Frasi su via
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“Vigiak (Sorte, Foruna, Destino), che ricorda la tradizione pagana, è una delle principali feste armene, che comincia il giovedì dell'Ascensione e dura fino alla domenica di Pentecoste. Alla vigilia dell'Ascensione le ragazze del villaggio si riuniscono e scelgono fra loro una brigatella per organizzare la festa. Le prescelte prendono un'anfora di terra cotta, l'empiono d'acqua attinta a sette fonti o pozzi, ne ornano la bocca con fiori colti in sette campi diversi, poi vi gettano dentro un oggetto caro (bracciali, anelli, grani di monili o di corone, orecchini, fermagli, ecc.), facendo voti di gioia pei parenti e per l'amato, a occhi chiusi e con profondo raccoglimento. La notte dal mercoledì al giovedì, esse nascondono l'anfora in un cantuccio segreto di giardino, all'aperto, per esporla all'influsso delle stelle, e la sorvegliano, perché non sia rapita dai giovanotti, che la cercano per portarla via. Se i giovani vi riescono, le fanciulle, per riaver l'anfora, devono offrir loro gran quantità di non la rapiscano. – La domenica di Pentecoste, le ragazze si raccolgono per l'ultima volta; circondano l'anfora, e, dopo averla baciata, la mettono fra le braccia d'una di loro; poi, un'altra fanciulla, vestita da sposa, a rappresentar appunto la sposa della festa della "Vigiak", trae dal'anfora un oggetto, mentre una vecchia canta un ritornello, di felicità o di mal augurio o di burla; e così via via per ciascun oggetto gettato nell'anfora; onde le fanciulle si rallegrano o si attristano secondo il presagio lieto o triste. Nelle varie contrade dell'Armenia, la festa della Vigiak presenta qualche cambiamento; ma in tutte è deliziosamente gentile e pensosa, degna d'un popolo delle tradizioni derivate dall'India, la più poetica delle antiche nazioni.”

Domenico Ciampoli (1852–1929) scrittore e bibliotecario italiano
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“La Terra è dura, comanda fatica. Se non si scava a fondo il Vento trascina via i semi. Se li mangiano gli Uccelli.”

Piero Bevilacqua (1944) storico e saggista italiano

Aquila: p. 27
Prometeo e l'aquila

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“Eppure a volte per capire era sufficiente saper ascoltare. Si ricordò di quella volta che era riuscito a descrivere le conseguenze che il terremoto dell'Irpinia dell'80 aveva avuto sull'equilibrio di quella comunità grazie a una semplice intervista. Era bastato l'incontro con un uomo che si aggirava su una collina di macerie a Sant'Angelo dei Lombardi e raccoglieva piccole cose intorno a sé, oggetti all'apparenza privi di importanza: un fermaglio, un posacenere, una penna. Cercava con pazienza tra le pietre e le macerie e, appena qualcosa attirava la sua attenzione, si chinava a prenderla con delicatezza, come si fa con le more nei cespugli, e la riponeva in una scatola di scarpe vuota. Marco si avvicinò e gli chiese dov'era la sua casa e in che condizioni fosse.
– "È tutta qui. Ci stiamo camminando sopra." rispose l'uomo, senza scomporsi.
– "E la sua famiglia?"
– "Stiamo camminando sopra anche a quella. Mia moglie è proprio qui sotto" disse indicando la punta delle scarpe. "Qui siamo sopra la cucina. L'avevo lasciata lì ed ero andato a prendere la legna per il cammino quando è arrivata la scossa. I miei due bambini sono più in là. In quel punto, vede? Quando sono uscito stavano giocando nella loro cameretta. Devono essere ancora lì. E ora, se vuole scusarmi…"”

Franco Di Mare (1955) giornalista e conduttore televisivo italiano

e andò via, lungo quel cimitero di macerie, cercando frammenti della sua vita perduta."
Origine: Da Non chiedere perché, Rizzoli, 2011, pp. 103-104.

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“Più volte haver porai tu fors'udito | la nobiltade et la celebre fama | de 'st'inclyta città posta nel lito | de le syrene. Et Napoli hor si chiama. | A questo lieto et fortunato sito | la giovenetta, ch'anchor via più s'ama, | sepolta giace et come antica autrice | la sirena Parthenope si dice.”

Ioan Bernardino Fuscano poeta italiano

da Stanze sovra la bellezza di Napoli, canto I.52; citato in Cristiana Anna Addesso, Le Stanze del Fuscano sovra la bellezza di Napoli http://www.fedoa.unina.it/2434/1/Addesso_Filologia_Moderna.pdf, Dottorato di ricerca in Filologia moderna, ciclo XVII (2002-2005), Università degli Studi di Napoli Federico II

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“Come la pittura, anche la scultura ha la possibilità di vibrare in mille spezzature di linee, di animarsi per via di sbattimenti d'ombre e di luci, più o meno violenti, d'imprigionarsi misteriosamente in colori caldi e freddi – quantunque la materia ne sia monocroma – ogniqualvolta l'artista sappia calcolare bene il chiaroscuro che è a sua disposizione; di riprodurre in una parola gli esseri con tutto il loro ambiente proprio e di farceli rivivere.”

Medardo Rosso (1858–1928) scultore italiano

Origine: Citato in Piero Adorno, L'arte italiana, [Le sue radici medio-orientali e greco-romane, Il suo sviluppo nella cultura europea], volume III, tomo I, Dall'Illuminismo alle correnti artistiche europee dell'Ottocento, Casa Editrice G. D'Anna, Messina-Firenze, 1998, p. 493.

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“Alla poesia, alla musica, alla religione, si accede per la via del cuore.”

Augusto Guerriero (1893–1981) giornalista e scrittore italiano

Origine: Citato in Claudio Taccucci, Augusto Guerriero (Ricciardetto), p. 218.

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“Salvemini fu ossessionato da un odio ferocissimo contro Giolitti e non vedeva altra via per il popolo italiano che il suffragio universale. Nel cervello di Salvemini vi è caos.”

Benedetto Croce (1866–1952) filosofo, storico e politico italiano

Origine: Citato in Daniela Coli, Il filosofo, i libri, gli editori: Croce, Laterza e la cultura europea, Editoriale scientifica, Napoli, 2002, p. 63.

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“Un anno è finito. Si è tagliata via una fetta al tempo, e il tempo resta intero.”

Jules Renard (1864–1910) scrittore e aforista francese

31 dicembre 1902; Vergani, p. 199
Diario 1887-1910

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“[10 gennaio 1996] Sono risultato positivo per cocaina di proposito, l'ho fatto perché volevo andar via da Napoli.”

Diego Armando Maradona (1960) allenatore di calcio e calciatore argentino

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“Egli sul bianco cavallo | corse via con la sua tromba: | non è qui.”

Giovanni Pascoli (1855–1912) poeta italiano

da A Verdi, p. 527, 1997
Odi e inni

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“[A Vincenzo Consolo] Non parta, non vada via. A Milano, con tutti gli altri, rischia di annullarsi. La lontananza, l'isolamento danno più fascino, suscitano interesse e curiosità.”

Lucio Piccolo (1901–1969) poeta italiano

Origine: Citato in Il barone magico, Vincenzo Consolo http://vincenzoconsolo.it/?p=757, VincenzoConsolo.it, novembre 2015.

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“L'acqua rimane viva e libera scorrendo. Tu rimarrai vivo e libero andando. Se non vai via da me stagnerai e morirai, e sarai contaminato.”

Anthony de Mello (1931–1987) gesuita e scrittore indiano

Un minuto di saggezza nelle grandi religioni

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“[Durante la guerra civile siriana] Il regime siriano ha qualcosa da nascondere. Il via libera agli ispettori è arrivato troppo tardi. Siamo in possesso di informazioni e le stiamo valutando insieme agli alleati.”

John Kerry (1943) politico statunitense

Origine: Citato in Siria, Usa: "Uso armi chimiche innegabile". Cecchini sparano sugli ispettori Onu http://www.repubblica.it/esteri/2013/08/26/news/siria_stati_uniti_e_gran_bretagna_attacco_entro_i_prossimi_dieci_giorni-65290174/?ref=HREA-1, Repubblica.it, 26 agosto 2013.

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“Più passa il tempo, più Craxi si rivela un grande maestro della politica. Non vedo motivi per non dedicargli una via in Italia. I reati di finanziamento illecito di cui era accusato erano reati di un'intera classe politica e oggi sarebbero prescritti.”

Clemente Mastella (1947) politico italiano

dall'intervista a la Repubblica, "I suoi reati sarebbero prescritti che errore l'assenza dell'Unione" http://www.senato.it/notizie/RassUffStampa/070122/d772x.tif del 20 gennaio 2007

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“Sono stufo di scappare» disse, stupito per la calma del proprio tono. «Stufo di vederti minacciare i miei amici. Non scapperò più.»
Anche Ba'alzamon aveva un cordone ombelicale: nero, molto più grosso del suo, così grande che avrebbe reso minuscolo il corpo umano e che invece era reso minuscolo da Ba'alzamon. Ogni pulsazione di quella vena nera consumava luce.
«Credi che faccia differenza, se scappi o ti fermi?» Le fiamme nella bocca di Ba'alzamon risero. Le facce nel focolare piansero all'ilarità del loro padrone. «Sei fuggito da me in molte occasioni, ma ogni volta ti raggiungo e ti costringo a ingoiare il tuo orgoglio condito di lacrime e di piagnistei. In molte occasioni ti sei fermato a combattere e poi, sconfitto, hai strisciato implorando pietà. Hai questa scelta, verme, e solo questa: mettiti in ginocchio ai miei piedi, servimi bene e ti darò potere sopra i troni; oppure diventa il burattino di Tar Valon e urla mentre vieni sgretolato nella polvere del tempo.»
Rand cambiò posizione, con un'occhiata al di là della porta, quasi a cercare una via di fuga. Che il Tenebroso lo pensasse pure. Al di là della porta c'era sempre il nero del nulla, diviso in due dal cavo lucente che partiva dal suo corpo. E c'era anche il cordone ombelicale di Ba'alzamon, così nero da risaltare nella tenebra come sulla neve. I due cordoni pulsavano fuori fase, uno al contrario dell'altro, e la luce resisteva a stento alle ondate di tenebra.
«Ci sono altre scelte» disse Rand. «La Ruota, non tu, tesse il Disegno. Sono sfuggito a tutte le trappole che hai predisposto per me. Sono sfuggito ai Fade e ai Trolloc e ai tuoi Amici delle Tenebre. Ti ho rintracciato qui e ho distrutto il tuo esercito. Non sei tu, a tessere il Disegno.”

Robert Jordan (1948–2007) scrittore statunitense

Rand al'Thor e Ba'alazamon, capitolo 51
La ruota del tempo. L'occhio del mondo

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“No, non c'erano tanti modi di guadagnarsi la libertà! Di recente aveva riflettuto, senza avere l'ingenuità di stupirsene, sullo stato di una civiltà la quale tiene lo spirito in tal conto che chi di esso si nutre, essendone ormai sazio, si risolve pian piano a mangiare a prezzi ridotti. E allora? Non aveva certo voglia di vendere automobili, valori o discorsi, come quei suoi compagni i cui capelli impomatati esprimevano distinzione; né di costruire ponti, come quegli altri i cui capelli mal tagliati esprimevano scienza. Perché lavoravano, costoro? Per crescere nell'altrui considerazione. Lui la odiava, quella considerazione a cui ambivano. La sottomissione all'ordine dell'uomo senza figli e senza dio è la più profonda delle sottomissioni alla morte; dunque, cercare le proprie armi dove non le cercano gli altri: ciò che deve anzitutto esigere da se stesso colui che sa di essere isolato, è il coraggio. Che cosa può farsene del cadavere delle idee che dominano la condotta degli uomini allorché credono la loro esistenza utile a un qualche fine salvifico, o delle parole di quelli che vogliono sottomettere la loro vita a un modello - questi altri cadaveri? Negare alla vita qualsiasi finalità era divenuta una premessa dell'azione. Che altri confondessero pure con l'abbandono al caso questa tormentosa premeditazione dell'ignoto. Strappare le proprie immagini al mondo stagnante che le possiede… «Quel che essi chiamano l'avventura» pensava «non è una fuga, è una caccia: l'ordine del mondo non si distrugge a beneficio del caso, ma della volontà di approfittarne». […] Essere ucciso, scomparire, poco gli importava: non teneva a se stesso, e avrebbe trovato così la sua lotta, se non la sua vittoria. Ma accettare così da vivo la vanità dell'esistenza, come un cancro, vivere con quel tepore di morte nella mano… (Da dove saliva, se non da essa, quell'esigenza di cose eterne, così fortemente impregnata del suo odore di carne?). Che cos'era quel bisogno di ignoto, quella distruzione provvisoria dei rapporti fra prigioniero e padrone - che chi non la conosce chiama avventura - se non la sua difesa contro di essa? Difesa di cieco, che voleva conquistarla per farne una posta del gioco… Possedere più che se stesso, sfuggire alla vita fatta di polvere degli uomini che vedeva ogni giorno…”

André Malraux (1901–1976) scrittore e politico francese

La Via dei Re, Adelphi, 1992, pag. 41-42
La Via dei Re

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“È nei primi stadi che bisogna sbarrare la via ai delitti; una volta che il male abbia messo radici e sia divenuto vecchio come un'infermità congenita, è difficile estinguerlo.”

Iperide (-390–-322 a.C.) politico e oratore ateniese

fr. 204 Jensen, conservato da Giovanni Stobeo in Florilegio, IV, 5, 63 ed. Wachsmuth-Hense; traduzione in Oratori attici minori, p. 311
Orazioni, Frammenti, Di orazioni non identificate