Frasi su inquietudine

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema inquietudine, essere, vita, mondo.

Frasi su inquietudine

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“Ogni essere vivente […] porta in sé una volontà di sperimentare, vivere, espandersi, affermarsi, dominare sugli altri. Tutti gli animali delimitano un proprio territorio e lottano per espanderlo e impedire agli estranei di entrarvi. Tutti i maschi cercano di accoppiarsi con tutte le femmine più belle e le femmine con i maschi più forti o più vistosi. Tutti inoltre lottano per affermare e vedere riconosciuta la propria superiorità, il proprio rango. Nietzsche, che per primo ha capito questa tendenza universale, l'ha chiamata "volontà di potenza". […] Ciò che invece continua a contare, e sempre di più, è la volontà di potenza in se stessa, purché intesa nel suo senso più ampio, come energia vitale, volontà di creare, di realizzare, di superare gli altri. E questo in tutti i campi, nella scienza, nella musica, nel cinema, negli affari, nella politica. Dovunque il fattore decisivo resta questo slancio interiore che si presenta come irrequietezza, ambizione, curiosità, coraggio di sperimentare il nuovo, tenacia, voglia di riuscire. Lo si vede già nei bambini, negli adolescenti destinati al successo. Qualche volta si presenta come capacità specifica, come nei geni matematici o musicali precoci, ma spesso assume solo l'aspetto di una inquietudine evasiva, conturbante. Lo si vede negli uomini e nelle donne che riusciranno, che hanno tutti, indistintamente, una grande fede in se stessi, una caparbia volontà di realizzare la propria meta da cui nessuno riesce a distoglierli. Per cui cadono e si rialzano. E gli altri percepiscono la loro superiorità. Spesso li invidiano, li temono, cercano di fermarli, ma inutilmente.”

Francesco Alberoni (1929) sociologo, giornalista e scrittore italiano

da Leoni o volpi, in comune abbiamo la volontà di potenza, Corriere della sera, 5 luglio 2004

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“Inquietudine è scontento – e il malcontento è la prima necessità del progresso. Mostratemi un uomo completamente soddisfatto: vi mostrerò un fallimento.”

Thomas Alva Edison (1847–1931) inventore e imprenditore statunitense

Origine: Da Thomas A. Edison e Dagobert D. Runes, The Diary and Sundry Observations of Thomas Alva Edison, 1948, p. 110.

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“Tutto è imperfetto, non c’è tramonto così bello da non poterlo essere di più.”

Fernando Pessoa (1888–1935) poeta, scrittore e aforista portoghese

libro Il libro dell'inquietudine

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“Il tempo è inquietudine e distrazione; l'eternità è pace ed unità.”

Romano Guardini (1885–1968) presbitero, teologo e scrittore italiano

Il testamento di Gesù

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“L’unico modo di andare d’accordo con la vita è essere in disaccordo con noi stessi.”

Fernando Pessoa (1888–1935) poeta, scrittore e aforista portoghese

libro Il libro dell'inquietudine

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“A volte, quando alzo la testa stanca dai libri nei quali segno i conti altrui e l'assenza di una vita mia, avverto una sorta di nausea fisica che forse deriva dalla posizione curva, ma che trascende i numeri e la delusione. La vita mi disgusta come una medicina inutile.”

Fernando Pessoa (1888–1935) poeta, scrittore e aforista portoghese

da Il libro dell'inquietudine, a cura di Maria José de Lancastre, prefazione di Antonio Tabucchi, Feltrinelli, Milano 1987, p. 55
Il poeta è un fingitore

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“In me ogni affetto si verifica in superficie, ma con sincerità. Sono stato sempre attore, e sul serio. Ogni volta che ho amato ho finto di amare, e ho finto come me stesso.”

Fernando Pessoa (1888–1935) poeta, scrittore e aforista portoghese

da Il libro dell'inquietudine, a cura di Maria José de Lancastre, prefazione di Antonio Tabucchi, Feltrinelli, Milano 1987, p. 161
Il poeta è un fingitore

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“Ben venga la tecnologia, dunque, perché rappresenta certamente il futuro, ma ricordiamo che l'elemento uomo, che parrebbe da essa quasi relegato in secondo piano, rimane il centro, il motore, l'anima di quest'universo che ci sforziamo di governare. L'uomo e l'inquietudine, figlia dei tempi, che l'accompagna.
Perché inquietudine? Guardiamo in particolare al mondo della Magistratura e pensiamo all'aria avvelenata in cui essa si trova troppo spesso ad operare, e ci chiediamo se ciò avvenga per colpe proprie ovvero per gratuiti e interessati attacchi esterni. Ma è vano cercare di sciogliere il dilemma; occorre invece che ci si adoperi con ogni energia per togliere voce a quanti imputano ad alcuni esponenti della magistratura scarsa diligenza o vanità personale o spinte ideologiche che li orienterebbero altrove rispetto a un'interpretazione corretta e serena della norma. Se queste incrostazioni esistono devono essere rimosse perché lo esige la collettività e lo merita la stragrande maggioranza dei magistrati, per i quali la disposizione prevalente è quella della dedizione incondizionata, della volontà tenace di esercitare il proprio ministero in vista del solo bene comune, con spirito di sacrificio e senza clamori: nel silenzio che spesso non paga ma è dignità di servizio e gratificazione di coscienza. Parimenti, non sono più sopportabili quegli attacchi gratuiti, di provenienza varia, ingeneroso esercizio ormai troppo diffuso di quanti applicano la regola secondo cui la miglior difesa consiste nel distruggere l'immagine del "nemico". Il convincimento da taluni nutrito, da altri propagandato, del giudice come di un soggetto onnipotente e sordo ai problemi di coscienza, e teso a chissà quali fini impropri, è fasullo e banale: quanti ci sono vicini per ragioni di lavoro o affettive conoscono l'ansia del dubitare, la paura di non sapere offrire le corrette risposte, di non poter cogliere il frutto che a volta pare proibito e si chiama giustizia.
Non c'è e non ci può essere indifferenza nell'atto del giudicare. Non si avvia un uomo al calvario di un processo penale né lo si condanna con il sorriso sulle labbra, non si respinge un immigrato onesto con una scrollata di spalle, non si toglie un bambino a una madre o a un padre senza subirne un contraccolpo doloroso come un pugno nello stomaco. Stati d'animo con i quali il buon magistrato fa i conti in compagnia delle sole voci di dentro che impietosamente gli ricordano giorno dopo giorno come una decisione sbagliata possa stravolgere una vita e uccidere una speranza.
Rubo ancora un minuto alla vostra pazienza per un'ultima annotazione: entro pochi giorni o settimane un gruppo di magistrati milanesi chiuderà la propria attività, e a loro voglio dire: per quaranta e più anni s'è combattuta, credo, la buona battaglia – mi perdoni San Paolo per la citazione che non vuole essere irriverente – e ho speranza che ora, giunti al termine della corsa, integra si sia conservata in ognuno la fiducia negli ideali per i quali tutti fummo avviati a questo lavoro. A quanti operano e opereranno nel mondo del diritto, magistrati, avvocati, personale amministrativo, ai giovani soprattutto, auguro di raccogliere in abbondanza, forti del loro impegno e con l'aiuto di Dio, i frutti di quanto di buono si va seminando perché questo Paese, che è stato la culla del diritto e che a volte ci dilettiamo noi stessi a bistrattare al di là dei suoi demeriti, mentre dispensiamo ammirazione incondizionata a quasi tutti gli altri popoli del mondo che hanno invece, quasi tutti, tanto da imparare; questo Paese al quale, fuor d'ogni retorica, credete, mi onoro e sono fiero di appartenere, rivendichi e riprenda il suo ruolo di portabandiera nella faticosa ma entusiasmante corsa di civiltà che porta al traguardo della Giustizia.”

Ruggero Pesce (1938) giudice italiano

da Discorso di inaugurazione dell'anno giudiziario 2010 per il distretto della Corte d'Appello di Milano del Presidente Ruggero Pesce http://it.wikisource.org/wiki/Discorso_di_inaugurazione_dell%27anno_2010_per_il_distretto_della_Corte_d%27Appello_di_Milano

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“Ognuno di noi è fisicamente la figura di un acquirente, e le nostre inquietudini sono le inquietudini di questa figura.”

Pier Paolo Pasolini (1922–1975) poeta, giornalista, regista, sceneggiatore, attore, paroliere e scrittore italiano

Origine: La Divina Mimesis, p. 33

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“Freccia tremante: dove colpire? | Guardo dovunque, | cerco qualcosa, | sono disintegrato dagli occhi | e l'istante mi reintegra. | Terribile tanta inquietudine: | io sono diecimila frecce affamate. | Potessi conficcarmi nella carne del mondo | e giacessi oramai | nella polvere, spezzato.”

Lőrinc Szabó (1900–1957) poeta e traduttore ungherese

da Inquietudine
Origine: Citato in Lirica ungherese del '900, a cura di Paolo Santarcangeli, Guanda, Parma, 1962; riportato in Le cronache di Civitas https://books.google.it/books?id=He8eAQAAMAAJ, Volume 14, Civitas, 1963, p. 173.

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“Accadde che organi collocati ai vertici, e comunque all'interno degli apparati di sicurezza dello Stato, cominciano, ad un certo punto, a lavorare non a favore delle indagini, ma contro di esse, non per collaborare con i giudici, ma per intralciare e depistare il loro lavoro. Mi limiterò a ricordare, tra i molti, tre episodi. Il primo riguarda Marco Pozzan, uomo di fiducia di Franco Freda, colpito da mandato di cattura nel giugno 1972 per concorso nella strage di piazza Fontana. Il Pozzan aveva dato segni di cedimento in un precedente interrogatorio e rivelato dati di notevole rilievo sulla strategia della tensione e sulla sua matrice di Destra. Sarebbe stato perciò molto importante avere la disponibilità fisica del Pozzan. È risultato, invece, che verso la fine di quell'anno uomini del Sid avevano intercettato durante la sua latitanza il Pozzan, lo avevano condotto in via Sicilia, ove il Sid aveva gli uffici di copertura, lo avevano sottoposto ad un vero e proprio interrogatorio per saggiarne la tenuta e le conoscenze, e infine l'avevano fatto espatriare in Spagna con un passaporto falso.
Il secondo episodio riguarda Giovanni Ventura, anch'egli colpito da mandato di cattura per complicità nella strage. Anche il Ventura, nei primi mesi del '72, dava segni di inquietudine e mostrava di voler fare delle rivelazioni sulla strategia della tensione. Ebbene, il Sid anche questa volta interviene, ma non già per collaborare; infatti propone, attraverso un proprio emissario, al Ventura un piano di fuga e a tal fine mette nella sua disponibilità una chiave idonea ad aprire le celle del Carcere di Monza, dove il Ventura era allora detenuto, e due bombolette contenenti sostanze narcotizzanti per stordire gli agenti di custodia durante la programmata operazione di fuga.
II terzo episodio riguarda Guido Giannettini, uomo di Destra, legato al Sid da un rapporto di collaborazione organico e a tal fine retribuito. Anche il Giannettini, verso la metà del '72, dopo aver subito una perquisizione, viene sospettato di complicità nella strage, e contro di lui in realtà viene emesso mandato di cattura verso la fine di quell’anno. Il Sid interviene ancora una volta, non per collaborare, ma per indurre il Giannettini a sottrarsi alle investigazioni dell'autorità inquirente. Viene infatti fatto espatriare in Francia dove sarà tenuto sotto il controllo del Servizio che, anziché troncare ogni rapporto di collaborazione, continuerà addirittura a stipendiarlo.”

Pietro Calogero (1939) magistrato italiano

Origine: Dal programma televisivo La notte della Repubblica, Rai 2, 12 dicembre 1989.

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“È nobile essere timido, illustre non saper agire, grande non avere attitudine alla vita.”

Fernando Pessoa (1888–1935) poeta, scrittore e aforista portoghese

libro Il libro dell'inquietudine

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“Sorvolavo rapidamente su tutto questo, imperiosamente sollecitato, com'ero, a cercare la causa di quella felicità, del carattere di certezza con cui si imponeva, ricerca un tempo rinviata. Ora, quella causa, la presagivo paragonando tra loro quelle diverse impressioni beate e che avevano questo in comune: che avvertivo il rumore del cucchiaio sul piatto, la disuguaglianza del lastricato, il sapore della madeleine nell'attimo presente e al tempo stesso in un istante lontano, al punto di far sconfinare il passato sul presente, di esitare non sapendo in quale dei due mi trovasi; a dire il vero, l'essere che allora assaporava in me quell'impressione, la assaporava in ciò che essa aveva di comune in un giorno remoto e nel presente, in ciò che aveva di extratemporale, un essere che appariva solo quando, per una di quelle identità tra il presente e il passato, poteva trovarsi nell'unico ambiente in cui potesse vivere, gioire dell'essenza delle cose, vale a dire al di fuori del tempo. Ciò spiegava perché le mie inquietudini a proposito della mia morte fossero cessare nel momento in cui avevo riconosciuto inconsapevolmente il sapore della piccola madeleine, poiché, in quel momento, l'essere che ero stato, era un essere extratemporale, e dunque incurante delle vicissitudini dell'avvenire. Viveva della sola essenza delle cose, e non poteva coglierla nel presente dove, non entrando in gioco l'immaginazione, i sensi erano incapaci di fornirgliela; lo stesso avvenire verso cui tende l'azione la abbandona a noi. Quell'essere non era mai venuto a me, non si era mai manifestato se non al di fuori dell'azione, del godimento immediato, ogni volta che il miracolo di un'analogia mi aveva consentito di sfuggire al presente. Lui solo aveva il potere di farmi ritrovare i giorni passati, il tempo perduto, dinanzi al quale gli sforzi della mia memoria e della mia intelligenza si arenavano sempre.”

Marcel Proust (1871–1922) scrittore, saggista e critico letterario francese

pp. 2319 sg.

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“I godimenti che la passione dà, sono orribilmente tempestosi, pagati con snervanti inquietudini che spezzano le corde dell'anima.”

Honoré De Balzac (1799–1850) scrittore, drammaturgo e critico letterario francese

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“La metafisica mi è sempre sembrata una forma comune di pazzia latente. Se conoscessimo la verità la vedremmo; tutto il resto è sistema e periferia. Ci basta, se riflettiamo, l'incomprensibilità dell'universo; volerlo capire è essere meno che uomini, perché essere uomo è sapere che non si capisce.”

Fernando Pessoa (1888–1935) poeta, scrittore e aforista portoghese

da Il libro dell'inquietudine, a cura di Maria José de Lancastre, prefazione di Antonio Tabucchi, Feltrinelli, Milano 1987, p. 247
Il poeta è un fingitore

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“La mia anima è una misteriosa orchestra; non so quali strumenti suoni o strida dentro di me corde e arpe, timballi e tamburi. Mi conosco come una sinfonia.”

Fernando Pessoa (1888–1935) poeta, scrittore e aforista portoghese

1992, p. 32
Il libro dell'inquietudine
Variante: La mia anima è una misteriosa orchesta; non so quali strumenti suoni o strida dentro di me corde e arpe, timballi e tamburi. Mi conosco come una sinfonia.

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“Non questo è ciò che v'è di piú mirabile al mondo: il lieto in un baleno si converte in triste, se appena un po' a lungo ti ci fermi innanzi; e Allora Dio sa che cosa ti potrebbe frullar per la testa. Chissà, potresti addirittura finire a pensare: «Ma in fin dei conti, soltanto la Koròbočka sta cosí in basso sulla scala infinita della perfettibilità umana? È proprio tanto grande l'abisso che la divide dalla sorella inaccessibile fra le pareti d'una casa aristocratica, con infiorate scale di ghisa, bronzi splendenti, legni preziosi e tappeti, mentre sbadiglia su un libro che si forza a finire, in attesa d'una visita mondano-intellettuale, durante la quale avrà campo di far scintillare il suo spirito e di metter fuori pensieri imparati a memoria, pensieri che secondo le leggi della moda interessano la città per la durata d'una settimana: pensieri che non riguardano già quel che avviene in casa sua e nei suoi possedimenti, trascurati e in isfacelo per l'insipienza dei padroni, bensí quale rivolgimento politico stia preparandosi in Francia, o quale indirizzo abbia preso il cattolicesimo di moda?» Ma avanti, avanti! Perché parlare di questo? Ma perché, dunque, proprio nei momenti che non si pensa a nulla, e si è allegri, senza inquietudini, d'improvviso, per conto suo, ci traversa un'altra bizzarra corrente? Ancora il riso non ha fatto in tempo a sparire del tutto dal volto, e già sei diventato un altro fra le stesse persone di poc'anzi, già un'altra luce t'illumina il volto…”

III; 1977, pp. 55-56
Le anime morte, Parte prima

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“Il Natale è una verità: la verità di Dio che sorprendentemente ci ama ed è venuto a farsi uno di noi. Dio ormai non ci lascia più; per questo oggi esplode la gioia, che dalla capanna di Betlemme raggiunge gli estremi confini dell'universo. Non siamo più soli: i compagni, gli amici, i parenti ci possono abbandonare. Ma il Dio che ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio, unito personalmente per sempre alla nostra natura di creature fragili e dolenti, non ci abbandonerà mai alle nostre tristezze, alla nostra inquietudine, al nostro peccato. Non è una fiaba, è una notizia, cioè l'informazione su un fatto avvenuto; non è un bel sogno, è una realtà ancora più bella di ciò che desidereremmo sognare. Nessun uomo ormai può sfuggire al suo Creatore, che lo insegue, lo vuol raggiungere e legare a sé. Non possiamo sfuggirgli, perché il suo amore corre più veloce di noi. Ti inganni, se credi di poter schivare sino alla fine il Signore che è venuto a cercarti. Egli non ti darà pace; ti tormenterà, per portarti a essere sul serio felice; forse disporrà sulla tua via le sconfitte e le delusioni, per farti partecipe della sua definitiva vittoria. Questa è la verità del Natale. Capirlo, inebriarcene, lasciarci trovare da colui che è venuto a cercarci sino a farsi uomo: è l'augurio natalizio più genuino e più bello.”

Giacomo Biffi (1928–2015) cardinale e arcivescovo cattolico italiano

Origine: Da La meraviglia dell'evento cristiano, pp. 269-270; citato in Il settimanale di Padre Pio, anno V, n. 51, p. 19.

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“Un incontro fortuito, un intervento del caso hanno cambiato abitudini che parevano confermate per sempre; e un viaggio conferma l'inquietudine.”

Raymond Queneau (1903–1976) scrittore, poeta e matematico francese

da Destino
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“Le mie tele mi calmano facendomi dimenticare le scene di inquietudine e follia — e peggio — la scena che mi circonda. Ogni sprazzo di sole è per me alla fine nell'arte appassito. Perciò ci si può chiedere perché dipingo sempre tempeste. "Tempesta sopra tempesta sovrasta"”

John Constable (1776–1837) pittore inglese

ancora l'"oscurità" è maestosa.
Origine: Lettera a C.R. Leslie (1834), John Constable's Correspondence, ed. R.B. Beckett, (Ipswich, Suffolk Records Society, 1962-1970), vol. 3, p. 122; anche citata da Hugh Honour, Romanticism (Westview Press, 1979, ISBN 0-064-30089-7), ch. 3, p. 91.

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“[…] io giro l'Italia e il tema drammatico che vedo emergere è la profonda sofferenza e la grande inquietudine della gente. Il Paese è pervaso da una passione triste. L'unico che si è dipinto un sorriso in faccia è il Cavaliere, ma lui com'è noto vive in un'altra dimensione che non ha niente a che vedere con la realtà.”

Massimo d'Alema (1949) politico italiano, presidente del Consiglio dei Ministri dal 1998 al 2000

Origine: Dall'intervista di Massimo Giannini, la Repubblica; riportata in D'Alema: "Conflitto d'interessi faremo la nuova legge" http://web.archive.org/web/20060605081141/http://www.massimodalema.it/documenti/documenti/dett_dalema.asp?id_doc=1253, MassimoDAlema.it, 1° aprile 2006.

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“Due sono i tratti salienti della cultura rinascimentale che incidono sulla speculazione Metafisica: l'inquietudine spiriruale e la laicizzazione della cultura.”

Battista Mondin (1926–2015) filosofo e teologo italiano

Origine: Storia della metafisica, Volume 3, p. 10

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“Ci sono due modi di sentire la solitudine: sentirsi soli al mondo o avvertire la solitudine del mondo. Chi si sente solo vive un dramma puramente individuale; il sentimento dell'abbandono può sopraggiungere anche in una splendida cornice naturale. In tal caso interessa unicamente la propria inquietudine. Sentirti proiettato e sospeso in questo mondo, incapace di adattarti ad esso, consumato in te stesso, distrutto dalle tue deficienze o esaltazioni, tormentato dalle tue insufficienze, indifferente agli aspetti esteriori – luminosi o cupi che siano –, rimanendo nel tuo dramma interiore: ecco ciò che significa la solitudine individuale. Il sentimento di solitudine cosmica deriva invece non tanto da un tormento puramente soggettivo, quanto piuttosto dalla sensazione di abbandono di questo mondo, dal sentimento di un nulla esteriore. Come se il mondo avesse perduto di colpo il suo splendore per raffigurare la monotonia essenziale di un cimitero. Sono in molti a sentirsi torturati dalla visione di un mondo derelitto, irrimediabilmente abbandonato ad una solitudine glaciale, che neppure i deboli riflessi di un chiarore crepuscolare riescono a raggiungere. Chi sono dunque i più infelici: coloro che sentono la solitudine in se stessi o coloro che la sentono all'esterno? Impossibile rispondere. E poi, perché dovrei darmi la pena di stabilire una gerarchia della solitudine? Essere solo non è già abbastanza?”

Emil Cioran (1911–1995) filosofo, scrittore e saggista rumeno

Al culmine della disperazione

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“La nonviolenza […] è inquietudine continua, passione mai saziata di interesse per le individualità.”

Aldo Capitini (1899–1968) filosofo, politico e antifascista italiano

Il problema religioso attuale

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