Frasi su contorno

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema contorno, vita, essere, ancora.

Frasi su contorno

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“La scienza è un'equazione differenziale. La religione è una condizione al contorno.”

Alan Turing (1912–1954) matematico, logico e crittografo britannico

Attribuite
Origine: Citato in J. D. Barrow, Teorie del tutto. La ricerca della spiegazione ultima.

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“Ho sempre avuto un contatto speciale con Dio. Lui mi ha sempre dato molto. È stato a Montecarlo, che ho avuto la prima esperienza diretta con Dio. È stata una cosa molto importante. A partire da questo primo contatto io sono riuscito a comprendere tutta una serie di cose e di fatti che mi erano toccati precedentemente e i cui contorni mi erano sfuggiti. È tutto molto soggettivo, nel campo della fede, e può anche essere discutibile. Io dico che ho sempre ottenuto tutto ciò che ho chiesto.”

Ayrton Senna (1960–1994) pilota automobilistico brasiliano

Origine: Citato in Ayrton Senna http://www.atletidicristo.org/EsteroSenna.htm, AtletidiCristo.org, a cura di Nicola Andrea Scorsone. [Fonte primaria?]
Origine: Citato in Sport e religione: ecco gli Atleti di Dio http://kikapress-it-yahoopartner.tumblr.com/post/128551493213/sport-e-religione-ecco-gli-atleti-di-dio, Kikapress-it-yahoopartner.tumblr.com.

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“I riflessi stretti nell'ombra, i riflessi che seguono i contorni sono indegni della maestà dell'arte.”

Jean Auguste Dominique Ingres (1780–1867) pittore francese

Citato in Lionello Venturi, Storia della critica d'arte

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“Ai miei tempi, per cinque marchi ti curava Freud in persona. Per dieci marchi, ti curava e ti stirava i pantaloni. Per quindici marchi, Freud lasciava che tu curassi lui, e questo includeva una scelta fra due contorni.”

Woody Allen (1935) regista, sceneggiatore, attore, compositore, scrittore e commediografo statunitense

2004
Rivincite (Getting Even), Colloqui con Helmholtz

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“Nel tempio della scienza ci sono molte dimore… e diversi davvero sono coloro che le abitano e i motivi che ve li hanno condotti. Molti cercano nella scienza l'esaltante sensazione di superiore capacità intellettuale; la scienza è lo sport da cui trarre un'esperienza vivida e il soddisfacimento delle ambizioni; nel tempio ci saranno anche i molti che hanno immolato i prodotti del loro cervello a fini puramente utilitaristici. Se venisse un angelo del Signore a cacciare tutta la gente che appartiene a queste due categorie, il tempio si svuoterebbe di molti fedeli, ma qualcuno rimarrebbe: uomini sia dell'epoca presente sia di quella passata… Se le categorie che abbiamo appena espulso fossero le sole a popolare quel luogo, il tempio non sarebbe mai esistito, così come non può esistere un bosco fatto di soli rampicanti. Coloro che troveranno favore presso l'angelo […] sono tipi isolati, poco comunicativi, solitari, in realtà molto meno simili tra loro degli appartenenti alla schiera dei cacciati. Quel che li ha portati al tempio […] non c'è un'unica risposta per spiegarlo, […] l'evasione dalla vita quotidiana, dalla sua penosa crudezza, da una disperata monotonia, la fuga dalla schiavitù dei propri desideri. Una natura nobile desidera con tutte le sue forze di sfuggire al suo ambiente affollato e rumoroso per rifugiarsi nel silenzio delle vette più alte, dove l'occhio spazia liberamente nell'aria ancura pura e segue con sguardo amorevole i placidi contorni che paiono costruiti per l'eternità.”

Albert Einstein (1879–1955) scienziato tedesco
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“Vi sono nella natura effetti i cui significati sono senza contorni, e che si elevano all'altezza delle più grandi concezioni morali.”

Honoré De Balzac (1799–1850) scrittore, drammaturgo e critico letterario francese

Il giglio della valle

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“Dio vuole stare in noi poveramente, senza quei contorni di santità che rendono le anime degne di ammirazione.”

Jean Pierre de Caussade (1675–1751) gesuita francese

L'abbandono alla divina provvidenza

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“Gesù sapeva benissimo che sarebbe stato conservato nei Tabernacoli anche solitari, senza contorno nella notte, all'infuori di una fiammella che le leggi della Chiesa esigono. Sapeva benissimo che anche nel giorno, secondo il variare della densità di fede nei tempi, cristiani sarebbero andati e non andati a rendere adorazione alla sua ineffabile Presenza, lo sapeva. Forse qualcheduno di noi avrebbe potuto obbiettargli: "Signore, fa' in modo di essere presente quando c'è gente che Ti adora, altrimenti è inutile". Inutile? No. Le Chiese possono essere vuote, ma Cristo nel tabernacolo non è inutile, perché l'Eucarestia, sia attraverso il Sacrificio – del quale oggi non parlo – sia attraverso il Sacramento permanente, è una fonte di forza, di grazia, di benedizione, di salvezza incessante. Ricordiamoci che è di lì che si germinano i vergini e le vergini, è di lì che sorgono i fondatori, è di lì che resistono i combattenti, è di lì forse che attraverso una vita apparentemente lontana da Dio si prepara la finale di salvezza nella sua misericordia, ma la si prepara attraverso questa Presenza, che appare a noi silenziosa e inerte, e non è né silenziosa né inerte. Non dobbiamo compiangere la solitudine che spesso è intorno ai Tabernacoli e che è sempre da condannarsi. Dobbiamo rimpiangere, dico rimpiangere e a piena ragione, coloro che si dimenticano che Gesù Cristo sta lì ad attenderli, come Egli, narrando la parabola del figliol prodigo, pone per tanto tempo immobile sulla soglia di casa il padre che non si stanca di aspettare il figlio, il quale alla fine ritorna ed è accolto come figlio, non come servo.”

Giuseppe Siri (1906–1989) arcivescovo cattolico e cardinale italiano

citato in Il Settimanale di Padre Pio, n. 23, anno VIII

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“L'universale è Gesù Cristo: "Tu sei la vita, Tu sei uno che mi porta la vita come un oltre, come qualcosa che sta oltre. Tu non sei qualcuno che mi dice una verità che è più grande di me: Tu sei la Verità". E ciò significa: "Tu sei l'ultima parola, Tu sei l'ultima cosa, Tu sei l'assoluto. Oltre di Te non si può andare. Tu sei la terra ferma". Tutto quello che di assoluto sta in queste parole, noi lo vediamo in Gesù Cristo e ci aggrappiamo a Gesù Cristo: "Tu sei tutto questo. Tu sei l'ultima cosa, l'ultimo, perché sei l'ultima spiegazione, l'ultima risposta. Tu sei tutto questo". Che è come dire: il centro non sono io. Io mi realizzo, io sono, ma mettendomi in Te. Questa è l'ubbidienza radicale, l'ubbidienza della fede. [.. ] Io non mi do i contorni che voglio, perché questi non sono i contorni della verità, non sono i contorni della giustizia, del bene. Io devo prendere i contorni, devo prendere forma da Gesù Cristo. Questo, in alcuni momenti, ci appare come una grande stoltezza. Ma la sapienza è prendere i contorni di Gesù Cristo, anche se può essere per noi una grande crocifissione, perché i contorni che abbiamo da noi stessi non sono quelli di Gesù Cristo, ma di Adamo. La croce più vera del cristiano consiste nell'essere discepoli. Consiste in questa ubbidienza, per cui impariamo a dire: "La verità non sono io e non è neanche l'umano". Noi accetteremmo che l'umano è la verità, è il bene; ma la sapienza della fede ci dice che non è l'umano la verità, il bene. La verità, il bene è un umano concreto: è l'umano concreto di Gesù Cristo.”

Giovanni Moioli (1931–1984) presbitero e teologo italiano

Origine: Il discepolo, p. 13

“In non molta distanza della sponda meridionale dell'Arno, rimpetto quasi а Terranuova, si incontra Montevarchi, una delle più ragguardevoli Terre del Valdarno superiore, e che merita l'attenzione dei curiosi.
Nei più remoti tempi un [sic] altra Terra, postata quasi a cavaliere dell'attuale sull'alto del Colle, godeva del medesimo nome, ed era riguardata come luogo di non lieve importanza. Varie sono l'opinioni che gli eruditi hanno esternato sulla prima costituzione di essa, e vi fu chi fino pensó che questa presistesse all'epoca del prolungamento della via Cassia rinnovato dall'Imperatore Adriano.
Certo che la predetta magnifica strada attraversava una parte del Valdarno di sopra, non già per la moderna pianura, ma sempre su per le cime delle Colline, e particolarmente dove esse confinano con le pendici delle montagne […]
Molto soffrì la Terra, anzi a tal fu ridotta che può dirsi con sicurezza come essa non poté più emergere pienamente da quello stato di languidezza in che la posero le guerre fino a tantoché, soggettato finalmente Arezzo al Fiorentino dominio, e cessati in Toscana i furori delle Fazioni, i popoli di questa bella parte d'Italia si fecero più mansueti, ed abbandonate l'armi con più utile loro e di tutto l'universale, si dettero all'esercizio delle pacifiche Arti, e del Commercio.
Alla sicurezza e vantaggio del traffico molto, come ognun sa, contribuisce il locale, dove possa questo esercitarsi: e basta dare un [sic] occhiata a Montevarchi, ed a' suoi vaghi contorni per sincerarsi che questa Terra, assai ben popolata, è quanto altra mai di Toscana opportunissima al medesimo.
Situata essa sulla strada che da Arezzo conduce a Firenze, mezzo miglio in circa lontana dall'Arno, circondata da una deliziosa campagna, fertile, ed ubertosa quanto desiderare si possa, non manca di alcuno di quei generi che sono necessarj alla vita, anzi ne abbonda sì fattamente da poterne ad altri concedere senza pericolo di disperderne a scapito proprio. […] Contuttociò qualora si osservi attentamente la Terra, ognuno manifestamente ben vede che vi regna l'opulenza, e mercé di questa la prosperità, ed il lusso.
La forma del suo recinto tende quasi all'Ovale. II Rendi in alcune memorie, ch'ei lasciò manoscritte de' pregi della sua patria, con bizzarria sì, ma non senza una certa verità disse che potea questa rassomigliarsi nella sua figura a una nave, la cui prua fra scirocco e mezzogiorno guarda Arezzo, e con la poppa fra maestro e tramontana riguarda Firenze.
Le mura che la circondano sembrano essere le stesse dalle quali fu cinta dapprima sul terminare del Secolo XIII venuta appena che fu in pieno potere della Fiorentina Repubblica. Si veggono queste condotte a merli, interstiziate da alcune torrette o baluardi, e due più alte Torri le servirono un tempo per ispecial sua difesa.
Quella di esse che sussiste tuttora, e che dicesi comunemente "la Rocca", potrebbe anche nell'età nostra essere opportuna a difendere per alcun tempo la Terra; l'altra però fu demolita in gran parte, ed incorporata nell'edifizio ove più modernamente ebbe sede un Monastero di Religiose. La predetta Rocca forse è l'unica fabbrica la quale, oltre le mura, ci dia indizio dell'epoca della prima edificazione della Terra, la quale sembra però fabbricata di recente, perché modernamente restaurata, ed abbellita pressoché nel totale de' suoi edifizj.
Se in molti di essi si fosse più avuto riguardo al solido, che a quel falso brillante il quale colpisce ma non soddisfa, Montevarchi porterebbe il vanto sopra molti altri luoghi del Valdarno superiore ancora per l'eleganza del suo materiale.
La maggior piazza farebbe assai più vaga comparsa se il loggiato che in parte la cinge fosse stato condotto con maggior proprietà di disegno, d'esattezza, e di simetrìa [sic].
Fra le fabbriche Sacre è degna d'essere riguardata con attenzione la Prepositura che è bella, sebben moderna anzichenò, e che risente alquanto di un certo caricato ne' suoi ornati, il quale non può per altro gran fatto dispiacere agli intendenti.
Bella pure è la fabbrica del Convento, come della Chiesa di S. Francesco, dove all'Altar maggiore si ammira la celebre Tavola lavorata con arte ed ingegno da Alessandro Filippi, comunemente detto Sandro Botticello, che fu rammentata con lode pur dal Vasari.”

Francesco Fontani (1748–1818) religioso, erudito, filologo, archeologo, numismatico, storico delle arti, bibliotecario e antiquario itali…

da Viaggio pittorico della Toscana, vol. VI, p. 195
Origine: Terranuova Bracciolini.
Origine: L'attuale Strada Statale 69 di Val d'Arno.
Origine: Monastero di Santa Maria del Latte.
Origine: Collegiata di San Lorenzo.
Origine: Chiostro di Cennano.
Origine: Convento e Chiesa di San Ludovico.

“Davanti a me si ergeva il piccolo capoluogo della Basilicata, come una fortezza a difesa degli abitanti di questa gola, e gli ultimi raggi del sole calante facevano risplendere nel modo più netto i contorni delle montagne.”

Karl Wilhelm Schnars (1806–1879) medico, archeologo e viaggiatore tedesco

da La terra incognita. Diario di un viaggiatore tedesco in Basilicata, Edizioni Osanna, Venosa, 1991

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“«Pesce Veloce Del Baltico» | dice il menu, che contorno ha? | «Torta Di Mais» e poi servono | polenta e baccalà…”

Paolo Conte (1937) cantautore, paroliere e polistrumentista italiano

da Pesce Veloce Del Baltico, n. 4
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“La percezione della profondità nei design bidimensionali è determinata dalle luci e dalle ombre dei contorni.”

Dave Shea (1950)

Origine: Lo Zen e l'arte del Web con il CSS, Capitolo 4 – Le illustrazioni, p. 157

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“Il Palio è un rito che si ripete da secoli, sempre uguale, sempre liturgicamente rispettoso della tradizione ed anche degli intrighi sottobanco. Non è facile tradurlo in video: di veramente televisivo c'è la corsa, che dura poco più d'un minuto. Il resto è contorno, preparazione, lento caricamento della molla.”

Aldo Grasso (1948) giornalista, critico televisivo e docente italiano

Origine: Da La svolta ambientalista della festa https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/1995/agosto/17/svolta_ambientalista_della_festa_co_0_9508178266.shtml, la Repubblica, 17 agosto 1995, p. 14.

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“Ha in suo potere luce e ombra: ma la sua luce non offende mai, e la sua tenebra lascia vedere ancora chiari i contorni.”

Ferruccio Busoni (1866–1924) pianista, compositore e direttore d'orchestra italiano

Scritti e pensieri sulla musica

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“Penetrando nel museo, la scorsi subito in fondo ad una sala, e bella proprio come l'avevo immaginata. Non ha la testa, le manca un braccio; mai tuttavia la forma umana mi è parsa più meravigliosa e più seducente. Non è la donna vista dal poeta, la donna idealizzata, la donna divina o maestosa, come la Venere di Milo, è la donna così com'è, così come la si ama, come la si desidera, come la si vuole stringere. È robusta, col petto colmo, l'anca possente e la gamba un po' forte, è una Venere carnale che si immagina coricata quando la si vede in piedi. Il braccio caduto nascondeva i seni; con la mano rimasta, solleva un drappeggio col quale copre, con gesto adorabile, i fascini più misteriosi. Tutto il corpo è fatto, concepito, inclinato per questo movimento, tutte le linee vi si concentrano, tutto il pensiero vi confluisce. Questo gesto semplice e naturale, pieno di pudore e di impudicizia, che nasconde e mostra, che vela e rivela, che attrae e che fugge, sembra definire tutto l'atteggiamento della donna sulla terra. Ed il marmo è vivo. Lo si vorrebbe palpeggiare, con la certezza che cederà sotto la mano, come la carne. Le reni soprattutto sono indicibilmente animate e belle. Si segue, in tutto il suo fascino, la linea morbida e grassa della schiena femminile che va dalla nuca ai talloni, e che, nel contorno delle spalle, nelle rotondità decrescenti delle cosce e nella leggera curva del polpaccio assottigliato fino alle caviglie, rivela tutte le modulazioni della grazia umana. Un'opera d'arte appare superiore soltanto se è, nello stesso tempo, il simbolo e l'esatta espressione di una realtà. La Venere di Siracusa è una donna, ed è anche il simbolo della carne. Dinnanzi al volto della Gioconda, ci si sente ossessionati da non so quale tentazione di amore snervante e mistico. Esistono anche donne viventi i cui occhi ci infondono quel sogno di tenerezza irrealizzabile e misteriosa. Si cerca in esse qualcos'altro dietro le apparenze, perché sembrano contenere ed esprimere un po' di quell'ideale inafferrabile. Noi lo inseguiamo senza mai raggiungerlo, dietro tutte le sorprese della bellezza che pare contenere un pensiero, nell'infinito dello sguardo il quale è semplicemente una sfumatura dell'iride, nel fascino del sorriso nato da una piega delle labbra e da un lampo di smalto, nella grazia del movimento fortuito e dell'armonia delle forme. Così i poeti, impotenti staccatori di stelle, sono sempre stati tormentati da una sete di amore mistico. L'esaltazione naturale di un animo poetico, esasperato dall'eccitazione artistica, spinge quegli esseri scelti a concepire una specie di amore nebuloso, perdutamente tenero, estatico, mai sazio, sensuale senza essere carnale, talmente delicato che un nonnulla lo fa svanire, irrealizzabile sovrumano. E questi poeti sono, forse, i soli uomini che non abbiano mai amato una donna, una vera donna in carne ossa, con le sue qualità di donna, i suoi difetti di donna, la sua mente di donna, ristretta ed affascinante, i suoi nervi di donna e la sua sconcertante femminilità. Qualsiasi creatura davanti a cui si esalta il loro sogno diventa il simbolo di un essere misterioso, ma fantastico: l'essere celebrato da quei cantori di illusioni. E la creatura vivente da loro adorata è qualcosa come la statua dipinta, immagine di un dio di fronte al quale il popolo cade in ginocchio. Ma dov'è questo dio? Qual è questo dio? In quale parte del cielo abita la sconosciuta che quei pazzi, dal primo sognatore fino all'ultimo, hanno tutti idolatrata? Non appena essi toccano una mano che risponde alla stretta, la loro anima vola via nell'invisibile sogno, lontano dalla realtà della carne. La donna che stringono, essi la trasformano, la completano, la sfigurano con la loro arte poetica. Non sono le sue labbra che baciano, bensì le labbra sognate. Non è in fondo agli occhi di lei, azzurri o neri, che si perde così il loro sguardo esaltato, è in qualcosa di sconosciuto e di inconoscibile. L'occhio della loro dea non è altro che un vetro attraverso cui essi cercano di vedere il paradiso dell'amore ideale. Se tuttavia alcune donne seducenti possono dare alle nostre anime una così rara illusione, altri non fanno che eccitare nelle nostre vene l'amore impetuoso che perpetua la razza. La Venere di Siracusa è la perfetta espressione della bellezza possente, sana e semplice. Questo busto stupendo, di marmo di Paros, è - dicono - La Venere Callipigia descritta da Ateneo e Lampridio, data da Eliogabalo ai siracusani. Non ha testa! E che importa? Il simbolo non è diventato più completo. È un corpo di donna che esprime tutta l'autentica poesia della carezza. Schopenhauer scrisse che la natura, volendo perpetuare la specie, ha fatto della riproduzione una trappola. La forma di marmo, vista a Siracusa, è proprio l'umana trappola intuita dall'artista antico, la donna che nasconde rivela l'incredibile mistero della vita. È una trappola? Che importa! Essa chiama la bocca, attira la mano, offre ai baci la tangibile realtà della carne stupenda, della carne soffice bianca, tonda e soda e deliziosa da stringere. È divina, non perché esprima un pensiero, bensì semplicemente perché è bella.”

Guy de Maupassant (1850–1893) scrittore e drammaturgo francese

Incipit di alcune opere, Viaggio in Sicilia

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“L'ascesa alle altezze dell'arte non oggettiva è faticosa e piena di tormenti, eppure rende felici. I contorni dell'oggettività sprofondano sempre più a ogni passo, e infine il mondo dei concetti oggettivi – «tutto ciò che noi abbiamo amato e del quale abbiamo vissuto»”

Kazimir Severinovič Malevič (1879–1935) pittore russo

diventa invisibile. (in Myriam Cristallo, p. 327)
Il suprematismo come modello della non rappresentazione
Origine: Con queste parole Malevič riassume le reazioni critiche del pubblico e dei critici d'arte al dipinto Quadrato bianco su fondo bianco. Il Novecento, storia scienza arte della società industriale avanzata, p. 327.

“Velázquez, che deve molto ai maestri veneziani, alla fine paga il suo debito. Abbandonate le tonalità cupe della primitiva tavolozza, diviene uno dei maggiori coloristi del tempo suo. I suoi limiti erano piuttosto angusti, ma la conoscenza dei valori crebbe con gli anni, e nell'impiego dei bianchi e dei grigi-argento non ebbe rivali. Dove i veneziani avrebbero creato un contrasto stridente con rosso e rosa, con rosa e porpora, Velázquez, con non so quale misteriosa alchimia, li combinava insieme senza dissonanze, creando nuove armonie di colori. Dai veneziani apprese a rompere i rigidi contorni delle figure e a modellarne le forme con la luce, a correre sulla trama della tela con un pennelleggiare rapido, ponendo l'accento là dove era più necessario. Dal realismo degli "interni" all'impressionismo degli ultimi lavori, fu lungo e faticoso il cammino, il costante ostinato progresso di un artigiano, destinato a padroneggiare il proprio mestiere piuttosto che il successo senza fatica di un virtuoso.”

Elizabeth Du Gue Trapier (1893–1974) critica e storica dell'arte statunitense

da Velázquez, 1948
Origine: Citato in Velázquez, I Classici dell'arte, a cura di Elena Ragusa, pagg. 183 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\TO0\1279609 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?select_db=solr_iccu&searchForm=opac%2Ficcu%2Favanzata.jsp&do_cmd=search_show_cmd&db=solr_iccu&Invia=Avvia+la+ricerca&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&nentries=1&rpnlabel=+Identificativo+SBN+%3D+IT%5CICCU%5CTO0%5C1279609+%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2B%2540attr%2B1%253D1032%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522IT%255C%255CICCU%255C%255CTO0%255C%255C1279609%2522&&fname=none&from=1

“Nel fondamentale gruppo di disegni ora a Windsor, che lo stesso Canaletto cedette al console Smith e che almeno in parte dovette eseguire per lui appositamente, mentre mancano gli appunti documentari e gli schizzi del tutto sommari, la varietà è notevole in quanto a carattere e grado di finitezza, ed è da mettere in relazione ai diversi momenti dell'artista in oltre trent'anni di lavoro. Si va da riprese sintetiche macchiate con vigore, ad altre tratteggiate regolarmente con un andamento incisorio, ed altre ancora a contorni lineari e con ombre acquarellate. Ma non basta, perché in qualche caso Canaletto si esercitò a ripetere fedelmente nella terza maniera, quasi con una diversa strumentazione, lo stesso soggetto già realizzato nella seconda: così da darci l'occasione di riflettere sulla parte dominante che talvolta dovette avere per lui la intenzione stilistica. Potrebbe darsi che i diversi modi di Canaletto disegnatore venissero in se stessi variamente apprezzati. Sarebbe sulla linea critica ormai tradizionale una preferenza agli schizzi sommari esprimenti di getto impressioni e idee in pochi tratti essenziali. Se però da tale orientamento, che certamente può essere motivato, si passasse, anche in modo non esplicito, a mettere da parte certi disegni finiti semplicemente perché tali, ciò rischierebbe di portare ad un accademismo alla rovescia e ad una incomprensione non solo della posizione storica di Canaletto ma dei risultati che egli seppe raggiungere in quei disegni. Non giova contrapporre l'estro lirico ad una meditata stesura, ma interessa piuttosto di riconoscere liberamente dove anche nei disegni più finiti la vibrazione poetica ha un battito inconfondibile, anche se tutti gli strumenti e gli accorgimenti sono stati usati, come del resto nei quadri e nelle miracolose incisioni dello stesso Canaletto.”

Vittorio Moschini (1864–1940) politico e storico dell'arte italiano

Canaletto
Origine: Citato in Canaletto, I Classici dell'arte, a cura di Cinzia Manco, pagg. 181 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\CAG\0608462 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?db=solr_iccu&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2540and%2B%2540and%2B%2B%2540attr%2B1%253D13%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522759.5%2522%2B%2B%2540attr%2B1%253D4005%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522classici%2Bdell%2527arte%2522%2B%2B%2540attr%2B1%253D4018%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522rizzoli%252Fskira%2522&totalResult=13&select_db=solr_iccu&nentries=1&rpnlabel=+Codice+Classificazione+Dewey+%3D+759.5+&format=xml&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&searchForm=opac%2Ficcu%2Ferror.jsp&do_cmd=search_show_cmd&refine=4005%7C%7C%7Cclassici+dell%27arte%7C%7C%7Cclassici+dell%27arte%7C%7C%7CCollezione%404018%7C%7C%7Crizzoli%2Fskira%7C%7C%7Crizzoli%2Fskira%7C%7C%7CEditore&saveparams=false&&fname=none&from=11

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“Sperare che Young sia quello che era da junior è come pensare che un contorno di patatine e ketchup possa migliorare un piatto pessimo. Io sono triste, deluso, ricordo che Donald era un giocatore che prima di passare pro aveva fatto meglio di gente come Murray e Del Potro, oggi potrà avere più esperienza, gli incidenti di percorso ce ne sono sempre, ma forse nel suo caso sono stati un po' troppo. Non lo vedremo mai ad alti livelli.”

L. Jon Wertheim (1970) giornalista statunitense

Origine: Da Daily Bagel; citato in Davide Uccella, "Donald Young non sarà mai un top-player" (Wertheim, Sports Illustrated) http://www.ubitennis.com/sport/tennis/2013/10/15/966048-donald_young_sara_player_wertheim_sports_illustrated.shtml, Ubitennis.com, 15 ottobre 2013.

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“Volendo assegnare una paternità ideale a Paul Cézanne, le grandi immagini di Michelangelo e di Eschilo apparirebbero fra le prime alla fantasia. Al pari del toscano, egli ha compreso la forza mistica che scoppia dalle cose mute, dai tronchi e dalle rocce; al pari del greco, ha sentito la potenza selvaggia che erompe dal cuore ingenuo del popolo, e queste due energie ha racchiuse nei suoi paesi e nelle sue figure. Così come la loro, la sua opera è un rozzo terreno, spoglio, pietroso, atroce, scorticato, dal quale sbocciano piante, fiori ed erbe, mestamente, castamente, con semplice spontaneità naturale. Per arrivare a suggerire pittoricamente delle immagini tanto solenni, è naturale che Paul Cézanne abbia dovuto sfrondare le sue fantasie e presentarle religiosamente, col solo magistero dello stile. Infatti il suo colore e il suo disegno sono agri, poveri e brutali. Nella sua pittura si riscontrano i conflitti cromatici che, per il primo, Masaccio suscitò realisticamente negli affreschi della cappella Brancacci al Carmine; ed anche le torsioni vigorose del Tintoretto. Senza legge, senza scrupoli, il suo stile accusa le asperità dei contorni degli esseri e di ciò che li circonda.”

Ardengo Soffici (1879–1964) scrittore italiano

da Scoperte e massacri, 1929
Origine: Citato in Stefania Lapenta, Cézanne, I Classici dell'arte, Rizzoli - Skira, Milano, 2003, pp. 183-188 e frontespizio. ISBN 88-7624-186-8

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“Il piatto di carote e tofu di mamma Ingredienti per 4 persone Carico di fragranti semi di sesamo tostati, questo miscuglio di carote e tofuè uno dei miei piatti preferiti. Si tratta di una creazione di mia madre; durante il liceo fu un contorno importante nel mio cestino del pranzo. Sebbene lo mangi spesso caldo con il riso appena fatto, è squisito anche freddo, specie sul pane integrale tostato! 2 pani di usu-age tofu (tofu fritto sottile) da 8 x 13 cm 2 cucchiai di aceto di riso 2 cucchiaini da tè di zucchero semolato 2 cucchiaini da tè di sake 2 cucchiaini da tè di salsa di soia a basso contenuto di sodio 1 cucchiaino da tè di sale 1 cucchiaio di olio di semi di mais 600 gr di carote tagliate a fiammifero 26 gr di semi di sesamo tostati e macinati (vedere pag. 105) 2 cucchiaini da tè di olio di semi di sesamo tostati Mettete a bollire una piccola pentola d’acqua. Aggiungete l’usuage tofu e lasciatelo cuocere gentilmente a fuoco medio per un minuto, mescolando di tanto in tanto, poi scolate: servirà a rimuovere l’olio in eccesso. Tagliate il tofu a metà sul lato lungo, quindi affettatelo in strisce sottili. Aggiungete aceto, zucchero, sake, salsa di soia e sale in una piccola ciotola e mescolate fino a quando lo zucchero non si sarà completamente disciolto. Scaldate l’olio in un’ampia padella a fiamma alta. Aggiungete le carote e i bocconi di usu-age tofu e fateli rosolare per circa 3 minuti o fin quando le carote risulteranno croccanti e tenere. Abbassate la fiamma e aggiungete la miscela di soia. Continuate la cottura per altri 2 minuti o finché il tutto non risulterà tenero. Spegnete il fuoco; spargete i semi di sesamo e spruzzate dell’olio di semi di sesamo tostati. Trasferite il tutto in un piatto da portata.”

Sempre giovani e magre I segreti in cucina delle donne giapponesi

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“Ora, mio adorato, mi bevi | le parole dal respiro | finché ammutolisco -.”

Nelly Sachs (1891–1970) poetessa e scrittrice tedesca

Il contorno
Al di là della polvere

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“Non al vivido sole, ma alle più cupe fantasie e alle più strane visioni, sembra invece ispirarsi quell'originalissimo ingegno di Mario de Maria, meglio conosciuto sotto il nome di Marius Pictor. È nato a Bologna nel 1853, ma vive ora a Venezia, che nella sua solitudine piena di visioni, nella sua pace piena di memorie, può considerarsi la patria ideale del bizzarro pittore. Il quale ama le solitudini strane, i gagliardi contrasti della luce e dell'ombra, gli oscuri contorni delle case, che staccano sul grigio dei cieli d'autunno, e le notti tragiche, funeree, illuminate dalla luna fuggente dietro le nuvole. Certi suoi quadri fanno pensare ai racconti di.”

Pompeo Gherardo Molmenti (1852–1928) scrittore, storico e politico italiano

cap. 7, pp. 165-167
Variante: Non al vivido sole, ma alle più cupe fantasie e alle più strane visioni, sembra invece ispirarsi quell'originalissimo ingegno di Mario de Maria, meglio conosciuto sotto il nome di Marius Pictor. È nato a Bologna nel 1853, ma vive ora a Venezia, che nella sua solitudine piena di visioni, nella sua pace piena di memorie, può considerarsi la patria ideale del bizzarro pittore. Il quale ama le solitudini strane, i gagliardi contrasti della luce e dell'ombra, gli oscuri contorni delle case, che staccano sul grigio dei cieli d'autunno, e le notti tragiche, funeree, illuminate dalla luna fuggente dietro le nuvole. Certi suoi quadri fanno pensare ai racconti di. (cap. 7, pp. 165-167)