Frasi su tanto
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“Si muore una sola volta, ma per tanto tempo!”

Molière (1622–1673) commediografo e attore teatrale francese

da Il dispetto amoroso
On ne meurt qu'une fois, et c'est pour si longtemps!
Origine: Citato nel film Una canzone per Bobby Long (2004): «Si muore una volta sola e per così tanto tempo...»

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“Che non tutti possano vivere allo stesso modo, lo capisco, ma la differenza può essere tanto grande?”

August Strindberg (1849–1912) scrittore e drammaturgo svedese

Il sogno

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“Una delle principali cause della miseria delle scienze sta, molto spesso, nella loro presunzione di essere ricche. Scopo della scienza non è tanto quello di aprire la porta all'infinito sapere, quanto quello di porre una barriera all'infinita ignoranza.”

Galileo: IX
Vita di Galileo
Variante: Una delle principali cause della miseria delle scienze sta, molto spesso, nella loro presunzione di essere ricche. Scopo della scienza non è tanto quello di aprire una porta all’infinito sapere, quanto quello di porre una barriera all’infinita ignoranza.

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“[Su Arno Schmidt] Io non conosco alcuno scrittore che abbia ascoltato la pioggia in questo modo, che abbia concesso così spesso repliche al vento e assegnato alle nuvole nomi di famiglia tanto letterari.”

Günter Grass (1927–2015) scrittore, poeta e drammaturgo tedesco

citato in Cronologia, a cura di Domenico Pinto, in Arno Schmidt, Brand's Haide, Lavieri, 2007, p. 111

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“Noi non ci accontentiamo di vedere la bellezza, anche se il Cielo sa che gran dono sia questo. Noi vogliamo qualcos'altro, che è difficile descrivere a parole: vogliamo sentirci uniti alla bellezza che vediamo, trapassarla, riceverla dentro di noi, immergerci in essa, diventarne parte. Ecco perché abbiamo popolato l'aria, la terra e l'acqua di dei e dee, ninfe ed elfi che, dato che a noi non è possibile, possano almeno loro, queste proiezioni di noi stessi, godere ritrovando in se stessi quella bellezza, quella grazia, e quel potere di cui la Natura è immagine. Ecco perché i poeti ci narrano tante meravigliose menzogne. Essi parlano come se il Vento dell'Occidente potesse davvero soffiare dentro un'anima umana: ma non è vero. Ci dicono che "la Bellezza nata da un sussurro" passerà in un volto umano: ma non lo farà. Non per ora. E se prendiamo sul serio l'immagine della Scrittura, se crediamo che Dio un giorno ci darà davvero la Stella del Mattino e ci farà indossare lo splendore del sole, allora possiamo credere che gli antichi miti, come la poesia moderna, pur così falsi nel loro significato storico, siano tanto vicini alla verità quanto la profezia. In questo momento noi ci troviamo all'esterno del mondo, dalla parte sbagliata della porta. Possiamo percepire la freschezza e la purezza del mattino, senza però che queste ci possano rendere freschi puri come loro. Non possiamo penetrare lo splendore che vediamo. Ma tutte le foglie del Nuovo Testamento sussurrano frusciando che non sarà sempre così. Un giorno, a Dio piacendo, riusciremo ad entrare. Quando le anime umane saranno diventate così perfette nella loro obbedienza volontaria da uguagliare le creature inanimate nella loro obbedienza senza vita, allora potranno riscoprirsi della medesima gloria della natura, anzi, di quella Gloria ben più grande di cui la natura non è che un primo abbozzo. La Natura è mortale: noi le sopravviveremo. Quando tutti i soli e tutte le nebulose saranno tramontati, ognuno di voi sarà ancora vivo. La Natura non è che un'immagine, un simbolo, ma è il simbolo che la Scrittura mi invita ad usare. Siamo invitati ad entrare attraverso la Natura, oltrepassandola, fino a raggiungere quello splendore che essa è in grado di riflettere solo in parte. E una volta dentro, oltrepassata la Natura, potremo mangiare dell'albero della vita.”

Clive Staples Lewis (1898–1963) scrittore e filologo britannico

Origine: Citato in Gulisano, p. 182.

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“Oggi ti vorrei raccontare un poco di Cézanne. Per quanto riguarda il lavoro, così afferma, ha vissuto da bohémien fino a quarant'anni. Solo più tardi, con la conoscenza di Pissarro, ha preso gusto al lavoro. Ma, allora, fino al punto di passare gli ultimi trent'anni della sua vita non facendo altro che lavorare. Senza gioia invero, come sembra, con una rabbia incessante, in conflitto con ogni sua singola opera, perché nessuna di esse gli sembrava raggiungere ciò che egli riteneva essere la cosa più indispensabile. La chiamava la réalisation, e la trovava nei "veneziani" che aveva visto e rivisto al Louvre e apprezzava incodizionalmente. Il convincente, il farsi cosa. La realtà sublimata fino a divenire indistruttibile attraverso la propria esperienza dell'oggetto, era questo che gli pareva l'intento più intimo del suo lavoro; vecchio, malandato, ogni sera consunto fino allo spasimo dal regolare lavoro giornaliero (tanto che spesso andava a dormire alle sei, all'imbrunire, dopo una cena mandata giù distrattamente), arrabbiato, diffidente, deriso ogni qual volta si recava al suo atelier, schernito, maltrattato… sperava un giorno, di raggiungere quel compimento che egli sentiva come l'unico essenziale. In tal modo […] egli aveva esacerbato le difficoltà del suo lavoro nella maniera più ostinata… si muoveva avanti e indietro nel suo studio, che aveva la luce sbagliata, in quanto il capomastro non aveva ritenuto necessario dare ascolto a quel vecchio bizzarro che ad Aix erano tutti d'accordo nel non prendere sul serio […].”

Rainer Maria Rilke (1875–1926) scrittore, poeta e drammaturgo austriaco

Lettera a Clara, 9 ottobre 1907
Lettere su Cézanne

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“L'inferno è una città che somiglia molto a Londra, una città con tanta gente e tanto fumo.”

Percy Bysshe Shelley (1792–1822) poeta inglese

Origine: Citato in Focus, n. 87, p. 144.

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“[Sullo Zibaldone] È una mole di 4526 facce lunghe e larghe mezzanamente, tutte vergate di man dell'autore, d'una scrittura spesso fitta, sempre compatta, eguale, accurata, corretta. Contengono un numero grandissimo di pensieri, appunti, ricordi, osservazioni, note, conversazioni e discussioni, per così dire, del giovine illustra con se stesso su l'animo suo, la sua vita, le circostanze; a proposito delle sue letture e cognizioni; di filosofia, di letteratura, di politica; su l'uomo, su le nazioni, su l'universo; materia di considerazioni più ampia e variata che non sia la solenne tristezza delle operette morali; considerazioni poi liberissime e senza preoccupazioni, come di tale che scriveva giorno per giorno per sé stesso e non per gli altri, intento, se non a perfezionarsi, ad ammaestrarsi, a compiangersi, a istoriarsi. Per sé stesso notava e ricordava il Leopardi, non per il pubblico: ciò non per tanto gran conto ei doveva fare di questo suo ponderoso manoscritto, se vi lavorò attorno un indice amplissimo e minutissimo, anzi più indici, a somiglianza di quelli che i commentatori olandesi e tedeschi solevano apporre alle edizioni dei classici. Quasi ogni articolo di quella organica enciclopedia è segnato dell'anno del mese e del giorno in cui fu scritto, e tutta insieme va dal luglio del 1817 al 4 dicembre del 1832; ma il più è tra il '17 e il '27, cioè dei dieci anni della gioventù più feconda e operosa, se anche trista e dolente.”

Giosue Carducci (1835–1907) poeta e scrittore italiano

Origine: Dall'introduzione ai Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura.

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“Tanto per cominciare, la Grande Arte non è MAI popolare.”

Ezra Pound (1885–1972) poeta, saggista e traduttore statunitense

Origine: Aforismi e detti memorabili, p. 76

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“Molti che ti hanno dato | tanto, non li hai neppure ringraziati.» | Non mi ammalo per questo: | vivono nel mio cuore, i loro doni.”

Johann Wolfgang von Goethe (1749–1832) drammaturgo, poeta, saggista, scrittore, pittore, teologo, filosofo, umanista, scienziato, critico d'arte e…
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“[…] qualche volta mi sembra che il diavolo, i gesuiti, e l'aristocrazia possano esistere fin tanto che uno ci crede.”

Heinrich Heine (1797–1856) poeta tedesco

1974; p. 137
Impressioni di viaggio

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“Questo è il bello di noi tedeschi: che nessuno è tanto pazzo da non trovarne uno più pazzo che lo comprenda.”

Heinrich Heine (1797–1856) poeta tedesco

Origine: Da Il viaggio nello Harz, Marsilio, 1994.

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“Quanto più astratta è la verità che tu vuoi insegnare, tanto più devi sedurre anche i sensi a essa.”

Friedrich Nietzsche (1844–1900) filosofo, poeta, saggista, compositore e filologo tedesco

128; 2007

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“La storia della corrida è legata a quella della Spagna, tanto che senza conoscere la prima è impossibile capire la seconda.”

La historia del toreo está ligada a la de España, tanto que sin conocer la primera, resultará imposible comprender la segunda.
La ribellione delle masse

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“Se la pace sociale costa tanto cara, è perché probabilmente il sistema non vale nulla. Andatevene!”

Georges Bernanos (1888–1948) scrittore francese

I grandi cimiteri sotto la luna

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“Per qual motivo l'astinenza dal cibo animale sarà appunto il primo atto del digiuno e della vita morale, è stato detto ottimamente: e non da un uomo soltanto, ma da tutta quanta l'umanità, nella persona dei suoi migliori rappresentanti, e ininterrottamente, fin da quando l'uomo ha cominciato ad affacciarsi alla consapevolezza. Ma allora perché, se l'illegittimità, ovverosia l'immoralità del cibo animale è nota all'umanità da così gran tempo, gli uomini non sono ancora pervenuti alla consapevolezza di questa legge? domanderanno gli uomini che per loro natura si lasciano guidare non tanto dalla loro ragione, quanto piuttosto dall'opinione comune. La risposta a questo interrogativo è che tutto il cammino percorso dagli uomini nella scoperta della morale, il quale cammino costituisce il fondamento d'ogni cammino umano, lo si è potuto percorrere e lo si percorre soltanto lentamente; ma che indizio certo d'un progredire autentico, e non accidentale, lungo questo cammino, è la sua continuità e la sua costante accelerazione.
Tale è appunto il progredire del vegetarianesimo. Esso ha trovato espressione in tutti i pensieri che gli scrittori vi hanno dedicato e nella vita stessa dell'umanità, che inconsapevolmente sta passando sempre più dal carnivorismo ai cibi vegetali, mentre consapevole espressione di ciò sono le dimensioni sempre maggiori e la particolare forza che va assumendo il movimento vegetariano.”

Lev Nikolajevič Tolstoj (1828–1910) scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista, esegeta ed attivista sociale russo
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“Il dominio dell'uomo consiste solo nella conoscenza: l'uomo tanto può quanto sa; nessuna forza può spezzare la catena delle cause naturali; la natura infatti non si vince se non ubbidendole.”

Francesco Bacone (1561–1626) filosofo, politico e giurista inglese

Origine: Da Pensieri e conclusioni sulla interpretazione della natura o sulla scienza operativa (1607-1609), in Scritti filosofici, a cura di Paolo Rossi, UTET, Torino, 1975, p. 389

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“[L'incisione discografica] costringe l'esecutore a cedere una parte del controllo all'ascoltatore, una situazione, tra l'altro, che trovo tanto incoraggiante quanto affascinante, per non dire esteticamente appropriata e moralmente giusta. […] L'arte nella sua forma più elevata è assai poco umana.”

Glenn Gould (1932–1982) pianista, compositore e clavicembalista canadese

Origine: Citato in Kevin Bazzana, Mirabilmente singolare (racconto della vita di Glenn Gould), traduzione dall'inglese di Silvia Nono, edizioni e/o, 2004. ISBN 88-7641-614-5

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“Campioni: Io non so come si gridi tanto alla difficoltà che c'è a trovare argomenti nuovi e ad essere originali! Sono lì, gli argomenti, non c'è che a stendere la mano. […] Io voglio dimostrare che la matematica regge colle sue norme immutabili anche la poesia. […] Un verso composto di un numero dispari di parole, è matematicamente più armonico di quello in cui il numero sia pari… e così per le sillabe, e così per le lettere. […] Nell'Orlando furioso ci sono in tutto 375 mila 197 parole. Dispari il numero totale, e non solo dispari il numero totale, ma dispari anche le cifre che lo compongono. Eccole spiegata la sorprendente bellezza del libro. Nel primo canto, ci sono 5041 parole, altro numero dispari. Prendiamo due versi a casaccio. (Apre il manoscritto). Canto quattordicesimo, ottava trentasettesima, verso primo:
«Come lupo o mastin ch'ultimo giugne…»
sette parole, che bel verso! e subito
«Al bue lasciato morto dai villani…»
sei parole, verso orribile, quasi che i villani dei buoi morti non sapessero che farsene, magari!
[…]
Carlo: Le dico schietto che lei ha fatto opera di profondo studioso, di buongustaio, di grande ingegno e di gran cittadino.
Campioni: Ah! Perché la poesia…
Carlo: È il cardine.
Campioni: È il cardine. Guardi: cardine: bellissima parola: sette lettere. Osservi il nome dei massimi poeti. Dante, cinque lettere; Ariosto, sette; Tasso, cinque; Petrarca invece otto, difatti è molle ed effeminato. Foscolo, sette; Alfieri, sette; Manzoni, sette; Leopardi, otto, ed è uno scettico. Le pare? È novità codesta?
Carlo: E come!
Campioni: Pensare che in tanti grandi ingegni che furono con tante arti poetiche e regole di scuola scritte in tutte le lingue, nessuno ancora considerò l'estetica in rapporto coi numeri. Le note musicali, sette. Perché la scienza moderna ci insegna a generalizzare. Trovato un principio, a volerlo applicare ammodo, si vede che calza per tutto. Qual è il tipo della famiglia bene assortita? Un padre, una madre e un figliolo. Tre. Sono considerazioni codeste?!”

Giuseppe Giacosa (1847–1906) drammaturgo, scrittore e librettista italiano

da La gente di spirito, Atto II, Scena IV

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“Non sono mai tanto coraggioso come quando è necessaria la forza.”

Klemens von Metternich (1773–1859) diplomatico e politico austriaco

Firenze, 21 marzo 1819

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“Anche dirimpetto: Lore mi studiava, aruspicava dalla nuvolaglia del mio viso; infine chiese cauta, partecipe: «La musica ti prova così tanto?» Io implorai: «Tu: –» mi interruppi; : «sì» dissi amaramente: «l'arte in generale! – Sai, per me non è fronzolo della vita, un orpello da seratina, una cosa a cui guardare con simpatia dopo un giorno di duro lavoro; per me è l'inverso: è l'aria che respiro, l'unica cosa necessaria, tutto il resto è spurgo e latrina. Quand'ero ragazzo: avevo 16 anni allorché lasciai la vostra associazione. Quello che per voi è noioso: Schopenhauer, Wieland, La valle di Campan, Orfeo: fa la mia naturale felicità; ciò che a voi interessa alla follia: swing, cinema, Hemingway, politica: mi dà il voltastomaco.”

Tu non puoi sapere; ma vedi bene che non sono «privo di sangue» o «arido», non più di voialtri: non m'innervosisco certo di meno, e mi entusiasmo, e conosco mostri, e detesto.» (p. 65)
Auch drüben: Lore besah mich Wolkigen, rätselte an meinem Gesicht; endlich fragte sie behutsam und teilnahmsvoll:»Nimmt Dich Musik so mit?«Ich bat flehentlich:»DU: –«brach ab;:»ja«sagte ich bitter:»Kunst überhaupt! – Weißt Du, für mich ist das keine Verzierung des Lebens, son Feierabendschnörkel, den man wohlwollend begrüßt, wenn man von der soliden Tagesarbeit ausruht; ich bin da invertiert: für mich ist das Atemluft, das einzig Nötige, und alles Andere Klo und Notdurft. Als junger Mensch: 16 war ich, bin ich aus Euerm Verein ausgetreten. Was Euch langweilig ist: Schopenhauer, Wieland, das Campanerthal, Orpheus: ist mir selbstverständliches Glück; was Euch rasend interessiert: Swing, Film, Hemingway, Politik: stinkt mich an. – Du kannst Dirs gar nicht vorstellen; aber Du siehst ja, daß ich nicht etwa»blutleerer«oder papierener bin, als Ihr: ich reg mich genau so auf und begeistere mich, und kenne Ungeheuer, und hasse.«Pause: anderes Thema:»... und liebe ...!«schloß ich galant.»Du lügst!«sagte sie entrüstet:»entweder liebst Du Wieland oder mich ...«; ich bewies ihr manuell, daß man Beides vereinen könne, bis sies erschöpft glaubte:»... und das will ein Intellektueller sein ...!«sagte sie boshaft:»außerdem darfst Du Dich rasieren.«–»Das ist der Dank!!«
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“E allora si chiede: devo starlo a sentire questo desiderio o devo togliermelo dalla testa?
– Già.
– Già. Uno ci pensa e alla fine decide. Per cento volte se lo toglie dalla testa, poi arriva il giorno che se lo tiene e decide di farla quella cosa di cui ha tanta voglia: e la fa: ed eccola lì la schifezza.
– Però non dovrebbe farla, vero, la schifezza?
– No. Ma sta' attento: dato che non siamo calzini ma persone, non siamo qui con il fine principale di essere puliti. I desideri sono la cosa più importante che abbiamo e non si può prenderli in giro più di tanto. Così, alle volte, vale la pena di non dormire per star dietro ad un proprio desiderio. Si fa la schifezza e poi si paga. È solo questo davvero importante: che quando arriva il momento di pagare uno non pensi a scappare e stia lì, dignitosamente, a pagare. Solo questo è importante.”

Variante: [... ]
-Il complicato arriva quando uno si accorge che ha un desiderio di cui si vergogna: ha una voglia pazzesca di qualcosa che non può fare, o è orrendo, o fa del male a qualcuno. Okay?
-Okay.
-E allora si chiede: devo starlo a sentire questo desiderio o devo togliermelo dalla testa?
-Già.
-Già. Uno ci pensa e alla fine decide. Per cento volte se lo toglie dalla testa, poi arriva il giorno che se lo tiene e decide di farla quella cosa di cui ha tanta voglia: e la fa: ed eccola lì la schifezza.
-Però non dovrebbe farla, vero, la schifezza?
-No. Ma sta' attento: dato che noi non siamo calzini ma persone, non siamo qui con il fine principale di essere puliti. I desideri sono la cosa più importante che abbiamo e non si può prenderli in giro più di tanto. Così, alle volte, vale la pena di non dormire pur di star dietro a un proprio desiderio. Si fa la schifezza e poi la si paga. E solo queso è davvero importante: che quando arriva il momento di pagare uno non pensi di scappare e stia lì, dignitosamente, a pagare. Solo questo è importante.
Origine: Castelli di rabbia, p. 52

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“Vecchio, benedetto, Pekisch, questo non me lo dovevi fare. Non me lo merito. Io mi chiamo Pehnt, e sono ancora quello che se ne stava sdraiato per terra a sentire la voce nei tubi, come se quella arrivasse davvero, e invece non arrivava. Non è mai arrivata. E io adesso sono qui. Ho una famiglia, ho un lavoro e la sera vado a letto presto. Il martedì vado a sentire i concerti che danno alla sala Trater e ascolto musiche che a Quinnipak non esistono: Mozart, Beethoven, Chopin. Sono normali eppure sono belle. Ho degli amici con cui gioco a carte, parlo di politica fumando il sigaro e la domenica vado in campagna. Amo mia moglie, che è una donna intelligente e bella. Mi piace tornare a casa e trovarla lì, qualsiasi cosa sia successa nel mondo quel giorno. Mi piace dormire vicino a lei e mi piace svegliarmi insieme a lei. Ho un figlio che amo anche se tutto fa supporre che farà l'assicuratore. Spero che lo farà bene e che sarà un uomo giusto. La sera vado a letto e mi addormento. E tu mi hai insegnato che questo vuol dire che sono in pace con me stesso. Non c'è altro. Questa è la mia vita. Io lo so che non ti piace ma io non voglio che tu me lo scriva. Perché voglio continuare ad andare a letto, la sera, ed addormentarmi. Ognuno ha il mondo che si merita. Io forse ho capito che il mio è questo qua. Ha di strano che è normale. Mai visto niente del genere, a Quinnipak. Ma forse proprio per questo, io qui ci sto bene. A Quinnipak si ha negli occhi l'infinito. Qui, quando proprio guardi lontano, guardi negli occhi di tuo figlio. Ed è diverso. Non so come fartelo capire, ma qui si vive al riparo. E non è cosa spregevole. È bello. E poi chi l'ha detto che si deve proprio vivere allo scoperto, sempre sporti sul cornicione delle cose, a cercare l'impossibile, a spiare tutte le scappatoie per sgusciare via dalla realtà. È proprio obbligatorio essere eccezionali? Io non so. Ma mi tengo stretta questa vita mia e non mi vergogno di niente: nemmeno delle mie soprascarpe. C'è una dignità immensa, nella gente, quando si porta addosso le proprie paure, senza barare, come medaglie della propria mediocrità. E io sono uno di quelli. Si guardava sempre l'infinito a Quinnipak, insieme a te. Ma qui non c'è l'infinito. E così guardiamo le cose, e questo ci basta. Ogni tanto, nei momenti più impensati, siamo felici. Andrò a letto, questa sera, e non mi addormenterò. Colpa tua, vecchio, maledetto Pekisch. Ti abbraccio. Dio sa quanto ti abbraccio. Pehnt, assicuratore.”

Castelli di rabbia

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“La Roma è una gioia da guardare. Un piacere puro. C'è qualcosa nell'aria, nello stadio, nella maglia persino, che la rende unica. E poi hanno sempre qualche grande giocatore brasiliano. E Totti? Vogliamo parlarne? Direi che è inutile, tanto è bravo.”

Thierry Henry (1977) calciatore francese

Origine: Citato in Cassano è una gioia per gli occhi https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2004/marzo/10/Cassano_una_gioia_per_gli_co_9_040310130.shtml, Corriere della sera, 10 marzo 2004.

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“Soprattutto nella realtà del nostro tempo, non dobbiamo dimenticare che una via che conduce alla conoscenza e all'incontro con Dio è la vita della fede. Chi crede è unito a Dio, è aperto alla sua grazia, alla forza della carità. Così la sua esistenza diventa testimonianza non di se stesso, ma del Risorto, e la sua fede non ha timore di mostrarsi nella vita quotidiana, è aperta al dialogo che esprime profonda amicizia per il cammino di ogni uomo, e sa aprire luci di speranza al bisogno di riscatto, di felicità, di futuro. La fede, infatti, è incontro con Dio che parla e opera nella storia e che converte la nostra vita quotidiana, trasformando in noi mentalità, giudizi di valore, scelte e azioni concrete. Non è illusione, fuga dalla realtà, comodo rifugio, sentimentalismo, ma è coinvolgimento di tutta la vita ed è annuncio del Vangelo, Buona Notizia capace di liberare tutto l'uomo. Un cristiano, una comunità che siano operosi e fedeli al progetto di Dio che ci ha amati per primo, costituiscono una via privilegiata per quanti sono nell'indifferenza o nel dubbio circa la sua esistenza e la sua azione. Questo, però, chiede a ciascuno di rendere sempre più trasparente la propria testimonianza di fede, purificando la propria vita perché sia conforme a Cristo. Oggi molti hanno una concezione limitata della fede cristiana, perché la identificano con un mero sistema di credenze e di valori e non tanto con la verità di un Dio rivelatosi nella storia, desideroso di comunicare con l'uomo a tu per tu, in un rapporto d'amore con lui. In realtà, a fondamento di ogni dottrina o valore c'è l'evento dell'incontro tra l'uomo e Dio in Cristo Gesù. Il Cristianesimo, prima che una morale o un'etica, è avvenimento dell'amore, è l'accogliere la persona di Gesù. Per questo, il cristiano e le comunità cristiane devono anzitutto guardare e far guardare a Cristo, vera Via che conduce a Dio.”

Papa Benedetto XVI (1927) 265° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Udienze, L'Anno della fede. Le vie che portano alla conoscenza di Dio, 14 novembre 2012