Frasi su momento
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“Questo è il lato più atroce dell'insegnamento morale quale è impartito dai papi e dal clero: che esso sviluppa i lati vili della natura umana, avvezzandola a non sentire le proprie responsabilità, ma a mettere le decisioni finali nelle mani di un sacerdozio, che non dà il consiglio dell'amico, ma dà l'assoluzione o la condanna del giudice. È solo dopo essere vissuto in paesi protestanti, che io ho capito pienamente quale disastro morale sia per il nostro paese non il "cattolicismo" astratto che comprende 6666 forme di possibili cattolicismi, fra cui quelle di san Francesco e di Gasparone, di Savonarola e di Molina, di santa Caterina e di Alessandro VI, ma quella forma di "educazione morale," che il clero cattolico italiano dà al popolo italiano e che i papi vogliono sia sempre data al popolo italiano. È questa esperienza dei paesi protestanti che ha fatto di me non un anticlericale, ma un anticattolico: non darei mai il mio voto a leggi anticlericali (cioè che limitassero i diritti politici del clero cattolico o vietassero l'apostolato cattolico); ma se avrò un solo momento di vita nell'Italia liberata dai Goti, quell'ultimo momento di vita voglio dedicarlo, come individuo libero, alla lotta contro la fede cattolica. Se morirò avendo distrutto nel cuore di un solo italiano la fede nella Chiesa cattolica, se avrò educato un solo italiano a vedere nella Chiesa cattolica la pervertitrice sistematica della dignità umana, non sarò vissuto invano.”

Gaetano Salvemini (1873–1957) storico, politico e antifascista italiano

Origine: Dalla lettera a F. L. Ferrari, agosto 1930; in Opere, Feltrinelli, 1969, vol. 2, parte 3.

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“In realtà, non esiste né la verità né l'errore, né il sì né il no, né una qualsivoglia distinzione, dal momento che tutto – anche due cose fra loro opposte – è Uno.”

Zhuangzi (-369–-286 a.C.) filosofo

citato in Jean Campbell Cooper, Yin e Yang. L'armonia taoista degli opposti, traduzione di Giorgio Milanetti, Ubaldini Editore, Roma, 1982
Citazioni di Chuang Tzu

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“Confesso d'aver letto ciascuno dei 30 volumi di Papini almeno tre volte (e lo confesso pur sapendo che certi idioti di spirito torneranno a gridare al mio "papinismo"). Continuo ad amare tutto quanto Papini, così com'è. Credo che non vi sia miglior elogio che si possa fare a uno scrittore che quello di confessare d'amarlo interamente anche se da lui ci separano le idee, il temperamento e i princìpi religiosi o morali. Dietro quei 30 volumi c'è un uomo maledettamente vivo e integro. Le migliaia di libri che ha letto non l'hanno cambiato. Le idee che ha promosso e abbandonato una dopo l'altra non l'hanno inaridito. La vastità della sua opera non è riuscita a bloccarlo, a paralizzarlo, a consegnarlo completamente alla storia morta. Nessuno nel nostro secolo, neppure André Gide, ha affrontato tante esperienze e lottato su tanti fronti. E mentre Gide non poteva mai astenersi da quel concetto di malintesa "gratuità", Papini si immedesimava tutto in quello che faceva al momento. Amava e odiava con passione, con ogni fibra del suo corpo, a riprova di una vitalità e di uno spessore spirituale rari. Oggi che un'intera classe di uomini pratica il compromesso per paura di esporsi, l'esempio di Papini può ridiventare attuale. È un uomo che non si vergogna dei suoi errori. Un vero segno del genio. Solo gli sterili e i mediocri si preoccupano della perfetta coerenza dei propri pensieri, e sono ossessionati dalla paura di sbagliare. Papini ha sbagliato, si è furiosamente contraddetto e compromesso. Eppure della sua opera è rimasto più di ogni "opera" perfettamente delineata, messa a punto e corretta dalla prima all'ultima pagina.”

Mircea Eliade (1907–1986) storico delle religioni e scrittore rumeno

da L'isola di Euthanasius, Scritti letterari

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“Travaglio è il capolavoro di Santoro, televisivamente inventato da lui come Sgarbi fu inventato da Maurizio Costanzo, come Lorella Cuccarini da Pippo Baudo. E ha funzionato benissimo finché Santoro lo ha diretto nel ruolo di attor giovane, gli ha permesso di leggere la sua pungente letterina senza contraddittorio, senza esporlo mai, senza risposte da dare e senza domande da fare, e infatti non ne fece neppure a Berlusconi quando finalmente se lo trovò davanti. Chiuso e dunque protetto nel recinto del monologo sprezzante, Travaglio era il momento militare, l'esibizione per sadici in panciolle del campione di batteria, un grande spettacolo di ferocia "il cui core business", gli disse Berlusconi, "sono io", non corrida ma rodeo, il combattimento del Selvaggio West ma sotto il tendone da circo. Ogni tanto il padre padrone Santoro gli muoveva qualche dolce rimprovero paterno, "buono, stai buono", che era anche il segnale del viatico dal padrino al figlioccio, dal professore all'allievo, dal vecchio al giovane, dall'uomo al cucciolo. Come sappiamo, quella narrazione e quell'epica sono finite. E senza più il nemico – dicono gli esperti – sta morendo il talk show come spettacolo.”

Francesco Merlo (1951) giornalista e scrittore italiano

Origine: Da Travaglio in fuga dalla piazza tv http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2014/10/18/travaglio-in-fuga-dalla-piazza-tv37.html, la Repubblica, 18 ottobre 2014.

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“[Oltre alla musica hai qualche altra passione?] Si, amo scrivere aforismi e pensieri che nascono principalmente da esperienze e momenti vissuti giorno per giorno.”

Prevale (1983) disc jockey, produttore discografico e conduttore radiofonico italiano

Origine: Intervista di Andrea Belfiore, Professione Dj, Viviromamagazine.com, 4 aprile 2016, pp. 64-65.

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“Un amore non torna | vive quel momento che è, | come un fiore d'inverno | si apre e prende il sole che c'è.”

Mango (cantante) (1954–2014) cantautore, musicista e poeta italiano

da Un amore non torna, n. 4
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“Ciascuna ora è unica, la sola concessa in quel momento, esclusiva ed infinitamente preziosa.”

Abraham Joshua Heschel (1907–1972) rabbino e filosofo polacco

Il Sabato: Il suo significato per l'uomo moderno

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“[Su Pier Paolo Pasolini] Sull'atroce morte di Pasolini s'è scritto tutto; ma sulle ragioni per cui egli non ha potuto non andarle incontro, penso quasi nulla. Cosa lo spingeva, la sera o la notte, a volere e a cercare quegli incontri? La risposta è complessa, ma può agglomerarsi, credo, in un solo nodo e in un solo nome: la coscienza e l'angoscia dell'essere diviso, dell'essere soltanto una parte di un'unità che, dal momento del concepimento, non è più esistita; insomma, la coscienza e l'angoscia dell'essere nati e della solitudine che fatalmente ne deriva. La solitudine, questa cagna orrenda e famelica che ci portiamo addosso da quando diventiamo cellula individua e vivente e che pare privilegiare coloro che, con un aggettivo turpe e razzista, si ha l'abitudine di chiamare "diversi". Allora, quando il lavoro è finito (e, magari, sembra averci ammazzati per non lasciarci più spazio altro che per il sonno e magari neppure per quello); quando ci si alza dai tavoli delle cene perché gli amici non bastano più; quando non basta più nemmeno la figura della madre (con cui, magari, s'è ingaggiata, scientemente o incoscientemente, una silenziosa lotta o intrico d'odio e d'amore) e si resta lì, soli, prigionieri senza scampo, dentro la notte che è negra come il grembo da cui veniamo e come il nulla verso cui andiamo, comincia a crescere dentro di noi un bisogno infinito e disperante di trovare un appoggio, un riscontro; di trovare un "qualcuno"; quel "qualcuno" che ci illuda, fosse pure per un solo momento, di poter distruggere e annientare quella solitudine; di poter ricomporre quell'unità lacerata e perduta.”

Giovanni Testori (1923–1993) scrittore, drammaturgo e storico dell'arte italiano

da A rischio della vita, L'Espresso, 9 novembre 1975

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“Tra tutte le malattie volontarie, nessuna lo infastidisce quanto la nostalgia. Da bambino gli piaceva staccarsi dagli oggetti che gli avevano tenuto compagnia nelle tasche dei pantaloni, nei cassetti disordinati della scrivania, negli angoli segreti della sua camera-tana. Qualsiasi cosa, anche un vecchio tozzo di pane, aveva una storia e serbava un momento del passato. Deve aver cambiato atteggiamento ad un certo punto della vita, e ricorda se stesso incuriosito davanti a un album di foto di famiglia ereditato dai genitori, in particolare dalla madre: quel pozzo di sapienze emozionali e di memorie che risalivano a tre generazioni prima e a un povero albero genealogico dai rami poderosi. Morti i genitori, Carvalho aveva dedicato una sera a interrogare i volti presenti nell'album di foto. Ma tu chi sei? Che cosa ci fai qui? Per quale motivo dovresti far parte dei miei ricordi? In un certo senso, sua madre gli aveva affidato il pesante fardello di conservare la memoria familiare, ma a Carvalho la responsabilità parve eccessiva e bruciò l'album nel caminetto di casa, lo bruciò insieme alla tristezza ed al rimorso, altrimenti per tutta la vita l'anima gli avrebbe lacrimato davanti ad ogni foto sconosciuta, ad ogni tentativo di domandare alla madre morta: Chi è questo qui? Che cosa ci fa tra questa gente? Che cosa lo lega a noi altri? E quando passeggiava nella sua autentica patria, il Distrito V, si rifiutava di compiacere le viscere della nostalgia soffermando gli occhi su persone o luoghi che sembravano chiamarlo.”

Manuel Vázquez Montalbán (1939–2003) scrittore, saggista e poeta spagnolo

da Storie di padri e figli – Da tetti e terrazzi
Senza informazioni bibliografiche complete

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“[Raccontando di quando attraversò un campo di battaglia dal quale non erano stati ancora portati via i morti] Ad un tratto un cane sbuca di sotto il mantello di un cadavere, si slancia verso di noi, e ritorna subito nel suo nascondiglio emettendo dolorosi guaiti. La bestiola leccava, convulsamente la faccia del morto, e si dirigeva poi di nuovo verso di noi come per implorare soccorso, o per chiedere vendetta. Fosse lo stato d'animo, o il luogo o il tempo o il fatto stesso, o altro che non so spiegare, certo è che mai nulla, in nessun altro campo di battaglia, mi ha tanto commosso. Mi fermai un momento per apprezzare quella scena. Quest'uomo, mi dicevo, forse ha degli amici, ne ha forse in questo campo, nella sua compagnia, e giace qui, abbandonato da tutti meno che dal suo cane! Che lezione ci dà la natura tramite un animale!…
Che cosa è mai l'uomo e quale è il mistero delle sue impressioni! Avevo, senza commuovermi, ordinato battaglie che dovevano decidere della sorte dell'esercito, avevo veduto, con occhio distaccato, eseguire movimenti che portavano alla perdita di molti tra noi e ora mi sentivo toccato nel profondo dai gemiti e dal dolore di un cane… Quello che è certo è che in quel momento sarei stato più arrendevole verso un nemico supplichevole: capii meglio il gesto di Achille che restituisce il corpo di Ettore al pianto di Priamo.”

Origine: Citato in Las Cases, p. 203 https://books.google.it/books?id=bbtZAQAAQBAJ&pg=PT203.

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“Ogni rivoluzionario a un certo momento diventa conservatore.”

Benito Mussolini (1883–1945) politico, giornalista e dittatore italiano
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“Napoli non è una città violenta, semmai la capitale del crimine ora è Roma. Certo, in momenti come questi chi gira con auto e orologi di lusso dimostra di non essere diventato abbastanza napoletano.”

Aurelio De Laurentiis (1949) produttore cinematografico, dirigente sportivo e imprenditore italiano

Origine: Citato in Tancredi Palmeri Il blob del 2011.Le migliori frasi http://www.gazzetta.it/Sport_Vari/Altri_Sport/Altri/30-dicembre-2011/blob-2011-migliori-frasi-804163295835.shtml, Gazzetta.it, 31 dicembre 2011.

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“Vi amo tutti, ma dovete perdonarmi se ho perso la voce urlando e lamentandomi questa settimana e ho perso la testa un po’ di tempo prima quest’anno per cui dovrò leggere. Grazie Hollywood Foreign Press, giusto per sottolineare quello che ha già detto Hugh Laurie, voi e tutti noi apparteniamo alla categoria più diffamata in America. Pensateci: Hollywood, foreigners (stranieri), press (stampa). Ma chi siamo noi e che cosa è Hollywood? Siamo solo persone provenienti da altri luoghi. Sono nata e cresciuta e ho studiato nelle scuole pubbliche del New Jersey. Viola è nata nella cabina di un mezzadro in South Carolina ed è cresciuta a Central Falls, Rhode Island; Sarah Paulson è nata in Florida, allevata da una madre single a Brooklyn. Sarah Jessica Parker è una di sette o otto fratelli dell’Ohio. Amy Adams è nata a Vicenza, in Italia. E Natalie Portman è nata a Gerusalemme. Dove sono i loro certificati di nascita? E la bella Ruth Negga è nata ad Addis Abeba, in Etiopia, cresciuta a Londra – o forse in Irlanda ed è qui nominata per aver interpretato una ragazza proveniente da una piccola città della Virginia. Ryan Gosling, come tutte le persone migliori, è canadese, e Dev Patel è nato in Kenya, cresciuto a Londra, e qui ha interpretato un indiano cresciuto in Tasmania. Hollywood è dunque infestata da stranieri e da gente che viene da fuori. E se li cacciassimo tutti a calci non ci rimarrebbe nulla da guardare se non il football e le arti marziali. Che non sono arti. Mi hanno dato tre secondi per dire queste parole: il lavoro di un attore è quello di infilarsi nella vita delle persone diverse da noi, e far sentire come ci si sente. E nell’anno passato ci sono state molte, molte, molte prove di attore potenti in questo senso. Mozzafiato. Ma ce n’è stata una quest’anno che mi ha stordito. Colpito al cuore. Non perché fosse particolarmente buona; non c’era niente di buono. Ma è stata efficace e ha fatto il suo dovere. Ha fatto ridere l’audience a cui era destinata. È stato il momento in cui la persona che chiedeva di sedersi sulla poltrona più rispettata nel nostro Paese ha imitato un giornalista disabile che superava per privilegi, potere e per capacità di reagire. Vedere quella scena mi ha spezzato il cuore e ancora non riesco a togliermela dalla testa. Perché non era un film. Era vita reale. E questo istinto di umiliare gli altri, quando è usato da qualcuno che ha una grande visibilità, da parte di qualcuno potente, si trasmette nella vita di tutti, perché dà un pò il permesso agli altri di fare la stesse cose. La mancanza di rispetto incoraggia altra mancanza di rispetto, la violenza incita alla violenza. E quando i potenti usano la loro posizione di prevaricare gli altri tutti noi perdiamo. O. K., andare avanti con lui. E questo mi porta alla stampa. Abbiamo bisogno di una stampa capace di esercitare il controllo sui potenti, e farli rispondere per ogni gesto oltraggioso. È per questo che i nostri fondatori hanno inserito la libertà di stampa ed espressione nella Costituzione. Quindi chiedo alla facoltosa Hollywood Foreign Press e a tutti i presenti di unirsi a me nel sostenere il Comitato per la protezione dei giornalisti, perché ne avremo bisogno nell’immediato futuro, ne avremo bisogno per salvaguardare la verità. Ancora una cosa: una volta me ne stavo sul set a lamentarmi per qualcosa – del tipo che stavamo lavorando troppo o all’ora di cena o qualcosa di simile – e Tommy Lee Jones mi disse: «Non è un già un enorme privilegio, Meryl, essere solo un'attrice?». In effetti è proprio così, e dobbiamo ricordarci a vicenda il privilegio e la responsabilità di questo mestiere. Dovremmo essere tutti orgogliosi del lavoro di Hollywood che si onora qui stasera. Come la mia amica, la Principessa Leia, mi ha detto una volta, prendete il vostro cuore spezzato, e fatene arte."”

Meryl Streep (1949) attrice, doppiatrice e produttrice cinematografica statunitense

Golden Globe 2017, Meryl Streep riceve il Golden Globe alla carriera

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“Noi chiediamo che lo Stato risarcisca le vittime dei reati commessi da persone che non dovevano essere lì in quel momento, dunque beneficiari di svuota carceri e clandestini. Se liberi per incapacità dello Stato di gestire determinate emergenze, è giusto che paghi lo Stato e risarcisca le vittime.”

Giorgia Meloni (1977) politica e giornalista italiana

Origine: Citato in Giorgia Meloni, la sfida a Renzi: "Lo Stato risarcisca le vittime dei clandestini" http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/11870395/giorgia-meloni-risarcimento-vittime-clandestini-fratelli-italia-pacchetto-sicurezza.html, LiberoQuotidiano.it, 22 gennaio 2016.

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“In ogni momento abbiamo il potenziale per servire la vita oppure distruggerla.”

Marshall Rosenberg (1934–2015) psicologo statunitense

Preferisci avere ragione o essere felice?

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“La fotografia è una mannaia che coglie nell'eternità l'istante che l'ha abbagliata.”

Henri Cartier-Bresson (1908–2004) fotografo francese

libro Il momento decisivo

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“Sei talmente abituato a vivere da vittima che la felicità che ricevi in questo momento ti fa piangere.”

Alejandro Jodorowsky (1929) scrittore, drammaturgo e poeta cileno

libro Il maestro e le maghe

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“In certi libri ci sono passi in grado di penetrarci così a fondo che non possiamo più scordarli, non tanto per la bravura dell'autore quanto perché "la vicenda pare scorrere per conto suo", quasi "si fosse scritta da sé". Simili passi ci rimangono nella mente, o nel cuore - o comunque tu voglia chiamarlo - non tanto come portentose creazioni di un mastro artigiano quanto come momenti teneri, strazianti e dolorosi, che ricorderemo per anni e addirittura oltre alla stregua dei periodi d'inferno (o paradiso) che viviamo realmente. Quindi, vedi, se fossi un eccellente maestro della parola invece che l'ultimo arrivato tra i rubricisti, sarei sicuro che questa è una delle pagine della mia opera intitolata Rüya e Galip che potrebbero rimanere in mente per anni ai miei sensibili e intelligenti lettori. Ma è un tipo di certezza di cui non dispongo. È per questo che su questa pagina, caro lettore, vorrei lasciarti solo con i tuoi ricordi. E il modo migliore per farlo sarebbe suggerire al tipografo di coprire del tutto le pagine successive con un inchiostro nero. In modo che potessi essere tu a usare la tua fantasia allo scopo di creare ciò a cui io non so rendere giustizia con la mia prosa. E, per descrivere il nero del sogno in cui mi sono trovato sprofondato nel punto in cui ho interrotto la mia storia, ricordati il silenzio da cui è stata inondata la mia mente nel corso delle successive vicende, che ho vissuto come fossi sonnambulo. Considera dunque le pagine che seguono, le pagine nere, alla stregua dei ricordi di un sonnambulo.”

The Black Book

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“Era vestito completamente di nero e con una eleganza che non era abituale fra i filibustieri del grande Golfo del Messico, uomini che si accontentavano di un paio di calzoni e d'una camicia, e che curavano più le loro armi che gli indumenti.
[…]
Anche l'aspetto di quell'uomo aveva, come il vestito, qualcosa di funebre, con quel volto pallido, quasi marmoreo, che spiccava stranamente fra le nere trine del colletto e le larghe tese del cappello, adorno d'una barba corta, nera, tagliata alla nazzarena un po' arricciata.
Aveva però i lineamenti bellissimi: un naso regolare, due labbra piccole e rosse come il corallo, una fronte ampia solcata da una leggera ruga che dava a quel volto un non so che di malinconico, due occhi poi neri come carbonchi, d'un taglio perfetto, dalle ciglia lunghe, vivide e animate da un lampo tale che in certi momenti doveva sgomentare anche i più intrepidi filibustieri di tutto il golfo.
La sua statura alta, slanciata, il suo portamento elegante, le sue mani aristocratiche, lo facevano conoscere, anche a prima vista, per un uomo d'alta condizione sociale e soprattutto per un uomo abituato al comando.”

Emilio Salgari (1863–1911) scrittore italiano

Il corsaro nero
Variante: Un uomo era sceso allora dal ponte di comando e si dirigeva verso di loro, con una mano appoggiata al calcio d'una pistola che pendevagli dalla cintola.
Era vestito completamente di nero e con una eleganza che non era abituale fra i filibustieri del grande Golfo del Messico, [... ].
Anche l'aspetto di quell'uomo aveva, come il vestito, qualche cosa di funebre, con quel volto pallido, quasi marmoreo, che spiccava stranamente fra le nere trine del colletto e le larghe tese del cappello, adorno d'una barba corta, nera, tagliata alla nazzarena e un po' arricciata.
Aveva però i lineamenti bellissimi: un naso regolare, due labbra piccole e rosse come il corallo, una fronte ampia solcata da una leggera ruga che dava a quel volto un non so che di malinconico, due occhi poi neri come carbonchi, d'un taglio perfetto, dalle ciglia lunghe, vivide e animate da un lampo tale che in certi momenti doveva sgomentare anche i più intrepidi filibustieri di tutto il golfo.
La sua statura alta, slanciata, il suo portamento elegante, le sue mani aristocratiche, lo faceva conoscere, anche a prima vista, per un uomo d'alta condizione sociale e soprattutto per un uomo abituato al comando.

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“Bisognerebbe saper attendere, raccogliere, per una vita intera e possibilmente lunga, senso e dolcezza, e poi, proprio alla fine, si potrebbero forse scrivere dieci righe valide. Perché i versi non sono, come crede la gente, sentimenti (che si acquistano precocemente), sono esperienze. Per scrivere un verso bisogna vedere molte città, uomini e cose, bisogna conoscere gli animali, bisogna capire il volo degli uccelli e comprendere il gesto con cui i piccoli fiori si aprono al mattino. Bisogna saper ripensare a itinerari in regioni sconosciute, a incontri inaspettati e congedi previsti da tempo, a giorni dell'infanzia ancora indecifrati, ai genitori che eravamo costretti a ferire quando portavano una gioia e non la comprendevamo (era una gioia per qualcun altro), a malattie infantili che cominciavano in modo così strano con tante profonde e grevi trasformazioni, a giorni in stanze silenziose e raccolte e a mattine sul mare, al mare sopratutto, a mari, a notti di viaggio che passavano con un alto fruscio e volavano assieme alle stelle - e ancora non è sufficiente poter pensare a tutto questo. Bisogna avere ricordi di molte notti d'amore, nessuna uguale all'altra, di grida di partorienti e di lievi, bianche puerpere addormentate che si rimarginano. Ma bisogna anche essere stati accanto ad agonizzanti, bisogna essere rimasti vicino ai morti nella stanza con la finestra aperta e i rumori intermittenti. E non basta ancora avere ricordi. Bisogna saperli dimenticare, quando sono troppi, e avere la grande pazienza di attendere che ritornino. Perché i ricordi in sé ancora non sono. Solo quando diventano sangue in noi, sguardo e gesto, anonimi e non più distinguibili da noi stessi, soltanto allora può accadere che in un momento eccezionale si levi dal loro centro e sgorghi la prima parola di un verso.”

The Notebooks of Malte Laurids Brigge

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“«Le strade di Fantàsia», disse Graogramàn, «le puoi trovare solo grazie ai tuoi desideri. E ogni volta puoi procedere soltanto da un desiderio al successivo. Quello che non desideri ti rimane inaccessibile. Questo è ciò che qui significano le parole 'vicino' e 'lontano'. E non basta volere soltanto andar via da un luogo. Devi desiderarne un altro. Devi lasciarti guidare dai tuoi desideri.»
«Ma io non desidero affatto andarmene da qui», ribatté Bastiano.
«Dovrai trovare il tuo prossimo desiderio», replicò Graogramàn in tono quasi severo.
«E quando l'avrò trovato», fece Bastiano di rimando, «come potrò andarmene da qui?»
«Ascolta, mio signore», disse Graogramàn a voce bassa, «in Fantàsia c'è un luogo che conduce ovunque e al quale si può giungere da ogni parte. Viene chiamato il Tempio delle Mille Porte. Nessuno lo ha visto dall'esterno, perché non ha un esterno. Il suo interno consiste in un labirinto di porte. Chi lo vuole conoscere deve avere il coraggio di inoltrarsi in quel labirinto.»
«Ma come è possibile, se non ci si può avvicinare dall'esterno?»
«Ogni porta», continuò il leone, «ogni porta in tutta Fantàsia, persino una comunissima porta di cucina o di stalla, sicuro, persino l'anta di un armadio, può in un determinato momento diventare la porta d'ingresso al Tempio delle Mille Porte. Passato quell'attimo, torna a essere quello che era, una porta qualsiasi. Perciò nessuno
può passare per più di una volta dalla stessa porta. E nessuna delle mille porte riconduce là da dove si è venuti. Non esiste ritorno.»
«Ma una volta che si è dentro», domandò Bastiano, «si può uscirne?»
«Sicuro», rispose il leone, «però non è così facile come nei soliti edifici. Perché attraverso il labirinto delle Mille Porte ti può guidare solo un vero desiderio. Chi non lo ha è costretto a continuare a vagarci dentro fino a quando sa esattamente che cosa desidera. E questo talvolta richiede molto tempo.»
«E come si fa a trovare la porta d'ingresso?»
«Bisogna desiderarlo.»
Bastiano rifletté a lungo e poi disse:
«È strano che non si possa semplicemente desiderare quello che si vuole. Ma, per la verità, da dove ci vengono i desideri? E che cos'è un desiderio?»
Graogramàn guardò il ragazzo a occhi spalancati, ma non rispose.

Qualche giorno più tardi ebbero un altro colloquio molto importante.
Bastiano aveva mostrato al leone la scritta sul rovescio dell'amuleto. «Che cosa può significare?» domandò. «FA' CIO' CHE VUOI, questo vuol dire che posso fare tutto quello che mi pare, non credi?»
Il volto di Graogramàn assunse d'improvviso un'espressione di terribile serietà e i suoi occhi divennero fiammanti.
«No», esclamò con quella sua voce profonda e tonante, «vuol dire che devi fare quel che è la tua vera volontà. E nulla è più difficile.»
«La mia vera volontà?» ripeté Bastiano impressionato. «E che cosa sarebbe?»
«È il tuo più profondo segreto, quello che tu non conosci.»
«E come posso arrivare a conoscerlo?»
«Camminando nella strada dei desideri, dall'uno all'altro, e fino all'ultimo. L'ultimo ti condurrà alla tua vera volontà.»
«Ma questo non mi pare tanto difficile.»
«Di tutte le strade è la più pericolosa», replicò il leone.
«Perché?» domandò Bastiano. «Io non ho paura.»
«Non è di questo che si tratta», ruggì Graogramàn, «ciò richiede la massima sincerità e attenzione, perché non c'è altra strada su cui sia tanto facile perdersi definitivamente.»”

Michael Ende (1929–1995) scrittore tedesco
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“Dal momento che alla donna è stata riconosciuta nel campo politico la piena eguaglianza col diritto di voto attivo e passivo, ne consegue che la donna stessa dovrà essere emancipata dalle condizioni di arretratezza e di inferiorità in tutti campi della vita sociale, e restituita ad una posizione giuridica tale da non menomare la sua personalità e la sua dignità di donna e di cittadina.”

Nilde Iotti (1920–1999) politica italiana

Origine: Da un intervento all'Assemblea Costituente della Repubblica Italiana, 1946; citato in Tiziana Bagnato, Nilde Iotti, Una pioniera della politica al femminile http://www.instoria.it/home/nilde_iotti.htm, Instoria.it, n. 17, ottobre 2006.

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Questa traduzione è in attesa di revisione. È corretto?
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