Frasi su proprio
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“[…] Lui pensava, davvero, che gli uomini stanno sulla veranda della propria vita (esuli quindi da se stessi) e che questo è l'unico modo possibile, per loro, di difendere la propria vita dal mondo, giacché se solo si azzardassero a rientrare in casa (e ad essere se stessi, dunque) immediatamente quella casa regredirebbe a fragile rifugio nel mare del nulla, destinata ad essere spazzata via dal mare dell'Aperto, e il rifugio si tramuterebbe in trappola mortale, ragione per cui la gente si affretta a riuscire sulla veranda (e dunque da se stessa), riprendendo posizione là solo dove le è dato di arrestare l'invasione del mondo, salvando quanto meno l'idea di una propria casa, pur nella rassegnazione di sapere, quella casa, inabitabile. Abbiamo case, ma siamo verande, pensava.”


Variante: […] Lui pensava, davvero, che gli uomini stanno sulla veranda della propria vita (esuli quindi da se stessi) e che questo è l'unico modo possibile, per loro, di difendere la propria vita dal mondo, giacché se solo si azzardassero a rientrare in casa (e ad essere se stessi, dunque) immediatamente quella casa regredirebbe a fragile rifugio nel mare del nulla, destinata ad essere spazzata via dal mare dell'Aperto, e il rifugio si tramuterebbe in trappola mortale, ragione per cui la gente si affretta a riuscire sulla veranda (e dunque da se stessa), riprendendo posizione là solo dove le è dato di arrestare l'invasione del mondo, salvando quanto meno l'idea di una propria casa, pur nella rassegnazione di sapere, quella casa, inabitabile. Abbiamo case, ma siamo verande, pensava. […]

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“Non è possibile che una persona buona non si adiri contro il male, è proprio naturale, ti viene proprio spontaneo, anche perché se non si denuncia il male si invita a farlo.”

Roberto Benigni (1952) attore, comico, showman, regista, sceneggiatore e cantante italiano

Origine: Cfr. Leonardo da Vinci: «Chi non punisce il male, comanda che si facci».

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“Un animale può soffrire di più proprio a causa della sua limitata capacità di comprensione.”

Peter Singer (1946) filosofo australiano

Origine: Citato in de Mori, p. 69.

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“Tutte le altre [cose] hanno parte a tutto, mentre l'Intelletto è infinito e signore assoluto e a nessuna cosa è mescolato, ma solo lui sta in se stesso. Se non stesse in se stesso, ma fosse mescolato a qualcos'altro, sarebbe partecipe di tutte le cose, se fosse mescolato a una qualsiasi. Poiché in ogni [cosa] c'è una particella di ogni [cosa], come ho detto in precedenza: le [cose] mischiate ad esso lo limiterebbero cosicché non avrebbe potere su nessuna cosa come l'ha quando sta solo in se stesso. Perché è la più leggera e la più pura di tutte le cose: ha conoscenza totale su tutto e la più grande potenza su tutto e di quante (cose) sono viventi, le maggiori e le minori, su tutte ha dominio l'Intelletto. e sull'intero rivolgimento l'Intelletto ebbe potere tanto da darne l'inizio. E in principio ha dato inizio a tale rivolgimento dal piccolo, poi la rivoluzione diventa più grande e diventerà più grande. E le [cose] che si mischiano insieme e si separano e si disgiungono, tutte l'Intelletto ha conosciuto. E qualunque [cosa] doveva essere e qualunque fu che ora non è, e quante sono al presente e qualunque altra sarà in avvenire, tutte le ha ordinate l'intelletto, anche questa rotazione in cui si rivolgono ora gli astri, il sole, la luna, l'aria, l'etere che si vengono separando. Proprio questo rivolgimento li ha fatti disgiungere e per disgiunzione dal raro si forma il denso, dal freddo il caldo, dall'oscuro il luminoso, dall'umido il secco. In realtà molte [cose] hanno parte a molte [cose], ma nessuna si separa o si disgiunge del tutto, l'una dall'altra, eccetto l'Intelletto. L'Intelletto è tutto quanto eguale, e il più grande e il più piccolo. Nessun'altra [cosa] è simile ad altra, ma ognuna è ed era le [cose] più appariscenti che in essa sono in misura massima.”

Anassagora (-500–-428 a.C.) filosofo greco antico

frammento 12
Frammenti di Sulla natura (titolo convenzionale)

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“Diverrò povero? Sarò con la maggioranza degli uomini. Andrò in esilio? Penserò di essere nato là, dove mi manderanno. Sarò messo in catene? E allora? Sono forse ora veramente libero? La natura mi ha già legato a questo grave peso del corpo. Morirò? Porrò cosi fine – dirai tu – alla possibilità di ammalarmi, di esser messo in catene, di morire. […] Moriamo ogni giorno: ogni giorno ci viene tolta una parte della vita e anche quando ancora cresciamo, la vita decresce. Abbiamo perduto l'infanzia, poi la fanciullezza, poi la giovinezza. Tutto il tempo trascorso fino a ieri è ormai perduto; anche questo giorno che stiamo vivendo lo dividiamo con la morte. Come la clessidra non è vuotata dall'ultima goccia d'acqua, ma da tutta quella defluita prima, così l'ora estrema, che mette fine alla nostra vita, non provoca da sola la morte, ma da sola la compie; noi vi giungiamo in quel momento, da tempo, però, vi siamo diretti. […] «Non viene una sola volta la morte; quella che ci rapisce è solo l'ultima morte». […] questa morte che tanto temiamo è l'ultima, non la sola. […] la follia umana, è così grande, che alcuni sono spinti alla morte proprio dal timore della morte. […] Ci chiediamo: «Fino a quando sempre le stesse cose? Svegliarsi e andare a dormire, mangiare ed aver fame, aver freddo e soffrire il caldo? Nessuna cosa finisce, ma tutte sono collegate in uno stesso giro: si fuggono e si inseguono. Il giorno è cacciato dalla notte, la notte dal giorno; l'estate ha fine con l'autunno, questo è incalzato dall'inverno, che a sua volta è chiuso dalla primavera: così tutto passa per tornare. Non faccio né vedo mai niente di nuovo. Ad un certo punto, di tutto questo si prova la nausea». Per molti la vita non è una cosa penosa, ma inutile.”

lettera 24; 1975
Epistulae morales ad Lucilium

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“Vorrei davvero sapere che cosa ne pensi tu dei fantasmi (phantasmata): se esistono realmente, con forma ed essenza propria, o se non sono che vane apparenze generate dal nostro terrore.”

Gaio Plinio Cecilio Secondo (61–113) scrittore e senatore romano

Lettera a P. Licinio Sura sui fantasmi, lib. VII, XXVII
Lettere (Epistolae)
Origine: Citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993.

“L'accidia è pigrizia, negligenza nel fare il bene, nel compiere i propri doveri verso se stessi e verso la collettività.”

Cesare Marchi (1922–1992) scrittore, giornalista e personaggio televisivo italiano

prefazione, p. 9
Quando siamo a tavola

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“Fino a pochi anni fa, il bar era luogo di sedentari, la cui unica attività fisica era il sollevamento di bicchieri, boccette o mazzi di carte. Ma soprattutto negli ultimi anni, è diventato il centro di smistamento di tutta una serie di attività sportive contrassegnate dall'abbigliamento specializzato e da un'assoluta dedizione. Ecco alcuni dei più comuni atleti da bar.

I maratoneti

Gruppo di signori con pantaloncini di raso e canottiere traforate da cui erompono savane di peli. Sotto pance da gestanti nascondono marsupi pieni di misteriose pasticche rinvigorenti e bibite energomiche. Si involano in branchi verso i tornanti collinari e tornano sudatissimi, dicendo di aver percorso decine di chilometri. Alcuni si controllano il battito cardiaco, altri segnano i tempi sulla tabella di allenamento. Proprio quando credono di aver convinto tutti delle loro imprese sportive entra un amico con un borsello e dice: ""Ehi ragazzi, chi di voi ha dimenticato questo al ristorante, un'ora fa?"".

Il maratoneta solitario

Uomo magrissimo, di età indefinibile, sempre bagnato anche in estate, che corre con un'espressione di grande sofferenza sul volto, si tocca la gamba, si massaggia il fegato, tossisce e sputa ma continua a correre, nello smog cittadino e tra i clacson delle auto, alle due del pomeriggio in agosto e sotto la neve in gennaio, sempre con quel look da Calvario e un paio di occhiali gialli che forse nascondono lacrime. La domanda è: quale peccato deve scontare il maratoneta solitario?”

Stefano Benni (1947) scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano
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“Durante il rapimento mi aiutò la fede negli uomini, proprio dove latitava la fede in Dio. Ho sempre detto che Dio è un'invenzione dell'uomo, qualcosa di utilitaristico, una toppa sulla nostra fragilità… Ma, tuttavia, col sequestro qualcosa si è smosso. Non che abbia cambiato idea ma è certo che bestemmiare oggi come minimo mi imbarazza.”

Fabrizio De André (1940–1999) cantautore italiano

Origine: Citato in L'amore sacro, l'amor profano – omaggio a Fabrizio De André, a cura di Piero Ameli, BURsenzafiltro, Bergamo, 2006. Allegato al DVD Omaggio a Fabrizio De André, concerto tributo registrato il 10 luglio 2005 all'Anfiteatro Romano di Cagliari. ISBN 88-17-01296-3

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“Una favola orientale racconta di un uomo cui strisciò in bocca, mentre dormiva, un serpente. Il serpente gli scivolò nello stomaco e vi si stabilì e di là impose all'uomo la sua volontà, così da privarlo della libertà. L'uomo era alla mercé del serpente: non apparteneva più a se stesso. Finché un mattino l'uomo sentì che il serpente se n'era andato e lui era di nuovo libero. Ma allora si accorse di non saper cosa fare della sua libertà: "nel lungo periodo del dominio assoluto del serpente egli si era talmente abituato a sottomettere la sua propria volontà alla volontà di questo, i suoi propri desideri ai desideri di questo, i suoi propri impulsi agli impulsi di questo che aveva perso la capacità di desiderare, di tendere a qualcosa, di agire autonomamente. In luogo della libertà aveva trovato il vuoto, perché la sua nuova essenza acquistata nella cattività se ne era andata insieme col serpente, e a lui non restava che riconquistare a poco a poco il precedente contenuto umano della sua vita". L'analogia di questa favola con la condizione istituzionale del malato mentale è addirittura sorprendente, dato che sembra la parabola fantastica dell'incorporazione da parte del malato di un nemico che lo distrugge, con gli stessi atti di prevaricazione e di forza con cui l'uomo della favola è stato dominato e distrutto dal serpente. Il malato, che già soffre di una perdita di libertà quale può essere interpretata la malattia, si trova costretto ad aderire ad un nuovo corpo che è quello dell'istituzione, negando ogni desiderio, ogni azione, ogni aspirazione autonoma che lo farebbero sentire ancora vivo e ancora se stesso. Egli diventa un corpo vissuto nell'istituzione, per l'istituzione, tanto da essere considerato come parte integrante delle sue stesse strutture fisiche.”

Franco Basaglia (1924–1980) psichiatra e neurologo italiano

da Corpo e istituzione, 1967

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“È nel rapporto con gli altri che si prende coscienza di sé: ed è proprio questo a rendere insopportabile il rapporto con gli altri.”

Michel Houellebecq (1956) scrittore, saggista e poeta francese

da Piattaforma nel centro del mondo, p. 77

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“Popoli delle Due Sicilie […] si alza la voce del vostro Sovrano per consolarvi nelle vostre miserie […] quando veggo i sudditi miei, che tanto amo, in preda a tutti i mali della dominazione straniera, quando li vedo come popoli conquistati […] calpestati dal piede di straniero padrone, il mio cuore Napoletano batte indignato nel mio petto […] contro il trionfo della violenza e dell'astuzia. Io sono Napolitano; nato tra voi, non ho respirato altra aria […] i vostri costumi sono i miei costumi, la vostra lingua la mia lingua, le vostre ambizioni le mie ambizioni. […]ho preferito lasciare Napoli, la mia propria casa, la mia diletta capitale per non esporla agli orrori di un bombardamento […] Ho creduto di buona fede che il Re di Piemonte, che si diceva mio fratello, mio amico […] non avrebbe rotto tutti i patti e violate tutte le leggi per invadere i miei Stati in piena pace, senza motivi né dichiarazioni di guerra […] Le finanze un tempo così floride sono completamente rovinate: l'Amministrazione è un caos: la sicurezza individuale non esiste […] Le prigioni sono piene di sospetti […] in vece di libertà lo stato di assedio regna nelle province […] la legge marziale […] la fucilazione istantanea per tutti quelli fra i miei sudditi che non s'inchinino alla bandiera di Sardegna […] E se la Provvidenza nei suoi alti disegni permetta che cada sotto i colpi del nemico straniero […] mi ritirerò con la coscienza sana […] farò i più fervidi voti per la prosperità della mia patria, per le felicità di questi Popoli che formano la più grande e più diletta parte della mia famiglia.”

Francesco II delle Due Sicilie (1836–1894) Quarto ed ultimo sovrano del Regno delle Due Sicilie (1859-1861)
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“L'opera poetica di Lucrezio è proprio come mi scrivi: rivela uno splendido ingegno, ma anche notevole abilità artistica.”

Marco Tullio Cicerone (-106–-43 a.C.) avvocato, politico, scrittore, oratore e filosofo romano

Origine: Da Epistulae ad Quintum fratrem, II, 9, 3.

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“So assolutamente, o soldati, che le parole non aggiungono valore e che un esercito non diventa coraggioso da vile né forte da pavido per un discorso del generale. Quanto è grande il coraggio nell'animo di ciascuno per indole o per educazione, tanto grande è solito manifestarsi in guerra. Colui che né la gloria né i pericoli incitano, lo potresti esortare invano: il timore dell'animo tappa le orecchie. Ma io vi ho convocato per ammonirvi riguardo a poche cose e contemporaneamente per esporvi il motivo del mio piano. Invero certamente sapete, o soldati, qual grave danno abbiano portato a noi la viltà e l'indolenza di Lentulo, e anche a lui stesso, e per quale modo mentre aspettavo rinforzi dalla città, non sono potuto partire per la Gallia. Ora dunque a quale punto sia la nostra situazione, voi tutti lo capite insieme a me. Due eserciti nemici ci sbarrano la strada, uno dalla città e uno dalla Gallia; rimanere più a lungo in questi luoghi, anche se il nostro animo lo desidera moltissimo, lo impedisce la mancanza di frumento e di altre cose. Dovunque ci piaccia andare, bisogna aprirsi la strada con le armi. Perciò vi esorto ad essere forti e pronti e, quando entrerete in combattimento, a ricordare che voi portate nelle vostre mani destre ricchezze, onore, gloria, senza contare la libertà e la patria. Se vinceremo, non correremo più alcun pericolo; ci saranno vettovaglie in abbondanza, municipi e colonie spalancheranno le porte. Se, causa la paura, ci saremo ritirati, quei medesimi diventeranno ostili, nessun amico, nessun luogo potrà proteggere chi le armi non siano riuscite a proteggere. Inoltre, soldati, non è il medesimo bisogno ad incombere su di noi e su di loro: noi combattiamo per la patria, per la libertà, per la vita; per loro è superfluo combattere per il potere di pochi. Perciò, attaccate con maggior audacia, memori dell'antico valore! Vi sarebbe stato concesso passare la vita in esilio con il massimo disonore: alcuni di voi avrebbero potuto bramare a Roma, dopo aver perso le proprie, le ricchezze di altri. Poiché quelle azioni sembravano turpi ed intollerabili agli uomini, avete deciso di seguire queste. Se volete abbandonare questa situazione, c'è bisogno di coraggio; nessuno, se non da vincitore, ha mai cambiato in pace una guerra. In guerra il massimo pericolo è quello di coloro che di più hanno paura; il coraggio è considerato come un muro. Quando vi guardo, o soldati, e quando considero le vostre azioni, mi prende una grande speranza di vittoria. L'animo, l'età, il valore vostri mi incoraggiano, e la necessità, inoltre, che rende coraggiosi anche i pavidi. E infatti l'inaccessibilità del luogo impedisce che la moltitudine dei nemici possa circondarci. Se la fortuna si sarà opposta al vostro valore, non fatevi ammazzare invendicati, e neppure, una volta catturati, non fatevi trucidare come bestie piuttosto che lasciare ai nemici una vittoria cruenta e luttuosa combattendo alla maniera degli eroi!”

Lucio Sergio Catilina (-109–-62 a.C.) militare e senatore romano

Citato in Gaio Sallustio Crispo 1994

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“Queste sono piccole cose, ma è proprio non disprezzando queste piccolezze che i nostri antenati hanno reso così grande la Repubblica.”

Appio Claudio Crasso Inregillense politico e militare romano

citato in Tito Livio, VI, 41; 1997
Parva sunt haec; sed parva ista non contemnendo maiores vestri maximam hanc rem fecerunt.
Attribuite

“Se il tuo vicino è un asociale e non ama il tuo rumore, accende il proprio e cancella il tuo.”

Vittorino Andreoli (1940) psichiatra e scrittore italiano

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