Frasi su spirito
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“[…] Io crederei, Beatissimo Padre, che a rimunerare in qualche modo la fede ardente del sig. Duca, V. S. dovesse avere la benignità di conferire o a lui, o a suo fratello Don Rodrigo, canonico della cattedrale di Tolosa, la sacra porpora, la quale egli si ha già acquistato con le sue escursioni tingendola nel sangue maledetto di quegli sciagurati.
Basta che in questi paesi si senta il suo nome perché gli eretici Albigesi tremino da capo a piedi. Il suo costume è di andare per le corte spacciando in un sol colpo i più arrabbiati. Quanti gliene capitano nelle mani, costringe a professare la nostra fede con la formola ingiunta da V. S. Se ricusano, li fa battere ben bene mentre che si accende il rogo. Quindi interrogati se si sien pentiti ed ascoltato che no, conchiude: "O credi o muori". Li mettono ad ardere a fuoco lento per dare loro tempo di pentirsi, e di meritare l'eterno perdono.
Alcuno di questi miserabili, benché assai raramente, sullo spirare ha dato segni di ritrattazione e di orrore della morte che meritamente subiva; ed io mi consolavo nel Signore osservando quegli atti che potevano essere indizio di pentimento. Quando più essi si dibattevano tanto più noi godevamo nella speranza che quelle brevi pene fruttassero loro il gaudio eterno, dove speriamo di trovarli salvi nel santo paradiso quando al Signore piacerà di chiamarci agli eterni riposi.
Intorno poi agli altri che furono sedotti, e perciò meno rei, non si costuma di condannarli subito, ma per esercitare con essi quella carità che il nostro Salvatore comanda, da principio si risparmia loro la vita ed invece si adoprano alcuni tormenti i quali per quanto siano gravi alla carne, sono infinitamente più lievi degli altri riserbati allo spirito nelle fiamme eterne. Si adoprano rotelle, eculei, letti di ferro, stirature, tenaglie ed altre simili mortificazioni del corpo, che secondo la legge del nostro Signor G. Cristo dev'essere macerato in terra per averlo glorioso nella vita eterna.
In altra mia mi farò un dovere di rallegrare il cuore della Santità Vostra, con più minuta narrazione di questa opera che il Signore si compiace di fare per nostro mezzo. Intanto, prostrato al sacro piede della S. V., imploro per me e per questi miei collaboratori e compagni l'apostolica benedizione e mi dichiaro
della S. V. Re dei Re e Pastore dei Pastori
l'ultimo dei servi e figli
Domenico Guzman.”

Domenico di Guzmán (1170–1221) presbitero spagnolo

Citato in Giuseppe Garibaldi, Il governo dei preti, Kaos edizioni, 2006

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“La vita sedentaria aveva un che di fisso, di monotono, di definitivo, che mi metteva addosso la disperazione. Era come un po' di morte che sopravveniva già a nutrirsi della vita. Non si sarebbero più vissute quelle lunghe giornate in cui, spossati e con la testa vuota, si andava, con passi da automa, fino al limite di sé. Al limite delle nostre sofferenze sorgeva l'oasi con le sue promesse; le palme maestose che mettevano i cuori in festa; le dune la cui sabbia mordorè era una fortuna per i corpi paralizzati dalla stanchezza; e, talvolta, addirittura, un magro filo d'acqua nel quale i bambini si gettavano con allegria. La felicità! Un bel mattino, si piegavano le tende e si ripartiva. Come se la vita valesse solo il peso dei suoi passi. Come se bisognasse assolutamente annientare il corpo per ingrandire i miraggi dell'arrivo e offrirli a mo' di ebrezza allo spirito che vacillava. Come se i nostri passi fossero necessari per districare le maglie scintillanti della luce, legate insieme dal filo nero delle notti… Una luce così intensa che era come una quintessenza di sguardi. Gli sguardi di tutte quelle generazioni di nomadi che, da secoli, passano e vanno nel deserto senza mai lasciare traccia. Solo i loro sguardi, come una memoria, abitano nella luce. Per questo la luce è così ardente. Per questo quanti ancora camminano hanno la strana sensazione della presenza di un'anima che veglia e sorveglia, di uno sguardo. La luce di quegli sguardi allontana la solitudine e, quando il corpo vacilla per la fatica, tende un po' più forte l'arco della volontà. Allora ci si rialza, e il piede che prima zoppicava ora si affretta, con la speranza di accedere alla nobiltà di una morte che non è soltanto polvere, ma anche raggio del firmamento.”

Malika Mokeddem (1949) scrittrice algerina

da Gente in cammino, traduzione di Carla Maria Tresso, Giunti, Firenze, 1994, pp. 29-30. ISBN 8809014138

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“Io e Bossi siamo eguali e contrari. Parliamo entrambi al popolo ma diamo risposte contrarie. Quello di Bossi è un populismo reazionario che rompe disinvoltamente lo spirito repubblicano, la sua cultura solidaristica, il suo orgoglio costituzionale.)”

Nichi Vendola (1958) politico italiano

Origine: Da Vendola attacca: «La sinistra rischia di essere più leghista della Lega Nord» http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/politica/2010/1-giugno-2010/attacco-vendola-la-sinistra-rischia-essere-piu-leghista-lega-nord-1703122356379.shtml, CorriereDelMezzogiorno.Corriere.it, 1° giugno 2010.

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“Il terrore della morte traspare da atti e parole di alcuni credenti assai più che da atti e parole di spiriti laici.”

Michele Serra (1954) giornalista, scrittore e autore televisivo italiano

5 febbraio 2009
la Repubblica, L'Amaca

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“La menzogna dello spirito maligno è al di là di qualsiasi menzogna.”

Emmanuel Lévinas (1906–1995) filosofo francese

Totalità e infinito. Saggio sull'esteriorità

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“Appena lo spirito si giudica pieno il suo vuoto è irrimediabile.”

Auguste Valensin (1879–1953)

Origine: Da Dictionnaire apologétique; citato in Paola Ricci Sindoni, Filosofia e preghiera mistica nel Novecento: Edith Stein, Simone Weil e Adrienne von Speyr, EDB, Bologna, 1997, p. 31. ISBN 88-10-41112-9

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“Sarebbe difficile avere più spirito di quanto ne ha l'imperatore Alessandro; ma trovo che nel suo carattere manca un pezzo e mi è impossibile scoprire di che pezzo si tratti.”

Napoleone Bonaparte (1769–1821) politico e militare francese, fondatore del Primo Impero francese

Attribuite
Origine: Citato in Giuseppe Berti, Alessandro I, C.E.I., Giano. I tascabili doppi, Roma / Milano, 1966, pp. 18-19. Nel testo: Un giorno Napoleone dirà a Metternich: Sarebbe difficile avere più spirito di quanto ne ha l'imperatore Alessandro; ma trovo che nel suo carattere manca un pezzo e mi è impossibile scoprire di che pezzo si tratti. Alessandro I, pp. 18-19.

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“I governi democratici possono diventare violenti e anche crudeli in certi momenti di grande effervescenza e di pericolo, ma queste crisi saranno rare e passeggere. Quando penso alle piccole passioni degli uomini del nostro tempo […] non temo che essi troveranno fra i loro capi dei tiranni, ma piuttosto dei tutori. Credo, dunque, che la forma d'oppressione da cui sono minacciati i popoli democratici non rassomiglierà a quelle che l'hanno preceduta nel mondo, […] poiché le antiche parole dispotismo e tirannide non le convengono affatto. La cosa è nuova, bisogna tentare di definirla, poiché non è possibile indicarla con un nome. Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri. Ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una famiglia, si può dire che non ha più patria. Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte. È assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite. Rassomiglierebbe all'autorità paterna se, come essa, avesse lo scopo di preparare gli uomini alla virilità, mentre cerca invece di fissarli irrevocabilmente all'infanzia; ama che i cittadini si divertano, purché non pensino che a divertirsi. Lavora volentieri al loro benessere, ma vuole esserne l'unico agente e regolatore; provvede alla loro sicurezza e ad assicurare i loro bisogni, facilita i loro piaceri, tratta i loro principali affari, dirige le loro industrie, regola le loro successioni, divide le loro eredità; non potrebbe esso togliere interamente loro la fatica di pensare e la pena di vivere? Così ogni giorno esso rende meno necessario e più raro l'uso del libero arbitrio, restringe l'azione della volontà in più piccolo spazio e toglie a poco a poco a ogni cittadino perfino l'uso di se stesso. L'eguaglianza ha preparato gli uomini a tutte queste cose, li ha disposti a sopportarle e spesso anche considerarle come un beneficio. Così, […] il sovrano estende il suo braccio sull'intera società; ne copre la superficie con una rete di piccole regole complicate, minuziose ed uniformi, attraverso le quali anche gli spiriti più originali e vigorosi non saprebbero come mettersi in luce e sollevarsi sopra la massa; esso non spezza le volontà, ma le infiacchisce, le piega e le dirige; raramente costringe ad agire, ma si sforza continuamente di impedire che si agisca; non distrugge, ma impedisce di creare; non tiranneggia direttamente, ma ostacola, comprime, snerva, estingue, riducendo infine la nazione a non essere altro che una mandria di animali timidi ed industriosi, della quale il governo è il pastore. Ho sempre creduto che questa specie di servitù regolata e tranquilla, che ho descritto, possa combinarsi meglio di quanto si immagini con qualcuna delle forme esteriori della libertà e che non sia impossibile che essa si stabilisca anche all'ombra della sovranità del popolo. […] In questo sistema il cittadino esce un momento dalla dipendenza per eleggere il padrone e subito dopo vi rientra.”

Citazione un po' troppo lunga: tagliarla
La democrazia in America
Variante: I governi democratici possono diventare violenti e anche crudeli in certi momenti di grande effervescenza e di pericolo, ma queste crisi saranno rare e passeggere.
Quando penso alle piccole passioni degli uomini del nostro tempo […] non temo che essi troveranno fra i loro capi dei tiranni, ma piuttosto dei tutori. Credo, dunque, che la forma d'oppressione da cui sono minacciati i popoli democratici non rassomiglierà a quelle che l'hanno preceduta nel mondo, […] poiché le antiche parole dispotismo e tirannide non le convengono affatto. La cosa è nuova, bisogna tentare di definirla, poiché non è possibile indicarla con un nome.
Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri. Ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una famiglia, si può dire che non ha più patria.
Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte. È assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite. Rassomiglierebbe all'autorità paterna se, come essa, avesse lo scopo di preparare gli uomini alla virilità, mentre cerca invece di fissarli irrevocabilmente all'infanzia; ama che i cittadini si divertano, purché non pensino che a divertirsi. Lavora volentieri al loro benessere, ma vuole esserne l'unico agente e regolatore; provvede alla loro sicurezza e ad assicurare i loro bisogni, facilita i loro piaceri, tratta i loro principali affari, dirige le loro industrie, regola le loro successioni, divide le loro eredità; non potrebbe esso togliere interamente loro la fatica di pensare e la pena di vivere?
Così ogni giorno esso rende meno necessario e più raro l'uso del libero arbitrio, restringe l'azione della volontà in più piccolo spazio e toglie a poco a poco a ogni cittadino perfino l'uso di se stesso. L'eguaglianza ha preparato gli uomini a tutte queste cose, li ha disposti a sopportarle e spesso anche considerarle come un beneficio. Così, […] il sovrano estende il suo braccio sull'intera società; ne copre la superficie con una rete di piccole regole complicate, minuziose ed uniformi, attraverso le quali anche gli spiriti più originali e vigorosi non saprebbero come mettersi in luce e sollevarsi sopra la massa; esso non spezza le volontà, ma le infiacchisce, le piega e le dirige; raramente costringe ad agire, ma si sforza continuamente di impedire che si agisca; non distrugge, ma impedisce di creare; non tiranneggia direttamente, ma ostacola, comprime, snerva, estingue, riducendo infine la nazione a non essere altro che una mandria di animali timidi ed industriosi, della quale il governo è il pastore.
Ho sempre creduto che questa specie di servitù regolata e tranquilla, che ho descritto, possa combinarsi meglio di quanto si immagini con qualcuna delle forme esteriori della libertà e che non sia impossibile che essa si stabilisca anche all'ombra della sovranità del popolo.
[…] In questo sistema il cittadino esce un momento dalla dipendenza per eleggere il padrone e subito dopo vi rientra.

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“Bello è un termine che noi applichiamo a innumerevoli esseri; ma per quanta sia la differenza tra questi esseri, bisogna concludere o che noi facciamo una falsa applicazione del termine bello, o che in tutti questi esseri c'è una qualità di cui il termine bello è il segno.
Questa qualità non può rientrare nel numero di quelle che costituiscono la loro differenza specifica; poiché in questo caso non ci sarebbe che un solo essere bello, o tutt'al più una sola specie bella di esseri.
Ma fra le qualità comuni a tutti gli esseri che chiamiamo belli, quale sceglieremo per identificare la cosa di cui il termine bello è il segno? Quale? È evidente, mi sembra, che dovrà essere quella la cui presenza li rende tutti belli; la cui maggiore o minore intensità (se essa è suscettibile di maggiore o minore intensità) li rende più o meno belli; la cui assenza rende impossibile che siano belli; che non può cambiare natura senza che il bello cambi specie, e la cui qualità opposta renderebbe sgradevoli e brutti i più belli; in una parola, quella grazie alla quale la bellezza comincia, aumenta, varia all'infinito, declina e scompare. Ora, non c'è che la nozione di rapporti che abbia questa virtù.
Chiamo dunque bello fuori di me tutto ciò che contiene in sé qualcosa che possa risvegliare nel mio intelletto l'idea di rapporti; e bello per me tutto ciò che risveglia quest'idea.
Quando dico tutto, escludo però le qualità relative al gusto e all'odorato; benché queste qualità possano risvegliare in noi l'idea di rapporti, non si chiamano belli gli oggetti in cui esse risiedono, quando li si considera dal punto di vista di queste qualità. Diremo un cibo eccellente, un odore delizioso, ma non un bel cibo, un bell'odore. Dunque, quando diciamo questo è un bel pesce, questa è una bella rosa, consideriamo nella rosa e nel pesce qualità diverse da quelle relative ai sensi del gusto e dell'odorato.
Se faccio distinzione tra tutto ciò che contiene in sé qualcosa che possa risvegliare nel mio intelletto l'idea di rapporti, e tutto ciò che risveglia questa idea, è perché bisogna ben distinguere le forme che sono negli oggetti dalla nozione che io ne ho. Il mio intelletto non mette nulla nelle cose e non ne toglie nulla. Che io pensi o non pensi alla facciata del Louvre, tutte le parti che la compongono hanno ugualmente questa o quella forma e questa o quella rispondenza tra loro: che ci siano degli uomini o meno, essa è bella ugualmente, ma soltanto per possibili esseri costituiti di corpo e di spirito come noi; poiché per altri essa potrebbe non essere né bella né brutta, o anzi essere brutta. Ne consegue che, benché non ci sia un bello assoluto, ci sono due specie di bello per noi, un bello reale e un bello percepito.”

Denis Diderot (1713–1784) filosofo, enciclopedista, scrittore e critico d'arte francese

2001, pp. 39-41
Trattato sul bello

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“[L'alchimista esperiva inconsciamente] la sua proiezione come qualità della materia. Ma ciò di cui viveva l'esperienza era in realtà il suo inconscio […] Tutto ciò che era inconscio era, se attivato, proiettato sulla materia, veniva cioè incontro all'uomo dall'esterno […] [A causa del] miscuglio di fisico e psichico [egli ignora del tutto] se le trasformazioni ultime del processo alchimistico vadano ricercate maggiormente in campo materiale o in campo spirituale […] a quei tempi non si trattava di alternativa; esisteva piuttosto un regno intermedio tra materia e spirito: cioè un regno psichico di corpi sottili aventi la proprietà di manifestarsi in forma sia spirituale sia materiale […] Naturalmente questo regno intermedio di corpi sottili cessa di colpo di esistere qualora si tenti di indagare la materia in sé e per sé […] finché noi crediamo di sapere qualcosa di definitivo sulla materia e sull'anima. Ma se viene il momento in cui la fisica sfiora «regioni inesplorate, inesplorabili», e contemporaneamente la psicologia è costretta ad ammettere che esistono altre forme d'esistenza psichica al di fuori delle acquisizioni personali della coscienza, in cui cioè anche la psicologia cozza contro un'oscurità impenetrabile, allora quel regno intermedio ritorna in vita, e il fisico e lo psichico si fondono una volta di più in un'unità indivisibile. Oggi ci siamo molto avvicinati a questa svolta.”

Carl Gustav Jung (1875–1961) psichiatra, psicoanalista e antropologo svizzero

Origine: Da Psicologia e alchimia (1935); citato in von Franz, Psiche e materia, p. 124.

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“Quelli che scrivono cazzate non ci sono oggi, vero? Bene, come sempre. Scrivono le cazzate, dicono cazzate e non ci sono e non hanno il coraggio di dirti in faccia, di guardarti in faccia. Bene, perfetto. […] Cioè, non è che sono nato ieri. Demotivato, mollo. Ma che mollo? Ma che…cosa dite? Mollo che? Ma che mollo? Ma quale mollo? Cioè, cosa vuol dire mollo, qua? Non capisco, io. Devo fare i salti in panchina? Non è nel mio carattere fare i salti in panchina. C'è qualche allenatore che fa i salti perché li ha sempre fatti. Io faccio le esultanze magari, però i salti in panchina non li ho mai fatti. Ma con questo non è che sono mollo. Mollo… se uno resiste 21 anni a questi livelli qua non credo che sia tanto mollo. Un po' di rispetto anche lì. Che mollo? Siete molli voi quando dite quelle…queste cose qua, perché vi fa comodo dire 'ste cose qua che uno è mollo. No voi tu…qualcuno, qualcuno fra virgolette. Non sono mollo. Quale mollo? Eh…ci mancherebbe, se sei mollo non fai st'attività qua. Ricordatevelo. Quest'a…è la più dura al mondo. Questa è l'attività più dura al mondo. […]Se sei mollo non vai da nessuna parte. Ok? Mollo non lo sono. Mollo saranno gli altri. Gli fa comodo dire che sono mollo. […] Qual è il problema? Perché uno dice mollo? Ma che mollo che? Cioè, siamo pazzi qua? Molli non sia…chi fa sto mestiere non è mollo. Assolutamente non può essere un mollo chi fa sto mestiere qua, ok? […] Chi dice che sono mollo non ha mai detto una volta che noi… il nostro attaccante titolare era Zé Edoardo, nel progetto nostro. […] Avete vist…avete sentito una volta che mi son lamentato, il mollo? Avete sentito il mollo che si lamenta? No! Vuol dire che non sono mollo. […] Il mollo dice un'altra cosa. […] Eccolo qua: questo vi dice quello che… che voi dite che è mollo. Non sono mollo, ho tanta grinta ancora, nel momento in cui mi sento mollo, io smetto, non è che…ci metto 30 secondi, ho sempre deciso in trenta secondi le mie…le mie cose, no no non sto lì tanti anni, no non mi voglio far niente, non voglio che la gente che mi…piangermi addosso eccetera su…c'ho tanta grinta, c'ho tanta voglia, e…io ci metterò l'anima per questa squadra, perché…per questa società, ci metterò l'anima fino, fino… sudore e lacrime anche per me, perché io a questo punto della mia carriera voglio far bene, finire bene, non non sono aspetti economici e non sono aspetti di nessun tipo che m'interessan, m'interessa solo far bene… Quando, specifico un'altra cosa, quando dico "mi diverto", non è che è un divertimento 'sto lavoro, mi diverto nel senso che ho una squadra di ragazzi che mi seguono, stiam facendo…stiam provando…concettualmente dei lavori particolari, eccetera, e questo è il divertimento, non è: se perdo mi diverto. Se perdo m'incazzo e non dormo per tre notti, se perdo sono in…spengo il cellulare e non voglio sentir nessuno, litigo a casa, litigo con tutti, non son mollo neanche qua. Anzi, sono più nervoso di tanti altri magari. Una sconfitta per me è un macigno nella testa, soffro tantissimo. Devo fare la mia autobiografia, vero, per farvi capire, per farla finita? Io vorrei più onestà professionale, io il calcio…io il calcio non lo maltratto, io il calcio, io al calcio gli voglio bene…voglio bene al calcio, soprattutto sono…ho spirito nazionalista: il calcio italiano, gli allenatori italiani, i giocatori, a tut…cioè, il b…io non voglio maltrattarlo con sterili polemiche, con cose da bassofondo. Guardiamo avanti invece, guardiamo avanti… poi l'allenatore, se perde, paga, non è un problema quello. […] Io son fatto così, son coragioso, non sono mollo. [uscendo] Vi saluta il mollo!”

Alberto Malesani (1954) allenatore di calcio e ex calciatore italiano

Origine: Dalla conferenza stampa al Genoa, 1 dicembre 2011 ( video su YouTube https://www.youtube.com/watch?v=hBVQAOO6zmM, video su YouTube https://www.youtube.com/watch?v=vNcSWOoUQU4)

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“Giordano Bruno nella teologia proclamò il panteismo. Nella cosmologia intuì l'infinità dello spazio. Nell'astronomia sostituì il sistema eliocentrico a quello geocentrico. Nella biologia affermò l'esistenza della vita in tutta la natura. Nella psicologia dimostrò il pampsichismo, cioè l'animismo universale. Nell'etica gettò le basi di una morale positiva, areligiosa e indipendente sostenendo che tutto l'universo è pervaso da una teleologia immanente, per cui si perfeziona e si migliora ogni cosa, essendo la natura causa, legge e finalità a se stessa. Distruttore dei pregiudizi dei suoi tempi, egli – soprattutto – ricostruì la scienza e la filosofia della natura; distrusse le antitesi della metafisica, nella filosofia e nella scienza. Combatté l'antitesi tra la forma e la materia, sostenuta dai filosofi dualisti. Combatté l'antitesi tra il cielo e la terra, sostenendo l'unità di questi, la teoria geocentrica e l'ipotesi della pluralità dei mondi. combatté l'antitesi tra lo spirito e la materia, tra l'anima e il corpo, tra il senso e l'intelletto, sostenuta dagli psicologi dualisti, conciliando questi termini, creduti contraddittori, e sostenendo l'unità dello spirito e della materia, l'inseparabilità dell'anima e del corpo e l'identità del senso e dell'intelletto. Contro le antitesi tra la causalità cosmica e la volontà divina, tra la necessità naturale e la libertà morale, tra la finalità trascendente e la finalità immanente, tra il bene ed il male, si sforzò di conciliare tutte queste antinomie, riportando i contrari all'unità assoluta, dove tutte le differenze restano eliminate. Contro il dualismo tra Dio e la Natura, sostenne che Dio non è una causa esteriore al mondo, ma un artista interiore, un principio efficiente, informativo dal di dentro.”

Guido del Giudice (1957) scrittore italiano

da Sintesi del pensiero bruniano http://web.archive.org/web/20160325232940/http://www.giordanobruno.info/nolano/filosofia.htm, GiordanoBruno.com, 25 marzo 2016

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“Dobbiamo lottare contro lo spirito di incosciente crudeltà con cui trattiamo gli animali. Gli animali soffrono tanto quanto noi… È nostro dovere far sì che il mondo intero lo riconosca.”

Albert Schweitzer (1875–1965) medico, teologo, musicista e missionario luterano tedesco, di origine francese alsaziana

Origine: Citato in Will Tuttle, Cibo per la pace, traduzione di Marta Mariotto, Sonda, Casale Monferrato, 2014, p. 203. ISBN 978-88-7106-742-1

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“L'uomo deve mettere a disposizione dello Spirito la propria debolezza.”

Sabino Chialà (1968) religioso, teologo e biblista italiano

La vita spirituale nei Padri del Deserto

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“Il gatto ha troppo spirito per non avere cuore.”

Ernest Menault (1830–1903)

Origine: Citato in Aa. Vv., Parole d'amore e d'amicizia: per riflettere, sognare, emozionare..., Edizioni Gribaudo, Milano, 2011, p. 24 http://books.google.it/books?id=NsyRuaJESosC&pg=PA24. ISBN 978-88-580-0385-5

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“La musica è il suono elettrizzato in cui lo spirito vive pensa e crea. Ogni elemento elettrico eccita lo spirito a fluide effuse creazioni musicali. Il mio temperamento è elettrico.”

Ludwig Van Beethoven (1770–1827) compositore e pianista tedesco

Origine: Rivolto a Bettina Brentano; citato in Luigi Magnani, Beethoven nei suoi Quaderni di conversazione, Laterza, 1970, p. 228.

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“La nascita del Salvatore nella carne è il pegno e l'inizio della nostra nascita nello spirito.”

John Henry Newman (1801–1890) teologo e filosofo inglese

Gesù: Pagine scelte

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“Ci sono spiriti che vanno verso l'errore attraverso tutte le verità; ce n'è di più fortunati che vanno verso le grandi verità attraverso tutti gli errori.”

Joseph Joubert (1754–1824) filosofo e aforista francese

Da Carnets; citato in Le petit philosophe de poche, Textes réunis par Gabriel Pomerand

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“Farei fatica a vivere nel caos delle grandi città. Ma io adoro Napoli e la sua umanità, adoro lo spirito sociale che c'è lì, il fatto che se succede una cosa al tuo vicino è come se fosse successa a te. Napoli ti dà un amore unico che ogni allenatore dovrebbe provare nella vita.”

Maurizio Sarri (1959) allenatore di calcio italiano

Origine: Citato in Pino Taormina, Sarri boccia il calcio italiano: «Non vedo un gran futuro, adesso siamo in Lega Pro» http://sport.ilmattino.it/calcio/sarri_il_futuro_del_calcio-1790598.html, IlMattino.it, 11 giugno 2016.

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“Le poesie sono cristalli che sedimentano dopo l'effervescente contatto dello spirito con la realtà.”

Pierre Reverdy (1889–1960) poeta e aforista francese

libro Le Livre de mon bord

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“Lo spionaggio potrebbe essere tollerabile se potesse essere esercitato da persone oneste.”

Charles Louis Montesquieu (1689–1755) filosofo, giurista e storico francese

libro Lo Spirito delle Leggi

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“A grandi linee, l'ideologia di Nehru può essere definita un paziente, moderato illuminismo pratico, non alieno dal compromesso con le tradizioni storiche, lo spirito e la cultura induisti, ma ostile alle loro degenerazioni e insofferente della loro staticità.”

Alberto Ronchey (1926–2010) giornalista italiano

III - Gandhismo e nehruismo, p. 38
Atlante ideologico
Variante: A grandi linee, l'ideologia di Nehru può essere definita un paziente, moderato illuminismo pratico, non alieno dal compromesso con le tradizioni storiche, lo spirito e la cultura induisti, ma ostile alle loro degenerazioni e insofferente della loro staticità. (III - Gandhismo e nehurismo, p. 38)

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“Io sono Colui che io amo, e Colui che io amo è me:
Siamo due spiriti nello stesso corpo.
Se vedi me, vedi Lui,
E se vedi Lui, vedi tutti e due.”

Al-Hallaj (858–922) mistico persiano

Origine: Citato in Gabriele Mandel, La via al sufismo, Citato in Karen Armstrong, Storia di Dio: [4000 anni di religioni monoteiste], p. 245

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