Frasi su agonia

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema agonia, morte, vita, essere.

Frasi su agonia

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“Invano l'Occidente cerca per sé una forma di agonia degna del proprio passato.”

Emil Cioran (1911–1995) filosofo, scrittore e saggista rumeno

Sillogismi dell'amarezza

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“Hai pregato bestemmiando per la rabbia.. Per tutta l'agonia.. Per le scelte che, stava facendo Dio.”

Luciano Ligabue (1960) cantautore italiano

da Lettera a G, n. 7
Nome e cognome

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“Curarsi […] per certe malattie è come imparare a nuotare. In caso di naufragio non serve che a prolungare l'agonia.”

Pitigrilli (1893–1975) scrittore e aforista italiano

da I vegetariani dell'amore, Sonzogno

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“Quando morì Papa Pacelli, nel fatale 9 ottobre del 1958, lo stesso mese e anno in cui la legge Merlin chiuse i bordelli, l'archiatra pontificio Riccardo Galeazzi Lisi, novello Griso, tradì il suo padrone fotografandolo in punto di morte e consegnando l'odioso bottino ai giornali. Fu la prima pubblica dissacrazione della più sessuale intimità: l'agonia e morte di un semidio. Ebbe così inizio l'inesorabile decadenza dell'eros in occidente. I figli dei fiori e il libero amore, le comunità promiscue e fumate, il culto della perversione, la tivù scollacciata e la moda burina, hanno propiziato la catastrofe. Che per eccitarsi, con risultati deprimenti, si faccia ricorso alle cassette porno, alla pedofilia e a tutto il resto, la dice lunga ma anche brevissima, dice frigidità. Sesso in pillole, pillole del giorno dopo che dovrebbero cancellare ogni conseguenza dell'amore e invece cancellano solo l'amore e il bambino generando odio e mostri; droghe che sforzandosi di potenziare l'eros in realtà lo anestetizzano, sicché l'urlo interiore: "chi sta scopando al mio posto!?". La parola d'ordine è "non pensare!", ma senza pensiero la sessualità langue. È il pensiero di compiere qualcosa di peccaminoso, di audace, d'irreparabile, di unico ed eterno, che conferisce all'atto sessuale una gloria incancellabile nonostante tutti gli accorgimenti. Il peccato provoca, interroga, costringe a pensare, fa sudare, stringe in una morsa dolorosa; scrollarsi di dosso il peccato, per molti l'unico appiglio al simbolico, comporta svaporare nell'immaginario più sfrangiato.”

Umberto Silva (1943) psicoanalista e scrittore italiano
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“Coloro che sperimentano tecniche operatorie o medicine su animali, oppure iniettano loro delle malattie per poter aiutare gli esseri umani coi risultati ottenuti, non dovrebbero mai tranquillizzare la loro coscienza con la scusa generale che le loro terribili azioni vengono compiute per un nobile scopo. È loro dovere riflettere in ogni singolo caso se è realmente e veramente così necessario sacrificare un animale per l'umanità. Dovrebbero preoccuparsi ansiosamente di alleviare il più possibile il dolore che provocano.
Quanti delitti vengono in questo modo perpetrati negli istituti scientifici dove spesso si tralascia di usare i narcotici per risparmiare tempo e fatica! Quanti delitti si compiono facendo soffrire agli animali le torture dell'agonia, solo per dimostrare agli studenti delle verità scientifiche che sono già perfettamente conosciute! Il fatto che l'animale, come vittima della ricerca, abbia col suo dolore reso tali servizi all'uomo sofferente, crea di per sé un nuovo ed unico rapporto di solidarietà tra lui e noi. Ne risulta per ognuno di noi l'obbligo di impegnarsi a fare quanto più bene è possibile a tutte le creature, in ogni circostanza. Quando aiuto un insetto in difficoltà lo faccio nel tentativo di cancellare una parte della colpa commessa con questi crimini contro gli animali.”

Albert Schweitzer (1875–1965) medico, teologo, musicista e missionario luterano tedesco, di origine francese alsaziana

1994, pp. 903-904
Civilization and Ethics

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Questa traduzione è in attesa di revisione. È corretto?
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“Dire quella parola e poi morire: cosa v'è di più grande? Poiché voler morire è morire e non fu colpa di quell'uomo se, mitragliato, sopravvisse.
Colui che ha vinto la battaglia di Waterloo non è Napoleone messo in rotta, non è Wellington, che alle quattro ripiega e alle cinque è disperato, non è Blücher che non ha affatto combattuto; colui che ha vinto la battaglia di Waterloo è Cambronne. Poiché fulminare con una parola simile il nemico che v'uccide, significa vincere.
Dar questa risposta alla catastrofe, dire siffatta cosa al destino, dare codesta base al futuro leone, gettar codesta ultima battuta in faccia alla pioggia della notte, al muro traditore d'Hougomont, alla strada incassata d'Ohain, al ritardo di Grouchy e all'arrivo di Blücher; esser l'ironia nel sepolcro, fare in modo di restar ritto dopo che si sarà caduti, annegare in due sillabe la coalizione europea, offrire ai re le già note latrine dei cesari, fare dell'ultima delle parole la prima, mescolandovi lo splendore della Francia, chiudere insolentemente Waterloo col martedì grasso, completare Leonida con Rabelais, riassumer questa vittoria in una parola impossibile a pronunciare, perder terreno e conquistare la storia, aver dalla sua, dopo quel macello, la maggioranza, è una cosa che raggiunge la grandezza eschilea.
La parola di Cambronne fa l'effetto d'una frattura: la frattura d'un petto per lo sdegno, il soverchio dell'agonia che esplode.”

II, I, XV; 1981
I miserabili

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“Le sanzioni sono morte, si tratta ora di provvedere al loro seppellimento. Ma qualche volta il funerale è più lungo e complicato di un'agonia. […] Sono d'accordo con voi. Bisogna ridurre al minimo la durata dei funerali societari.”

Neville Chamberlain (1869–1940) politico inglese

da un colloquio con l'ambasciatore italiano a Londra Dino Grandi nel giugno 1936
Origine: Le sanzioni inflitte all'Italia per la sua invasione dell'Abissinia.
Origine: Citato in Richard Lamb, Mussolini e gli inglesi, p. 241.

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“Agonia è l'altro volto dell'esperienza dell'alterità: se l'Altro è altro il rapporto all'altro è lotta.”

Bruno Forte (1949) arcivescovo cattolico e teologo italiano

La pietas del pensiero

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“Vista nella sua realtà bruta, tutta la guerra di trincea sarebbe null'altro che un'agonia di animali in agguato.”

Mario Praz (1896–1982) critico d'arte, critico letterario e saggista italiano

p. 13

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“Questo c'è di buono", notò, "che non si soffre a lungo quando la testa viene troncata."
"Così dicono tutti, e perciò hanno inventato quella così detta ghigliottina. A me invece balenò allora il sospetto: e se invece è quello il colmo della sofferenza? Questo vi parrà strano, vi farà ridere… eppure… Prendiamo, per esempio, la tortura: strazio, piaghe, scricchiolio di ossa, dolore materiale insomma, che distrae la vittima dalle sofferenze morali, fino a che non venga la morte. Ma il dolore principale, il più forte, non è già quello delle ferite; è invece la certezza, che fra un'ora, poi fra dieci minuti, poi fra mezzo minuto, poi ora, subito, l'anima si staccherà dal corpo, e che tu, uomo, cesserai irrevocabilmente di essere un uomo. Questa certezza è spaventosa. Tu metti la testa sotto la mannaia, senti strisciare il ferro, e quel quarto di secondo è più atroce di qualunque agonia. Questa non è una mia fantasia: moltissimi ci sono che pensano come me. E ve ne dico anche un'altra. Uccidere chi ha ucciso è, secondo me, un castigo non proporzionato al delitto. L'assassinio legale è assai più spaventoso di quello perpetrato da un brigante. La vittima del brigante è assalita di notte, in un bosco, con questa o quell'arma; e sempre spera, fino all'ultimo, di potersi salvare. Si sono dati casi, in cui l'assalito, anche con la gola tagliata, è riuscito a fuggire, ovvero, supplicando, ha ottenuto grazia dai suoi assalitori. Ma con la legalità, quest'ultima speranza, che attenua lo spavento della morte, ve la tolgono con una certezza matematica, spietata. Attaccate un soldato alla bocca di un cannone, e accostatevi con la miccia: chi sa! Penserà il disgraziato, tutto è possibile… Ma leggetegli la sentenza di morte, e lo vedrete piangere o impazzire. Chi ha mai detto che la natura umana può sopportare un tal colpo senza perdere la ragione? A che dunque questa pena mostruosa e inutile? Un solo uomo potrebbe chiarire il punto; un uomo cui abbiamo letto la sentenza di morte, e poi detto:"Va', ti è fatta la grazia!". Di un tal strazio anche Cristo ha parlato… No, no, è inumana la pena, è selvaggia e non può né deve essere lecito applicarla all'uomo".”

Fëdor Dostoevskij (1821–1881) scrittore e filosofo russo

Myskin; II, 2

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“Ci sarà allegria anche in agonia col vino forte: | porterà sul viso l'ombra d'un sorriso tra le braccia della morte.”

Fabrizio De André (1940–1999) cantautore italiano

da La città vecchia, n. 6
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“Il Divenire: un'agonia senza epilogo.”

Emil Cioran (1911–1995) filosofo, scrittore e saggista rumeno

Sillogismi dell'amarezza

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“Questo cambiamento [il retrocedere dell'uomo vecchio e l'inizio dell'attività dell'uomo nuovo] può prodursi progressivamente, per mezzo di molti sforzi, di fatiche e di tentativi, sostenuti con pazienza e tenacia, grazie anche a molte preghiere con lacrime, grida, violenza, dolore e tristezza. Infatti si tratta di una dolorosa duplice operazione di morte e di parto, espressa da una stessa parola nella Bibbia [1]: sono da un lato i dolori della morte dell'uomo vecchio recalcritrante che vi si oppone con tutto il suo essere e dall'altro i dolori del parto dell'uomo nuovo: essi implicano un'immensa trasformazione dell'essere che l'uomo subisce faticosamente, perché rinasce a immagine del suo Creatore nella giustizia e nella santità della verità. Le forze repulsive richieste per espellere il vecchio e el eforze di attrazione necessarie per mettere in opera il nuovo superano le capacità umane. È come se l'essere uomo dovesse ingaggiare la lotta contro se stesso e mettersi a morte. Se non fosse stato per le qualità eccezionali dell'uomo nuovo, la nuova nascita sarebbe stata impossibile. Ma Dio l'ha creato perché viva, perché domini e nulla possa impedirgli di vivere. Le forze vitali dell'uomo nuovo hanno la meglio sugli atteggiamenti recalcitranti dell'uomo vecchio, con una potenza invincibile che il soggetto percepisce con ammirazione, chiedendosi da dove gli venga questo aiuto, e perché prima fosse nascosto. Egli ha l'impressione di essere liberato da ciò che l'ostacolava e comincia a discernere come l'eco di una voce che lo chiama dall'intimo del suo essere e che lo invita alla traversata. Tuttavia questo stesso cambiamento può anche prodursi all'improvviso – come testimonia l'esperienza di molti – senza sforzo né dolore, come un risveglio dopo un profondo sonno. Sul punto di nascere, l'essere nuovo attende solo più un impulso della grazia, in un movimento di fede ardente nel cuore. Allora si sveglia, si manifesta e suscita lo stupore e l'ammirazione. Si dice allore che il tale si è "rinnovato", si è trasformato. Egli stesso percepisce bene che qualcosa è cambiato nel suo essere, nel suo fisico, nel suo stesso corpo. La sua voce, la sua intonazione, l'espressione del suo viso hanno qualcosa di nuovo. Una gioia serena inonda il suo cuore e sprizza dal suo viso e da tutto il suo essere. La calma interiore colma tutta la sua vita: altrettanti segni che una nuova nascita nello Spirito è effettivamente avvenuta. L'uomo si sente riempito di nuove energie spirituali che gli sembrano venire dall'alto ma che, in realtà, hanno la loro origine all'interno, nell'essenza stessa della sua creazione e della sua eredità celeste. [1] Il travaglio del parto (cf. Rm 8,22) e l'agonia della morte (cf. At 2,24) sono espressi in greco dallo stesso termine: odinas.”

Matta El Meskin (1919–2006) monaco egiziano

Il cristiano: nuova creatura

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“Che lui, | che lui mi dia, sì, | un'ora per calmar | quest'ansia mia, | l'emorragia | ed il veleno | di quest'agonia.”

Mina (1940) pagina di disambiguazione di un progetto Wikimedia

da Che lui mi dia [Basta um dia]
Mina con bignè

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“Vi rendo omaggio Nicola e Bart | Riposate per sempre qui nei nostri cuori | Il momento estremo e finale è vostro | Quell'agonia è il vostro trionfo!”

Joan Baez (1941) cantautrice e attivista statunitense

Here's to you Nicola and Bart | Rest forever here in our hearts | The last and final moment is yours | That agony is your triumph!
Origine: Da Here's to You, scritta con Ennio Morricone.

“Chi potrà dimenticare gli ultimi anni di Herbert von Karajan, che definirei un'agonia altezzosamente organizzata? Si trascinava sul podio sorreggendosi alle pareti e quando vi giungeva trasmetteva un messaggio di luce. Pochi hanno sottolineato, oltre alla capacità di dominare il dolore fisico, l'infinita pazienza di quest'uomo nel lavoro, come se da un'imperfezione sua potesse dipendere la sorte dell'universo.”

Paolo Isotta (1950–2021) critico musicale e scrittore italiano

Origine: Da Muti e Karajan, applausi vietati https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2008/agosto/17/Muti_Karajan_applausi_vietati_co_9_080817007.shtml, Corriere della Sera, 17 agosto 2008, p. 35.

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“Io muojo, ed al suo fine affretta | questa lunga agonia che chiaman vita | qui per istrazio.”

Terenzio Mamiani (1799–1885) filosofo, politico e scrittore italiano

Antonio Oroboni alla sua fidanzata

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“Accade talvolta che, mentre si legge, si sentono pronunziare, da persona che si trova nella stanza, precisamente le stesse parole sulle quali i nostri occhi si posano in quel punto della pagina. Spesso si tratta delle più semplici parole, e non facciamo più caso che d'una curiosa coincidenza tra fatti senza rapporto alcuno tra loro. V'è tuttavia qualcosa di preternaturale in questa che sembra come l'eco udibile di parole mute, quasiché ci sorprendessimo a ripetere con voce non nostra ciò che leggiamo, o che l'altra persona nella stanza pronunziasse per telepatia il nostro testo. Non ci sfugge il carattere strano di queste coincidenze, che per lo meno ci danno un piccolo brivido di sorpresa come la gherminella d'un prestigiatore che, ad esempio, ti fa ritrovare in tasca l'oggetto veduto un attimo prima sul tavolino. Altre volte la coincidenza è più profonda, e veramente ci fa trasalire. Havelock Ellis racconta nella sua Vita come, mentre assisteva la madre ammalata, s'era preso da leggere per la prima volta Peer Gynt di Ibsen; e proprio la mattina che leggeva la scena in cui Peer Gynt è al capezzale di mamma Aase morente, udì dal letto presso cui stava un suono di respiro penoso: quello della propria madre che entrava in agonia. […] Quell'improvvisa rima tra due fatti in apparenza slegati, quella strana cadenza in cui essi combaciano e si fondono quasi, par suggerire un'identità segreta, alzare per un momento il velo d'un mondo metafisico di cui ordinariamente ignoriamo l'esistenza […], perché ci sono momenti in cui effettivamente par che alle nostre parole, alle nostre azioni un'eco si risvegli nel grembo dell'invisibile mondo.”

Mario Praz (1896–1982) critico d'arte, critico letterario e saggista italiano

Origine: Citato in La lingua, la parola e la scrittura http://www.ildialogo.org/filosofia/documenti_1279749889.htm, a cura di Federico La Sala, ildialogo.org, 22 luglio 2010.
Origine: Il patto col serpente, p. 82

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“Agonia: l'aperitivo che precede la morte.”

Roberto Gervaso (1937) storico, scrittore, giornalista

Origine: Aforismi, p. 85

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“Non mangio animali. Non riesco a digerire l'agonia.”

Gianluca Magi (1970) storico delle religioni, orientalista e filosofo italiano

I 64 Enigmi. L'antica sapienza cinese per vincere nel mondo contemporaneo

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“[…] guardare il padre che muore è come vegliare ora per ora la nostra stessa agonia!”

Carlo Maria Franzero (1892–1986) scrittore e giornalista italiano

Origine: Il fanciullo meraviglioso, p. 320