e lentamente scomparirà.”

Haile Selassie (1892–1975) negus neghesti etiope

Citazioni tratte dai discorsi
Origine: Dal discorso per la quinta cerimonia di laurea all'H.S.I.U. (Haile Selassie I University), 30 giugno 1966; citato in Discorsi di sua maestà imperiale Haile Selassie I tradotti in italiano.

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“Una Rotta d'Evanescenza | con una Ruota turbinante | una Risonanza di Smeraldo | un Impeto di Cocciniglia | e ogni Bocciolo sul Ramo | sistema il suo Capo arruffato – | Posta da Tunisi, probabilmente, | in semplice Passaggio Mattutino.”

Emily Dickinson (1830–1886) scrittrice e poetessa inglese

Colibrì, J1463 – F1489, vv. 1-8
Lettere
Variante: Una Rotta d'Evanescenza | con una Ruota turbinante | una Risonanza di Smeraldo | un Impeto di Cocciniglia | e ogni Bocciolo sul Ramo | sistema il suo Capo arruffato – | Posta da Tunisi, probabilmente, | in semplice Passaggio Mattutino. (J1463 – F1489

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