Frasi su fiamma

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema fiamma, due-giorni, fuoco, giorno.

Frasi su fiamma

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“È meglio ardere in un'unica fiamma piuttosto che spegnersi lentamente.”

Kurt Cobain (1967–1994) cantante statunitense

5 aprile 1994
It's better to burn out than to fade away.
[Questo verso, tratto dalla lettera di suicidio di Cobain, è una citazione dalla canzone di Neil Young intitolata My My, Hey Hey.]

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“Voglio i soldi, le donne, la fortuna e la fama: significa che finirò bruciando all'inferno mentre ardo nelle fiamme.”

Eminem (1972) rapper, attore e produttore discografico statunitense

Rock Bottom

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“Poca favilla gran fiamma seconda.”

I, 34
The Divine Comedy (c. 1308–1321), Paradiso

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“Suona una fisarmonica', fiamme nel campo rom | tua madre lo diceva "non andare su YouPorn."”

Calcutta (1989) cantautore e compositore italiano

da Gaetano, n. 1
Mainstream
Origine: Gino Paoli, Il cielo in una stanza: «Suona un'armonica: | mi sembra un organo | che vibra per te e per me | su nell'immensità del cielo.»

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“Voglio calore sulla mia pelle, voglio le fiamme, voglio scintille.”

Emma Marrone (1984) cantautrice italiana

da Calore, n. 3
Oltre

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“[Parlando dell'amicizia] La piccola fiamma del fiammifero brilla ora sicura in una grande lampada.”

Rabindranath Tagore (1861–1941) poeta, drammaturgo, scrittore e filosofo indiano

Il nido dell'amore

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“Ho una voglia di sfogarmi, grazie a Dio che c'è la droga | quando la macchi a va in fiamme accendi la canna col Fibroga!”

Mondo Marcio (1986) rapper, beatmaker e produttore discografico italiano

Fabri Fibra, da Abbi fede, n. 19
Fuori di qua

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“Uomini migranti, corpi in movimento. Prendi l'onda del cambiamento.”

Jovanotti (1966) cantautore, rapper e disc jockey italiano

da Prendi l'onda – Fiamma Fumana feat. Jovanotti

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“Spero che il fuoco duri oltre la fiamma prima di scomparire nella polvere della cenere.”

Pierpaolo Lauriola (1975) cantautore italiano

da Quando arriva La Sera, n. 3
Quando arriva La Sera

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“Quest'uomo, meglio conosciuto sotto il nome di Tigre della Malesia, che da dieci anni insanguinava le coste del mar malese, poteva avere trentadue o trentaquattro anni.
Era alto di statura, ben fatto, con muscoli forti come se fili d'acciaio vi fossero stati intrecciati, dai lineamenti energici, l'anima inaccessibile a ogni paura, agile come una scimmia, feroce come la tigre delle jungla malesi, generoso e coraggioso come il leone dei deserti africani.
Aveva una faccia leggermente abbronzata e di una bellezza incomparabile, resa truce da una barba nera, con una fronte ampia, incorniciata da fuligginosi e ricciuti capelli che gli cavedano con pittoresco disordine sulle robuste spalle. Due occhi di una fulgidezza senza pari, che magnetizzavano, attiravano, che ora diventavano melanconici come quelli di una fanciulla, e che ora lampeggiavano e schizzavano come fiamme. Due labbra sottili, particolari agli uomini energici, dalle quali, nei momenti di battaglia, usciva una voce squillante, metallica, che dominava il rombo dei cannoni, e che talvolta si piegavano a un melanconico sorriso, che a poco a poco diventava un sorriso beffardo fino al punto di trovare il sorriso della Tigre della Malesia, quasi assaporasse allora il sangue umano.
Da dove mai era uscito questo terribile uomo, che alla testa di duecento tigrotti, non meno intrepidi di lui, aveva saputo in poco volger d'anni farsi una fama sì funesta? Nessuno lo avrebbe potuto dire. I suoi fidi stessi lo ignoravano, come ignoravano pure chi egli fosse.”

Le tigri di Mompracem

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“Lingue ardenti di fiamma invisibile imprimono il marchio dell'inferno sulla mia anima esausta.”

Howard Phillips Lovecraft (1890–1937) scrittore statunitense

da I cari estinti, 1924

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“Dietro le dune rumori di un nuovo accampamento: gente si muove, gente in movimento. (da Prendi l'onda”

Jovanotti (1966) cantautore, rapper e disc jockey italiano

Fiamma Fumana feat. Jovanotti)

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“Vittoria contro noi stessi: aver ritrovato dentro noi stessi la dignità dell'uomo. Questo fu il significato morale della Resistenza: questa fu la fiamma miracolosa della Resistenza.
Aver riscoperto la dignità dell'uomo, e la universale indivisibilità di essa: questa scoperta della indivisibilità della libertà e della pace, per cui la lotta di un popolo per la sua liberazione è insieme lotta per la liberazione di tutti i popoli dalla schiavitù del denaro e del terrore, questo sentimento della uguaglianza morale di ogni creatura umana, qualunque sia la sua nazione o la sua religione o il colore della sua pelle, questo è l'apporto più prezioso e più fecondo di cui ci ha arricchito la Resistenza.
Quando si dice che la guerra partigiana si distingue da tutte le altre guerre perché fu una guerra fatta interamente da volontari, si dice giusto, ma non si dice tutto. Essa fu qualcosa di più: un'adunata spontanea e collettiva: un movimento di popolo, una iniziativa di popolo. […]
L'8 settembre, quando cominciò spontaneo e non ordinato da qualcuno questo accorrere di uomini liberi verso la montagna, avvenne qualcosa di misterioso che a ripensarlo oggi sembra un miracolo di cui si stenta a trovare una spiegazione umana. Nessuno aveva ordinato l'adunata: questi uomini accorsero da tutte le parti e si cercarono e si adunarono da sé. […] Quella chiamata fu anonima, non venne dal di fuori: era la chiamata di una voce diffusa come l'aria che si respirava, che si svegliava da sé in ogni cuore, nei più generosi e nei più pigri, un'ispirazione che sussurrava dentro: «Se sei un uomo, se hai dignità d'uomo, questa è l'ora!»”

Piero Calamandrei (1889–1956) politico italiano
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“Amore,
acceso di virtù, sempre altro accese,
pur che la fiamma sua paresse fore.”

The Divine Comedy (c. 1308–1321), Purgatorio

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“Il sacerdote che non si è tenuto vicino alla fiamma del tabernacolo non può emettere scintille dal pulpito.”

Fulton J. Sheen (1895–1979) arcivescovo cattolico statunitense

Il sacerdote non s'appartiene

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“La superstizione mette il mondo intero in fiamme; la filosofia le spegne.”

Voltaire (1694–1778) filosofo, drammaturgo, storico, scrittore, poeta, aforista, enciclopedista, autore di fiabe, romanziere e s…

Dizionario filosofico

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“Come fiamma più cresce più contesa | dal vento, ogni virtù che 'l cielo esalta | tanto più splende quant'è più offesa.”

Michelangelo Buonarroti (1475–1564) scultore, pittore, architetto e poeta italiano del XV - XVI secolo

terzina isolata 48
Rime

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“Ma questo sono io! Ho capito, e la mia immagine non m'inganna piú! Brucio d'amore per me stesso, suscito e subisco la fiamma! Che devo fare? Farmi chiedere, oppure chiedere io? Ma poi, chiedere che? Quel che bramo l'ho in me: ricchezza che equivale a povertà. Oh potessi staccarmi dal mio corpo! Desiderio inaudito per un amante, vorrei che la cosa amata fosse piú distante.”

Narciso; III, 463; 1994, p. 115
Iste ego sum! sensi, nec me mea fallit imago. | Uror amore mei, flammas moveoque feroque! | Quid faciam? Roger, anne rogem? Quid deinde rogabo? | Quod cupio, mecum est: inopem me copia fecit. | O utinam a nostro secedere corpore possem! | Votum in amante novum: vellem quod amamus abesset!
Metamorfosi

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Questa traduzione è in attesa di revisione. È corretto?
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“Cos'è un bacio? Un lambire di fiamma.”

2000
Notre-Dame de Paris

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“E mi svolse (fors'anche perché fossi preparato a gli esperimenti spiritici, che si sarebbero fatti questa volta in camera mia, per procurarmi un divertimento) mi svolse, dico, una sua concezione filosofica, speciosissima, che si potrebbe forse chiamare lanterninosofia. Di tratto in tratto, il brav'uomo s'interrompeva per domandarmi: – Dorme, signor Meis? E io ero tentato di rispondergli: – Sì, grazie, dormo, signor Anselmo. Ma poiché l'intenzione in fondo era buona, di tenermi cioè compagnia, gli rispondevo che mi divertivo invece moltissimo e lo pregavo anzi di seguitare. E il signor Anselmo, seguitando, mi dimostrava che, per nostra disgrazia, noi non siamo come l'albero che vive e non si sente, a cui la terra, il sole, l'aria, la pioggia, il vento, non sembra che sieno cose ch'esso non sia: cose amiche o nocive. A noi uomini, invece, nascendo, è toccato un tristo privilegio: quello di sentirci vivere, con la bella illusione che ne risulta: di prendere cioè come una realtà fuori di noi questo nostro interno sentimento della vita, mutabile e vario, secondo i tempi, i casi e la fortuna. E questo sentimento della vita per il signor Anselmo era appunto come un lanternino che ciascuno di noi porta in sé acceso; un lanternino che ci fa vedere sperduti su la terra, e ci fa vedere il male e il bene; un lanternino che projetta tutt'intorno a noi un cerchio più o meno ampio di luce, di là dal quale è l'ombra nera, l'ombra paurosa che non esisterebbe, se il lanternino non fosse acceso in noi, ma che noi dobbiamo pur troppo creder vera, fintanto ch'esso si mantiene vivo in noi. Spento alla fine a un soffio, ci accoglierà la notte perpetua dopo il giorno fumoso della nostra illusione, o non rimarremo noi piuttosto alla mercé dell'Essere, che avrà soltanto rotto le vane forme della nostra ragione? – Dorme, signor Meis? – Segua, segua pure, signor Anselmo: non dormo. Mi par quasi di vederlo, codesto suo lanternino. – Ah, bene… Ma poiché lei ha l'occhio offeso, non ci addentriamo troppo nella filosofia, eh? e cerchiamo piuttosto d'inseguire per ispasso le lucciole sperdute, che sarebbero i nostri lanternini, nel bujo della sorte umana. Io direi innanzi tutto che son di tanti colori; che ne dice lei? secondo il vetro che ci fornisce l'illusione, gran mercantessa, gran mercantessa di vetri colorati. A me sembra però, signor Meis, che in certe età della storia, come in certe stagioni della vita individuale, si potrebbe determinare il predominio d'un dato colore, eh? In ogni età, infatti, si suole stabilire tra gli uomini un certo accordo di sentimenti che dà lume e colore a quei lanternoni che sono i termini astratti: Verità, Virtù, Bellezza, Onore, e che so io… E non le pare che fosse rosso, ad esempio, il lanternone della Virtù pagana? Di color violetto, color deprimente, quello della Virtù cristiana. Il lume d'una idea comune è alimentato dal sentimento collettivo; se questo sentimento però si scinde, rimane sì in piedi la lanterna del termine astratto, ma la fiamma dell'idea vi crepita dentro e vi guizza e vi singhiozza, come suole avvenire in tutti i periodi che son detti di transizione. Non sono poi rare nella storia certe fiere ventate che spengono d'un tratto tutti quei lanternoni. Che piacere! Nell'improvviso bujo, allora è indescrivibile lo scompiglio delle singole lanternine: chi va di qua, chi di là, chi torna indietro, chi si raggira; nessuna più trova la via: si urtano, s'aggregano per un momento in dieci, in venti; ma non possono mettersi d'accordo, e tornano a sparpagliarsi in gran confusione, in furia angosciosa: come le formiche che non trovino più la bocca del formicajo, otturata per ispasso da un bambino crudele. Mi pare, signor Meis, che noi ci troviamo adesso in uno di questi momenti. Gran bujo e gran confusione! Tutti i lanternoni, spenti. A chi dobbiamo rivolgerci? Indietro, forse? Alle lucernette superstiti, a quelle che i grandi morti lasciarono accese su le loro tombe?”

Luigi Pirandello (1867–1936) drammaturgo, scrittore e poeta italiano premio Nobel per la Letteratura nel 1934

Cap XIII

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“Le fiamme del dolore, divampavano alimentate dalla disperazione cosmica.”

Antonio Albanese (1964) attore, comico e cabarettista italiano

da Mai dire Gol
Personaggi, Frengo

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“[…] Io crederei, Beatissimo Padre, che a rimunerare in qualche modo la fede ardente del sig. Duca, V. S. dovesse avere la benignità di conferire o a lui, o a suo fratello Don Rodrigo, canonico della cattedrale di Tolosa, la sacra porpora, la quale egli si ha già acquistato con le sue escursioni tingendola nel sangue maledetto di quegli sciagurati.
Basta che in questi paesi si senta il suo nome perché gli eretici Albigesi tremino da capo a piedi. Il suo costume è di andare per le corte spacciando in un sol colpo i più arrabbiati. Quanti gliene capitano nelle mani, costringe a professare la nostra fede con la formola ingiunta da V. S. Se ricusano, li fa battere ben bene mentre che si accende il rogo. Quindi interrogati se si sien pentiti ed ascoltato che no, conchiude: "O credi o muori". Li mettono ad ardere a fuoco lento per dare loro tempo di pentirsi, e di meritare l'eterno perdono.
Alcuno di questi miserabili, benché assai raramente, sullo spirare ha dato segni di ritrattazione e di orrore della morte che meritamente subiva; ed io mi consolavo nel Signore osservando quegli atti che potevano essere indizio di pentimento. Quando più essi si dibattevano tanto più noi godevamo nella speranza che quelle brevi pene fruttassero loro il gaudio eterno, dove speriamo di trovarli salvi nel santo paradiso quando al Signore piacerà di chiamarci agli eterni riposi.
Intorno poi agli altri che furono sedotti, e perciò meno rei, non si costuma di condannarli subito, ma per esercitare con essi quella carità che il nostro Salvatore comanda, da principio si risparmia loro la vita ed invece si adoprano alcuni tormenti i quali per quanto siano gravi alla carne, sono infinitamente più lievi degli altri riserbati allo spirito nelle fiamme eterne. Si adoprano rotelle, eculei, letti di ferro, stirature, tenaglie ed altre simili mortificazioni del corpo, che secondo la legge del nostro Signor G. Cristo dev'essere macerato in terra per averlo glorioso nella vita eterna.
In altra mia mi farò un dovere di rallegrare il cuore della Santità Vostra, con più minuta narrazione di questa opera che il Signore si compiace di fare per nostro mezzo. Intanto, prostrato al sacro piede della S. V., imploro per me e per questi miei collaboratori e compagni l'apostolica benedizione e mi dichiaro
della S. V. Re dei Re e Pastore dei Pastori
l'ultimo dei servi e figli
Domenico Guzman.”

Domenico di Guzmán (1170–1221) presbitero spagnolo

Citato in Giuseppe Garibaldi, Il governo dei preti, Kaos edizioni, 2006

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