Frasi su testo

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema testo, essere, stesso, parola.

Frasi su testo

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“[Sull'atteggiamento dell'opposizione al disegno di legge volto ad introdurre la c. d. aggravante di omofobia nel codice penale italiano. ] Onestamente, dopo quasi mille giorni che il provvedimento in esame è all'ordine del giorno e dopo tanti tentativi, da parte mia, di arrivare ad una mediazione, l'impressione è quella di avere davanti un muro di gomma. Per ogni soluzione offerta alle obiezioni sollevate se ne sollevavano delle nuove. Riassumo tutti gli ostacoli che ho cercato di superare. Accantonato il reato di opinione perché bocciato, l'obiezione è diventata la nozione di orientamento sessuale. Quando questa nozione è stata espunta con la diversa formulazione proposta, cioè omofobia e transfobia, omosessualità e transessualità, l'obiezione ha riguardato la ragionevolezza della ridotta applicazione dell'aggravante alla sola omosessualità e transessualità. Superato ciò con l'estensione dell'aggravante ad altre categorie di soggetti discriminati per età, sesso, ovvero disabilità, il problema è l'esatta corrispondenza con l'articolo 19 del Trattato. Il muro di gomma ancora resiste e assume forme sempre più nuove. Una delle novità dell'ultima ora sarebbe l'esigenza di tutelare la privacy della vittima del reato, che potrebbe avere interesse a non rendere manifesta attraverso un processo la propria omosessualità o transessualità. Si dice che l'aggravante determinerebbe l'esigenza di verificare in sede processuale se la vittima sia realmente omosessuale o transessuale. Cari colleghi, ciò è abbastanza bizzarro, perché è a tutti ben chiaro che la ratio dell'aggravante è quella di punire il movente di un soggetto, che commette un reato in ragione della presunta condizione umana di un'altra persona. Con la nuova aggravante non si vuole tutelare l'omosessuale in quanto omosessuale, ma si vuole punire un soggetto che delinque solo in quanto ritiene di avere dinanzi a sé una persona diversa da lui e quindi inferiore. Che la vittima sia o non sia omosessuale o transessuale è del tutto irrilevante. Il muro di gomma ha, però, assunto forme paradossali quando in Commissione esponenti della maggioranza hanno criticato l'uso della nozione di omosessualità e transessualità ritenendo migliore quella di «orientamento sessuale», prevista dall'articolo 19 del Trattato. È un'obiezione paradossale, a parer mio, in quanto proprio la nozione di orientamento sessuale era stata oggetto della loro precedente questione pregiudiziale di costituzionalità. La mia sensazione che la maggioranza volesse procedere all'indietro invece che verso l'applicazione di un testo condiviso ha avuto qui una conferma.”

Paola Concia (1963) politica italiana

Origine: Citato in Seduta della Camera dei Deputati n. 476 di lunedì 23 maggio 2011 http://documenti.camera.it/apps/commonServices/getDocumento.ashx?idLegislatura=16&sezione=assemblea&tipoDoc=pdf&idseduta=476 – XVI Legislatura – Resoconto stenografico dell'Assemblea – Discussione della proposta di legge: Soro ed altri: Norme per la tutela delle vittime di reati per motivi di omofobia e transfobia (A.C. 2802-A). Camera dei Deputati, 23 maggio 2011.

Questa traduzione è in attesa di revisione. È corretto?
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“[Sulla parte finale di Nuntereggae più] È uno sfottò come un altro per dire: "Vabbè, visto che vi ho detto 'ste cose, visto che tanto la canzone non fa testo politico, la canzone non è un comizio, il cantautore non è Berlinguer né Pannella, allora a questo punto hanno ragione quelli che fanno solo canzoni d'amore."”

Rino Gaetano (1950–1981) cantautore italiano

Variante: È uno sfottò come un altro per dire: "Vabbè, visto che vi ho detto 'ste cose, visto che tanto la canzone non fa testo politico, la canzone non è un comizio, il cantautore non è Berlinguer né Pannella, allora a questo punto hanno ragione quelli che fanno solo canzoni d'amore".
Origine: Ma il cielo è sempre più blu. Pensieri, racconti e canzoni inedite, p. 41

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“Di quella canzone [Genova per noi] gira un testo sbagliato: Genova non ha i giorni tutti uguali; sono io che le chiedo di tornare ai nostri giorni tutti uguali. Anche i liguri sono un po' ritrosi, come noi; ma il mare ha tutta un'altra apertura di sogno.”

Paolo Conte (1937) cantautore, paroliere e polistrumentista italiano

Variante: Di quella canzone gira un testo sbagliato: Genova non ha i giorni tutti uguali; sono io che le chiedo di tornare ai nostri giorni tutti uguali. Anche i liguri sono un po' ritrosi, come noi; ma il mare ha tutta un'altra apertura di sogno.

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“Qualunque cosa voi mettiate in un testo per definire il vostro amore o il vostro odio, Morrissey lo fa meglio.”

Noel Gallagher (1967) cantautore e chitarrista inglese

Origine: Charming men: star appreciations, 6 maggio 2007, The Guardian http://www.guardian.co.uk/music/2007/may/06/popandrock.features1,

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“Tutte queste cicatrici Terra sono il fascino della tua figura guerriera.”

Jean Cocteau (1889–1963) poeta, saggista e drammaturgo francese

citato in Il mio primo viaggio, fuori testo a pag. 8

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“Leggo spesso la Bibbia, ma il suo testo originale mi è rimasto inaccessibile.”

Albert Einstein (1879–1955) scienziato tedesco

Origine: Riferito al fatto che non conosceva l'ebraico. Pensieri di un uomo curioso, p. 116.
Origine: Da una lettera a H. Friedmann, 2 settembre 1945.
Origine: Pensieri di un uomo curioso, p. 116

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“L'intellettuale non ha scelta, salvo fra essere sé stesso o tradire sé stesso. Se pensa che la «felicità», come appare nelle definizioni fondamentali della teoria e della pratica dell'American way of life, sia preferibile, se non sospetta che la «felicità» in quasi tutte le sue forme sia il dispotismo dell'ordinario, del volgare, ha sbagliato mestiere. Queste cose sono organizzate meglio nel mondo del despota. Gli artisti, i pensatori, gli scrittori ricevono il tributo irremovibile dell'attenzione e della repressione politiche. Il KGB e lo scrittore serio sono pienamente d'accordo perché sano entrambi – anche perché agiscono entrambi in funzione di questa conoscenza – che una poesia (quando Pasternak citò il primo verso di un sonetto di Shakespeare alla presenza di uno Ždanov inviperito, per esempio), un romanzo, una scena di tragedia possono essere la centrale energetica degli affari umani, che niente è più carico di detonatori di sogni e di azioni che la parola, e soprattutto la parola che si conosce a memoria. […] Imprigionare un uomo perché cita Riccardo III durante le purghe del 1937, arrestarlo a Praga perché tiene un seminario su Kant, significa valutare esattamente l'importanza della grande letteratura e della grande filosofia. Significa onorare perversamente, ma cionondimeno onorare, l'ossessione della verità.
Quale testo, quale dipinto, quale sinfonia potrebbe scuotere l'edificio della politica americana? Quale atto di pensiero astratto ha qualche influenza? Chi se ne cura?”

George Steiner (1929–2020) scrittore e saggista francese

da Gli archivi dell'Eden: p. 218

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“[…] questo «io eroico» non si pone più autonomamente dinanzi ai propri avversari, come al tempo dei cinismi giovanili o delle prime dispute contro la pedagogia istituzionale, ma è certo d'agire per conto di un'istanza superiore ben identificata e inesauribile, la dottrina del Vangelo – del testo greco dei Vangeli ritradotto dallo stesso Tolstòj (un'ottima traduzione). Una dottrina che Tolstòj fa valere integralisticamente, ignorando di proposito la distanza di diciotto secoli, rifiutandosi di «storicizzare» e di attenuare come che sia i comandamenti di Gesù, e aprendo così un fronte immenso sul quale battersi nel mondo «pseudo-cristiano» o «cristiano-ecclesiastico» (come egli lo chiama) in cui non c'è versetto del Vangelo che, tradotto fedelmente, non suoni completamente sconosciuto e scandaloso. In questa sua ultima ed enorme scommessa sulla propria energia e forza d'urto, a Tolstòj non rimane più tempo né spazio per una dimensione privata, per una qualche quinta in cui riprendere fiato: tutto è messo in gioco, e tutto è illuminato dai riflettori. Da questa condizione Tolstòj trae adesso la forza e il gusto di continuare a vivere; da questa condizione – e dalla forza e dal gusto di vivere che gliene vengono – la sua arte trae vigore, volontà, argomenti; e di questa sua arte Tolstòj vive – scrittore com'egli è, fino al midollo. In questo cerchio virtuoso, trionfante, percorre i suoi cicli la dialettica tra pubblico e privato dell'ultimo periodo della vita di Tolstòj, vecchio conte che è diventato in tutto attore e non lo è più in nulla. (Non per nulla questo Tolstòj fu l'ultima grande passione di Nietzsche, prima della follia, e Nietzsche lo leggeva e compulsava avidamente, riconoscendo in lui lo stesso mito al quale anch'egli si sentiva forzato: la consumazione del confine tra «arte» e «vita», tra «volontà» e «realtà».)”

Igor Sibaldi (1957) traduttore, saggista e scrittore italiano

p. L

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“Il testo integrale di Colledara”

Fedele Romani (1855–1910) scrittore, poeta e linguista italiano
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“La cosa più importante che mi è capitata nella mia carriera di attore è stata quella di avere avuto la fortuna di incontrare grandi maestri. Parlo di Dario Fo, Giorgio Gaber, Carlo Cecchi, Enzo Jannacci e altri che mi hanno aiutato e guidato agli inizi. In questo mestiere gli incontri sono fondamentali. Avendo avuto io questa fortuna, ritengo che sia mio dovere, nei limiti del possibile, incontrare giovani attori, ascoltarli, cercare di scoprire se nelle cose che fanno ci sono i segni di qualcosa di utile, uno spunto per una crescita futura. Quando Giulio Cavalli mi ha inviato la prima bozza del suo Kabum! ho subito accettato di incontrarlo, e poi di occuparmi della supervisione artistica del suo spettacolo. Questo per diversi motivi. Intanto perché questo spettacolo è stato concepito con una tecnica – quella del gramelot – che mi ha riportato al tempo della mia collaborazione con Dario Fo, che di questa tecnica è l'indiscusso maestro. Poi perché Kabum! è un testo incentrato sulla memoria, come tanta parte del mio lavoro. Lavorare sulla memoria è uno dei compiti del teatro. Ricordare è un modo di cercare di immaginare il futuro, recuperare il passato anche per vedere il mondo con occhi diversi, lontano dall'omologazione di tanta TV di oggi. Perché oggi c'è l'Italia della televisione e c'è un'altra Italia, che non si arrende al rincoglionimento generale, come anche questo spettacolo di Giulio Cavalli dimostra. Per me dare una mano ai giovani significa anche fare il possibile per impedire che il teatro italiano perda un'intera generazione. Perché non c'è solo la censura dichiarata, esplicita. C'è anche la censura che deriva dai tagli governativi dei contributi alla cultura, che rischiano di azzerare le possibilità di crescita e di sperimentazione di una nuova generazione di attori e di autori.”

Paolo Rossi (attore) (1953) attore, cantautore e comico italiano

Citazioni di Paolo Rossi
Origine: Citato in Kabum... Come un paio di possibilità http://www.teatronline.com/index.php?option=com_content&task=view&id=24&Itemid=31/, Bottega dei Maestri Teatrali, 15 gennaio 2007.

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“Il Monti non traduce, ma interpreta: che è pur l'unico modo di tradurre. Subito egli coglie di un episodio, di un personaggio, di un'azione, l'accento fondamentale; e a quello volge e piega il suo interpretare, che è il suo tradurre, e intona il suo canto. Non ha deviazioni o urti o arresti, come chi sia preoccupato di altro e ad altro intenda: come chi, per esempio, si affatichi su l'analisi verbale del testo, o si adoperi di seguir certo stile e di provocare e ottenere effetti voluti. Egli ha dentro una sua musica: e quella ode e a quella obbedisce.”

Manara Valgimigli (1876–1965) filologo, grecista e poeta italiano

Origine: Da Omero, Iliade, nella traduzione di Vincenzo Monti, commentata ad uso delle scuole medie inferiori da Manara Valgimigli, nuova ristampa, Firenze, Le Monnier, 1941, pp. XV-XX; in De Marchi e Palanza, Protagonisti della civiltà letteraria nella critica, Antologia della critica Letteraria dalle Origini ai nostri giorni, Casa Editrice Federico & Ardia, Napoli, 1974, p. 512.

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“Fabrizio De André è uno chansonnier, e lo è nel senso più vero: il senso in cui la poesia, il testo letterario e la musica convivono necessariamente.”

Mario Luzi (1914–2005) poeta e scrittore italiano

dall'intervista di Paolo Di Paolo, Offrire versi con simpatia, ItaliaLibri, Milano, 11 dicembre 2002

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“Mosè ha dato della differenza delle lingue una ragione superlativamente favolosa. Dice che i figli degli uomini, riunitisi, volevano fabbricare una città e, in essa, una gran torre; ma Dio dichiarò: qui bisogna scendere e confondere le loro lingue. - E, perché nessuno creda che io voglia darla ad intendere, leggiamo nel testo stesso di Mosè, quel che segue: «E dissero: "Orsù; fabbrichiamoci una città ed una torre, la cui cupola giunga fino al cielo; e facciamoci un nome prima di essere dispersi su tutta la faccia della terra". E scese il Signore a vedere la città e la torre, che i figli degli uomini edificavano. E disse il Signore: "Ecco, essi sono un medesimo popolo, e una medesima lingua hanno tutti; e questo cominciarono a fare; ed ora non resteranno dal compiere tutto ciò che hanno cominciato. Dunque: discendiamo là, e confondiamo la loro lingua, affinché non capisca l'uno la parola dell'altro". E li disperseil Signore Iddio su tutta la faccia della terra, ed essi cessarono di fabbricare la città e la torre».Poi volete che a questo crediamo; ma voi non credete a ciò che dice Omero degli Aloadi, che tre montagne meditavano di porre l'una sull'altra, «onde fosse ascendibile il cielo». Per me io dico che questo racconto è ugualmente favoloso che quello. Ma voi, che il primo accogliete, per qual ragione, in nome di Dio, respingete la favola di Omero? Poiché questo - credo - uomini ignoranti non lo capiscono: che, se anche tutte le genti che popolano la terra avessero la medesima voce e la medesima lingua, fabbricare una torre che arrivi fino al cielo non potrebbero affatto, quand'anche facessero mattoni di tutta quanta la terra. Mattoni ce ne vorrebbero infiniti di grandezza pari a tutta intera la terra per arrivare al solo cerchio della luna. Ammettiamo pure che tutte le genti si siano riunite parlando una stessa lingua ed abbiano ridotto in mattoni e cavato le pietre di tutta la terra; come potranno arrivare fino al cielo, se anche la loro opera dovesse stendersi più sottile di un filo allungato? In conclusione: voi che stimate vera una favola così evidentemente falsa, e pretendete che Dio abbia avuto paura della unità di voce degli uomini e per questo sia disceso a confonderne le lingue, oserete ancora menare vanto della vostra conoscenza di Dio?”

Flavio Claudio Giuliano (331–363) imperatore romano

Contro i galilei

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“Oltre ai significati storico-politici, la sostanza di questo dramma shakespeariano è fortemente psicologica, in quanto al centro del testo è posta la crisi – che psicanaliticamente definiremmo narcisistica – del protagonista, il quale è progressivamente condotto a fare i conti con il passaggio da una visione eroica di Sé come "anointed King", re di origine divina prescelto dal destino, a un'immagine infranta del suo Io […]. Nello scoprirsi subjected – termine da intendersi nella duplice accezione di "suddito", ma anche di "soggetto umano"”

Riccardo scopre la vanità (egli definirà hollow, "vuota", la sua corona) del suo essere e, di conseguenza, la fallacia della sua regalità legittima. Ciò che la crisi narcisistica del protagonista del dramma in ultima analisi esprime è un ben preciso messaggio di carattere culturale: alla crisi narcisistica di Riccardo fa da specchio un mutamento epocale, poiché il Re non è più tale in virtù della sua natura divina e trascendente, bensì in forza del consenso popolare e delle contingenze. Con Bolingbroke, possiamo ben dire, finisce il tempo della Cavalleria e ha inizio quello della modernità, aprendo la strada a una visione secolarizzata del potere umano e delle sue prerogative. Il capolavoro di Shakespeare fotografa questa mutazione radicale nello spirito e nella storia dell'Europa. (Cesare Catà, Eretico Potere Ieratico. Il Liber Augustalis di Federico II di Svevia e il Riccardo II di Shakespeare, in "Tabulae. Rivista del Centro Studi Federiciani", XXIV, (Dicembre 2012), pp. 137-158)
Riccardo II, Citazioni sull'opera

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“Testo online de La cortigiana”

Pietro Aretino (1492–1556) poeta, scrittore, drammaturgo
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“Nella misura in cui il fascismo dipende da una fonte filosofica, non è a Nietzsche, ma a Hegel che si ricollega. Ci si rifaccia all'articolo che Mussolini stesso ha consacrato nellEnciclopedia Italiana al movimento da lui fondato: il lessico e, più ancora del lessico, lo spirito sono hegeliani, non nietzscheani; anche se Mussolini vi impiega due volte l'espressione «Volontà di potenza», non è a caso che questa volontà sia solo un attributo dell'idea che unifica la moltitudine…
L'agitatore rosso ha subito l'influenza di Nietzsche: il dittatore assoluto se n'è tenuto a distanza. Il regime stesso si è espresso sul problema. In un articolo su «Fascismo» del luglio 1933, Cimmino nega ogni filiazione ideologica fra Nietzsche e Mussolini. Solo la volontà di potenza costituirebbe un legame fra le loro dottrine. Ma la volontà di potenza di Mussolini «non è egoismo», essa è predicata a tutti gli italiani dei quali il duce «vuole fare dei superuomini» [sic. ]. Perché, afferma l'autore, «qualora fossimo tutti superuomini saremmo soltanto tutti uomini. Che poi Nietzsche piaccia a Mussolini è naturale: vi è nel Nietzsche qualcosa che è stata sempre di tutti gli uomini di azione e volontà». La differenza profonda tra Nietzsche e Mussolini è «nel fatto che la potenza come volontà, la forza, l'azione sono fatti dell'istinto, direi quasi della natura fisica, e la possono avere le persone fra loro più opposte, servendosene per i più diversi scopi; mentre l'ideologia è fattore spirituale, ed è sempre una per tutti quelli che l'accettano». È inutile insistere sull'idealismo scoperto di questo testo ce ha il merito dell'onesta, se lo si paragona con i testi tedeschi. È più importante notare come il duce venga assolto da una possibile accusa di egoismo nietzscheano. Le sfere dirigenti del fascismo sembrano essere rimaste all'interpretazione stirneriana di Nietzsche formulata intorno al 1908 dallo stesso Mussolini.”

Georges Bataille (1897–1962) scrittore, antropologo e filosofo francese

Origine: [Ibid. nota precedente] È noto che l'hegelismo, rappresentato da Gentile, è praticamente la filosofia ufficiale dell'Italia fascista.
Origine: [Ibid. nota precedente] Sub verbo «Fascismo». L'articolo è stato tradottoo in apertura di B. Mussolini, Le Fascisme, Denoël et Steele.
Origine: [Ibid. nota precedente] A proposito del popolo, Mussolini scrive: «Non razza, né regione geograficamente individuata, ma schiatta storicamente perpetuantesi, moltitudine unificata da un'idea, che è volontà di esistenza e di potenza [...]» [La dottrina del fascismo, Hoepli, Milano 1936, p. 23]
Origine: [Ibid. nota precedente] In un articolo pubblicato allora da un giornale romagnolo, e riprodotto da Margherita G. Sarfatti, Mussolini, trad. fr. Albin Michel, 1927, pp. 117-21 (ed. orig. M.G.Sarfatti), Dux, Mondadori, Milano 1926, p. 101.]
Origine: La congiura sacra, p. 19-20

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“Un testo simbolista famoso.”

Alain-Fournier (1886–1914) scrittore

Giuliano Gramigna
Il grande amico, Citazioni sul libro

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“Uno stupefacente diaro intimo, testo alchemico di straordinaria bellezza. L'opera, rimasta a lungo segreta, esce ora in Italia.”

Carl Gustav Jung (1875–1961) psichiatra, psicoanalista e antropologo svizzero

Antonio Gnoli

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“Nella sua profonda opera Della vita, che era anche il libro preferito di mia madre, Tolstoj parla della ragione come fonte stessa della nostra vita. Questo testo fu scritto con un vigore e un fervore eccezionali. In quel periodo si videro rinascere di nuovo in mio padre allegria e buon umore. Il suo lavoro lo appassionava ed era il segno più evidente della sua riuscita. Infatti questo libro di Tolstoj, poco noto alla massa dei lettori, è una delle più notevoli tra le sue opere filosofiche e religiose.
«La vera vita inizia solo nel momento in cui si manifesta la ragione.» La ragione è l'unica forza che riveli in noi l'amore.
Ed è ancora una nuova forma di fede che Tolstoj scopre all'interno della sua anima e che ci espone in quest'opera. A mio giudizio, Della vita e Il regno di Dio è in voi sono le opere religiose capitali di mio padre.
In quest'ultima opera di una chiarezza sorprendente e perfettamente armoniosa, Tolstoj esprime al meglio la propria dottrina, rivolgendosi direttamente agli uomini dalle professioni più disparate e predicando le sue idee. Zar, generali, ministri, giudici, preti, uomini di scienza, ognuno trova in questo sermone una parola che lo tocca personalmente e che lo invita a cambiare vita.
Fu l'ultima grande opera prettamente religiosa di mio padre e tutte quelle che scrisse in seguito non sono altro che ripetizioni.”

Lev L'vovič Tolstoj (1869–1945) scrittore russo

Origine: La verità su mio padre, pp. 123-124

“[Reagendo teatralmente all'apatia degli studenti dell'amphithéâtre Descartes della Sorbona, alle prese con le asperità del testo di Rutebeuf] I nostri anfiteatri non sono stati creati per la dissezione dei cadaveri, ma per la resurrezione dei morti!”

Gustave Cohen (1879–1958) storico e patriota francese

Nos amphithéâtres n'ont pas été créés pour la dissection des cadavres, mais pour la résurrection des morts

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“Non c'è fuori-testo.”

Jacques Derrida (1930–2004) filosofo francese

Origine: Da Della grammatologia, Jaca Book, Milano, 1969, p. 219.

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“[Sulla divisione dell'orazione] Ora, per darvene una giusta idea, io mi fermerò alle parole del mio testo, la cui esposizione letterale svilupperà tosto il mio disegno. Vedetene l'ordine e la divisione. Ecce merces vestra copiosa est in coelis. Questa ricompensa che Dio prepara a' suoi eletti, è una ricompensa sicura: Ecce, vedetela, è un Dio che ve la promette; e se la volete di buona fede, ella è vostra: Ecce merces vestra. È una ricompensa abbondante, che non avrà altra che la magnificenza d'un Dio, e che metterà ella sola il colmo a tutte le vostre brame: Ecce merces vestra copiosa. Finalmente è una ricompensa eterna che voi non perderete mai, perché vi attende nel cielo dove non è cangiamento o vicenda: Ecce merces vestra copiosa est in coelis. […] La ricompensa degli eletti di Dio è una ricompensa sicura; mentre quelle del mondo sono fallibili ed incerte: sarà il primo punto. La ricompensa degli eletti di Dio è una ricompensa abbondante; mentre quelle del mondo sono vuote e difettose: sarà il secondo punto. La ricompensa degli eletti di Dio è una ricompensa eterna; mentre quelle del mondo sono fragili e passeggere: sarà l'ultimo punto.
Forse mi direte essere alquanto lunga una tal divisione, e che sarebbesi potuta spedire con tre voci, dicendo che la mercede de' giusti è mercede sicura, piena, eterna.”

Louis Bourdaloue (1632–1704) gesuita e predicatore francese

Guglielmo Audisio, in Lezioni di eloquenza sacra, Giacinto Marietti, Torino 1870
Gaudete et exultate: ecce enim merces vestra copiosa est in coelis, Citazioni sul testo

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