Frasi su povero
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“L'Illuminismo ha ridotto la gratuità del dono a beneficenza privata occasionalmente data al povero.”

Pierpaolo Donati (1946) sociologo e filosofo italiano

Il dono in famiglia

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“Che cosa c'è? | Cosa ti manca? | Che cosa cerchi? | Vuoi emigrare in Africa? | Povero te…”

Vasco Rossi (1980) cantautore italiano

da Dimmelo te, n. 5
Il mondo che vorrei

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“Io non sono un poeta. | Io non sono che un piccolo fanciullo che piange. | Vedi: non ho che lagrime da offrire al Silenzio.”

Sergio Corazzini (1886–1907) poeta italiano

da Desolazione del povero poeta sentimentale, in Piccolo libro inutile

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“I poveri sono i nostri padroni, e bisogna trattarli come tali, altrimenti ci mandano via.”

Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786–1842) sacerdote italiano

Diario Cottolenghino

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“Euclione: Sono perduto! Sono morto! Sono assassinato! Dove correre? Dove non correre? Fermalo, fermalo! Fermare chi? Chi lo fermerà? Non so, non vedo nulla, cammino alla cieca. Dove vado? dove sono? chi sono? Non riesco a stabilirlo con esattezza. [Al pubblico] Vi scongiuro, vi prego, vi supplico, aiutatemi voi: indicatemi l'uomo che me l'ha rubata. [A uno spettatore] Che ne dici tu? Voglio crederti: lo capisco dalla faccia, che sei una brava persona… Che c'è? perché ridete? Vi conosco tutti: so che qua ci sono parecchi ladri, che si nascondono sotto una toga imbiancata a gesso, e se ne stanno seduti, come fossero galantuomini… Eh? Non ce l'ha nessuno di costoro? Mi hai ucciso! Dimmi dunque, chi l'ha? Non lo sai? Ah, povero, povero me! Sono morto! Sono completamente rovinato, sono conciato malissimo: troppe lacrime, troppe sventure, troppo dolore mi ha portato questo giorno; e fame, e miseria!… Sono il più sventurato tra gli esseri della terra. Che bisogno ho di vivere, ora che ho perduto tutto quell'oro che avevo custodito con tanta cura! Mi sono imposto sacrifici, privazioni; ed ora altri godono della mia sventura e della mia rovina. Non ho la forza di sopportarlo.
Liconide: [A parte, uscendo dalla casa di Megadoro] Chi sta lamentandosi? Chi piange e geme davanti a casa nostra? Ma è Euclione, mi pare. Sono completamente perduto; s'è scoperto tutto. Senza dubbio sa già che sua figlia ha partorito. Ora non so che fare. Devo andarmene o rimanere? affrontarlo o evitarlo? Per Polluce! Non so più che fare.
Euclione: Chi sta parlando là?
Liconide: Sono io, un infelice.
Euclione: Infelice sono io, e sventurato! io che sono stato colpito da sì grande disgrazia, da sì grande dolore!
Liconide: Fatti coraggio.
Euclione: Farmi coraggio? Come potrei, di grazia?
Liconide: Il misfatto che t'angustia il cuore, sono stato io a compierlo: lo confesso.
Euclione: Cosa mi tocca sentire?
Liconide: La verità.
Euclione: Che male t'ho dunque fatto, o giovine, perché tu agissi così e rovinassi me e i miei figli?
Liconide: È un dio che mi ci ha indotto e mi ha attratto verso di lei.
Euclione: Come?
Liconide: Confesso d'aver commesso un torto; so di essere colpevole. E così vengo a pregarti di essere indulgente, di perdonarmi.
Euclione: Come hai osato fare una cosa simile: toccare ciò che non era tuo?
Liconide: Che vuoi farci? Ormai è fatta; non si può disfare. È stato il volere degli dèi, senza dubbio: certo, senza la loro volontà, non sarebbe accaduto.
Euclione: E allora credo che gli dèi abbiano anche voluto che io ti facessi crepare in catene, in casa mia.
Liconide: Non dir questo!
Euclione: Perché dunque hai toccato, contro il mio volere, una cosa mia?
Liconide: È stata colpa del vino e dell'amore.
Euclione: Sfrontatissimo essere! Aver osato presentarti a me con un simile discorso! Impudente! Se esiste un diritto che ti permette di scusare una simile azione, non ci resta che andare a rubare pubblicamente gioielli alle matrone, in pieno giorno; e se poi dovessimo essere arrestati, ci scuseremmo dicendo che l'abbiamo fatto in istato d'ebbrezza, per amore! Varrebbero troppo poco, il vino e l'amore, se l'ubriaco e l'innamorato avessero il diritto di soddisfare impunemente i loro capricci.
Liconide: Ma io vengo di mia spontanea volontà a supplicarti di perdonare la mia follia.
Euclione: Non mi piacciono gli individui che si scusano dopo aver fatto del male. Tu sapevi che essa non era tua; non avresti dovuto toccarla.
Liconide: Dal momento che ho osato toccarla, non voglio cercare pretesti, ma tenerla nel migliore dei modi.
Euclione: Tu vorresti tenere, contro il mio volere, una cosa mia?
Liconide: Non pretendo d'averla contro il tuo volere; ma penso ch'essa mi spetti. Converrai subito tu stesso, Euclione, ch'essa deve spettare a me.
Euclione: E io – per Ercole!”

ti trascinerò subito dal pretore e t'intenterò un processo, se non restituisci...
Liconide: Cosa dovrei restituirti?
Euclione: Ciò che mi hai rubato.
Liconide: Io? rubato? dove? Cosa significa?
Euclione: [ironicamente] Che Giove ti protegga, com'è vero che tu non sai niente!
Liconide: A meno che tu non dica cosa stai cercando... (vv. 713-762; 1998)
Aulularia
Origine: Nel lamento dell'avaro Euclione per il furto della pentola dell'oro, Plauto parodia i registri della poesia tragica, come farà anche Gaio Lucilio nel libro XXVI delle Satire.
Origine: Fedria, figlia dell'avaro Euclione, ha partorito prima del matrimonio. Il padre del bambino è Liconide, che l'aveva violentata nove mesi prima, durante le Cerealia. Per riparare al danno, vuole prenderla in sposa, ma deve prima parlarne con il padre della ragazza, Euclione. Gli si avvicina, origlia, lo vede in preda al dolore e subito crede che egli abbia saputo della maternità della figlia. Infatti non sa che Euclione ha una pentola d'oro, il cui furto è la causa di tanto dolore. Il giovane si fa coraggio e gli parla: entrambi sottintendono la causa del dolore, così che il dialogo si intride di equivoco, in quanto Liconide confessa d'aver reso incinta Fedria mentre Euclione lo crede reo confesso del furto della pentola. Questa, per Plauto, è un'occasione d'oro per impostare la satira contro la categoria degli avari: l'avaro, influenzato nelle decisioni dalla sua stessa avarizia, formula male la classifica delle sue priorità e pospone la preoccupazione per i figli alla salvezza del patrimonio, che finisce per trascendere l'utilità e non procura altro che vane preoccupazioni.

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“Prendiamo l'agricoltura come fattore fondamentale e ci serviamo dei capitali accumulati attraverso l'agricoltura per edificare progressivamente l'industria e trasformare in breve tempo il Kampuchea in un paese agricolo moderno, poi in un paese industriale, attenendoci fermamente alla linea di indipendenza, di sovranità e di contare fondamentalmente sulle nostre forze. […] Il nostro obiettivo è di mettere in campo, consolidare e sviluppare progressivamente i complessi industriali e artigianali di grandi, medie e piccole dimensioni, a Phnom Penh, nelle altre zone, regioni, distretti e nelle cooperative. […] Nell'immediato il nostro obiettivo principale (nell'educazione, ndr) è l'eliminazione dell'analfabetismo. Nella vecchia società vi erano delle scuole e licei e un certo numero di facoltà ma in campagna il 75% della popolazione, in particolare i contadini poveri e medio poveri non sapevano né leggere né scrivere, e anche in città il 60% dei lavoratori erano analfabeti. Attualmente, appena due anni dopo la liberazione, solo il 10% della popolazione è analfabeta (oggi è di nuovo il 50%, ndr). […] Abbiamo sviluppato e svilupperemo delle reti sanitarie creando dei centri ospedalieri e dei centri di fabbricazione dei medicinali in tutte le cooperative e nella capitale. […] La salute del nostro popolo ha conosciuto un miglioramento considerevole. Abbiamo eliminato definitivamente le malattie sociali e la tossicomania.”

Pol Pot (1925–1998) politico e rivoluzionario cambogiano

da un discorso del 1977

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“Il lavoro è un diritto dell'uomo: | se l'uomo è povero | è addirittura un dovere.”

Gianni Monduzzi (1946) scrittore, giornalista e editore italiano

Il manuale della Playgirl

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“Gesù, questi poveri peccatori non li abbandonare. Sono pronta io a fare qualunque cosa.”

Gemma Galgani (1878–1903) santa italiana

Origine: Sola con Gesù solo, p. 1

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“Quando il generale Championnet venne a Napoli, mi fece chiamare e mi designò come uno dei membri del Governo Provvisorio, ch'egli stava per stabilire. Il giorno dopo gl'inviai una lettera, e rassegnai formalmente l'impiego, e non lo vidi più. Durante tre mesi, io non feci altro che aiutare col mio proprio denaro e con quello di alcuni amici caritatevoli il gran numero di [poveri] esistenti nella città. Io indussi tutti i medici, chirurgi ed associazione ad andare in giro a visitare gl'infermi poveri, che non avevano modo di curare i loro malanni. Da questo periodo, Barial venne a stabilire il nuovo governo, ed insistette perché io accettassi un posto nella Commissione legislativa. Io ricusai due o tre volte; ed in fine fui minacciato e forzato. Che cosa potevo fare, e in che modo, e che cosa potevo opporre? Tuttavia, nel breve tempo di questa amministrazione, io non feci mai un giuramento contro il re, né scrissi né mai dissi una sola parola offensiva contro alcuno della Famiglia Reale, né comparsi in alcuna delle pubbliche cerimonie, né venni ad alcun pubblico banchetto, né vestii l'uniforme nazionale: non maneggiai danaro pubblico, e i soli cento ducati in carta che mi dettero, furono distribuiti ai poveri. Le poche leggi, votate in quel tempo, furono soltanto quelle che potevano riuscire benefiche al popolo…”

Domenico Cirillo (1739–1799) medico e botanico italiano

da Lettera a Lady Hamilton del 3 luglio 1799; citata in B. Croce, La Rivoluzione napoletana del 1799: biografie, racconti, ricerche, terza edizione aumentata, Bari, Laterza, 1912, pp. 252-53

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“Le rivoluzioni sono tempi in cui il povero non è sicuro della sua probità, il ricco della sua fortuna e l'innocente della sua vita.”

Joseph Joubert (1754–1824) filosofo e aforista francese

Da Carnets; citato in Le petit philosophe de poche, Textes réunis par Gabriel Pomerand

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“Andare verso i poveri non significa che noi dobbiamo diventare pauperisti, o una sorta di "barboni spirituali"! No, no, non significa questo! Significa che dobbiamo andare verso la carne di Gesù che soffre.”

Papa Francesco (1936) 266° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Citazioni tratte da discorsi, Discorso ai partecipanti al Convegno ecclesiale della diocesi di Roma http://www.vatican.va/holy_father/francesco/speeches/2013/june/index_it.htm, Aula Paolo VI, 17 giugno 2013

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“E mia mamma ha detto, | si può essere ricchi o poveri | ma mia mamma ha detto, | si può essere grande o piccolo.”

Lenny Kravitz (1964) cantautore, polistrumentista e produttore discografico statunitense

Mama Said

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“Tutti tuttologi col web, | coca dei popoli, | oppio dei poveri.”

Francesco Gabbani (1982) cantante italiano

da Occidentali's Karma, n. 3
Occidentali's karma

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“Roma, Roma, Roma, Roma: giovane e decrepita, povera e miliardaria, intima e spampanata, angusta e infinita.”

Aldo Palazzeschi (1885–1974) scrittore e poeta italiano

Origine: Citato in Elena Stancanelli, La città, il Principe e Checco. Vita e romanzo di Palazzeschi http://roma.repubblica.it/dettaglio/la-citta-il-principe-e-checco-vita-e-romanzo-di-palazzeschi/1341023/1, Repubblica.it, 16 luglio 2007.

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“Conosco bene il mio valore di mercato, perché sono più vecchio di quando ho iniziato ma ricordo anche molto bene da dove sono partito. Io valgo la mia storia, dal nulla da cui sono partito – la mia famiglia era veramente povera – fino alla vetta di questo sport.”

Lewis Hamilton (1985) pilota automobilistico britannico

Origine: Citato in Simone Valtieri, F1 | Hamilton a un passo dal rinnovo. Wolff: “Tutto si sta allineando” http://www.formulapassion.it/2015/04/f1-hamilton-ci-siamo-guadagnati-il-nostro-successo/, FormulaPassion.it, 1º aprile 2015.

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“A questi poveri e fallaci teorizzamenti si deve l'origine dell'erronea credenza che liberalismo sia individualismo utilitario (o, come lo si definisce, riecheggiando Hegel, «atomismo»), e che abbassi lo Stato a strumento dell'edonismo dei singoli.”

Benedetto Croce (1866–1952) filosofo, storico e politico italiano

Origine: Da La religione della libertà, a cura di Girolamo Cotroneo, Rubbettino, Catanzaro, 2002, p. 115.

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“Caro direttore [Indro Montanelli], sono quasi 6 anni che non ci sentiamo. Da quel 22 luglio 2001 quando, dopo avere speso gli ultimi respiri a mettere in guardia gli italiani dal virus Berlusconi, te ne volasti in cielo. Ora che sei in Paradiso, immagino che tu abbia di meglio da fare che occuparti dell'Italia: in 92 anni di vita, hai già dato. Ma qui succedono cose talmente strane che devo proprio raccontartele. Intanto Berlusconi non c'è più, al governo intendo. Ma non è che si noti molto. Anzi, forse torna. Il vaccino non ha funzionato. Ora c'è di nuovo Prodi, almeno fino a un paio di minuti fa c'era. Non sappiamo. Si parla, tanto per cambiare, di crisi della politica. E in quel vuoto s'infilano indovina chi? La Confindustria e il Vaticano. Come diceva Totò, quando vedo un buco ci entro. Tu eri un laico risorgimentale a 24 carati, ma due papi, Roncalli e poi Woytjla, ti vollero conoscere perché eri molto rispettoso della religione. Un po' meno di certi Preti e di certi Vescovi che s'impicciavano di politica. Dicevi: "Aborro i preti, esseri autoritari e prepotenti. Quando qualcuno mi dice che stiamo andando verso il fascismo, vorrei quasi rispondere: magari! Il fascismo è brutto, ma passa. Invece andiamo incontro a forme di vita clericale, anzi ci siamo dentro, perché non abbiam saputo amministrare il nostro libero esame. Abbiamo liquidato la coscienza, dandola in appalto al prete. Ecco dove nasce il più macroscopico difetto degli italiani: la mancanza di una coscienza morale. Non siamo religiosi: siamo cattolici per comodità, abitudine, tradizione, non per coscienza. Il problema di Dio gli italiani non se lo pongono. Perciò non siamo mai stati una Nazione: l'unico Stato che conosciamo è quello Pontificio". Ecco, ci siamo dentro fino al collo adesso, direttore. I cattolici liberali si sono estinti. Già tu rimpiangevi De Gasperi, "un democristiano che credeva in Dio e non aveva bisogno di fare il bigotto, forse perché era nato in Austria. In chiesa De Gasperi parlava con Dio, Andreotti col prete". Oggi con Dio ci parlano in pochi, persino tra i cardinali. In compenso tutti parlano con i preti e i cardinali. Ma anche con Andreotti, che a 90 anni è sempre un bijou: è vivo e lotta insieme a noi. Il Papa invece è cambiato: Woytjla non c'è più, ora c'è Ratzinger. Quando dice no alle coppie di fatto, si mettono tutti sull'attenti. Quando invece dice che il capitalismo non è molto meglio del socialismo, quando dice che bisogna salvaguardare l'occupazione, privilegiare i poveri, gli ultimi, difendere l'ambiente da uno sviluppo scriteriato, parlano d'altro e fanno finta di non sentire. Un giorno, di recente, ha detto addirittura che bisogna cacciare i corrotti dalla politica, e lì anche i politici più bigotti sono diventati anticlericali: come si permette di impicciarsi in affari che non gli riguardano? Ti parlo dallo studio di Santoro, che è tornato in tv dopo 5 anni di riposo, diciamo così: l'ultima volta che in Rai si sentì la tua voce fu da Biagi e da Santoro, entrambi i programmi furono subito chiusi. Stiamo per trasmettere un reportage della Bbc sulla pedofilia nel clero, già visto su internet da alcune decine di milioni di persone nel mondo e 3-4 milioni in Italia. Mi dirai: "dov'è il problema, già ai miei tempi tutti volevano una Rai modello Bbc". Appunto: adesso hanno visto cosa fa la Bbc e gli è passata la voglia. Persino la Cei ha detto: "Nessuna censura, discutiamo pure con equilibrio". La censura la invocano i politici e alcuni papaveri Rai, che sono più papisti del Papa. C'è un tale Landolfi, lo stesso capo della Vigilanza che nel 2001 ti accusò di linciare Berlusconi e chiese addirittura a Ciampi di intervenire per la tua intervista a Biagi a ridare dignità al servizio pubblico, che 10 giorni fa già sapeva che avremmo imbastito un processo mediatico contro la Chiesa: una specie di Nostradamus. E ha aggiunto: "Non sono queste le finalità del servizio pubblico, non è per questo che i cittadini pagano il canone". Lui li conosce uno per uno, gli telefona tutti i giorni per sapere che cosa vogliono. Poi c'è Fassino, che una volta era comunista, però ha studiato dai gesuiti: ora parla come don Abbondio e ci invita al massimo equilibrio e alla massima prudenza. Fini l'altra sera ha annunciato a "Ballarò" che il nostro programma non andrà mai in onda: deve averglielo detto in sogno l'Arcangelo Gabriele, ma era un imitatore: infatti siamo in onda. Casini chiese un programma riparatore che raccontasse tutto il bene che fa la Chiesa nel mondo. Potrebbe commissionarlo ai suoi uomini alla Rai, che sono un po' più numerosi di quelli che aveva la Dc una volta, però la Dc aveva anche il decuplo dei suoi voti; oppure potrebbe chiederlo a Buttiglione, che ha mezza famiglia in Rai e l'altra mezza a Mediaset; invece chiede a noi. Tu dirai: che c'entrano i politici con la libera informazione? Da quando i giornalisti prendono ordini dai segretari di partiti? Ecco, il problema è che ormai non se lo domanda più nessuno. Trovano tutto ciò molto normale. I politici non si accontentano di lottizzare la Rai: vogliono fare i palinsesti e i critici televisivi; prima o poi condurranno direttamente programmi e si intervisteranno da soli. Ricordi Giuliano Ferrara? L'avevi lasciato ateo. Bene, adesso è rimasto ateo ma è diventato anche clericale, nel frattempo. Dice che il reportage Bbc è una schifezza. E lui se ne intende. C'è perfino chi pretendeva che mostrassimo in anticipo all'editore una scaletta sicura prima di decidere se mandarci in onda oppure no. Come se l'amministratore della Fiat Marchionne volesse leggere gli articoli della Stampa o De Benedetti quelli della Repubblica, prima di mandare in stampa i giornali. Anche questo, è un po' strano, è passato sotto silenzio, come una cosa normale. La nostra categoria non ha brillato, ma questa per te non è una novità: già 30 anni fa tu scrivevi che "il giornalismo italiano è servo per vecchia abitudine: i potenti vogliono il monumento equestre e il piedistallo, e noi glielo diamo". Non ti dico gli intellettuali sedicenti liberali: tutti zitti, o addirittura solidali con i censori. Sono quelli che tu definivi "una grossa camorra al servizio di ogni potere". L'altro giorno, rileggendo i tuoi ultimi articoli, mi è capitata una lettera a Franco Modigliani, Nobel dell'Economia, in cui tu parlavi della corruzione e dicevi: "Dopo tanti secoli che la pratichiamo, dietro l'esempio e sotto il magistero di nostra Santa Madre Chiesa, ineguagliabile maestra d'indulgenze, perdoni e condoni, noi italiani siamo riusciti a corrompere anche la corruzione e a stabilire con essa il rapporto di pacifica convivenza che alcuni popoli africani hanno stabilito con la sifilide, diventata nel loro sangue un'afflizioncella di ordine genetico senza più gravi controindicazioni… Un popolo italiano consapevole della propria identità e ben deciso a difenderla, non c'è. E non c'è perché, nei secoli in cui questa coscienza nazionale maturava nel resto dell'Occidente, in Italia veniva soffocata da una Chiesa timorosa che il cittadino soppiantasse il fedele e creasse un potere temporale laico contrapposto al suo". Questo scrivevi sulla prima pagina del Corriere della Sera non 1000 anni fa, 6 anni fa. Oggi passeresti per un nemico della fede, della famiglia, dell'Occidente, forse per un fiancheggiatore di Al Qaeda. Non è che potresti prenderti una libera uscita e tornare giù un po' da noi per un paio di giorni, non di più? Ci manchi tanto, e non sai quanto. Ciao, direttore.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

dalla coperina di Annozero, 31 maggio 2007
Annozero

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“Cosa possedeva l'azionista individuale che nel marzo 1938 deteneva 10, 100 o 1.000 azioni di Great Atltantic & Pacific? Aveva una piccola frazione dell'intera azienda, proprio come la famiglia Hartford ne aveva una grande? Oppure soltanto un certificato azionario che gli dava diritto a ricevere un dividendo se e quando fosse stato dichiarato, e a ricevere il prezzo quotato qualora avesse deciso di vendere? Un altro modo di formulare questa domanda essenziale è: l'investitore che ha acquistato l'azione A. & P. a 80, sta davvero perdendo dei soldi quando il prezzo crolla a 36? È diventato veramente più povero di prima? La risposta corretta a questa domanda è la chiave per risolvere il più ampio problema di come l'investitore debba rapportarsi rispetto alle fluttuazioni del mercato. Per come la vediamo noi, l'investitore-azionista occupa una posizione intermedia, o di compromesso, tra il vero possesso di un'azienda e il mero possesso di un certificato azionario. Senza dubbio manca di importanti poteri di controllo inerenti al possesso individuale o di gruppo di un'azienda. Ma in questo caso è nella stessa posizione di un socio di minoranza di un'azienda privata, quando questi non si trova nel gruppo di controllo. Ma possiede anche un enorme vantaggio rispetto al socio di minoranza, nel fatto che può vendere le proprie azioni in ogni momento, al prezzo quotato dal mercato.”

The Intelligent Investor

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“Mi sono sentito in imbarazzo per lui, e il mio primo pensiero è stato il rifiuto - «no, povero Montanelli» - quando all'ingresso dei giardini di via Palestro mi sono trovato davanti alla sua statua, al punto che ho pensato che ci sono vandali che distruggono e vandali che costruiscono, e che anzi, per certi aspetti, il vandalismo che crea è ben peggiore, perché tenta di disarmarti con le sue buone intenzioni. Dunque era di mattina, molto presto, e i giardini erano vuoti, al sole. Ebbene in questo vuoto, la statua mi è apparsa all'improvviso: una figurina in gabbia che non ha niente a che fare con Montanelli, se non perché lo offende anche fisicamente, lui che era così "verticale", e che ci invitava a buttare via «il grasso» e la retorica monumentale. Il giornalista che ogni volta si ri-definiva in una frase, in un concetto, in un aforisma, in una citazione, è stato per sempre imprigionato in una scatola di sardine. Perciò ho provato il disagio che sempre suscita il falso, la patacca, la similpelle che non è pelle, perché non solo questo non è Montanelli, come ci ha insegnato Magritte che dipinse una pipa e ci scrisse sotto "questa non è una pipa". Il punto è che questa non è neppure una statuta di Montanelli, ma di un montanelloide in bronzo color oro, che ha la presunzione ingenua e goffa di imprigionare il Montanelli entelechiale, il Montanelli che era invece l'asciuttezza, era il corpo più "instatuabile" del mondo, troppo alto, troppo energico, troppo nervoso, incontenibile nello spazio e nel tempo com'è l'uomo moderno, che è nomade e ha un'identità al futuro. Era il più grande nemico delle statue il Montanelli che sempre ci sorprendeva, fascista ma con la fronda, conservatore ma anarchico, con la sinistra ma di destra, un uomo di forte fascino maschile che tuttavia non amava raccogliere i trofei del fascino maschile, ingombrante ma discreto, il solo che nella storia d' Italia abbia rifiutato la nomina a senatore a vita perché, diceva, «i monumenti sono fatti per essere abbattuti», come quello di Saddam, o di Stalin o di Mussolini. Come si può fare una statua ingombrante e discreta? Come si può fare un monumento all'antimonumento?”

Indro Montanelli (1909–2001) giornalista italiano

Francesco Merlo

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“Questo vi fa capire la differenza tra noi e loro. Noi non siamo mai andati a disturbare l'incontro tra capi ed elettori perché siamo uomini democratici. Hanno strumentalizzato paura, speranza, dolore, morti, vergogna. Non avete dignità, nobiltà d'animo, libertà, siete ancora oggi e come sempre dei poveri comunisti.”

Silvio Berlusconi (1936) politico e imprenditore italiano

2009
Origine: Durante un comizio per i ballottaggi delle amministrative a Cinisello Balsamo; citato in Berlusconi ai contestatori: poveri comunisti, fate pena http://tg24.sky.it/tg24/politica/2009/06/19/Berlusconi_ai_contestatori_poveri_comunisti_fate_pena.html, Tg24.Sky.it, 19 giugno 2009.

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“Realismo e surrealismo, hanno dichiarato credendo di muovermi un rimprovero. Ma la nostra vita non è proprio così? Realismo e surrealismo. Poveri coloro che hanno soltanto del realismo nella loro esistenza. E surrealista io lo fui fin dal mio primo vagito.”

Aldo Palazzeschi (1885–1974) scrittore e poeta italiano

Origine: Dall'intervista di Mario Picchi, Sono nato poeta muoio prosatore, in La Fiera Letteraria, IV, 46, 13 novembre 1949, pp. 1-2.

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“Mi possono arrestare: ma non tradirò mai i poveri, gli indifesi, gli oppressi: non aggiungerò al disprezzo con cui sono trattati dai potenti l'oblio od il disinteresse dei cristiani.”

Giorgio La Pira (1904–1977) politico italiano

Citato in LaPira.org http://www.lapira.org/index2.php?file=news&form_id_cat_notizia=72

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“Il vero povero è colui che fa cattivo uso di ciò che ha. Il vero ricco è colui che fa buon uso di ciò che possiede.”

Mikha'il Nu'ayma (1889–1988) scrittore e poeta libanese

Origine: Il libro di Mirdad, p. 241

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“Se siete ancora poveri a 35 anni lo meritate.”

Jack Ma (1964) imprenditore cinese

Origine: Citato in Jack Ma: 5 consigli per il successo dal fondatore di Alibaba: "Se siete ancora poveri a 35 anni lo meritate" http://www.huffingtonpost.it/2014/09/26/jack-ma-consigli-alibaba_n_5886662.html, HuffingtonPost.it, 26 settembre 2014.

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“La sua vita, povera donna, era un perenne stato d'intensità.”

Origine: Il complotto contro l'America, p. 125

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“Odio il punto esclamativo, questo gran pennacchio su una testa tanto piccola, questa spada di Damocle sospesa su una pulce, questo gran spiedo per un passero, questo palo per impalare il buon senso, questo stuzzicadenti pel trastullo delle bocche vuote, questo punteruolo da ciabattini, questa siringa da morfinomani, questa asta della bestemmia, questo pugnalettaccio dell'enfasi, questa daga dell'iperbole, quest'alabarda della retorica. Quando, come s'usa nei nostri tempi scamiciati, ne vedo due o tre in fila sul finir d'un periodo, che sembrano gli stecchi sul didietro di un'oca spennata, chiudo il libro perché lo sento bugiardo. Adesso v'è anche chi te l'accoppia con l'interrogativo, che par di veder Arlecchino appoggiato a Pulcinella. Tanto odio questa romantica lacrimuccia nera quando la vedo sgocciolare sulla povera candida pagina, che in essa mi immagino di scoprire or la causa or l'effetto, certo il chiaro simbolo di tutti i mali delle nostre lettere, arti e costumi. E se potessi far leggi, bandirei il punto esclamativo dalla calligrafia, dalle tipografie, dalle macchine da scrivere, dall'alfabeto Morse, con la speranza che a non vederlo più gli italiani se ne dimenticassero anche nel parlare e nel pensare, e pian piano espellessero dal loro sangue questo microbo aguzzo il quale dove arriva fa imputridire i cervelli e la ragione e rimbambisce gli adulti, accieca i veggenti, instupidisce i savi, indiavola i santi… Il punto esclamativo è il servo scemo dell'interiezione.”

Ugo Ojetti (1871–1946) scrittore, critico d'arte e giornalista italiano

Cose viste

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“Ballata delle madri.

Mi domando che madri avete avuto. 
Se ora vi vedessero al lavoro 
in un mondo a loro sconosciuto, 
presi in un giro mai compiuto 
d’esperienze così diverse dalle loro, 
che sguardo avrebbero negli occhi? 
Se fossero lì, mentre voi scrivete 
il vostro pezzo, conformisti e barocchi, 
o lo passate a redattori rotti 
a ogni compromesso, capirebbero chi siete? 

Madri vili, con nel viso il timore 
antico, quello che come un male 
deforma i lineamenti in un biancore 
che li annebbia, li allontana dal cuore, 
li chiude nel vecchio rifiuto morale. 
Madri vili, poverine, preoccupate 
che i figli conoscano la viltà 
per chiedere un posto, per essere pratici, 
per non offendere anime privilegiate, 
per difendersi da ogni pietà. 

Madri mediocri, che hanno imparato 
con umiltà di bambine, di noi, 
un unico, nudo significato, 
con anime in cui il mondo è dannato 
a non dare né dolore né gioia. 
Madri mediocri, che non hanno avuto 
per voi mai una parola d’amore, 
se non d’un amore sordidamente muto 
di bestia, e in esso v’hanno cresciuto, 
impotenti ai reali richiami del cuore. 

Madri servili, abituate da secoli 
a chinare senza amore la testa, 
a trasmettere al loro feto 
l’antico, vergognoso segreto 
d’accontentarsi dei resti della festa. 
Madri servili, che vi hanno insegnato 
come il servo può essere felice 
odiando chi è, come lui, legato, 
come può essere, tradendo, beato, 
e sicuro, facendo ciò che non dice. 

Madri feroci, intente a difendere 
quel poco che, borghesi, possiedono, 
la normalità e lo stipendio, 
quasi con rabbia di chi si vendichi 
o sia stretto da un assurdo assedio. 
Madri feroci, che vi hanno detto: 
Sopravvivete! Pensate a voi! 
Non provate mai pietà o rispetto 
per nessuno, covate nel petto 
la vostra integrità di avvoltoi! 

Ecco, vili, mediocri, servi, 
feroci, le vostre povere madri! 
Che non hanno vergogna a sapervi 
– nel vostro odio – addirittura superbi, 
se non è questa che una valle di lacrime. 
È così che vi appartiene questo mondo: 
fatti fratelli nelle opposte passioni, 
o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo 
a essere diversi: a rispondere 
del selvaggio dolore di esser uomini.”

Pier Paolo Pasolini (1922–1975) poeta, giornalista, regista, sceneggiatore, attore, paroliere e scrittore italiano
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