Frasi su invenzione

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema invenzione, essere, stesso, grande.

Frasi su invenzione

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“Soprattutto non credo alla frode dell'Islam Moderato. Come protesto nel libro Oriana Fallaci intervista sé stessa e ne L'Apocalisse, quale Islam Moderato?!? Quello dei mendaci imam che ogni tanto condannano per eccidio ma subito dopo aggiungono una litania di «ma», «però», «nondimeno»? È sufficiente cianciare sulla pace e sulla misericordia per essere considerati Mussulmani Moderati? È sufficiente portare giacche e pantaloni invece del djabalah, blue jeans invece del burka o del chador, per venir definiti Mussulmani Moderati? È un Mussulmano Moderato uno che bastona la propria moglie o le proprie mogli e uccide la figlia se questa si innamora di un cristiano? Cari miei, l'Islam moderato è un'altra invenzione. Un'altra illusione fabbricata dall'ipocrisia, dalla furberia, dalla quislingheria o dalla Realpolitik di chi mente sapendo di mentire. L'Islam Moderato non esiste. E non esiste perché non esiste qualcosa che si chiama Islam Buono e Islam Cattivo.
Esiste l'Islam e basta. E l'Islam è il Corano. Nient'altro che il Corano. E il Corano è il Mein Kampf di una religione che ha sempre mirato ad eliminare gli altri. Una religione che ha sempre mirato a eliminare gli altri. Una religione che si identifica con la politica, col governare. Che non concede una scheggia d'unghia al libero pensiero, alla libera scelta. Che vuole sostituire la democrazia con la madre di tutti i totalitarismi: la teocrazia.”

Oriana Fallaci (1929–2006) scrittrice italiana
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“Chiamare libertà l'invenzione del Mi Piace | è dare dignità alla circonvenzione di incapace. (da Title?, n. 2 del CD bonus)”

Salmo (rapper) (1984) rapper, beatmaker e writer italiano

Hellvisback Platinum Edition

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“[Sulle bugie] Spiritose invenzioni.”

Carlo Goldoni (1707–1794) drammaturgo italiano

da Il bugiardo, I, 4

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“Un lavoratore fornisce abbondantemente agli altri ciò di cui necessitano ed essi gli procurano ampiamente ciò di cui necessita, e una generale abbondanza si diffonde attraverso tutti gli strati della società. Osserva la sistemazione del più comune artigiano o lavoratore giornaliero in un paese civile e fiorente, e ti accorgerai che del numero di persone della sua industria una parte, sebbene una piccola parte, che è stata impiegata per procurargli questa sistemazione, eccede ogni calcolo. Il cappotto di lana, per esempio, che copre i lavoratori giornalieri, grossolano e grezzo come può apparire, è il lavoro congiunto di una gran moltitudine di lavoratori. Il pastore, lo sceglitore, il pettinatore di lana o il cardatore, il tintore, il filatore, il tessitore, il lavatore, il sarto, con molti altri, devono tutti unire i loro differenti mestieri al fine di completare anche questo prodotto casalingo. Quanti mercanti e trasportatori, inoltre, devono essere impiegati nel trasportare i materiali da alcuni di questi lavoratori ad altri che spesso vivono in parti molto distanti del paese. Quanto commercio e quanta navigazione in particolare, quanti costruttori di navi, marinai, fabbricanti di vele e di funi devono essere stati impiegati al fine di mettere insieme le diverse sostanze usate dal tintore che spesso vengono dagli angoli più remoti del mondo! Che varietà di lavoro è anche necessario per produrre gli utensili del più umile di quei lavoratori! Per non parlare di quelle macchine complicate come la nave del marinaio, la fabbrica del follatore, o perfino il telaio del tessitore, consideriamo solo quale varietà di lavoro è richiesta per costruire quella semplicissima macchina, le cesoie con le quali il pastore tosa la lana. Il minatore, il costruttore delle fornaci per la fusione del minerale, il tagliaboschi, il bruciatore di carbone per far funzionare le fornaci, il produttore di mattoni, il dispositore di mattoni, i lavoratori che supervisionano la fornace, il riparatore di mulini, l'operaio della fucina, il fabbro devono tutti mettere insieme i loro differenti mestieri al fine di produrre questi. Dobbiamo esaminare allo stesso modo tutte le diverse parti del suo abito la mobilia di casa, la ruvida canottiera che indossa sulla pelle, le scarpe che coprono i suoi piedi, il letto in cui dorme, e tutte le diverse parti che lo compongono, la grata di cucina su cui prepara i suoi viveri, il carbone di cui fa uso per questo scopo, scavato dalle viscere della terra e portatogli forse attraverso un lungo trasporto per mare e per terra, tutti gli altri utensili della sua cucina, tutta la apparecchiatura del suo tavolo, i coltelli, le forchette, i piatti di coccio o di peltro sopra i quali egli serve e divide i suoi cibi, le differenti mani impiegate nel preparare il suo pane e la sua birra, le finestre di vetro che lasciano penetrare il caldo e al luce, e isolano dal vento e dalla pioggia con tutte le conoscenze e i requisiti del mestiere per preparare quella bellissima e felice invenzione senza cui queste parti nordiche del mondo avrebbero potuto scarsamente procurare un habitat confortevole, insieme con gli utensili di tutti i diversi lavoratori impiegati nel produrre queste diverse comodità; se noi esaminiamo, io dico, tutte queste cose, e consideriamo quale varietà di lavoro è utilizzato per ciascuna di esse, saremo coscienti che senza l'assistenza e la cooperazione di molte migliaia la persona più misera in un paese civilizzato non potrebbe provvedere perfino in accordo a quello che noi potremmo falsamente immaginare, la facile e semplice maniera in cui egli è comunemente sistemato.”

cap. 1 http://www.wsu.edu/~dee/ENLIGHT/WEALTH1.HTM
La ricchezza delle nazioni

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“Un drago non è una fantasia oziosa. Quali che possano essere le sue origini, nella realtà o nell'invenzione, nella leggenda il drago è una potente creazione dell'immaginazione umana, ricca di significato più che il suo tumulo sia ricco d'oro.”

Origine: Da una conferenza tenuta alla British Academy, Londra, il 25 novembre 1936, edita a Oxford nel 1936 come vol. 22 dei Proceedings of the British Academy, e ora presente come saggio introduttivo in J.R.R. Tolkien, The Monsters and the Critics and Other Essays, London, HarperCollins, 1997; traduzione in J.R.R. Tolkien, Il medioevo e il fantastico, a cura di Gianfranco de Turris, traduzione di Carlo Donà, Luni Editrice, Milano-Trento, 2000.
Origine: Da Beowulf. I mostri e i critici; citato in Seamus Heaney, Beowulf, traduzione di Massimo Bacigalupo, Fazi Editore, 2002, p. 286 http://books.google.it/books?id=z60YvNmwmt4C&pg=PA286.

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“L'invenzione di Dio è stata resa necessaria per dare un indirizzo più preciso alle bestemmie, che prima erano troppo generiche e poco incisive.”

Corrado Guzzanti (1965) comico, attore e sceneggiatore italiano

dallo spettacolo Recital, 2010
Origine: Visibile in Corrado Guzzanti e Marzocca - Padre Federico parte 2 - Recital 2010 http://www.youtube.com/watch?v=5luNsuweZ90, YouTube.com, 16 febbraio 2011.

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“[…] il nome è un'invenzione per rendere possibile pensare una cosa e parlarne prima che si sappia che cosa essa è.”

Wilfred Bion (1897–1979) Psicoanalista britannico

Origine: Gli elementi della psicoanalisi, p. 109

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“I vangeli sono come i romanzi: menzogna, fantasia, immaginazione, finzione, invenzione.”

Fernando Vallejo (1942) scrittore, regista e sceneggiatore colombiano

Origine: La puttana di Babilonia, p. 68

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“Durante il rapimento mi aiutò la fede negli uomini, proprio dove latitava la fede in Dio. Ho sempre detto che Dio è un'invenzione dell'uomo, qualcosa di utilitaristico, una toppa sulla nostra fragilità… Ma, tuttavia, col sequestro qualcosa si è smosso. Non che abbia cambiato idea ma è certo che bestemmiare oggi come minimo mi imbarazza.”

Fabrizio De André (1940–1999) cantautore italiano

Origine: Citato in L'amore sacro, l'amor profano – omaggio a Fabrizio De André, a cura di Piero Ameli, BURsenzafiltro, Bergamo, 2006. Allegato al DVD Omaggio a Fabrizio De André, concerto tributo registrato il 10 luglio 2005 all'Anfiteatro Romano di Cagliari. ISBN 88-17-01296-3

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“Abbiate fiducia nel progresso, che ha sempre ragione, anche quando ha torto, perché è il movimento, la vita, la lotta, la speranza.”

Filippo Tommaso Marinetti (1876–1944) poeta, scrittore e romanziere italiano

da Teoria e invenzione futurista, Mondadori, 1966

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“L'idea cioè che quelle più brave a fare le cose orali siano le donne moralmente bacate. Prostitute maiale. Vorrei osservare che siamo di fronte a persone che non hanno capito un belino del mondo. Non hanno capito che il rapporto orale è qualche cosa di sacro, un modo di esprimere tenerezza, accoglienza, propensione a accudire… Il rapporto orale è una delle più grandi invenzioni dell'umanità, siamo gli unici animali (insieme ai bonobo, deliziosi scinpanzé) a praticarlo fino all'orgasmo. Negli animali infatti l'eccitazione sessuale spinge automaticamente alla penetrazione. Lo scopo dell'istinto è la procreazione. Noi abbiamo fatto del succhiare il pene e la passera un'arte nobile, una chiave per penetrare in un profondo livello emotivo, una via per l'ascesi mistica. Sì! Mistica. Non sto esagerando. Nell'età dell'oro dell'umanità, ai tempi del Matriarcato, prima dell'invenzione della guerra (tra il 12 mila e il 3500 avanti Cristo) il pompino era un atto sacro. Vi si dedicavano le sacerdotesse per iniziare alla contemplazione dell'Universo i giovani. Se qualcuno ha qualche dubbio si vada a rivedere le pitture egizie che rappresentano Iside intenta a resuscitare Osiride tramite una fellazio. Non so se ci capiamo: la dea fa pompini da far resuscitare i morti!”

Jacopo Fo (1955) scrittore, attore e regista italiano

Origine: Da Buoni pompini a tutti http://www.jacopofo.com/sesso_gratis_politici_corrotti_ministri, 9 luglio 2008.

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“Lo sviluppo progressivo dell'uomo è vitalmente dipendente dall'invenzione.”

Nikola Tesla (1856–1943) fisico, inventore e ingegnere serbo naturalizzato statunitense
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“Nessuna invenzione è stata più facile per l'uomo di quella del Cielo.”

Georg Christoph Lichtenberg (1742–1799) fisico, scrittore e aforista tedesco

Osservazioni e pensieri

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“La coscienza tranquilla è un'invenzione del diavolo.”

Albert Schweitzer (1875–1965) medico, teologo, musicista e missionario luterano tedesco, di origine francese alsaziana

Origine: Da The Philosophy of Civilisation.

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“La democrazia è un'invenzione di intellettuali.”

Georges Bernanos (1888–1948) scrittore francese

I grandi cimiteri sotto la luna

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“Ad accelerare ed assicurare i progressi dello spirito umano valse un'invenzione suprema di questo tempo, la stampa.”

Cesare Cantù (1804–1895) storico, letterato e politico italiano

Origine: Storia della letteratura italiana, p. 100

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“La città è una stupenda emozione dell'uomo. La città è un'invenzione, anzi: è l'invenzione dell'uomo!”

Renzo Piano (1937) architetto italiano

La responsabilità dell'architetto

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“Raiuno estate Quark, presenta Alberto Angela da non confondere con Carlo Rossella. Prima puntata si parlerà dell'invenzione del plurale.”

Nino Frassica (1950) attore, comico e personaggio televisivo italiano

Un due tre stella, Anno Ghiotti

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“Nella storia dell'uomo, infatti, la fine della vita ha sempre coinciso con l'arresto del battito cardiaco: ogni eroe degno di questo nome è morto perché il suo cuore ha smesso di battere, la letteratura e le opere d'arte ne danno ampia testimonianza così come i vecchi manuali di medicina. […] Con i primi interventi di cardiochirurgia e con l'invenzione della circolazione extracorporea apparve chiaro che la funzione del cuore poteva essere sostituita da un meccanismo artificiale: la persona continuava a vivere senza che il cuore battesse nel torace, purché il cervello continuasse a ricevere il sangue. Molti segnali erano stati registrati dai medici e l'idea che il cervello svolgesse un ruolo determinante per la vita degli esseri umani era già ben consolidata. Partendo da questi presupposti, si sviluppò un dibattito che vide riuniti ad Harvard non solo medici ma anche giuristi, filosofi, esponenti delle religioni perché l'obiettivo era trovare una definizione alla morte che tenesse in considerazione anche gli aspetti etici e il contesto in un dato momento storico. Da Harvard in poi la morte dell'individuo si certifica nel momento in cui sono cessate tutte le funzioni vitali del cervello in maniera irreversibile, quello che viene definito in linguaggio semplificato encefalogramma piatto.”

Ignazio Marino (1955) medico e politico italiano

Origine: Da Un atto irresponsabile http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/09/03/un-atto-irresponsabile.html, la Repubblica, 3 settembre 2008, p. 1.

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“E scrivevi come vivevi, da persona piena di umori e di amori, con una cultura larga e profonda che andava dalla pesca degli storioni all'uso del verso alessandrino. E le invenzioni, Giovanni, i neologismi. Ne hai inventate di parole.”

Gianni Mura (1945) giornalista e scrittore italiano

la Repubblica
Origine: Da "Ciao Gianni, sei morto con i tuoi amici" http://www.repubblica.it/rubriche/punto-e-svirgola/2012/12/17/news/quel_giorno_da_malta-48978813/, Repubblica.it, 20 dicembre 2012.

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“… c'è un'idea di Patrick Bateman, una sorta di astrazione, ma non esiste un vero e proprio "me". C'è soltanto qualcosa di illusorio, al mio posto, un'entità che è anche possibile toccare con mano, sennonché io non ci sono. Puoi pure sentire la mia carne a contatto con la tua, e credere che i nostri stili di vita siano comparabili, ma io semplicemente non ci sono. Per me, è difficile avere un senso, a qualsiasi livello. Io sono un'invenzione, un'aberrazione. Sono un essere umano incoerente. La mia personalità è appena abbozzata, informe; solo la mia crudeltà è persistente e alligna nel profondo. La mia coscienza, la mia pietà, le mie speranze, sono scomparse molto tempo fa (probabilmente ad Harvard), se mai sono esistite. Non esistono più frontiere da varcare. Sono ormai al di là di ogni cosa. Sono assolutamente indifferente al male che ho fatto. Non me ne importa niente di ciò che ho in comune con i pazzi e gli energumeni, con i viziosi e i maligni. Tuttavia mi tengo ancora saldo a una singola, squallida verità: nessuno è al sicuro, nessuno si salva, non c'è redenzione per nessuno. Comunque, non mi si può biasimare. Si presume che qualsiasi modello di comportamento umano abbia una sua validità. Il male sta in quello che sei? O in quello che fai? La mia pena è costante, acuta, e io non spero in un mondo migliore, per alcuno. Anzi, voglio che la mia pena sia inflitta anche ad altri. Ma anche dopo aver ammesso questo (e io l'ho ammesso innumerevoli volte, pressoché in ogni atto che ho commesso), anche dopo essermi trovato a faccia a faccia con queste verità, non avviene la catarsi. Non acquisto una conoscenza più profonda di me stesso. Nessuna nuova comprensione si ricava da ciò che racconto. Non avevo, non ho nessun motivo per raccontarvi tutto questo. Questa mia confessione non significa assolutamente nulla…”

Bret Easton Ellis (1964) scrittore statunitense

Fine di un decennio; p. 412
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“Il tempo è un'invenzione, o è niente del tutto.”

Henri Bergson (1859–1941) filosofo francese

libro L'evoluzione creatrice

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“L'ambiente come noi lo percepiamo è una nostra invenzione. A me, ora, il compito di sostanziare questa affermazione scandalosa.”

Heinz von Foerster (1911–2002) scienziato statunitense

Origine: Citato in Patrizia de Mennato, La ricerca «partigiana», Libreria CUEM, Milano 1994.

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“Lionello: Affé mia, avete perduto la ferula, perché lo «spettegolatoio» pubblico è già occupato!
Barrildo: Come vi è andata a Salamanca?
Lionello: Storia lunga da raccontare.
Barrildo: Sarete diventato un Bartolo!
Lionello: Nemmeno un barbiere! Come vi dicevo, è cosa ben nota in questa facoltà quello che vi riferisco.
Barrildo: Mi sembra che abbiate tratto molto profitto dagli studi.
Lionello: Ho cercato di imparare quello che più importa.
Barrildo: Da quando escono tanti libri per le stampe, non c'è nessuno che non presuma di saper tutto.
Lionello: È appunto per questo, a mio parere, si sa ancor meno, poiché l'eccesso di nozioni genera confusione e risolve in vana schiuma i tentativi di sapere, sicché persino chi è più avvezzo a leggere si sente confondere a vedere tante pagine stampate. Io certamente non nego che l'arte della stampa abbia permesso a mille ingegni di distinguersi dalla massa dei ciarloni, e che custodisce quasi in luogo sacro le sue opere, poesie al riparo dalle offese del tempo, il quale poi le distribuisce e le classifica. Questa invenzione si deve a Gutemberg, um famoso tedesco di Magonza, la cui fama supera ogni altro valore. Tuttavia molti che ebbero idee degne di considerazione, le persero proprio per aver dato alle stampe le loro opere, senza contare che molti stamparono sciocchezze dandosi arie di sapienti, mentre altri, vittime di bassa invidia, scrissero indegne insulsaggini e le mandarono in giro per il mondo, stampate, sotto il nome di coloro che essi odiavano.
Barrildo: Non sono di codesta opinione.
Lionello: È fatale che l'ignorante si vendichi del letterato.
Barrildo: La stampa è una cosa molto importante, Lionello!
Lionello: Il mondo è rimasto per molti secoli privo di essa! Né vediamo nel secolo presente personalità eccelse come quelle di un san Gerolamo o di un sant'Agostino…
Barrildo: Lasciamo codesto discorso, e accomodatevi, ché mi parete stanco.”

Atto II, scena II, p. 30-31.
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“F. T. Marinetti è forse l'esempio più famoso di scrittore che vive delle sue invenzioni e che non inventa quasi niente.”

Jorge Luis Borges (1899–1986) scrittore, saggista, poeta, filosofo e traduttore argentino

Origine: Da un articolo degli anni '30.
Origine: Citato in Giordano Bruno Guerri, Filippo Tommaso Marinetti, p. 224.

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“Il mio desiderio più ardente e la più fervida preghiera che formulo per voi, e anche per me, nell'eventualità che la cosa non sia già fatta,——è, che i grandi doni e talenti tanto dello spirito quanto del giudizio, con tutto quanto è solito accompagnarli,———come memoria, fantasia, genio, eloquenza, prontezza d'ingegno, e così via, possano in questo prezioso momento esser versati senza limite o misura, ostacolo o impedimento, tanto caldi quanto ognuno di noi può sopportarlo,—schiuma e sedimenti e tutto; (poiché non vorrei perderne neppure una goccia) nei diversi ricettacoli, cellette, cellule, domicili, dormitori, refettori, e ripostigli del nostro cervello,—in tal guisa, che possano continuare a esservi iniettati e stivati; secondo l'autentica intenzione e significato del mio desiderio, fino a che ogni suo vasello, grande e piccolo, ne sia così colmo, saturato e riempito fino all'orlo, che neppure per salvare una vita umana vi possa entrare o uscire niente altro.
Che Dio ci benedica!—quale nobile lavoro non faremmo!—quanto lo completeremmo con successo!——e con quale entusiasmo scriverei per simili lettori!—e voi,—giusto Cielo!—con quale rapimento siedereste a leggere,—ma oh!—è troppo,——mi sento mancare,——svengo deliziosamente a pensarci!——è più di quanto la natura umana possa sopportare!——sostenetemi,—mi gira la testa,—mi si annebbia la vista,——muoio,——sono spacciato.——Aiuto! Aiuto! Aiuto!—Ma ferma,—principio a sentirmi un po' meglio, perché incomincio a prevedere, quando sarà tutto finito, che poiché continueremo tutti a essere begli spiriti,—non saremo mai d'accordo fra noi, per un giorno intero:——vi sarebbero tanta satira e sarcasmo,——beffe e motteggi, con prese in giro e risposte per le rime,——con affondi e parate in un angolo o nell'altro,——non ci sarebbe fra noi altro che malizia.—Caste stelle! che morsi e che graffi, e che schiamazzo e strepito faremmo, con tante teste rotte, e bacchettate sulle nocche, e colpi bassi,—non sarebbe più vita la nostra.
Mai poi, poiché saremmo tutti uomini di gran giudizio, rappattumeremmo le cose non appena andassero storte; e per quanto ci detestassimo, dieci volte più di altrettanti diavoli e diavolesse, saremmo non di meno, figlioli cari, tutti bontà e cortesia,——latte e miele,——sarebbe una seconda terra promessa,——un paradiso in terra, se una cosa del genere si potesse avere,—cosicché nell'insieme ce la saremmo cavata abbastanza bene.
L'unica cosa per cui mi agito e fumo, e che turba maggiormente la mia invenzione in questo momento, è come ottenere questo risultato; poiché come le vostre signorie ben sanno, di quelle celesti emanazioni di spirito e giudizio, che ho tanto generosamente invocato sulle vostre signorie quanto su di me,—non vi è che un certo quantum immagazzinato per tutti, a uso e consumo dell'intera razza umana; e ne vengono mandati in questo vasto mondo dosi così piccole, che circolano qua e là in un angolino o nell'altro,—e in rivoletti così stretti, e a intervalli così prodigiosi l'uno dall'altro, che ci si chiede come possa durare, o bastare a soddisfare i bisogni e le emergenze di tanti grandi stati, e imperi popolosi.”

vol. III, cap. XX; 1982, p. 189
Vita e opinioni di Tristram Shandy

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“[Si riporta l'esempio, divenuto celebre, della manifattura di spilli usato da Smith per illustrare gli effetti della divisione del lavoro. ] In queste grandi produzioni destinate a soddisfare i bisogni di un gran numero di persone, ogni ramo differente del lavoro richiede un gran numero di lavoratori, che rende impossibile radunare tutti nella stessa casa lavoro. Noi raramente possiamo vedere in una volta sola più di quelli impegnati in un singolo ramo. Sebbene in simili produzioni, di conseguenza, il lavoro può essere davvero diviso in un gran numero di parto, rispetto a quelle di natura più frivola, la divisione non è così ovvia, ed è stata perciò poco osservata.
Prendiamo dunque un esempio in una manifattura di poco conto dove la divisione del lavoro è stata molto spesso citata, quella, cioè, dello spillettaio; un operaio non educato in questa manifattura (che la divisione del lavoro ha reso uno speciale mestiere), non preparato all'uso del macchinario realizzato per questo (la cui invenzione probabilmente è stata resa possibile dalla stessa divisone), può a fatica, forse, con la sua laboriosità, produrre uno spillo al giorno, e di certo non può produrne 20. Dato il modo in cui viene svolto oggi questo compito, non solo tale lavoro nel suo complesso è divenuto mestiere particolare, diviso in un certo numero di specialità, la maggior parte delle quali sono anch'esse mestieri particolari. Un uomo trafila in metallo, un altro raddrizza il filo, il terzo lo taglia, un quarto gli fa la punta, un quinto lo schiaccia l'estremità dove deve inserirsi la capocchia; fare la capocchia richiede due o tre operazioni distinte; inserirle in attività distinta, pulire gli spilli è un'altra, e persino il metterli nella carta un'altra occupazione se stante, sicché l'importante attività di fabbricare uno spillo viene divisa, in tal modo in circa 18 distinte operazioni che, in alcune manifatture, sono tutte compiute da mani diverse, sebbene si diano casi in cui la stessa persona ne compie due o tre. Io ho visto una piccola manifattura di questo tipo dove erano impiegati solo 10 uomini, e dove alcuni di essi di conseguenza compivano due o tre distinte operazioni. Ma sebbene loro fossero assai poveri, e perciò non disponessero molto delle macchine necessarie, potevano, quando si impegnavano a vicenda, fare all'incirca dodici libbre di spilli in un giorno. Una libbra contiene più di mille spilli di grandezza media. Quelle 10 persone, quindi, riuscivano a fare più di 40.000 spilli al giorno. Ciascuno di loro 10 dunque, facendo una decima parte di 48000 spilli, può essere considerato come se ne fabbricasse 4800 in un giorno. Se invece avessero lavorato tutti separatamente e indipendentemente senza che alcuno di loro fosse stato previamente addestrato a questo compito particolare, non avrebbero certamente potuto fabbricare neanche 20 spilli al giorno per ciascuno, forse neanche un solo spillo al giorno; cioè certamente non la duecentoquarantesima parte, e forse neanche la quattromilaottocentesima parte di quel che sono intanto capaci di compiere in conseguenza di una appropriata divisione e combinazione delle loro differenti operazioni.
In tutte le altre arti e manifatture, gli effetti della divisione del lavoro sono analoghi a quelli che abbiamo riscontrato in quest'attività di modestissimo rilievo; sebbene, in molte di esse, il lavoro non possa essere suddiviso fino a questo punto, né ridotto a una tale semplicità di operazioni. La divisione del lavoro, comunque, nella misura in cui può essere introdotta, determina in ogni mestiere un aumento proporzionale delle capacità produttive del lavoro.”

cap. 1 http://www.wsu.edu/~dee/ENLIGHT/WEALTH1.HTM
La ricchezza delle nazioni

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