Frasi su vento
pagina 10

Stefano Benni photo
Jack Kerouac photo

“E solo per un attimo avevo raggiunto quell'apice d'estasi che avevo sempre desiderato raggiungere, che era il completo passaggio attraverso il tempo cronologico nelle ombre senza tempo, e stupore nella desolazione del regno mortale, e la sensazione di morte che mi batteva ai calcagni perché andassi avanti, con un fantasma che stava alle calcagna di se stesso, e io che correvo verso un trampolino dal quale si tuffavano tutti gli angeli per volare nel vuoto sacro della vacuità non creata, le potenti e inconcepibili radiazioni che splendono nella luminosa Essenza Mentale, innumerevoli regioni del loto che sbocciavano in un magico sciamare di falene nel cielo. Potevo sentire un indescrivibile rombo ribollente che non era nelle mie orecchie ma dovunque e non aveva niente a che fare col suono. Capii che ero morto ed ero tornato alla luce innumerevoli volte ma solo non me lo ricordavo, soprattutto perché i passaggi dalla vita alla morte e di nuovo alla vita sono così fantomaticamente facili, una magica azione per nulla, come cadere addormentati e svegliarsi di nuovo un milione di volte, la pura casualità e la profonda ignoranza di ciò. Capii che era solo a causa della stabilità della Mente intrinseca che aveva luogo questo lieve ondeggiare del nascere e del morire, come l'azione del vento su una distesa di acqua pura, serena, simile a uno specchio. Provavo un senso di benedizione dolce, travolgente, come un grosso getto di eroina nella vena principale; come un sorso di vino nel tardo pomeriggio che ti fa rabbrividire; i piedi mi formicolavano. Mi pareva che sarei morto da un momento all'altro. Ma non morii…”

On the Road

Pier Paolo Pasolini photo
Anne Rice photo
John Fante photo
Lisa See photo
Alessandro Baricco photo
Stephen King photo
Primo Levi photo

“Dal Ka-Be la musica non si sente bene: arriva assiduo e monotono il martellare della grancassa e dei piatti, ma su questa trama le frasi musicali si disegnano solo a intervalli, col capriccio del vento. Noi ci guardiamo l'un l'altro nei nostri letti, perchè tutti sentiamo che questa è musica infernale.
I motivi sono pochi, una dozzina, ogni giorno gli stessi, mattina e sera: marce e canzoni popolari care a ogni tedesco. Esse giacciono incise nelle nostre menti, saranno l'ultima cosa del Lager che dimenticheremo: sono la voce del Lager, l'espressione sensibile della sua follia geometrica, della risoluzione altrui di annullarci prima come uomoni per ucciderci poi lentamente.
Quando questa musica suona, noi sappiamo che i compagni, fuori nella nebbia, partono in marcia come automi; le loro anime sono morte e la musica li sospinge, come il vento le foglie secche, e si sostituisce alla loro volontà. Non c'è più volontà, ogni pulsazione diventa un passo, una contrazione rilflessa dei muscoli sfatti. […] Ma dove andiamo non sappiamo. Potremo forse sopravvivere alle malattie e sfuggire alle scelte, forse anche resistere al lavoro e alla fame che ci consumano: e dopo? Qui, lontani momentaneamente dalle bestiemme e dai colpi, possiamo rientrare in noi stessi e meditare, e allora diventa chiaro che non ritorneremo. Noi abbiamo viaggiato fin qui nei vagoni piombati; noi abbiamo visto partire verso il niente le nostre donne e i nostri bambini; noi fatti schiavi abbiamo marciato centro volte avanti e indietro alla fatica muta, spenti nell'anima prima che dalla morte anonima. Noi non ritorneremo. Nessuno deve uscire di qui, che potrebbe portare al mondo, insieme col segno impresso nella carne, la mala novella di quanto ad Auschwitz, è bastato animo all'uomo di fare all'uomo.”

Primo Levi (1918–1987) scrittore, partigiano e chimico italiano
Agatha Christie photo
Haruki Murakami photo
Diana Gabaldon photo
Patrick Rothfuss photo

“Era di nuovo notte. La locanda della Pietra Miliare era in silenzio, e si trattava di un silenzio in tre parti.
La parte più ovvia era una quiete vuota, riecheggiante, formata da cose che mancavano. Se ci fosse stato del vento, avrebbe spirato attraverso gli alberi, fatto scricchiolare l’insegna della locanda sui suoi cardini e spazzato via il silenzio lungo la strada come vorticanti foglie autunnali.
Se ci fosse stata una folla o anche solo un gruppetto di avventori, questi l’avrebbero riempito con conversazioni e risa, il fracasso e gli schiamazzi che ci si aspetta da una taverna nelle buie ore notturne. Se ci fosse stata musica… ma no, ovviamente non c’era alcuna musica. In realtà non c’era nulla di tutto ciò, perciò rimaneva il silenzio.
All’interno della Pietra Miliare alcuni uomini erano radunati a un angolo del bancone. Bevevano con calma determinazione, evitando serie discussioni di notizie preoccupanti. Nel fare ciò essi aggiungevano un piccolo, cupo silenzio a quello, vuoto, più grande. Formava una sorta di lega, un contrappunto.
Il terzo silenzio non era facile da notare. Se foste rimasti in ascolto per un’ora, avreste potuto cominciare a sentirlo nel pavimento di legno sotto i piedi e nei ruvidi barili scheggiati dietro il bancone.
Era nel peso del focolare di pietra nera che tratteneva il calore di un fuoco spento da molto. Era nel lento andirivieni di un bianco panno di lino che sfregava le venature del bancone. Ed era nelle mani dell’uomo che se ne stava lì in piedi a pulire un tratto di mogano che già risplendeva alla luce delle lampade. L’uomo aveva capelli di color rosso vivo, come fiamma. I suoi occhi erano scuri e distanti, e lui si muoveva con la sottile certezza che proviene dal conoscere molte cose.
La Pietra miliare era sua, proprio come il terzo silenzio.
Era appropriato, dato che dei tre era il silenzio più grande, che avvolgeva gli altri.
Era profondo e vasto come la fine dell’autunno. Era pesante come una grossa pietra levigata dal fiume. Era il paziente suono di fiori recisi, di un uomo che sta aspettando di morire.”

The Name of the Wind

Virginia Woolf photo
Pablo Neruda photo
Carlo Collodi photo

“Questa è la fattoria Hale.
Ecco la vecchia stalla per la mungitura, l’entrata buia che dice Vieni a cercarmi.
Ecco la banderuola, la catasta di legna.
Ecco la casa, echeggiante di storie.
È presto. Il falco vola lento nel cielo sgombro. Una sottile piuma blu volteggia nel vuoto. L’aria è fredda, limpida. La casa è silenziosa, come la cucina, il divano di velluto blu, la piccola tazza da tè bianca.
Da sempre la fattoria canta per noi, le sue famiglie perdute, i suoi soldati e le mogli. Durante la guerra, quando arrivarono con le baionette, entrando con la forza, gli stivali infangati sulle scale. Patrioti. Banditi. Mariti. Padri. Dormivano nei letti freddi. Razziavano la cantina in cerca di barattoli di pesche sciroppate e barbabietole da zucchero. Accendevano grandi fuochi nel campo, e le fiamme si contorcevano, schioccando alte verso il cielo. Fuochi che ridevano. Le facce calde brillavano e le mani erano in tasca, al riparo. Arrostivano un maiale e strappavano la carne dolce e rosea dall’osso. Dopo, si succhiavano via il grasso dalle dita, un sapore familiare, strano.
Ce ne sono stati altri – molti – che hanno rubato, smantellato e saccheggiato. Perfino i tubi di rame, perfino le mattonelle di ceramica. Quello che potevano prendere, prendevano. Hanno lasciato solo i muri, i pavimenti spogli. Il cuore pulsante in cantina.
Noi aspettiamo. Siamo pazienti. Aspettiamo notizie. Aspettiamo che ci venga detto qualcosa. Il vento sta provando a farlo. Gli alberi ondeggiano. È la fine di qualcosa; lo sentiamo. Presto sapremo.”

All Things Cease to Appear

Primo Levi photo
John Fante photo
François-René de Chateaubriand photo
Daniel Pennac photo
Laurell K. Hamilton photo
Italo Calvino photo
Christopher Moore photo
Joanne Harris photo
Grazia Deledda photo
Luciano De Crescenzo photo
Joe R. Lansdale photo
Patrick O'Brian photo
Daniel Pennac photo
Osip Ėmil'evič Mandel'štam photo
Jerome Klapka Jerome photo
Ryszard Kapuściński photo
Stephen Chbosky photo
Pier Paolo Pasolini photo

“Sopra i tetti delle case si vedevano striscioni di nubi, sfregati e pestati dal vento, che, lassù, doveva soffiare libero come aveva soffiato al principio del mondo.”

Pier Paolo Pasolini (1922–1975) poeta, giornalista, regista, sceneggiatore, attore, paroliere e scrittore italiano

The Ragazzi

Bernard Cornwell photo
Gustave Flaubert photo
Eugenio Montale photo

“Esterina, i vent’anni ti minacciano,
grigiorosea nube
che a poco a poco in sé ti chiude.
Ciò intendi e non paventi.
Sommersa ti vedremo
nella fumea che il vento
lacera o addensa, violento.
Poi dal fiotto di cenere uscirai
adusta più che mai,
proteso a un’avventura più lontana
l’intento viso che assembra
l’arciera Diana.
Salgono i venti autunni,
t’avviluppano andate primavere;
ecco per te rintocca
un presagio nell’elisie sfere.
Un suono non ti renda
qual d’incrinata brocca
percossa!; io prego sia
per te concerto ineffabile
di sonagliere.
La dubbia dimane non t’impaura.
Leggiadra ti distendi
sullo scoglio lucente di sale
e al sole bruci le membra.
Ricordi la lucertola
ferma sul masso brullo;
te insidia giovinezza,
quella il lacciòlo d’erba del fanciullo.
L’acqua’ è la forza che ti tempra,
nell’acqua ti ritrovi e ti rinnovi:
noi ti pensiamo come un’alga, un ciottolo
come un’equorea creatura
che la salsedine non intacca
ma torna al lito più pura.
Hai ben ragione tu!
Non turbare
di ubbie il sorridente presente.
La tua gaiezza impegna già il futuro
ed un crollar di spalle
dirocca i fortilizî
del tuo domani oscuro.
T’alzi e t’avanzi sul ponticello
esiguo, sopra il gorgo che stride:
il tuo profilo s’incide
contro uno sfondo di perla.
Esiti a sommo del tremulo asse,
poi ridi, e come spiccata da un vento
t’abbatti fra le braccia
del tuo divino amico che t’afferra.
Ti guardiamo noi, della razza
di chi rimane a terra”

Eugenio Montale (1896–1981) poeta, giornalista e critico musicale italiano

Tutte le poesie

Maria Dahvana Headley photo
David Foster Wallace photo
Alessandro Baricco photo
Jorge Amado photo
Bernard Malamud photo
Francesca Cipriani photo
Franco Battiato photo
Antonio Tabucchi photo
Claude Aveline photo
Henry De Montherlant photo
Anna Maria Ortese photo
Franco Battiato photo
Hubert Kornelisz. Poot photo
Dag Hammarskjöld photo
Jovanotti photo
Antonino Anile photo
Gianni Mura photo
Francesco Guccini photo
Kwame Nkrumah photo
Filippo Tommaso Marinetti photo
Antonio Tabucchi photo
Baltasar Gracián photo
John Denver photo
Emily Dickinson photo
Massimo D'Azeglio photo
Jules Michelet photo
Franco Battiato photo
Emily Dickinson photo

“Il mio Tutore morendo mi disse che gli sarebbe piaciuto vivere finché non fossi stata un poeta, ma la Morte era troppo Veemente da dominare per me – allora – E quando dopo molto tempo – un'improvvisa luce nel Frutteto, o una nuova foggia del vento turbavano la mia attenzione – sentivo come una paralisi, qui – che solo i Versi mitigavano.”

Emily Dickinson (1830–1886) scrittrice e poetessa inglese

a T. W. Higginson, 7 giugno 1862, 265
Lettere
Variante: Il mio Tutore morendo mi disse che gli sarebbe piaciuto vivere finché non fossi stata un poeta, ma la Morte era troppo Veemente da dominare per me – allora – E quando dopo molto tempo – un'improvvisa luce nel Frutteto, o una nuova foggia del vento turbavano la mia attenzione – sentivo come una paralisi, qui – che solo i Versi mitigavano. (a T. W. Higginson, 7 giugno 1862, 265

Anna Maria Ortese photo
Hermann Hesse photo
Ludovico Ariosto photo
Dante Alighieri photo
Torquato Tasso photo
Francesco Petrarca photo
Torquato Tasso photo
Torquato Tasso photo
Matteo Maria Boiardo photo
Jacopo Sannazaro photo

“A San Vittore ci sono entrata con la testa della criminologa. Ho visto una massa indistinta di gente, ma non riuscivo a capire quali fossero i detenuti e quali le guardie. Per me il carcere deve essere un carcere e i detenuti devono saper fare il loro mestiere. Mi sento più sola oggi, qui a Sulmona, in mezzo a queste montagne dove il vento soffia sempre, l'aria è gelida e i detenuti sanno solo lamentarsi e scrivere alle Procure. La mia unica compagnia sono i miei cani, Leon e Luna. Io mi identifico spesso con gli uomini; quando cammino, dicono, incuto timore, fumo Super senza filtro, metto la mimetica militare. Ho 41 anni, sono sempre stata così, e morirò così, e non chiamatemi direttrice che mi manda su tutte le furie, io sono il direttore e basta.”

Armida Miserere (1956–2003) funzionaria italiana

Variante: A San Vittore ci sono entrata con la testa della criminologa. Ho visto una massa indistinta di gente, ma non riuscivo a capire quali fossero i detenuti e quali le guardie. Per me il carcere deve essere un carcere e i detenuti devono saper fare il loro mestiere. Mi sento più sola oggi, qui a Sulmona, in mezzo a queste montagne dove il vento soffia sempre, l'aria è gelida e i detenuti sanno solo lamentarsi e scrivere alle Procure. La mia unica compagnia sono i miei cani, Leon e Luna. Io mi identifico spesso con gli uomini; quando cammino, dicono, incuto timore, fumo Super senza filtro, metto la mimetica militare. Ho 41 anni, sono sempre stata così, e morirò così, e non chiamatemi direttrice che mi manda su tutte le furie, io sono il direttore e basta.
Origine: Da un'intervista a Io Donna del 1997; citato in Simona Mammano, I motivi del suicidio di una "servitrice dello Stato" http://www.poliziaedemocrazia.it/live/index.php?domain=rubriche&action=articolo&idArticolo=1345, Polizia e Democrazia, gennaio 2007

Eugène Vermersch photo
Guido Menasci photo
Rosella Postorino photo
Annalisa (cantante) photo

“Mare infinito
Il mare oggi mi vede, il mondo gira con i suoi pianeti e stelle cosmiche accese da luci laser e scie di fuoco in un cielo spento da fontane di acqua di luce senza limiti nell'infinito eterno.
Un giorno vicino mi guarderai ma io non riuscirò più a vederti perché sarò anni luce da te.
Le prospettive dei progetti e cantieri eretti da palazzi vetrati di specchi creano cloni di individui che si riproducono di continuo e nuovi mondi si formano con città, mari, soli artificiali.
Passato presente futuro
Il centro del mondo con melodie di note vibrano lungo le orbite dell'infinito, accompagnati da scie di cavalli dorati e trasparenti delfini pesci, balene, elefanti sospesi nell'aria che galleggiano nel cielo in folli corse
Rivedo tutti dappertutto e alzo gli occhi al cielo portando in alto la terra e formano un paradiso gigante.
Volo leggero e non vedo più nulla e il pensiero volge è affonda tra i tuoi magnifici occhi che in rilievo manifestano gioia e sorrisi, un bagno caldo di emozioni spensieratezza tra la luce del tuo dolce sguardo che conquista ed attrae, perché spaziale e le tue orbite di energia fulminante corrono attorno ad emozioni trasparenti illuminando il desiderio.
Mi inondi di amore con tua aurea di pace e benessere sento i brividi quando il tuo sguardo mi scalda e lievito in alto proteggendo e assaporando la tua freschezza delicata che mi inebria
Sento vibrare la tua voce quando ti lascio e i sorrisi contagiosi che mi esaltano dentro quegli occhi profondi c'è un oceano di saggezza che corre via e mi sfuggono. Onde pacifiche di piacere da assaporare dolcemente senza fine e gustare il tuo profumo che si scioglie tra le mie labbra pallide
Tu plachi la mia sete come neve che si scioglie in bocca, con un sussurro, un suono che sale dentro me, fino in fondo per sentire la tua musica così soave attraversare il mio animo che inebriano il respiro fondendo il cuore con passione.

RUGIADA DI LACRIME
Dammi la forza di piangere perché mi celo in una rugiada di lacrime di verità, in questo fiume che sfocia nella ipocrisia dell'inganno, dammi il coraggio per uscire da compromessi e umiliazioni e di iniziare da dove non sono mai partito, cancellando tutto il presente perché il domani non esiste e il passato non ritorna, ma vive solo attraverso ai ricordi ormai irraggiungibili, che costruiscono la nostra vita in frammenti che non riconosciamo. Corro per raggiungere un obiettivo perso in partenza che non riesco più a vedere ma esiste, impedito dallo sconforto, e malvagità è una routine obbligata, non mi apre la mente per nuovi orizzonti e crollo travolto dagli eventi…
Si può ottenere indipendenza, autonomia nella libertà interiore fuori dagli schemi imposti e attendo quel viaggio per staccarsi da impedimenti forzati mentali che impediscono e limitano i pensieri e la capacità di creare la vita a cui si aspira e non quella degli altri tesi a rubarti la tua anima, creatività ed originalità. Ti vengo a cercare per parlarti, per curarmi attraverso il tuo spirito, candido che illumina il cuore e colora il buio attraverso occhi spenti da egoismo e subordinazione. Ti cerco al di sopra di tutto dove hai il potere di controllare con il vento e calore che emani la forza di un incantesimo tra giorno e notte giocando con il cosmo e nuotando immergendosi nel sole sciogliendo il ghiaccio della crudeltà. Ti cerco tra le nuvole che piangono la tua bontà di salvezza e accecato dalle guerre, doni pace correndo nelle orbite attorno all'infedelta'. Vivi in ogni cuore ma siamo morti dentro senza gratitudine. Ti cerco nel mare che crea la vita ma tu sei l'infinito incontaminato ma stringo ogni misera molecola che ti compone. Bevo il tuo nettare nella pioggia infinita. Ti trovo tra il canto dei passerotti e il volo di aquile lontane e in stormi migratori a caccia di sopravvivenza a causa di crudele polvere nera creata dal progresso. Sento l'erba e il profumo degli alberi che crescono formando linfa e non carbone. Ti raggiungo ovunque e ti sento dentro annulli le solitudini e i falsi amori. Uomini e donne sono il davanti e dietro alla medaglia ma un entità unica, espansa da una terra stanca e vecchia senza risorse. Ti ho trovato finalmente nelle mie riflessioni e pensieri o solitudini perché eri stato sempre nel mio cuore ma non ti sentivo e ti premevo in fondo come un fiocco di neve che diventa slavina nell'immensita' di una creazione effimera ma reale dove tutti calpestiamo le tue orme dorate e il denaro è sabbia che un alito di vento è di menzogne innalza e si perde attraverso onde di oceano che lottano contro un tempo assetato di successi e profitti di infelicità e che procede inizia ma finisce ogni giorno il suo lavoro. Il treno non aspetta mai è quel minuto poteva decidere il tuo destino quell'ora e i mesi che si susseguono segnano una vita che firmiamo noi e si ritrova in un progresso improvviso che ci travolge e ci rende schiavi. I binari della vita sono innalzati al cielo e quel treno è già partito con la sua folle corsa a non arrivare mai a destinazione…
Insegniamo ai sogni a ritornare bambini nell'intensità e nella speranza che il domani si fissi nel tempo quando raggiungiamo la felicità.

Amicizia
Scandendo il tempo, fermi frammenti unici ed irripetibili, dipingendo in autentica semplicità, tramonti che accendono scie di stelle in infinite emozioni. Accarezzando suoni di magistrali percorsi che allietano fiocchi di neve danzanti di fronte a concerti di fulmini energetici in impetuosi arrivi senza partenze. Dove termini gli spazi vuoti e crei un nuovo inizio, coperto da un cielo limpido che si rispecchia nel tuo impetuoso mare di allegria eterna proiettata in un domani già passato. Il volo avvolto tra ali dorati temperate dal tuo umore costante, in equilibrio, con sorrisi sempre annunciati che presentano una personalità piccante e carismatica si perde in pazienti sentimenti che giungono con dolcezza in questa valle, dispersa in monti crescenti che stuzzicano atmosfere vaganti. Palazzi di carta, immagini di ricordi si susseguono con terre rosse e colori di pareti che si ergono in oceani dove si sentono le tue melodie dei fiori che sbocciano e distinguono primavere fresche. Vedi le foglie trasportate da venti stagionali tiepidi e folli respiri agitati ma calmi. Annunci il tuo ritorno quando arrivi in un passaggio di orme tra boschi illuminati da petali fuggenti. Ora i sogni sono realtà nel protagonismo di fantasie che crescono in ognuno di noi
Un cuore irrefrenabile di vita essenziale e valore estremo gratificante con una pioggia di tesori argentati e cablati in ogni essenza che tocchi e rendi incantata.”

Gianni Barbacetto photo

“Quando il vento della storia arriva, non è mai un vento leggero. È impetuoso, invece, soffia forte. Fa anche danni, ma cambia le vite e la direzione del tempo. Quando arrivò il vento del Sessantotto, una parte dei giovani si fece sospingere da quel soffio, assunse la sua parzialità e diventò protagonista del cambiamento.”

Gianni Barbacetto (1952) giornalista e scrittore italiano

Origine: Da Il Sessantotto di Luca Cafiero http://www.giannibarbacetto.it/2016/03/18/il-sessantotto-di-luca-cafiero/, Il Fatto Quotidiano; riportato in Giannibarbacetto.it, 18 marzo 2016.

Bernie Sanders photo
Susan Elizabeth Phillips photo