Frasi su tardi
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“Ma andate all'inferno; laggiù cari colleghi ci incontreremo tutti, più tardi possibile.”

Vittorio Feltri (1943) giornalista italiano

Origine: Da Il Giornale, 2 settembre 2009.

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“«Il dubbio è voce infernale | che grida al cielo: | – Non c'è un Dio lassù | che pensi al genere umano? – || E certamente | chi dice questo | merita che da lui | ritragga le mani il buon Dio. || Perché c'è un Padre del genere umano, | un fedele, provvido Padre, | e chiunque da Lui non si scosti | può bene vederlo. || Ma non siamo impazienti! | Egli ha tanti figliuoli. | Non pretendiamo che ponga | noi, dinanzi a tutti! || Questa è la legge: «Attendi il tuo turno» | e non aspetterai invano. | Come il sole attorno alla terra, così | gira la sua bontà. || Nessuno ne resta privo. | Se Egli non viene oggi, giunge domani | e finché l'uomo non è felice | non può morire. || E la felicità non giunge mai troppo tardi, | e questa è magica cosa; | se solo una goccia ve ne cadesse dentro | addolcirebbe un mare». || A lungo ancora parlò il giovane | e il vecchio ognor più attento, ascoltava. | Così la sua anima assorbì quei discorsi | come il piccolo succhia il latte materno. || E quando quello cessò di parlare | il vecchio chiese meravigliato: | «Dove imparasti tu queste cose? | Chi sei, giovanotto, qual è il tuo nome?». || Già il giovane si era annoiato | d'aver sfoggiata tanta gravità, | e allegramente, e biricchino | diede codesta risposta: || «Dove ho imparato tali cose? | Me le disse una nottola | quando, in una notte di tempesta, | dormii con essa nel cavo di un albero. || Chi sono? Un vagabondo | senza paese e senza casa; | un qualche uccello di passo | mi fu forse antenato. || Me ne vado in giro pel mondo; | oggi qua, domani là, | e mi levo il cappello | dinanzi a chi lo desidera. || Quanto più soffro il freddo e la fame | tanto più io godo | poiché migliore sarà il futuro | se più brutto è il presente. || E come mi chiamo? Confesso | che il mio nome l'ho quasi scordato, | ma so dirti che ora nel mondo | mi chiamano Stefano il folle».”

Sándor Petöfi (1823–1849) poeta e patriota ungherese

da Stefano il folle, pp. 145-146
Poemetti e poesie scelte

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“Tu mi guardi negli occhi, | io non so dove guardarti. | Stasera sono un libro aperto, | puoi leggermi fino a a tardi.”

Francesco De Gregori (1951) cantautore italiano

da Falso movimento, n. 9
Sulla strada

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“"Ci arrendiamo!", "Non è abbastanza…", "Scappiamo via?", "Troppo poco, troppo tardi!".”

Bill Hicks (1961–1994) comico statunitense

Relentless

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“Quando Dio Onnipotente stabiliva le eterne leggi della natura, venne assalito da un dubbio che non riuscì a dissipare neppure in seguito: come sarebbe imbarazzante se più tardi le massime autorità del materialismo dialettico dichiarassero illegali alcune o addirittura tutte le sue leggi!
Quando poi Egli creò i profeti e i saggi del materialismo dialettico fu tormentato da un altro dubbio analogo. Tuttavia si rincuorò al pensiero che mai quei profeti e saggi avrebbero potuto affermare che la base del materialismo dialettico poteva essere contraria alla Ragione e alla Verità.”

Albert Einstein (1879–1955) scienziato tedesco

Origine: Nell'Unione Sovietica la teoria della relatività venne spesso messa in discussione, non era chiaro se essa si accordasse o meno al materialismo dialettico e gli scienziati sovietici si guardavano bene dal confermare la validità della teoria. Nell'aprile 1952 un membro dell'Accademia delle scienze sovietica accusò Einstein di aver trascinato la fisica «nelle paludi dell'idealismo», di essere reo di «soggettivismo», sostenendo che il materialismo dialettico era invece basato «sull'oggettività della natura materiale». Lo stesso studioso russo condannò due suoi connazionali per aver dato credito alla teoria einsteiniana. L'attacco venne riportato dall<nowiki>'</nowiki>Associated Press. Il commento satirico di Einstein si riferiva all'atteggiamento sovietico in generale ed in particolare a tale episodio. Il lato umano, p. 85.
Origine: Da un commento satirico inedito rinvenuto tra le carte di Einstein e risalente probabilmente agli anni '50.
Origine: Il lato umano, p. 85

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“Non è mai troppo tardi per farsi un'infanzia felice.”

Tom Robbins (1932) scrittore statunitense

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Natura morta con Picchio

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“Attraversai una volta una città popolosa, imprimendomi nel cervello, per più tardi servirmene, gli aspetti, le architetture, gli usi, le tradizioni, | ebbene adesso di tutta quella città ricordo appena una donna, che per caso incontrai e che mi trattenne per amore sincero, | un giorno dopo l'altro, una notte dopo l'altra si stava insieme – tutto il resto da tempo l'ho scordato, | ricordo, ripeto, soltanto quella donna che appassionata a me si stringeva, | di nuovo andiamo in giro, amiamo, di nuovo ci separiamo, | di nuovo mi afferra per mano, e non mi lascia partire, | me la vedo accosto, con quelle labbra tristi, che tremano in silenzio.”

Attraversai una volta una città popolosa, p. 136
Foglie d'erba, Figli d'Adamo
Origine: Questa è probabilmente l'unica poesia amorosa di Whitman che sembra rivelare un'emozione sincera per una donna. Molti biografi infatti si avvalsero di questa poesia e della presunta passione per una donna conosciuta a New Orleans per respingere le accuse di omosessualità, spesso indirizzate nel corso degli anni al poeta. Nel manoscritto originale tuttavia la poesia era rivolta ad un uomo: «Attraversai una volta una città popolosa, imprimendomi nel cervello, per più tardi servirmene, gli aspetti, le architetture, gli usi, le tradizioni, | ebbene adesso di tutta quella città ricordo appena un uomo che, per amore mio, vagabondò con me, | un giorno dopo l'altro, una notte dopo l'altra stavamo insieme tutto il resto da tempo l'ho dimenticato, | ricordo, ripeto, soltanto un uomo rude e semplice, che quando partii mi tenne per mano tanto a lungo, con labbra tremanti tristi, silenziose.» Secondo molti questo è un esempio lampante dell'autocensura di Whitman: il poeta modificò composizioni ispirate dalla passione omoerotica per esaltare sensazioni e passioni a lui estranee nell'ambito dell'amore eterosessuale. Franco Buffoni, Prefazione, p. XII e Note, p. 726.

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“Ella vorrà molto bene ad Emil Dürr per la sua distinzione e il suo amore, e sarà assai sconvolta per la sua morte precoce, ma il nucleo del suo matrimonio ella lo vede così: «…che si è creati per ciò che Dio vuole e non per ciò che io voglio. […]» (G 241). Il secondo matrimonio con Werner Kaegi si presentò, nonostante l'«intensissima riflessione» (G 296), nuovamente in una specie di sorpresa (G 298), nuovamente la parte principale fu quella della compassione: «Avevo in modo del tutto impersonale l'impressione che lui avesse bisogno di una donna. E vorrebbe il bene, ma è così insicuro nella vita. All'idea che ha bisogno di me come donna non sono mai arrivata» (G 297). E un po' dopo: «Egli aveva bisogno di una donna; e se già mi ama, perché non dovrebbe avere me? E poi ci sono i figli (dal primo matrimonio di Emil)…» (G 299). L'unione a dispetto di un vero affetto non sarà molto facile. Il matrimonio non viene consumato, così che più tardi A. potrà fare il voto di verginità. Ma senza l'amichevole ospitalità di Werner Kaegi non sarebbero mai stati possibili il mio lavoro con A. e poi la mia dimora in Münsterplatz.”

Hans Urs Von Balthasar (1905–1988) presbitero e teologo svizzero

Origine: "G" sta per Geheimnis der Jugend, la seconda autobiografia di Adrienne, qui citata da Balthasar con i numeri di pagina dell'edizione originale (vol. VII delle opere postume, 1966).
Origine: Il nostro compito, pp. 24-25

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“Abbiamo edifici più alti ma temperamenti più corti, strade più larghe ma punti di vista più ristretti; spendiamo di più ma abbiamo di meno; compriamo di più, ma gustiamo di meno; abbiamo case più grandi e famiglie piccole; più comodità, ma meno tempo; abbiamo più lauree ma meno buon senso; più conoscenza ma meno criterio; più specialisti, ma ancora più problemi; abbiamo più gadgets ma meno soddisfazione; più medicine, ma meno benessere; assumiamo più vitamine ma vediamo meno risultati. Beviamo troppo; fumiamo troppo; spendiamo troppo incautamente; ridiamo troppo poco; guidiamo in maniera spericolata; ci arrabbiamo troppo; rimaniamo alzati fino a tardi; ci svegliamo troppo stanchi; leggiamo troppo poco, guardiamo troppo la TV e preghiamo raramente.
Abbiamo moltiplicato le nostre proprietà, ma ridotto i nostri valori; voliamo con aerei più veloci per arrivare presto, per fare meno e tornare prima; firmiano più contratti solo per realizzare meno profitti; parliamo troppo; amiamo troppo poco e mentiamo troppo spesso; abbiamo imparato a condurre un'esistenza, ma non una vita; abbiamo aggiunto anni alla vita, non vita agli anni. Abbiamo raggiunto la Luna e ne siamo tornati, ma abbiamo problemi ad attraversare la strada per incontrare un nuovo vicino; abbiamo conquistato lo spazio esterno, ma non quello interiore; abbiamo fatto cose più grandi, ma non migliori; abbiamo pulito l'aria, ma inquinato l'anima; abbiamo separato l'atomo, ma non il nostro pregiudizio; scriviamo di più, ma impariamo di meno; pianifichiamo di più, ma realizziamo di meno; facciamo aerei più veloci, ma linee più lunghe; abbiamo imparato ad affrettarci, ma non ad aspettare; abbiamo più armi ma meno pace; redditi maggiori ma meno moralità; più feste, ma meno divertimento; più cibo ma meno appagamento; più conoscenze, ma meno amicizie; più fatica me meno successo. Costruiamo più computer per contenere più informazioni e produrre più copie che mai, ma comunichiamo sempre meno; guidiamo macchine più piccole che hanno grandi problemi; costruiamo grandi fabbriche che producono di meno. Ci siamo allargati nella quantità, ma accorciati nella qualità. Questi sono i tempi dei fast food e della digestione lenta; uomini alti ma con carattere debole; profitti esorbitanti e relazioni poco profonde. Questi sono i tempi di pace nel mondo, ma di guerriglia domestica; più piacere e meno divertimento; francobolli più costosi, ma spedizioni più lente; più varianti di cibo, me meno nutrizione. Questi sono i giorni dei due stipendi in famiglia, ma più divorzi; questi viaggi brevi, pannolini usa e getta, soggiorni di cartone, moralità usa e getta, esperienze di una notte, fisici sovrappeso, pillole che fanno tutto dal rallegrarti, a prevenire, rilassare o uccidere. E' una epoca in cui c'e' molto in vetrina e poco in magazzino.”

Words Aptly Spoken (1995)

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“Nelle prime fasi della rivoluzione industriale, gli animali venivano usati come macchine. E altrettanto si faceva con i bambini. Più tardi, nelle cosiddette società post-industriali, gli animali vengono trattati come materia prima. I capi di bestiame destinati all'alimentazione vengono lavorati alla stregua di prodotti industriali. […] Questa riduzione dell'animale […] fa parte dello stesso processo che ha ridotto gli uomini a isolate unità di produzione e consumo. In effetti, durante questo periodo l'atteggiamento nei confronti degli animali spesso prefigurava quello nei confronti dell'uomo. La visione meccanica della capacità lavorativa animale fu in seguito applicata a quella degli uomini. F. W. Taylor, che sviluppò il "taylorismo" studiando il rapporto tempo-moto e la gestione "scientifica" del lavoro industriale, sosteneva che il lavoro dovesse essere «così stupido» e così flemmatico da rendere [il lavoratore] «più simile, per struttura mentale, al bue che a qualsiasi altra specie». Pressoché tutte le moderne tecniche di condizionamento sociale si basano su esperimenti condotti sugli animali. E lo stesso vale per i cosiddetti test attitudinali. Oggi comportamentisti come Skinner rinchiudono il concetto stesso di uomo entro il perimetro di ciò che ricavano dai loro esperimenti di laboratorio sugli animali.”

John Berger (1926–2017) critico d'arte, scrittore e pittore inglese

Perché guardare gli animali?, pp. 12-13
Sul guardare

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“Noterai che nessun animale tiene in poco conto il suo corpo o si disinteressa di esso. Anche quelli più stupidi e sciocchi, per quanto siano tardi in tutto il resto, sono ben svegli quando si tratta della loro vita.”

Lucio Anneo Seneca (-4–65 a.C.) filosofo, poeta, politico e drammaturgo romano

121, 24
Lettere a Lucilio
Origine: Citato in Gino Ditadi, I filosofi e gli animali, vol. 1, Isonomia editrice, Este, 1994, pp. 329-330. ISBN 88-85944-12-4

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“La letteratura è nata quel giorno che Giona è tornato a casa e ha raccontato alla moglie che aveva fatto tardi perché era stato inghiottito da una balena.”

Gabriel García Márquez (1927–2014) scrittore e giornalista colombiano

Origine: Citato in Gerald Martin, Gabriel García Márquez: A Life.

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“Non si deve amare Shakespeare che molto tardi, quando si ha il disgusto della perfezione.”

Jules Renard (1864–1910) scrittore e aforista francese

4 dicembre 1906; Vergani, p. 246
Diario 1887-1910

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“[Sui popoli della Sicilia] Già in tempi lontani fu sede di popoli, ed ecco il complessivo registro delle genti che ospitò. L'insediamento umano più antico che la tradizione ricordi fu quello dei Ciclopi e dei Lestrigoni, che occuparono una fascia limitata del paese. Ma sul loro ceppo non posso pronunciarmi, né sulla loro terra d'origine o su quale zona del mondo abbiano poi scelto per emigrarvi. Si stia contenti delle memorie poetiche e dell'opinione che ciascuno, chi da una fonte, chi da un'altra, ha concepito su quelle genti. Subito dopo quelli devono essersi stabiliti sull'isola i Sicani. Costoro anzi, a quanto affermano, avrebbero preceduto i Ciclopi e i Lestrigoni in quanto originari della Sicilia. Ma la verità storica fa giustizia di queste fantasie: erano Iberi, e in Iberia avevano dimora, lungo il corso del Sicano, donde i Liguri li costrinsero ad allontanarsi. Per opera loro l'isola finì col mutare il primitivo nome di Trinacria in quello di Sicania. Nel nostro tempo i Sicani sono ancora stanziati nella zona occidentale della Sicilia. Quando Ilio crollò, un drappello di Troiani fuggitivi, sgusciati dalla rete della flotta Achea, approdarono alle spiagge della Sicilia e fissarono il proprio domicilio a fianco dei Sicani. Le due genti furono designate con il nome comune di Elimi, e i loro centri urbani furono noti come Erice e Segesta. S'aggiunse più tardi e prese sede in quei luoghi anche un nucleo di Focesi che rientrando da Troia fu travolto in quell'epoca da una tempesta e, dopo aver toccato le coste della Libia, di là concluse finalmente la sua corsa in terra di Sicilia.”

Tucidide storico e militare ateniese

Libro VI-II
La guerra del Peloponneso

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“Il lavoro di Bill Watterson ha qualcosa di mistico. Ciò che abbiamo di fronte non è una qualunque striscia a fumetti. Possiede quella particolare dimensione riconosciuta un tempo in Krazy Kat di George Herriman e, più tardi, in Pogo di Walt Kelly. Il che è stato, comunque, molto tempo fa: dopo di loro non c'è stato più niente di simile nel mondo del cartoon. Ora abbiamo Calvin & Hobbes. In questa striscia non ci sono personaggi finti o sdolcinati. Il ragazzino è decisamente e irresistibilmente pestifero. La madre e il padre (i nomi non sono necessari) vivono a fianco della loro discendenza chiedendosi con perenne e agitato stupore che cosa abbiano fatto per meritarsi un figlio del genere. Il bambino, da parte sua, vive per un buon 70 per cento del suo tempo in un mondo parallelo popolato dalle creature indicibili della sua fantasia, e per il resto del tempo in un mondo reale popolato da altre creature indicibili (la maestra, la bambina, il bullo). E trova scampo da questo secondo mondo rifugiandosi nel primo. E poi c'è il tigrotto di pezza. È un animo nobile e molto più intelligente del bambino, di cui, con sarcastica e affettuosa saggezza, tempera l'esuberanza. Ci sono un sacco di strisce a fumetti in giro, alcune buone, altre passabili, la maggior parte semplicemente roba di secondo piano. Tutti hanno il loro cast di personaggi, più o meno indovinati, tenuti insieme dal dialogo, a volte buono, a volte no. Sono pochissimi quelli che posseggono quella magia particolare che li fa reggere il confronto con il meglio del passato. Guardando al lavoro dei nostri due paragoni, Herriman e Kelly, possiamo vedere un connubbio tra sceneggiatura e segno grafico che si trova raramente al giorno d'oggi, la sensazione che le parole migliorino il disegno e che il disegno faccia lo stesso con il testo, che la fusione attentamente miscelata di questi due ingredienti possa creare quell'incanto che rivela il genio. Volete la magia? L'alchimista Watterson ha portato avanti un lavoro che, per acume, carattere e profondità, è portentoso in rapporto alla sua giovane età. Gli auguro lunga vita e possano i poteri della sua stregoneria non venir mai meno. Volete la magia? Questa è una raccolta di ricette dello stregone per trasformare della semplice carta e del semplice inchiostro in oro puro. Lasciate che umilmente vi presenti Calvin (il bambino) e Hobbes (il tigrotto). Questo libro è magico.”

Pat Oliphant (1935)

dalla prefazione di Bill Watterson, C'è qualcosa che sbava sotto il letto, Comix, 1997. ISBN 9788881930197

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“I dittatori sono propensi alla cinefilia. Lenin, che detestava la musica perché era irritato dal fatto che lo faceva diventare sentimentale, considerava che tra tutte le arti il cinema poteva essere la più utile alla causa del proletariato. Hitler vedeva quasi tutte le sere in una sala cinematografica perfettamente attrezzata operette viennesi d'epoca e musical americani, e regalò a Eva Braun una cinepresa per girare a colori scene che ancora oggi ci gelano il sangue, un misto di ridenti immagini domestiche e igure genocide che prendono il sole sulle terrazze con vista sulle Alpi. Anche a Stalin piacevano i musical americani e i film western e, dato che soffriva d'insonnia come Hitler e si divertiva a tenere svegli i suoi cortigiani fino a notte fonda, a volte prolungava la sessione cinematografica con una festa alcolica, durante la quale osservava in silenzio adulatori e future vittime come se stesse inventando per ognuno un copione sinistro dall'epilogo ignoto a tutti tranne che a lui. Il generale Franco non andava a letto tardi e non beveva, ma la sua passione per il cinema era altrettanto forte, al punto che scrisse la sceneggiatura di un film, Raza, che era una patetica fantasia ricamata sulla sua biografia, e una dimostrazione del fatto che il cinema può rovinare l'immaginazione di chiunque. Forse ai dittatori piacciono tanto i film perché hanno pochissime opportunità di uscire la sera e perché sono costantemente circondati da persone servili di cui non sanno più che fare.”

Antonio Muñoz Molina (1956) scrittore e saggista spagnolo

Origine: Da El tirano cinéfilo, País; tradotto in Il tiranno cinefilo, Internazionale n. 1101, 8 maggio 2015.

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“Voce dal film: ".. Spazio, ultima frontiera.. Questi sono i viaggi della nave stellare Enterprise.."
J. J. Abrams: Ah ah! Pure questa, ci ho messo dentro! Se non è un film di Star Trek, questo!
Leo Ortolani: Bello, ma dove sono le idee nuove?
J. J. Abrams: Uuuh, che tardi! Vado, che devo fare il nuovo Star Wars!”

recensione di Into Darkness - Star Trek
Citazioni da fumetti vari, CineMAH
Origine: Da Star Trek – L'ira di Into Darkness – la recensione http://leortola.wordpress.com/2013/06/14/star-trek-lira-di-into-darkness-la-recensione/, Come Non Detto, 14 giugno 2013

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“[Durante la guerra civile siriana] Il regime siriano ha qualcosa da nascondere. Il via libera agli ispettori è arrivato troppo tardi. Siamo in possesso di informazioni e le stiamo valutando insieme agli alleati.”

John Kerry (1943) politico statunitense

Origine: Citato in Siria, Usa: "Uso armi chimiche innegabile". Cecchini sparano sugli ispettori Onu http://www.repubblica.it/esteri/2013/08/26/news/siria_stati_uniti_e_gran_bretagna_attacco_entro_i_prossimi_dieci_giorni-65290174/?ref=HREA-1, Repubblica.it, 26 agosto 2013.

“[Diego Velázquez] Nelle opere giovanili che di lui rimangono, lo scopo era di raffigurare una realtà assoluta. Le sue nature morte sono pitture realistiche che rivelano la maestria del pittore nei valori tattili. Egli probabilmente conobbe qualche opera del Caravaggio e di alcuni suoi seguaci: in ogni caso, utilizzò in parecchi quadri ciò che chiamiamo "tenebrismo", anche se se ne servì alla propria maniera. Per tutta la vita le sue composizioni seguirono gli schemi dei pittori manieristici; mai compose secondo linee diagonali nello spazio, fatta eccezione per qualche ritratto equestre. Ma quando Velázquez si stabilì a Madrid e poté studiare i grandi veneti, lo stile mutò. La sua tavolozza passò dal bruno ai grigi e ai neri; l'artista si fece più sicuro di sé, arrivando a raffigurare il movimento. […] Più tardi Velázquez andò in Italia e prese contatto con gli artisti di quel paese, non solo del passato, ma anche con quelli allora vivi e operosi. La tavolozza si fece così più ricca di colore, secondo un'inclinazione che doveva farsi sempre più sentita per il resto della vita. Il pennelleggiare sulla tela divenne sempre più libero ed eloquente in ogni opera, raggiungendo in breve un'esattezza unica nella pittura europea. Le sue ardite pennellat e degli anni maturi possono essere paragonate per l'eloquenza a quelle dei pittori orientali.”

Xavier de Salas (1907–1982) storico dell'arte spagnolo

da Velázquez, 1962
Origine: Citato in Velázquez, I Classici dell'arte, a cura di Elena Ragusa, pagg. 183 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\TO0\1279609 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?select_db=solr_iccu&searchForm=opac%2Ficcu%2Favanzata.jsp&do_cmd=search_show_cmd&db=solr_iccu&Invia=Avvia+la+ricerca&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&nentries=1&rpnlabel=+Identificativo+SBN+%3D+IT%5CICCU%5CTO0%5C1279609+%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2B%2540attr%2B1%253D1032%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522IT%255C%255CICCU%255C%255CTO0%255C%255C1279609%2522&&fname=none&from=1

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“Caro babbo, lo sai che per me tu eri l'esempio vivente di tutte le perfezioni? Il tuo naso era perfetto, le tue orecchie erano perfette, la forma della tua testa era perfetta, la scriminatura che divideva da una parte i tuoi pochi capelli era perfetta, e tu, mi ricordavi per tutte queste perfezioni che ti attribuivo, un attore, di quel cinema anni Trenta che cominciò a sfornare una serie di divi a cui tutti avremmo voluto assomigliare. C'era solo una piccola cosa in te che non era perfetta: l'unghia dell'indice della tua mano sinistra era leggermente deformata, era un po' più spessa delle altre e incarnita. Normalmente non si notava, ma i bambini hanno un occhio speciale per notare anche la più lieve imperfezione, e io l'avevo notata e ti avevo domandato come mai quell'unghia era diversa dalle altre. Tu mi dicesti che quando eri piccolo un colpo di martello sbagliato ti aveva spappolato la punta del dito e che l'unghia rimarginandosi era diventata così. Io pensai solo al dolore che dovevi aver provato e poi pensai che le unghie delle altre tue dita erano tutte belle tonde e talmente curate che sembravano appena uscite dalla manicure. Più tardi, quando non ero più un bambino ma un adolescente che cominciava a toccarsi facendo fantasie, non so perché una volta mi sorpresi a pensare che forse la storia del colpo di martello non era vera e che quel dito poteva essere difettoso dalla nascita. Perché lo pensai? Forse perché oscuramente sentivo di aver ereditato da te un'imperfezione che non riguardava solo il mio corpo, ma una parte esigente di me che non avevo ancora bene individuata.”

da Lettera al padre, pp. 79-80
L'amorosa inchiesta

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“I vitellini sentono terribilmente la mancanza della madre. Sentono anche la mancanza di qualcosa da succhiare. Il bisogno di poppare è forte in un vitello piccolo così come in un bambino. Questi vitelli [da allevamento] non hanno capezzoli da succhiare, né altro che li sostituisca. Dal loro primo giorno di reclusione – che può facilmente essere soltanto il terzo o quarto giorno di vita – essi bevono da un secchio di plastica. Sono stati fatti tentativi di nutrire i vitelli con tettarelle artificiali, ma il problema di mantenerle pulite e sterili a quanto sembra non vale il disturbo del produttore. È comune vedere i vitelli che cercano freneticamente di succhiare qualche parte del loro box, benché non vi si trovi di solito nulla di adatto; e se si dà a un vitello da latte un dito, si vedrà che comincia immediatamente a succhiarlo, come un piccolo umano si succhia il pollice.
Più tardi il vitello sviluppa il bisogno di ruminare – cioè di ingerire della fibra naturale e rimasticare il bolo. Ma la fibra è rigorosamente proibita perché contiene ferro e fa diventare scura la carne, per cui, ancora una volta, il vitello può ricorrere a vani tentativi di masticare parti del suo box. Disturbi digestivi, comprese ulcere gastriche, sono frequenti nei vitelli a carne bianca. Lo stesso vale per la diarrea cronica.”

Origine: Liberazione animale, p. 145

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“Cometa (s. f.). Ottima scusa per rimanere fuori la notte fino a tardi e per ritornarsene a casa ubriachi al mattino.”

Ambrose Bierce (1842–1914) scrittore, giornalista e aforista statunitense

1988, p. 50
Dizionario del diavolo

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“[Tubercolosi, cancro, fascismo]. Ogni epoca ha la sua malattia, alla quale risponde un'altra (ma è probabilmente la stessa) nel campo morale. L'Ottocento ebbe la tubercolosi e gli sdilinquimenti sentimentali; il Novecento ha il cancro e il fascismo. Tutto il processo del fascismo – manifestarsi della sua vera natura quando è già tardi per un efficace intervento chirurgico; sua impossibilità di morire se non assieme alla vittima alla quale si è abbarbicato; tendenza a riprodursi in luoghi lontani dalla sua prima sede; disperate sofferenze che genera in quelli che ne sono colpiti; guasti profondi che si rivelano all'esame necroscopico dei corpi (o paesi) sui quali abbia totalitariamente imperato – tutto, dico, il suo processo ha sorprendenti somiglianze con quello del cancro. Ma in un'altra cosa gli assomiglia ancora.Nessuno ignora oggi che la tubercolosi è, molte volte, uno dei mezzi che i giovani impiegano per suicidarsi. Azzardo l'ipotesi che il cancro (malattia degli anziani) abbia le sue radici psichiche in un tentativo sbagliato dell'organismo per ringiovanire. La formazione di un neoplasma potrebbe significare il desiderio di rifarsi un nuovo organo, p. es. un nuovo stomaco. (Ho comunicata questa mia ipotesi ad alcuni medici intelligenti, i quali ne hanno tutt'altro che riso). Ebbene: che cosa è stata in fondo l'adesione al fascismo – in Italia e altrove – se non un tentativo sbagliato della borghesia di rifarsi una vita nuova, di ringiovanire? Troppo tardi si è accorta poi dell'errore; e allora… non c'era più rimedio; la buona cosa, la cosa provvidenziale, che si presentava apportatrice di un «ordine nuovo» recava invece inumane sofferenze; e, a più o meno lunga scadenza, la morte.”

Umberto Saba (1883–1957) poeta italiano

43, pp. 43-44
Scorciatoie e raccontini

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“[Su proprio padre] La collera e lo sdegno che gli conoscevo da sempre gli venivano dal suo disprezzo per i regnanti e per la carriera alla quale non s'era mai adattato e l'aveva indubbiamente fatto soffrire; ma la sua ribellione, le sue critiche non si legavano — come dovetti giudicare più tardi — alla realtà d'un fermento sociale che gli era invece estraneo e del quale non riusciva a cogliere i bagliori. L'avevo, sì, udito condannare aspramente l'infamia del Bava Beccaris di tanti anni prima, ma anche quell'episodio, per lui vergognoso, l'aveva messo sul conto dell'ottusità e del cinismo dei regnanti e della viltà d'un governo che giudicava incapace o irresponsabile — mai reazionario e classista. Sembrava anzi ignorare non solo il significato di questi termini, che del resto non adoperava, ma anche la crescente potenza d'una classe dirigente borghese, quindi non poté allora capire quel che la storia c'insegnò poco dopo, a noi che non avevamo ancora vent'anni: e cioè che la guerra del '15 non era stata affatto una continuazione del Risorgimento (oh, le frasi romantiche e patetiche che come zucchero caramellato filavano nell'aria scintillante del giardino di via dell'Istria!) bensì la grossa manovra d'una borghesia paurosa e irritata che voleva sopra tutto ostacolare l'avanzata del socialismo. Anche i reazionari triestini irredentisti avevano dimostrato, al tempo loro, come il Venezian, un congenito disprezzo per i lavoratori ("date il superfluo ai poveri!") e un loro miope, livido antisocialismo. La conseguenza che ai nostri occhi diveniva sempre più chiara ed evidente era che la borghesia nazionale aveva senz'alcuno scrupolo gettato in guerra una massa composta quasi unicamente di contadini, e di contadini del sud, i più ignoranti e i più miseri, quindi i più adatti a esser precipitati in un conflitto di cui non avrebbero capito nulla e avrebbero sopportato come una delle tante sciagure che piovevano sulla loro vita faticosa e primitiva — un diluvio o un terremoto, per l'appunto — con quella pazienza e quella rassegnazione che insegnava loro una chiesa tanto dolce e mite per i ricchi e tanto severa per i poveri.”

parte III, cap. II, p. 175
Le quattro ragazze Wieselberger

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“[Klemens von Metternich] Qui giace, per la sua fama troppo tardi, | il Don Chisciotte della legittimità, | che vero e falso a piacer suo contorse, | dapprima agli altri, poi mentì a se stesso, | da furfante, pazzo divenne coi capelli grigi, | poiché finì per credere alle proprie menzogne.”

Franz Grillparzer (1791–1872) scrittore e drammaturgo austriaco

Origine: Da Werke, I, Monaco, 1960, p. 137, citato in Eric J. Hobsbawm, Il trionfo della borghesia 1848/1875, traduzione di Bruno Maffi, Laterza, Roma-Bari, 1976, cap. I, p. 30.

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“L'Heysel stava arrivando, com'è inevitabile che arrivi il Natale. Ciò che sorprese è che la causa di tutte quelle morti fu qualcosa di tanto innocuo quanto una carica, esercizio che almeno la metà dei giovani tifosi inglesi praticava, e che non aveva altro scopo se non quello di spaventare i tifosi avversari e di divertire chi correva. I tifosi della Juventus, molti dei quali erano uomini della media borghesia, non sapevano di quest'abitudine, e d'altronde perché mai avrebbero dovuto? Non conoscevano il complicato comportamento del pubblico inglese, che noialtri avevamo assorbito senza accorgercene. Quando videro una schiera di hooligan inglesi urlanti cominciare a correre verso di loro, si fecero prendere dal panico e si precipitarono verso l'estremità del loro settore. Crollò un muro, e nel caos che seguì la gente morì schiacciata. Fu un modo orribile di morire, e noi probabilmente, davanti alla TV, assistemmo a quelle morti: ricordiamo tutti quell'uomo robusto con la barba, assomigliante a Pavarotti, che con una mano cercava disperatamente un aiuto che nessuno riusciva a dargli. Alcuni dei tifosi del Liverpool arrestati più tardi devono essersi sentiti sinceramente sconcertati. In un certo senso, il loro reato era solo quello di essere inglesi: le abitudini della loro cultura, tolte dal loro contesto ed esportate in un luogo in cui non venivano capite, uccidevano le persone.”

Nick Hornby (1957) scrittore inglese

Origine: Febbre a 90, p. 153

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“Nessuna meraviglia che un uomo come Giordano Bruno corredi questo mondo della spazialità infinita, sottratto in certo modo alla onnipotenza divina, e pure completamente misurabile, di una sublimità quasi religiosa e che gli attribuisca, «accanto all'estensione infinita del χενόν democriteo, l'infinita dinamica dell'anima del mondo neoplatonica». Nonostante l'afflato mistico, questa concezione dello spazio è già quella che più tardi verrà razionalizzata da Cartesio e formalizzata nella teoria Kantiana.”

Erwin Panofsky (1892–1968) storico dell'arte tedesco

pag. 46
La prospettiva come forma simbolica
Origine: [Nota presente nel medesimo testo da cui è tratta la citazione] L. Olschki, op. cit.; a questo proposito anche Jonas Cohn, Das Unendlichkeitsproblem, 1896. È particolarmente interessante il modo in cui Bruno, per poter fondare il suo concetto dello spazio infinito anche sull'«Autorità» degli antichi, contro la concezione scolastico-aristotelica, si rifà consapevolmente ai frammenti dei presocratici, e in particolare alle dotrine di Democrito: in certo modo – ed è un fatto sintomatico per tutto il movimento rinascimentale – egli si vale di una Antichità contro un'altra; il risultato è un terzo termine, appunto la specifica «modernità». L'opposto della bella definizione bruniana dello spazio come «quantitas continua, physica triplici dimensione constans» è la personificazione medioevale (ad esempio, nel Duomo di Parma) delle quattro dimensioni (parallele ai quattro evangelisti, ai quattro fiumi del paradiso, ai quattro elementi, ecc.)

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“La mia carriera è inferiore al mio valore reale | perché sono esploso tardi come Di Natale.”

Rayden (1985) rapper e beatmaker italiano

da Senza orari, n. 12
L'Uomo Senza Qualità

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“In tutto il mondo ogni paese si trova sotto pressione economica. Paesi devastati dalla guerra cercano di ricostruire le loro industrie. Il loro bisogno di effettuare nei prossimi mesi importazioni sarà superiore alla loro capacità di esportare. Perciò essi sentono la necessità di controllare rigidamente le importazioni […]. Se questa tendenza non verrà rovesciata, il governo degli Stati uniti si troverà presto o tardi sotto pressione perché faccia uso anch'esso degli stessi strumenti, nella lotta per assicurarsi mercati di materie prime […]. Ma questo è proprio ciò che noi abbiamo sempre cercato di evitare sin dal la fine della guerra. Non è un metodo americano. Non è la via verso la pace […]. Il nostro popolo è unito. Esso è stato capace di comprendere le sue responsabilità. Esso è pronto ad assumere il proprio ruolo di guida. Esso è risoluto a operare per un ordine internazionale nel quale la pace e l'ordine siano durevoli. Pace e libertà non sono raggiunte in modo facile. Non possono essere ottenute con la forza. Esse vengono dalla mutua comprensione e collaborazione, dal desiderio di condursi lealmente in tutti campi politici economici con tutte le nazioni amiche. Sia nostra volontà continuare in questa via ora e nel futuro. Se altre nazioni del mondo faranno altrettanto, sarà possibile raggiungere l'obiettivo della pace e della libertà nel mondo.”

Harry Truman (1884–1972) 33º presidente degli Stati Uniti d'America

Origine: Citato in Ennio Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali. [Dal 1918 ai giorni nostri], Editori Laterza, Roma, 2008, pp. 694-695. ISBN 978-88-420-8734-2

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