Frasi su sorte
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“Sarebbe quasi scontato ripercorrere la folgorante carriera politica del senatore Berlusconi, ma ricordiamo un po' di fatti. Tessera n. 1816 della P2, celebre loggia massonica illegale ed eversiva, alcune decine di leggi ad personam o «ad aziendam» fatte approvare negli ultimi venti anni da questo Parlamento per schivare le sentenze dell'ultimo minuto e ora una condanna a quattro anni per frode fiscale, grazie ad una legge votata per ironia della sorte, proprio dal suo partito. Ma il senatore Berlusconi, con tutto il rispetto, è solo il passato. Buona galoppata verso casa, Cavaliere! Le piacerebbe continuare ad affrontare i suoi processi da senatore o, come un tempo, da Premier! Stavolta niente più lodi Alfano, niente più legittimi impedimenti. Forse il PD ci farà persino il regalo, per una volta, di non farvi più da spalla, come in passato… presentando, che so, un lodo Letta: è nel suo programma, Presidente? Si deve soltanto applicare la legge, in Giunta e in Aula, e vorremmo che fosse senza voto segreto.Mettiamoci la faccia quando diremo che la legge in Italia è uguale per tutti!
Non potremo dire che ci mancherà, semplicemente perché non c'è neanche oggi: considerando il 99 per cento delle sue assenze, è già un evento vederla tra noi, alla faccia della responsabilità verso il Paese! Sì perché voi eravate il Governo dei responsabili, ma ve ne siete responsabilmente fregati dell'aumento dell'IVA al 22 per cento; ve ne siete consapevolmente dimenticati della tanto sbandierata abolizione dell'IMU sulla prima casa che noi avevamo proposto in alcuni emendamenti ai quali PdL, PD e SCpI hanno votato «no.»”

Paola Taverna (1969) politica italiana

Origine: Citato in Senato della Repubblica – XVII Legislatura – Aula – Resoconto stenografico della seduta n. 115 del 02 ottobre 2013, comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri e conseguente discussione - Approvazione della proposta di risoluzione n. 2, su cui il Governo ha posto la questione di fiducia http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/719471.pdf, Roma, 2 ottobre 2013.

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“Qui le lacrime sono più salate | e diversa è anche la cattiva sorte: | sono mille volte Messia | i Messia ungheresi.”

Endre Ady (1877–1919) poeta ungherese

da I Messia ungheresi, p. 49
In Poesia ungherese del Novecento

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“Vigiak (Sorte, Foruna, Destino), che ricorda la tradizione pagana, è una delle principali feste armene, che comincia il giovedì dell'Ascensione e dura fino alla domenica di Pentecoste. Alla vigilia dell'Ascensione le ragazze del villaggio si riuniscono e scelgono fra loro una brigatella per organizzare la festa. Le prescelte prendono un'anfora di terra cotta, l'empiono d'acqua attinta a sette fonti o pozzi, ne ornano la bocca con fiori colti in sette campi diversi, poi vi gettano dentro un oggetto caro (bracciali, anelli, grani di monili o di corone, orecchini, fermagli, ecc.), facendo voti di gioia pei parenti e per l'amato, a occhi chiusi e con profondo raccoglimento. La notte dal mercoledì al giovedì, esse nascondono l'anfora in un cantuccio segreto di giardino, all'aperto, per esporla all'influsso delle stelle, e la sorvegliano, perché non sia rapita dai giovanotti, che la cercano per portarla via. Se i giovani vi riescono, le fanciulle, per riaver l'anfora, devono offrir loro gran quantità di non la rapiscano. – La domenica di Pentecoste, le ragazze si raccolgono per l'ultima volta; circondano l'anfora, e, dopo averla baciata, la mettono fra le braccia d'una di loro; poi, un'altra fanciulla, vestita da sposa, a rappresentar appunto la sposa della festa della "Vigiak", trae dal'anfora un oggetto, mentre una vecchia canta un ritornello, di felicità o di mal augurio o di burla; e così via via per ciascun oggetto gettato nell'anfora; onde le fanciulle si rallegrano o si attristano secondo il presagio lieto o triste. Nelle varie contrade dell'Armenia, la festa della Vigiak presenta qualche cambiamento; ma in tutte è deliziosamente gentile e pensosa, degna d'un popolo delle tradizioni derivate dall'India, la più poetica delle antiche nazioni.”

Domenico Ciampoli (1852–1929) scrittore e bibliotecario italiano
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“La Guerra del Vietnam è stata la prima guerra che negli Usa è stata condotta soprattutto come una campagna pubblicitaria. La manipolazione della verità attraverso i mezzi di comunicazione di massa e del governo fu uno degli obiettivi di questa campagna. Ciò ha condotto al fatto che l'opinione pubblica americana ha avuto un'immagine falsa e manipolata durante l'intera guerra. Questa campagna indusse i soldati a mentire di continuo e per tutto il corso della guerra il numero dei nemici uccisi venne esagerato. Venivano celebrate delle vittorie, quando queste vittorie erano impossibili. Ma per ironia della sorte la guerra venne persa anche sul piano dei media perché fin dall'inizio la guerra del Vietnam è stata una guerra di Public Relations, una guerra che anche i PR persero. […] I Vietcong pensavano che sarebbe bastato recarsi in quei luoghi e ci sarebbero state rivolte. Non successe nulla di tutto ciò. L'offensiva fu così un errore. Ma i Vietcong non avevano preso in considerazione lo shock che aveva subito l'opinione pubblica americana per la perdita subita in termini di capacità di lotta dal suo esercito. Dopo che per anni erano stati bombardati di false ed esagerate notizie di vittorie, gli americani a casa non si aspettavano un'offensiva del nemico. E così si verificò ironicamente che la disfatta dei Vietcong si trasformò in una loro vittoria psicologica.”

Stanley Kubrick (1928–1999) regista statunitense
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“Addetti servi alla celeste corte | sono poveri e ricchi. Oh! bisognosi | quelli ne son di più che han miglior sorte.”

da Ciò che va detto ad un principe tiranno e bacchettone, vol I, p. 52
Il roseto
Origine: I più ricchi e potenti quaggiù. (Nota di Italo Pizzi a p. 52)

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“Libertà: […] a ripeterla oggi, questa dolce parola che si può ancora gridare ad alta voce, il cuore trema come al primo incontro con l'amante ritrovata; e vien voglia di abbracciare, in nome di essa, il primo sconosciuto che s'incontra per via, tutti fratelli in questo nome, tutti rinati per essa a dignità di persone? Superata la prima emozione si rimane esitante: che vuol dire libertà? Qualcuno potrebbe osservare che tutto quello che è avvenuto, è avvenuto proprio per colpa della libertà: libertà dei ricchi, di oziare e accumulare altre ricchezze; libertà di una banda di criminali, d'impadronirsi del potere e di precipitare i popoli nell'abisso; libertà di un popolo di preparare scientificamente la schiavitù di altri popoli. Se a questo ha servito la parola libertà, cinquantacinque milioni di uomini si sarebbero dunque sacrificati soltanto per ricominciare tra dieci anni la stessa esperienza?
Non vogliamo crederlo. Se la carneficina deve avere un senso, se essa non è stata soltanto un fenomeno cieco e senza perché, bisogna che essa abbia servito ad arricchire la coscienza umana di una verità che va oltre la libertà: di una fede che non è contro la libertà, ma che è un approfondimento di essa, una libertà più piena e universale. Unità e indipendenza, il programma del Risorgimento, non basta più. Libertà intesa soltanto come indipendenza può voler dire, nelle relazioni tra singoli, rissa di egoismi, privilegio, sfruttamento, «homo homini lupus»; nelle relazioni tra regioni di una stessa patria, campanilismo e separatismo; nelle relazioni tra nazioni, nazionalismo e guerra. Indipendenza, ecco il tragico pregiudizio: l'orgoglio dell'uomo che considera la propria sorte staccata da quella degli altri, la cieca albagia nazionale che si illude di servire la patria collo schiacciare le patrie altrui. Non più indipendenza, ma "interdipendenza": questa è la parola non nuova in cui se non si vuol che il domani ripeta ed aggravi gli orrori di ieri, si dovrà riassumere in sintesi il nuovo senso della libertà, quello da cui potrà nascere da tanto dolore un avvenire diverso dal passato.”

Piero Calamandrei (1889–1956) politico italiano

Citazioni tratte da articoli de Il Ponte, Settembre 1945

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“Il più grave fardello del Nulla | mi pesa addosso, il grande Nihil | è la mia strada e la mia sorte | è andare, andare, andare… | E Dio è il mio sogno.”

Endre Ady (1877–1919) poeta ungherese

da Dio è il mio sogno, p. 52
In Poesia ungherese del Novecento

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“[…] adesso sei salvo, inattaccabile da quell'odio. Per quanto ti conosco, sono sicuro che hai raggiunto una pace interiore e sei superiore alla tua sorte. La tua opera è e rimane più che mai intoccabile da qualunque passione e durerà finché esiste sulla terra una comunità civile.”

Max von Laue (1879–1960) fisico tedesco

Origine: Da una lettera ad Albert Einstein in occasione del suo sessantesimo compleanno; citato in Albert Einstein, Il lato umano: spunti per un ritratto (tit. or.: The Human Side), a cura di Helen Dukas e Banesh Hoffmann, traduzione di Annamaria Gilberti, Einaudi, Torino, 1980, p. 97.

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“Gli uomini più profondi hanno sempre provato compassione per gli animali […]. È certo una pena ben grave vivere così, come una bestia, tra fame e cupidigia, e senza giungere mai ad alcuna consapevolezza di questa vita; né si potrebbe pensare sorte più dura di quella della bestia da preda che è spinta nel deserto da un tormento che la rode al massimo; di rado è appagata, ma se lo è, lo è solo nel momento in cui l'appagamento diventa pena, cioè nella lotta dilaniante con altri animali o per l'avidità e la sazietà più disgustose. Essere così ciecamente e stoltamente attaccati alla vita, senza alcuna prospettiva di un premio superiore, ben lontani dal sapere che così si è puniti e perché, bensì anelare a questa pena, come a una felicità con la stoltezza di una orribile brama – questo significa essere una bestia […]. Finché si aspira alla vita come a una felicità, non si è ancora sollevato lo sguardo al di sopra dell'orizzonte della bestia, si vuole soltanto con maggiore consapevolezza ciò che la bestia cerca spinta da cieco istinto. Ma così succede a noi tutti per la maggior parte della vita: in genere non usciamo dalla bestialità, noi stessi siamo le bestie che sembrano soffrire senza senso.”

Friedrich Nietzsche (1844–1900) filosofo, poeta, saggista, compositore e filologo tedesco

Origine: Da Schopenhauer come educatore; citato in Ditadi 1994, pp. 875-876.

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“Anche se toccando il tema dell’Inquisizione, dell’ortodossia che difendeva e della politica cui obbediva, del suo universo giuridico, dei mezzi e delle persone di cui si serviva, immediatamente si e portati a una traduzione visiva in cui prevalentemente gioca la memoria dei quadri del Greco o di Zurbaran, a guardar bene è la pittura di Murillo che, al di là dell’atmosfera da idillio, può meglio spiegare le manifestazioni eterodosse di un vastissimo arco temporale e la conseguente reazione del Sant’Uffizio. E può, soprattutto, spiegarcele a livello di eterodossia spicciola, triviale o soltanto blasfema.
Perchè sarà magari possibile cogliere nella pittura di Murillo influssi dottrinali dell’Inquisizione o dei gesuiti, ma quel che appare più evidente è che siamo di fronte a un pittore che interpreta il sentire religioso del popolo nel modo più autentico e semplice, con una familiarità alle cose della fede da cui è facile travalicare in una eresia di tipo quietista o in un culto talmente umano da diventare blasfemo o che in vera e propria bestemmia si rovescia.
I santini che da secoli moltiplicano e diffondono le immagini del Murillo come di nessun altro pittore, sono in questo senso una prova. Il mondo sacro che egli rappresenta — cosi sospeso tra il terrestre e il celeste, tra la natura e la transumana beatitudine — è un mondo familiarizzabile, familiarizzante; e quindi, nel momento in cui delude, nel momento in cui appare estraneo, in cui non interviene a stornare sventure e a correggere la sorte, bestemmiabile.
Bisogna anche aggiungere che la santità, nelle rappresentazioni di questo pittore, sembra essere un attributo della buona salute, del buon nutrimento, della domestica pace economica: e da ciò l’insinuarsi, nei momenti più affannati e affamati del mondo contadino, di un sentimento che può assomigliarsi all’invidia e comunque di insofferenza, di avversione.”

Leonardo Sciascia (1921–1989) scrittore e saggista italiano

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“[…] | perché la sorte, udir bramo da te, | sia cosi parzial di teste sceme? (Tirreno: p. 265)”

Salvator Rosa (1615–1673) pittore, incisore e poeta italiano

Satire, Satira V, La Babilonia

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“Tutte le polemiche dedicate all’essenza dell’uomo nel passato furono dominante principalmente da due visioni: una che considera l’uomo come un’entità spirituale, un’altra che lo considera come una forma di vita materiale. Secondo la visione religiosa e idealistica che vede nell’uomo un’entità puramente spirituale, l’uomo sarebbe il prodotto d’un qualche essere soprannaturale, misterioso, che determinerebbe perciò il suo destino. La classe dominante reazionaria e i suoi portavoce si servirono di questo punto di vista religioso e idealistico per predicare la fatalità della situazione delle masse lavoratrici che vivono nella sventura, sfruttate e oppresse, e la sottomissione alla loro sorte che sarebbe predeterminata. L’altro punto di vista, che considera l’uomo come un semplice essere naturale e biologico, ignora le differenze qualitative esistenti tra l’uomo e gli altri esseri biologici, il primo operante sotto il controllo della sua coscienza e con uno scopo determinato, i secondi guidati dai loro soli istinti. La classe dominante reazionaria e i suoi portavoce misero in opera questa visione per tentar di giustificare la società capitalistica dominata dalla legge della giungla. I rinnegati del socialismo che restaurano il capitalismo introducendo il liberalismo borghese e l’economia capitalistica di mercato partono anch’essi da un punto di vista e da un atteggiamento reazionario nei confronti dell’uomo.
L’uomo non è né un essere puramente spirituale né un semplice essere biologico, ma un essere sociale che vive ed agisce nel quadro dei rapporti sociali che intesse. Essere sociale, ecco la caratteristica essenziale che lo distingue dalle altre entità biologiche.”

Kim Jong-il (1941–2011) dittatore nordcoreano
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“Chè sovente addivien che 'l saggio e 'l forte
Fabbro a se stesso è di beata sorte.”

Torquato Tasso (1544–1595) poeta, scrittore e drammaturgo italiano

Gerusalemme Liberata (1581)

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“Egualmente apprestato ad ogni sorte,
Si prometta vittoria, e sprezzi morte.”

Torquato Tasso (1544–1595) poeta, scrittore e drammaturgo italiano

Gerusalemme Liberata (1581)

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“Il nostro governo ha mancato di denunciare la soppressione della democrazia. Il nostro governo ha mancato di denunciare le atrocità. Il nostro governo ha mancato di prendere misure coercitive per proteggere i propri cittadini e allo stesso tempo si è tirato indietro per compiacere il governo dominato dal Pak[istan] occidentale e per sminuire ogni condivisibile reazione negativa della comunità internazionale. Il nostro governo ha avallato quella che molti considererebbero una bancarotta morale, mentre per ironia della sorte l'Unione Sovietica inviava al presidente Yahya Khan un messaggio di difesa della democrazia, in cui condannava l'arresto del dirigente di un partito di maggioranza democraticamente eletto e casualmente filo-occidentale, e chiedeva la fine delle misure repressive e degli spargimenti di sangue […] Ma noi abbiamo scelto di non intervenire, nemmeno su un piano morale, con la giustificazione che il conflitto con la Lega Awami, a cui sfortunatamente si può applicare l'abusata definizione di genocidio, sarebbe una questione puramente interna a uno Stato sovrano. Alcuni privati cittadini americani hanno espresso il loro disgusto. Noi, quali funzionari pubblici professionisti, esprimiamo il nostro dissenso con le politiche adottate e ci auguriamo vivamente che i sinceri e duraturi interessi che abbiamo in questo paese possano essere chiariti e le nostre politiche abbiano un nuovo indirizzo.”

Archer Blood (1923–2004)

da un comunicato inviato il 6 aprile 1971 durante la Guerra di liberazione bengalese
Origine: Citato in Christopher Hitchens, Processo a Henry Kissinger, Fazi Editore, 2005, p. 80. ISBN 8881126133

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