Frasi su fiamma
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“Quando muore un uomo è una vita che si spegne. Quando muore un "vecchio" (annoso avrebbe detto Edgardo) è come una biblioteca che va in fiamme. Quando muore un Maestro è una guida è un uomo che si perde.”

Elio Augusto Di Carlo (1918–1998) medico, ornitologo, storico e naturalista italiano

da Archivio epistolare
Origine: L'Edgardo a cui si riferisce nello scritto è Edgardo Moltoni.

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“Vista a rovescio da Billy, la storia era questa: gli aerei americani, pieni di fori e di feriti e di cadaveri decollavano all'indietro da un campo di aviazione in Inghilterra. Quando furono sopra la Francia, alcuni caccia tedeschi li raggiunsero, sempre volando all'indietro, e succhiarono proiettili e schegge da alcuni degli aerei e degli aviatori. Fecero lo stesso con alcuni bombardieri americani distrutti, che erano a terra e poi decollarono all'indietro, per unirsi alla formazione. Lo stormo, volando all'indietro, sorvolò una città tedesca in fiamme. I bombardieri aprirono i portelli del vano bombe, esercitarono un miracoloso magnetismo che ridusse gli incendi e li raccolse in recipienti cilindrici di acciaio, e sollevarono questi recipienti fino a farli sparire nel ventre degli aerei. I contenitori furono sistemati ordinatamente su alcune rastrelliere. Anche i tedeschi, là sotto, avevano degli strumenti portentosi, costituiti da lunghi tubi di acciaio. Li usavano per succhiare altri frammenti dagli aviatori e dagli aerei. Ma c'erano ancora degli americani feriti, e qualche bombardiere era gravemente danneggiato. Sopra la Francia, però, i caccia tedeschi tornarono ad alzarsi e rimisero tutti e tutto a nuovo. Quando i bombardieri tornarono alla base, i cilindri di acciaio furono tolti dalle rastrelliere e rimandati negli Stati Uniti, dove c'erano degli stabilimenti impegnati giorno e notte a smantellarli, e separarne il pericoloso contenuto e a riportarlo allo stato di minerale. Cosa commovente, erano soprattutto le donne a fare questo lavoro. I minerali venivano poi spediti a specialisti in zone remote. Là dovevano rimetterli nel terreno e nasconderli per bene in modo che non potessero più fare male a nessuno.”

Mattatoio n. 5

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“« Non sarebbe meglio se rimanessimo separati fino alla fine, conservando il desiderio di incontrarci? In questo modo continueremmo a vivere mantenendo intatta dentro di noi la speranza di rivederci, un giorno ». Una speranza simile a una sorgente di calore piccola, ma preziosa, che avrebbe scaldato il loro cuore. Un’esile fiamma che le mani avrebbero circondato per proteggerla dal vento. Per evitare che le violente raffiche della realtà la spegnessero.”

1Q84
Variante: « Non sarebbe meglio se rimanessimo separati fino alla fine, conservando il desiderio di incontrarci? In questo modo continueremmo a vivere mantenendo intatta dentro di noi la speranza di rivederci, un giorno ». Una speranza simile a una sorgente di calore piccola, ma preziosa, che avrebbe scaldato il loro cuore. Un’esile fiamma che le mani avrebbero circondato per proteggerla dal vento. Per evitare che le violente raffiche della realtà la spegnessero. 2

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“Se interrogate uno storico, o buoni ed amabili lettori, vi risponderà che la tomba della bella Parthenope è sull’altura di San Giovanni Maggiore, dove allora il mare lambiva il piede della montagnola. Un altro vi dirà che la tomba di Parthenope è sull’altura di Sant’Aniello, verso la campagna, sotto Capodimonte. Ebbene, io vi dico che non è vero. Parthenope non ha tomba, Parthenope non è morta. Ella vive, splendida, giovane e bella, da cinquemila anni. Ella corre ancora sui poggi, ella erra sulla spiaggia, ella si affaccia al vulcano, ella si smarrisce nelle vallate. È lei che rende la nostra città ebbra di luce e folle di colori: è lei che fa brillare le stelle nelle notti serene; è lei che rende irresistibile il profumo dell’arancio; è lei che fa fosforeggiare il mare. Quando nelle giornate d’aprile un’aura calda c’inonda di benessere è il suo alito soave: quando nelle lontananze verdine del bosco di Capodimonte vediamo comparire un’ombra bianca allacciata ad un’altra ombra, è lei col suo amante; quando sentiamo nell’aria un suono di parole innamorate; è la sua voce che le pronunzia; quando un rumore di baci, indistinto, sommesso, ci fa trasalire, sono i suoi baci; quando un fruscìo di abiti ci fa fremere al memore ricordo, è il suo peplo che striscia sull’arena, è il suo piede leggiero che sorvola; quando di lontano, noi stessi ci sentiamo abbruciare alla fiamma di una eruzione spaventosa, è il suo fuoco che ci abbrucia. È lei che fa impazzire la città: è lei che la fa languire ed impallidire di amore: è lei la fa contorcere di passione nelle giornate violente dell’agosto. Parthenope, la vergine, la donna, non muore, non ha tomba, è immortale, è l’amore. Napoli è la città dell’amore.”

Incipit di alcune opere, Leggende napoletane

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“Vedo che i tuoi capelli bruciano, le colline sono in fiamme. Se dicono che non ti ho mai amata, sai che mentono.”

Jim Morrison (1943–1971) cantautore e poeta statunitense

Canzoni

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“Era una di quelle teste mal conformate, in cui l'intelligenza si trova a suo agio suppergiù come la fiamma sotto lo spegnitoio.”

da Il ritiro dove recita le sue orazioni Monsignore Luigi di Francia, Rizzoli, 1951, vol. II, p. 486
Notre-Dame de Paris

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“Violento ippogrifo che corresti a gara col vento, fulmine senza fiamma, uccello senza colore, pesce senza squame e bruto senza istinto naturale, dove ti sfreni, dove ti trascini, dove ti precipiti nel confuso labirinto di queste rocce nude?”

Pedro Calderón De La Barca (1600–1681) drammaturgo e religioso spagnolo

Hipogrifo violento, | que corriste parejas con el viento, | ¿dónde, rayo sin llama, | pájaro sin matiz, pez sin escama, | y bruto sin instinto | natural, al confuso laberinto | desas desnudas peñas | te desbocas, te arrastras y despeñas?
La vita è sogno

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“Che tregua offre l'alba? Guarda, dal cielo piagato, | Il giorno incede, un tiranno dalla spada in fiamme!”

Rudyard Kipling (1865–1936) scrittore e poeta britannico

Origine: Poesie, p. 63

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“Non rampare di aquile e leoni, non sormontare di belve rapaci, nel santo vessillo; ma i colori della nostra primavera e del nostro paese, dal Cenisio all'Etna; le nevi delle Alpi, l'aprile delle valli, le fiamme dei vulcani.”

Giosue Carducci (1835–1907) poeta e scrittore italiano

Origine: Durante i solenni festeggiamenti per il primo Centenario del Tricolore, Reggio Emilia, 7 gennaio 1897; citato in Carlo Azeglio Ciampi e Alberto Orioli, Non è il paese che sognavo: taccuino laico per i 150 anni dell'unità d'Italia, Il Saggiatore, 2010, p. 90 https://books.google.it/books?id=ffXnyZPMyR8C&pg=PA90. ISBN 8842816469

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“Ogni libro […] dato alle fiamme illumina il mondo.”

Ralph Waldo Emerson (1803–1882) filosofo, scrittore e saggista statunitense

Origine: Da Ralph Waldo Emerson, Peter Norberg, Essays and Poems by Ralph Waldo Emerson, Spark Educational Publishing, 2005, p. 150 http://books.google.it/books?id=xRFBaxPTWdgC&pg=PA150. ISBN 159308076X

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“Niente costringe i ricordi a manifestarsi come gli odori e le fiamme.”

1992, p. 199
Viaggio al termine della notte

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“Darya si sentiva adesso molto più sicura di sé. E gli diede un'occhiata ardita.
«Non ho nessuna attrazione per te? Molti uomini mi hanno desiderata. E tu devi aver avuto dozzine di donne in Iscozia assai meno ben fatte di me.»
E guardava, così dicendo, la sua formosa, sensuale persona, in placido orgoglio.
«Io non ho mai posseduto una donna» disse Neil con gravità.
«Cosa?»
Essa scattò in piedi per lo stupore. Egli alzò le spalle. Non aveva modo di farle capire il disgusto che provava per quel genere di cose, e il disprezzo in cui teneva i fortuiti amori dei suoi compagni di Edimburgo. Trovava una mistica gioia nella sua castità. L'amore era sacro, per lui. L'atto sessuale lo riempiva d'orrore. Solo la necessità della procreazione e il sacramento del matrimonio lo giustificavano ai suoi occhi.
Gli gettò le braccia al collo e lo teneva. E gli copriva il viso di baci. Egli si dibatteva. Volgeva la faccia. E con la mano cercava di proteggersi la bocca. D'improvviso essa gli affondò i denti nella carne. Il dolore fu così vivo che, senza volerlo, egli le diede un pugno.
«Demonio» le gridò in faccia.
Il colpo violento aveva obbligato Darya a lasciare la preda. Egli si esaminò la mano. Vide che il morso era profondo e che sanguinava. Gli occhi di lei, intanto, mandavano fiamme. Era in tutta la sua vitalità, la donna, come una belva.”

William Somerset Maugham (1874–1965) scrittore e commediografo britannico

da La tentazione di Adamo

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“Per fuggire il fumo, va a cadere nella fiamma.”

Ammiano Marcellino (330–395) storico romano

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“Eddie Willers pensò ad un giorno d'estate di quando aveva dieci anni. Quel giorno, in una radura del bosco, l'unica compagna preziosa della sua infanzia gli aveva detto quel che avrebbero fatto da grandi. Le parole erano state decise e brillanti, come la luce del sole. Lui aveva ascoltato, ammirato e sbigottito. Quando gli aveva chiesto cosa avrebbe voluto fare, aveva risposto: «Quel che è giusto.» E aveva aggiunto: «Tu dovresti fare qualcosa di grande… voglio dire, noi due insieme.» «Che cosa?» aveva domandato lei. E lui: «Non so. È questo che dobbiamo scoprire. Non solo quel che dici tu. Non solo affari e un modo per guadagnarsi da vivere. Cose come vincere battaglie, salvare la gente dalle fiamme o scalare montagne.» «A che servirebbe?» aveva detto lei. E lui aveva risposto: «Il sacerdote, la scorsa domenica, ha detto che dobbiamo cercar sempre di raggiungere il meglio in noi stessi. Cosa pensi che sia il meglio in noi due?» «Non so.» «Dobbiamo scoprirlo.» Ma lei non aveva risposto. Stava guardando lontano, verso le rotaie della ferrovia. Eddie willers sorrise. Aveva detto: «Quel che è giusto» ventidue anni prima. Da allora aveva mantenuto fede a quella dichiarazione. Le altre domande si erano sbiadite nella sua mente; aveva avuto troppo da fare, per proporsele. Ma ancora pensava che bisognava fare quel che era giusto; non aveva mai capito come la gente potesse fare il contrario. Sapeva solo che lo facevano. E gli sembrava ancora semplice e incomprensibile: semplice che le cose dovessero essere giuste, incomprensibile che non lo fossero. E sapeva che non lo erano.”

Ayn Rand (1905–1982) scrittrice, filosofa e sceneggiatrice statunitense
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“Davanti a me il Vesuvio. Adesso butta fiamme e fuma. Uno spettacolo straordinario! Figuratevi un enorme fuoco d'artificio che non s'arresta per un solo minuto.”

Nikolaj Vasiljevič Gogol (1809–1852) scrittore e drammaturgo ucraino

Citazioni di Nikolaj Vasil'evič Gogol
Origine: Da una lettera alla madre da Napoli, 1838; citato in Il Vesuvio, Pierro Gruppo Editori Riuniti Campani, Napoli, 2000

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“Benedetto XVI ha acceso nel profondo dei nostri cuori una fiamma: essa continuerà ad ardere perché sarà alimentata dalla Sua preghiera, che sosterrà ancora la Chiesa nel suo cammino spirituale e missionario.”

Papa Francesco (1936) 266° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Citazioni tratte da discorsi, Udienza a tutti i Cardinali http://www.vatican.va/holy_father/francesco/speeches/2013/march/documents/papa-francesco_20130315_cardinali_it.html, Sala Clementina, 15 marzo 2013

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“Conosco i segni dell'antica fiamma.”

IV, 23
Adgnosco veteris vestigia flammae.
Eneide
Origine: Traduzione di Annibal Caro; con queste parole Didone confessa alla sorella il suo amore per Enea.

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“E il cuore mi va in pezzi, certo, in ogni momento di ogni giorno, in più pezzi di quanti compongano il mio cuore, non mi ero mai considerato di poche parole, tanto meno taciturno, anzi non avevo proprio mai pensato a tante cose, ed è cambiato tutto, la distanza che si è incuneata fra me e la mia felicità non era il mondo, non erano le bombe e le case in fiamme, ero io, il mio pensiero, il cancro di non lasciare mai la presa, l'ignoranza è forse una benedizione, non lo so, ma a pensare si soffre tanto, e ditemi, a cosa mi è servito pensare, in che grandioso luogo mi ha condotto il pensiero? Io penso, penso, penso, pensando sono uscito dalla felicità un milione di volte, e mai una volta che vi sia entrato.”

Variante: E il cuore mi va in pezzi, certo, in ogni momento di ogni giorno, in più pezzi di quanti compongano il mio cuore, non mi ero mai considerato di poche parole, tanto meno taciturno, anzi non avevo proprio mai pensato a tante cose, ed è cambiato tutto, la distanza che si è incuneata fra me e la mia felicita, non era il mondo, non erano le case in fiamme, ero io con il mio pensiero, il cancro di non lasciare mai la presa, l'ignoranza e forse una benedizione, non lo so, ma a pensare si soffre tanto, e ditemi, a cosa mi è servito pensare, in che grandioso luogo mi ha condotto il pensiero? Io penso, penso, penso, pensando sono uscito dalle felicita un milione di volte, e mai una volta che vi sia entrato.
Origine: Molto forte, incredibilmente vicino, p. 30

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“Il mondo è perduto, l'Europa è in fiamme; dalle ceneri sorgerà un nuovo ordine di cose, o, meglio, l'antico ordine apporterà la felicità ai nuovi regni.”

Klemens von Metternich (1773–1859) diplomatico e politico austriaco

citato in Arthur Herman, Metternich, dall'Oglio editore, Milano 1958

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“Ciò che differenzia i pagani da noi, è che all'origine di tutte le loro credenze vi è un terribile sforzo per non pensare in quanto uomini, per mantenere il contatto con l'intera creazione, cioè con la divinità.
So bene che il più piccolo slancio d'amore vero ci avvicina molto di più a Dio che tutta la scienza che possiamo avere della crezione e dei suoi gradi.
Ma l'Amore che è una forza non va senza la Volontà.
Non si ama senza la volontà, la quale passa attraverso la coscienza; – è la coscienza della separazione consentita che ci conduce al distacco dalle cose, che ci riconduce all'unità di Dio.
Si conquista l'amore prima attraverso la coscienza e attraverso la forza dell'amore poi.
Tuttavia, vi sono molte dimore nella casa di mio padre. E colui che, gettato sulla terra con la coscienza dell'idiota, dopo Dio solo sa quali fatiche o quali colpe in altri stati o altri mondi che gli hanno valso la sua idiozia; ma con quel tanto di coscienza che gli necessita per amare, e amare in un distacco senza grandi parole, in un meraviglioso slancio spontaneo; colui al quale tutto ciò che è il mondo sfugge, che dell'amore non conosce che la fiamma, la fiamma senza l'irraggiamento e la moltitudine del focolare, avrà meno di quell'altro accanto il cui cervello domina l'intera creazione, e per il quale l'amore è un minuzioso e orribile scollamento.
Ma – ed è sempre come la storia del ditale – avrà sempre tutto ciò che può assorbire. Godrà d'una felicità chiusa, ma che, riempiendo tutta la sua misura, darà anche a lui la sensazione dell'immensità.
Sino al giorno in cui questo povero in ispirito sarà spazzato via come le altre cose. Gli verrà ritirata la sua immensità. Verremo tutti giudicati, grandi e piccoli, dopo il nostro paradiso di delizie, dopo la felicità che non è tutto, voglio dire, che non è il grande Tutto, cioè Niente. Verremo mescolati, verremo fusi sino all'Uno, Uno Solo, il grande Uno cosmico che presto farà posto allo Zero infinito di Dio.”

Antonin Artaud (1896–1948) commediografo, attore teatrale e scrittore francese

Origine: Eliogabalo o l'anarchico incoronato, pp. 55-56

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“Questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l'incendio.”

Francesco Cossiga (1928–2010) 8º Presidente della Repubblica Italiana

Citazioni tratte da interviste

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“Forse accadrà che [la morte] mi prenda per mano | E mi conduca alla sua oscura terra | E mi chiuda gli occhi e mi tolga il respiro … || Ma ho un appuntamento con la Morte | A mezzanotte in una città in fiamme, | Quando la primavera ritornerà quest'anno a nord | Ed io, fedele alla parola data, | Non mancherò all'appuntamento.”

Alan Seeger (1888–1916) poeta statunitense

It may be he shall take my hand | And lead me into his dark land | And close my eyes and quench my breath ... || But I've a rendezvous with Death | At midnight in some flaming town, | When springs trips north again this year, | And I to my pledged word am true, | I shall not fail this rendezvous.
Origine: Questa era la poesia preferita da John Fitzgerald Kennedy, secondo quanto riferisce il suo biografo Arthur M. Schlesinger Jr. (I mille giorni di John F. Kennedy, Rizzoli editore, Milano, 1966, pag. 120)

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