Frasi su grave

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema grave, essere, vita, grande.

Frasi su grave

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“Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù…”

Pier Paolo Pasolini (1922–1975) poeta, giornalista, regista, sceneggiatore, attore, paroliere e scrittore italiano

Origine: Da Dialoghi con Pasolini, Vie Nuove, n. 42, 28 ottobre 1961.

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“Ollio: Sono innamorato!
Stanlio: È una cosa grave? E di chi?”

Stanlio & Ollio duo comico statunitense

da I diavoli volanti

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“La disperazione più grave che possa impadronirsi d'una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile.”

Corrado Alvaro (1895–1956) scrittore, giornalista e poeta italiano

da Ultimo diario

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“Sono trascorsi molti anni, ma ricordo come se fosse ieri. Ero giovanissimo, avevo l'illusione che l'intelligenza umana potesse arrivare a tutto. E perciò m'ero ingolfato negli studi oltre misura. Non bastandomi la lettura di molti libri, passavo metà della notte a meditare sulle questioni più astruse. Una fortissima nevrastenia mi obbligò a smettere; anzi a lasciare la città, piena di tentazioni per il mio cervello esaurito, e a rifugiarmi in una remota campagna umbra. Mi ero ridotto a una vita quasi vegetativa: ma non animalesca. Leggicchiavo un poco, pregavo, passeggiavo abbondantemente in mezzo alle floride campagne (era di maggio), contemplavo beato le messi folte e verdi screziate di rossi papaveri, le file di pioppi che si stendevano lungo i canali, i monti azzurri che chiudevano l'orizzonte, le tranquille opere umane per i campi e nei casolari. Una sera, anzi una notte, mentre aspettavo il sonno, tardo a venire, seduto sull'erba di un prato, ascoltavo le placide conversazioni di alcuni contadini lì presso, i quali dicevano cose molto semplici, ma non volgari né frivole, come suole accadere presso altri ceti. Il nostro contadino parla di rado e prende la parola per dire cose opportune, sensate e qualche volta sagge. Infine si tacquero, come se la maestà serena e solenne di quella notte italica, priva di luna ma folta di stelle, avesse versato su quei semplici spiriti un misterioso incanto. Ruppe il silenzio, ma non l'incanto, la voce grave di un grosso contadino, rozzo in apparenza, che stando disteso sul prato con gli occhi volti alle stelle, esclamò, quasi obbedendo ad una ispirazione profonda: «Com'è bello! E pure c'è chi dice che Dio non esiste». Lo ripeto, quella frase del vecchio contadino in quel luogo, in quell'ora: dopo mesi di studi aridissimi, toccò tanto al vivo l'animo mio che ricordo la semplice scena come fosse ieri. Un eccelso profeta ebreo sentenziò, or sono tremil'anni: «I cieli narrano la gloria di Dio». Uno dei più celebri filosofi dei tempi moderni scrisse: «Due cose mi riempiono il cuore di ammirazione e di reverenza: il cielo stellato sul capo e la legge morale nel cuore.»”

Enrico Fermi (1901–1954) fisico italiano

Quel contadino umbro non sapeva nemmeno leggere. Ma c'era nell'animo suo, custoditovi da una vita onesta e laboriosa, un breve angolo in cui scendeva la luce di Dio, con una potenza non troppo inferiore a quella dei profeti e forse superiore a quella dei filosofi.
Origine: Cfr. Immanuel Kant: «il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me».
Origine: Citato in M. Micheli, Enrico Fermi e Luigi Fantappié: Ricordi personali, Responsabilità del sapere, 31, 1979, pp. 21-23.

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“Non basta una misericordia qualunque. Il peso delle iniquità sociali e personali è così grave che non basta un gesto di carità ordinaria a perdonarle.”

Papa Giovanni XXIII (1881–1963) 261° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Il giornale dell'anima

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“Può essere bello solo ciò che è grave.”

da Il gabbiano
Il gabbiano

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“Quante persone, lungo questo viaggio, stivano la barca fino a rischiare di farla affondare di cose sciocche che pensano essenziali al piacere e al comfort, ma che in realtà sono soltanto inutile zavorra? Come riempiono la povera piccola imbarcazione fino all'albero di bei vestiti e grandi case, di domestici inutili e di una miriade di amici alla moda ai quali non importa un fico secco di loro, e dei quali a loro importa ancora meno, di costosi divertimenti che non divertono nessuno, di formalità e mode, di finzioni e ostentazioni, e di – oh, la più pesante, la più folle delle zavorre! – della paura di che cosa penserà il vicino, di lussi che possono soltanto nauseare, di piaceri che annoiano, di vuote mostre di sé che, come la corona ferrea del criminale di un tempo, fanno sanguinare e tramortiscono il capo dolorante che la porta! È zavorra uomini… tutta zavorra! Gettatela fuoribordo. Rende la barca così pesante che remare vi sfinisce. La rende così lenta e pericolosa da manovrare che l'ansia e la preoccupazione non vi concendono mai un attimo libero; e non avete mai un momento di riposo per sognare pigramente, mai un momento per osservare le nuvole che sfiorano le onde spinte dal vento, o i scintillanti raggi di sole che giocano con le increspature, o i grandi alberi sull'argine che si curvano per fissare la loro immagine riflessa, o il bosco tutto verde e oro, o i gigli bianchi e gialli, o i giunchi che ondeggiano oscuri o i falaschi, o le orchidee o gli azzurri non-ti-scordar-di-me. Liberatevi della zavorra, uomini! Lasciate che l'imbarcazione della vostra vita sia leggera, carica soltanto di quello di cui avete bisogno: una casa accogliente e qualche semplice piacere, un paio di amici degni di questo nome, qualcuno da amare e che vi ami, un gatto, un cane, e una o due pipe, cibo e indumenti a sufficienza e da bere in abbondanza, perché la sete è una compagna pericolosa. La barca sarà più facile da governare, e non sarà tanto soggetta a capovolgimenti, e se si capovolgerà non sarà così grave; la merce semplice e di buona qualità sopporta un bagno. Avrete tempo per pensare oltre che per lavorare. Tempo per scaldarvi al sole della vita… tempo per ascoltare le melodie eoliche che il vento divino trae dalle corde del cuore umano tutt'intorno a noi… tempo per… Scusate tanto. Divagavo.”

III; 1997, pp. 21-22
Tre uomini in barca

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“Il Maestro disse: Non è grave se gli uomini non ti conoscono, è grave se tu non li conosci.”

Confucio (-551–-479 a.C.) filosofo cinese

I, 16, traduzione di R. Pilone

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“La situazione politica in Italia è grave ma non è seria.”

2002, p. 165
Diario notturno, Taccuino 1954

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“Ecco l'angoscia umana in cui lo spettatore dovrà trovarsi uscendo dal nostro teatro. Egli sarà scosso e sconvolto dal dinamismo interno dello spettacolo che si svolgerà sotto i suoi occhi. E tale dinamismo sarà in diretta relazione con le angosce e le preoccupazioni di tutta la sua vita. Tale è la fatalità che noi evochiamo, e lo spettacolo sarà questa stessa fatalità. L'illusione che cerchiamo di suscitare non si fonderà sulla maggiore o minore verosimiglianza dell'azione, ma sulla forza comunicativa e la realtà di questa azione. Ogni spettacolo diventerà in questo modo una sorta di avvenimento. Bisogna che lo spettatore abbia la sensazione che davanti a lui si rappresenta una scena della sua stessa esistenza, una scena veramente capitale. Chiediamo insomma al nostro pubblico un'adesione intima e profonda. La discrezione non fa per noi. Ad ogni allestimento di spettacolo è per noi in gioco una partita grave. Se non saremo decisi a portare fino alle ultime conseguenze i nostri principi, penseremo che non varrà la pena di giocare la partita. Lo spettatore che viene da noi saprà di venire a sottoporsi ad una vera e propria operazione, dove non solo è in gioco il suo spirito, ma i suoi sensi e la sua carne. Se non fossimo persuasi di colpirlo il più gravemente possibile, ci riterremmo impari al nostro compito più assoluto.”

Antonin Artaud (1896–1948) commediografo, attore teatrale e scrittore francese

da Il teatro e il suo doppio

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“Lascia che si veda il tuo piccolo difetto: | un difetto, se nascosto, sembra molto più grave.”

III, 42; 1995
Simpliciter pateat vitium fortasse pusillum: quod tegitur, maius creditur esse malum.
Epigrammi

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“Diverrò povero? Sarò con la maggioranza degli uomini. Andrò in esilio? Penserò di essere nato là, dove mi manderanno. Sarò messo in catene? E allora? Sono forse ora veramente libero? La natura mi ha già legato a questo grave peso del corpo. Morirò? Porrò cosi fine – dirai tu – alla possibilità di ammalarmi, di esser messo in catene, di morire. […] Moriamo ogni giorno: ogni giorno ci viene tolta una parte della vita e anche quando ancora cresciamo, la vita decresce. Abbiamo perduto l'infanzia, poi la fanciullezza, poi la giovinezza. Tutto il tempo trascorso fino a ieri è ormai perduto; anche questo giorno che stiamo vivendo lo dividiamo con la morte. Come la clessidra non è vuotata dall'ultima goccia d'acqua, ma da tutta quella defluita prima, così l'ora estrema, che mette fine alla nostra vita, non provoca da sola la morte, ma da sola la compie; noi vi giungiamo in quel momento, da tempo, però, vi siamo diretti. […] «Non viene una sola volta la morte; quella che ci rapisce è solo l'ultima morte». […] questa morte che tanto temiamo è l'ultima, non la sola. […] la follia umana, è così grande, che alcuni sono spinti alla morte proprio dal timore della morte. […] Ci chiediamo: «Fino a quando sempre le stesse cose? Svegliarsi e andare a dormire, mangiare ed aver fame, aver freddo e soffrire il caldo? Nessuna cosa finisce, ma tutte sono collegate in uno stesso giro: si fuggono e si inseguono. Il giorno è cacciato dalla notte, la notte dal giorno; l'estate ha fine con l'autunno, questo è incalzato dall'inverno, che a sua volta è chiuso dalla primavera: così tutto passa per tornare. Non faccio né vedo mai niente di nuovo. Ad un certo punto, di tutto questo si prova la nausea». Per molti la vita non è una cosa penosa, ma inutile.”

lettera 24; 1975
Epistulae morales ad Lucilium

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“La grande riputazione acquistatasi da Alaimo non potea non destar sospetti nell' animo dell' infante don Giacomo, precoce mirabilmente nella cattiveria, ed al quale bene appropriava il Muntaner il proverbio catalano: «Spina non punge se non nasce acuta (2)». Certamente contribuiva a renderlo sgradito all' infante e alla corte la superbia della moglie Macalda, la quale pare che molto potesse sull' oramai vecchio marito. Ella niegava di dare a Costanza il nome di regina; chiamavala «la madre di don Giacomo». In corte non andava quasi mai, o se qualche volta mostravasi era per fare sfoggio de' suoi vestiti di porpora e de' suoi ricchi adornamenti (3). Essendo incinta, come maggiore ad ogni legge, volle far soggiorno nel convento de Frati minori, che piacevale per l'amenità del luogo, e quivi partorì. Costanza andò a visitarla e fa sgarbatamenie ricevuta: si profferì col figlio a tenere al fonte battesimale il fanciullo: rispose la madre che temea il freddo dell' acqua gli nuocesse così piccino; e tre dì dopo lo fece battezzare dandolo a tenere ad uomini del popolo. Un' altra volta fu notato, che essendosi la regina, perché inferma, fatta portare su di una barella da Palermo al santuario di Morreale, l'indomani Macalda, ne inferma ne per cagione di divozione, si fece portare per le vie di Palermo in barella coperta di scarlatto, e di poi viaggiò in quella guisa da quella città fino a Nicosia, il che parve strana e superba cosa in quei tempi. Spiacque anco molto in corte, che viaggiando per l'isola 1 infante don Giacomo con iscorta di trenta cavalli, ella, che volle accompagnarlo, ne menasse seco trecento, e si arrogasse l'autorità di maestro giustiziere, ufficio stato conceduto al marito. Ne le parole raffrenava, e sappiamo che un dì disse al Loria, uomo alla corte devotissimo, e dell'autorità e fama di Alaimo invido e nemico: «Bel compenso ci rende il vostro re don Pietro! Noi lo chiamammo compagno e non re, ed egli, assumendo il dominio del regno, noi che siamo compagni tratta come servi (d)». Aggiungono gli storici a questi fatti palesi e certi altri oscuri e forse finti, cioè che Macalda facesse giurare il marito non darebbe consigli contro i Francesi, procurerebbe il loro ritorno in Sicilia (2). Queste femminili vanità ed intemperanze, se non cagionarono, sollecitarono la rovina di Alaimo, il quale avendo molto contribuito ad assicurare la corona di Sicilia a' reali di Aragona, dovea da costoro essere odiato, perché somiglianti beneficj si pagan sempre colla ingratitudine. Giacomo raduna segretamente in Trapani tutti i suoi fedeli e tutti i Catalani eh' erano ne' dintorni. Quivi egli chiama a sé Alaimo, gli espone i pericoli del regno se il padre non mandi solleciti aiuti : egli solo potrebbe ottener tutto: vada in Catalogna; le galere sono nel porto apparecchiate: salvi alla patria la libertà e al re la corona. Allora tutti i cortigiani circondano Alaimo, e lo priegano con grave istanza e lo sollecitano a partirsi. È li fissa in viso, comprende il suo stato, non vede scampo, risponde che andrà, e nel medesimo dì monta in nave e naviga verso Barcellona, ove Pietro lo accoglie onorevolmente, loda, promette e lo ritiene seco con segni di affetto non sì bene simulati che Alaimo dell' infingimento non s'accorgesse (4).”

Giuseppe La Farina (1815–1863) patriota e scrittore italiano

Vol VI: 1250-1314, Cap. LV Della rovina di Alaimo di Lentini e di sua moglie Macalda, pp. 303-304
Storia d'Italia narrata al popolo italiano

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“So assolutamente, o soldati, che le parole non aggiungono valore e che un esercito non diventa coraggioso da vile né forte da pavido per un discorso del generale. Quanto è grande il coraggio nell'animo di ciascuno per indole o per educazione, tanto grande è solito manifestarsi in guerra. Colui che né la gloria né i pericoli incitano, lo potresti esortare invano: il timore dell'animo tappa le orecchie. Ma io vi ho convocato per ammonirvi riguardo a poche cose e contemporaneamente per esporvi il motivo del mio piano. Invero certamente sapete, o soldati, qual grave danno abbiano portato a noi la viltà e l'indolenza di Lentulo, e anche a lui stesso, e per quale modo mentre aspettavo rinforzi dalla città, non sono potuto partire per la Gallia. Ora dunque a quale punto sia la nostra situazione, voi tutti lo capite insieme a me. Due eserciti nemici ci sbarrano la strada, uno dalla città e uno dalla Gallia; rimanere più a lungo in questi luoghi, anche se il nostro animo lo desidera moltissimo, lo impedisce la mancanza di frumento e di altre cose. Dovunque ci piaccia andare, bisogna aprirsi la strada con le armi. Perciò vi esorto ad essere forti e pronti e, quando entrerete in combattimento, a ricordare che voi portate nelle vostre mani destre ricchezze, onore, gloria, senza contare la libertà e la patria. Se vinceremo, non correremo più alcun pericolo; ci saranno vettovaglie in abbondanza, municipi e colonie spalancheranno le porte. Se, causa la paura, ci saremo ritirati, quei medesimi diventeranno ostili, nessun amico, nessun luogo potrà proteggere chi le armi non siano riuscite a proteggere. Inoltre, soldati, non è il medesimo bisogno ad incombere su di noi e su di loro: noi combattiamo per la patria, per la libertà, per la vita; per loro è superfluo combattere per il potere di pochi. Perciò, attaccate con maggior audacia, memori dell'antico valore! Vi sarebbe stato concesso passare la vita in esilio con il massimo disonore: alcuni di voi avrebbero potuto bramare a Roma, dopo aver perso le proprie, le ricchezze di altri. Poiché quelle azioni sembravano turpi ed intollerabili agli uomini, avete deciso di seguire queste. Se volete abbandonare questa situazione, c'è bisogno di coraggio; nessuno, se non da vincitore, ha mai cambiato in pace una guerra. In guerra il massimo pericolo è quello di coloro che di più hanno paura; il coraggio è considerato come un muro. Quando vi guardo, o soldati, e quando considero le vostre azioni, mi prende una grande speranza di vittoria. L'animo, l'età, il valore vostri mi incoraggiano, e la necessità, inoltre, che rende coraggiosi anche i pavidi. E infatti l'inaccessibilità del luogo impedisce che la moltitudine dei nemici possa circondarci. Se la fortuna si sarà opposta al vostro valore, non fatevi ammazzare invendicati, e neppure, una volta catturati, non fatevi trucidare come bestie piuttosto che lasciare ai nemici una vittoria cruenta e luttuosa combattendo alla maniera degli eroi!”

Lucio Sergio Catilina (-109–-62 a.C.) militare e senatore romano

Citato in Gaio Sallustio Crispo 1994

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“L'indifferenza è il più grave peccato mortale.”

Jovanotti (1966) cantautore, rapper e disc jockey italiano

da Salvami
Lorenzo 2002 – Il quinto mondo

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“La grave colpa che aleggia in quest'Aula, da parte di chi crede di potere cancellare la democrazia che questo Paese ha conquistato nella storia per darla in pasto ai banchieri e agli speculatori finanziari, dimostra tutta la vostra disonestà, mista ad un'abbondante dose di analfabetismo democratico.”

Danilo Toninelli (1974) politico italiano

Origine: Citato in Camera dei Deputati – Legislatura XVII – Aula – Resoconto stenografico della Seduta n. 544 di lunedì 11 gennaio 2016 http://www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0544&tipo=stenografico#sed0544.stenografico.tit00070.sub00010.int00100. Roma, 11 gennaio 2016.

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“Chiunque può fronteggiare una grave crisi e rimettersi in piedi con coraggio dopo una tragedia, ma per sopportare le piccole noie quotidiane con il sorriso sulle labbra, ecco, per quello penso che ci voglia molto coraggio e determinazione!”

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Papà Gambalunga
Variante: Non sono le grandi disgrazie della vita che esigono forza di carattere da noi. Chiunque può fronteggiare una grave crisi e rimettersi in piedi con coraggio dopo una tragedia, ma per sopportare le piccole noie quotidiane con il sorriso sulle labbra, ecco, per quello penso che ci voglia molto coraggio e determinazione!

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“[Descrivendo la peste] Una tal causa di contagio un tale | mortifero bollor già le campagne | ne' cecropi confin rese funeste, | fe' diserte le vie, di cittadini | spopolò la città. Poiché, venendo | da' confin dell'Egitto ond'ebbe il primo | origin suo, molto di cielo e molto | valicato di mar, le genti al fine | di Pandïone assalse. Indi appestati | tutti a schiere morían. Primieramente | essi avean d'un fervore acre infiammata | la testa e gli occhi rosseggianti e sparsi | di sanguinosa luce. Entro le fauci | colavan marcia; e da maligne e tetre | ulcere intorno assediato e chiuso | era il varco alla voce; e degli umani | sensi e segreti interprete la lingua | d'atro sangue piovea, debilitata | dal male, al moto grave, aspra a toccarsi. | Indi, poi che 'l mortifero veleno | sceso era al petto per le fauci e giunto | all'affannato cuor, tutti i vitali | claustri allor vacillavano. Un orrendo | puzzo volgea fuor per la bocca il fiato, | similissimo a quel che spira intorno | da' corrotti cadaveri. Già tutte | languian dell'alma e della mente affatto | l'abbattute potenze, e su la stessa | soglia omai della morte il corpo infermo | languiva anch'egli. Un'ansïosa angoscia | del male intollerabile compagna | era: e misto col fremito un lamento | continuo e spesso un singhiozzar dirotto, | notte e dì, senza requie, a ritirarsi | sforzando i nervi e le convulse membra, | sciogliea dal corpo i travagliati spirti, | noia a noia aggiugnendo | e duolo a duolo.”

Tito Lucrezio Caro (-94–-55 a.C.) poeta e filosofo romano

1909, pp. 143-145

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“[Sulla partita della lattina] La partita non s'è svolta regolarmente dopo l'uscita di Boninsegna, colpito alla testa da una lattina. Il danno poteva essere molto più grave di quanto è stato. L'Inter ne è rimasta così frastornata che ha finito per perdere 7-1. Ma in quel momento il punteggio era di 1-1. Ci sono quindi tutti gli estremi per cancellare quella gara.”

Giuseppe Prisco (1921–2001) avvocato e dirigente sportivo italiano

Origine: Citato in Gianpiero Lotito e Filippo Grassia, Inter. La grande storia nerazzurra dal 1908 a oggi, SEP editrice, 2006; citato in 1970-1979: Una lattina per alleata http://temi.repubblica.it/sport-100-anni-di-inter/1970-1979-una-lattina-per-alleata/, Repubblica.it.

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“E Pitagora, fidente nella grave e dignitosa sua parola, alle magiche credenze si volse, per conquistare gli uomini.”

Timone di Fliunte (-320–-230 a.C.) filosofo greco antico

Origine: Dai Silli, fr. 58 Diels; citato in Laerzio, Vite dei filosofi, VIII, 36.

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“Pensare è inevitabile. Privilegio della creatura ragionevole, è anche il suo continuo tormento. La mamma, contemplando il bimbo che dorme, beato, nella sua culla, arriva a invidiarlo “perché ancora non pensa”…
Ma si tratta, nella generalità dei casi e degl’individui, d’occupare la mente in bisogni immediati o poco più. Raramente vuol dire immergersi in ciò che, né semplice né trasparente, si presenta come un abisso da mozzare il fiato. Domandiamoci se quest’altro pensare — che è considerare, scrutare, meditare — sia da tutti, o se invece non abbia in sé qualcosa che, come effetto più naturale e comune, dia lo sgomento ai più e li induca a rifuggirne. Per meditare, bisogna esserci avvezzi, o nati addirittura.
Ecco allora che la ragione, impreparata e tuttavia chiamata a pronunciarsi sulla più grave questione che si possa offrire, rivela una miserevole impotenza: le sue risposte sono spesso le più meschine e goffe che si possano immaginare; le sue contraddizioni hanno dell’incredibile. Per esempio, che cosa può esserci di più sciocco e assurdo che la frase di conforto usuale: Fatti coraggio, la vita è tutta così? Bel conforto. Eppure è formula di dovere nelle visite a persone colpite da un lutto o da altra grave disgrazia. Intanto si augura ai vicini, o a noi stessi, di campare il più a lungo possibile; per tornare poi, di lì a un momento, all’dea squallida che meglio sarebbe non esser mai nati. E il coro dei presenti fa eco: Proprio.”

Franco Fochi (1921–2007) linguista e saggista italiano

Origine: La festa turbata, p. 18

“Bisogna parlare per ricordare quello che è successo per evitare che riaccada, sarebbe una grave colpa non parlarne facendo finta di niente.”

Nedo Fiano (1925) scrittore italiano

Origine: Dalla conferenza all'ITE "E.Tosi", 19 febbraio 2012; citato in L'orrore di Auschwitz rivive nelle parole di Nedo Fiano http://www3.varesenews.it/busto/l-orrore-di-auschwitz-rivive-nelle-parole-di-nedo-fiano-255857.html, varesenews.it.

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“Il trattato di Camp David e gli accordi successivi conclusi tra il governo egiziano e l'entità sionista sotto gli auspici dell'imperialismo americano costituiscono un tentativo molto grave di sopprimere il diritto del popolo arabo palestinese di riconquistare la sua patria e paese.”

Saddam Hussein (1937–2006) politico iracheno

The Camp David agreement and the ensuing accords that were concluded between the Egyptian Government and the Zionist entity under the auspices of the American imperialism, constitute a very serious attempt to do away with the right of the Palestinian Arab people to regain their homeland and country.
Variante: Il trattato di Camp David e gli accordi successivi conclusi tra il governo egiziano e l'entità sionista sotto gli auspici dell'imperialismo americano costituiscono un tentativo molto grave di porre fine al diritto del popolo arabo palestinese di riconquistare la sua patria e paese.

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“[Sulla sua nomina a senatrice a vita] Certamente, il presidente [Sergio Mattarella] ha voluto onorare, attraverso la mia persona, la memoria di tanti altri in questo anno, 2018, in cui ricorre l'ottantesimo anniversario delle leggi razziali. Sento dunque su di me l'enorme compito, la grave responsabilità di tentare almeno, pur con tutti i miei limiti, di portare nel Senato della Repubblica delle voci ormai lontane che rischiano di perdersi nell'oblio.”

Liliana Segre (1930) reduce dell'olocausto e senatrice a vita italiana

Origine: Citato in Alessia Rastelli, Liliana Segre senatrice a vita Gentiloni: «Decisione preziosa» http://www.corriere.it/politica/18_gennaio_19/liliana-segre-senatrice-vita-mattaerlla-nomina-7602a2ee-fd23-11e7-b1af-dcddd5d25ebd.shtml, Corriere.it, 19 gennaio 2018.

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“[…] c'è il problema, particolarmente grave, in Italia dell'occupazione. Il dato incontrovertibile e del quale si dovrebbe prendere atto, è che la coperta del lavoro disponibile è corta. Se copre gli ultracinquantenni, scopre i giovani. E viceversa. Occorre quindi che la contrattazione affronti, nei mille modi possibili, una ripartizione del lavoro disponibile.”

Pierre Carniti (1936–2018) sindacalista e politico italiano

Origine: Da Conflitto o partecipazione? Un falso dilemma. Un testo di Pierre Carniti http://confini.blog.rainews.it/2017/07/13/conflitto-o-partecipazione-un-falso-dilemma-un-testo-di-pierre-carniti/, Rainews.it, 13 luglio 2017; pubblicato originalmente su L'Etruria.it.

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Questa traduzione è in attesa di revisione. È corretto?
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“Esiste una colpa più grave di quella di aver coscienza delle altrui colpe.”

Khalil Gibran (1883–1931) poeta, pittore e filosofo libanese

Sabbia e spuma

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