Frasi su prima
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“L'orologio che mi avete regalato sarà per me eterna fonte di gioia. L'avrei ringraziata prima, ma ho preferito aspettare una settimana per essere sicuro che 'st'aggeggio funzionasse.”

Groucho Marx (1890–1977) comico

Origine: Citato in Gino e Michele, Matteo Molinari, Le Formiche: anno terzo, Zelig Editore, 1995, § 1192.

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“Sono cieco, per caso, ma prima di perdere la vista, ho guardato più di mille volte le immagini che contemplerete.”

Jean Paul Sartre (1905–1980) filosofo, scrittore, drammaturgo e critico letterario francese

Bariona o il figlio del tuono

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“Non puoi essere felice se non metti per prima la felicità delle altre persone.”

Russell Brand (1975) conduttore radiofonico, conduttore televisivo e attore britannico

Origine: Citato in City, 20 aprile 2011, pag. 1.

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“[Riferito ai presunti favoreggiamenti della Fia per la Ferrari] La Fia usa due pesi e due misure. A Hockenheim le prime tre vetture sul traguardo furono trovate tutte irregolari nel gradino del fondo piatto ma siccome era la prima volta che lo si usava, la Fia lasciò correre.”

Michael Schumacher (1969) pilota automobilistico tedesco

Origine: Da un'intervista a Auto Bild; citato in Schumacher: "La Fia favorisce la Ferrari" http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/09/02/schumacher-la-fia-favorisce-la-ferrari.html, la Repubblica, 2 settembre 1994.

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“Gli anziani hanno un'opinione su tutto, e nella vita non esitano più prima di agire.”

Anna Frank (1929–1945) ebrea tedesca vittima del nazismo

Mondadori 1966, pp. 231-232

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“Prima vennero per i comunisti | e io non alzai la voce | perché non ero un comunista. | Poi vennero per i socialdemocratici | e io non alzai la voce | perché non ero un socialdemocratico. | Poi vennero per i sindacalisti | e io non alzai la voce | perché non ero un sindacalista. | Poi vennero per gli ebrei | e io non alzai la voce | perché non ero un ebreo. | Poi vennero per me | e allora non era rimasto nessuno | ad alzare la voce per me.”

dal discorso sull'atteggiamento lassista nei confronti dei nazisti; citato in Magdi Allam, Viva Israele, Mondadori
Una parafrasi della poesia di Martin Niemöller è spesso attribuita erroneamente a Brecht.
Prima vennero
Origine: Harold Marcuse, Martin Niemöller's famous quotation: "First they came for the Communists" What did Niemoeller really say? Which groups did he name? In what order? http://www.history.ucsb.edu/faculty/marcuse/niem.htm. Uno studio sull'origine della più famosa citazione attribuita a Martin Niemöller. Vedi anche Prima vennero....

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“E allora lei rise, era la prima volta che la vedevo ridere, e tu lo sai bene, Andersson, com'è Jun quando ride, non è che uno può star lì e far finta di niente, se c'è Jun che gli ride lì davanti è chiaro che uno finisce per pensare se io non bacio questa donna impazzirò. E io pensai: se non bacio questa ragazza impazzirò.”

Castelli di rabbia
Castelli di rabbia
Variante: Allora lei rise, era la prima volta che la vedevo ridere, e tu lo sai bene, Andersson, com'è Jun quando ride, non è che uno può star lì e far finta di niente, se c'è Jun che gli ride lì davanti è chiaro che uno finisce per pensare se io non bacio quella donna impazzirò. E io pensai: se non bacio quella ragazza impazzirò.

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“Prima bisogna vivere, e dopo si può filosofare.”

Aristotele (-384–-321 a.C.) filosofo e scienziato greco antico

Origine: Citato in Giovanni Chimirri, Trattato filosofico sulla libertà. Etica della persona e teoria dell'agire.

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“Prima del giorno della giustizia mando il giorno della Misericordia.”

Faustina Kowalska (1905–1938) religiosa e santa polacca

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“[Sulla battaglia di Maida] […] il primo giugno, una squadra inglese venne a gettare l'ancora nel golfo di Eufemia per sbarcare sulla spiaggia, fra la foce del Lamato e quella dell'Angitola, un contingente di seimila soldati britannici comandati da sir John Stuart, nonché alcuni personaggi atti a capeggiare una insurrezione popolare nel paese. Era allora di stanza a Nicastro una compagnia di polacchi al comando del capitano Laskowsky. Essa si portò sulla riva insieme a un corpo di volontari a cavallo formato dai giovani della nobiltà cittadina, che, come già nel 1799, aveva abbracciato la causa dei francesi. Ma dopo un breve combattimento la piccola formazione dovette ripiegare su Maida, dove il generale Reynier stava raccogliendo in tutta fretta le forze francesi più vicine. Subito la plebe di Nicastro prese le armi e risollevò la bandiera dei Borboni, mise a sacco le case dei nobili sostenitori del re Giuseppe e sgozzò i soldati francesi malati che gremivano l'ospedale civile. «Nella città di Nicastro» scriveva qualche giorno dopo Giuseppe a Napoleone, «il comandante delle guardie d'onore è stato accecato e poi crocifisso; era un principe che mi aveva accolto in casa sua». La sera del 3 il generale Reynier, scorgendo Nicastro illuminata dal balcone della casa da lui occupata a Maida, disse agli ufficiali del suo stato maggiore: «Domani batteremo gli inglesi e dopodomani bruceremo Nicastro». […] Reynier disponeva solo di 4.000 uomini. Tutto gli imponeva di attendere gli inglesi nella posizione eccezionalmente forte di Maida, da dove difficilmente lo avrebbero potuto scacciare. Ma egli credette che anche dei britannici, come già dei napoletani, sarebbe venuto a capo con facilità. Commise perciò l'errore, enorme, di scendere in pianura per attaccare in campo loro le forze di sir John Stuart, superiori di numero, e per giunta appoggiate dall'artiglieria della flotta. Lo scontro ebbe luogo il 4 luglio; esso fu breve e terminò con la disfatta delle nostre truppe. In questa occasione, come in quasi tutte le battaglie che ebbero luogo in quello stesso periodo tra le due nazioni, il sangue freddo e la precisione di tiro degli inglesi fermarono nettamente l'impeto dei francesi e inflissero loro perdite enormi rispetto al numero degli arruolati. Era la prima volta, da lunghissimo tempo, che i francesi subivano una sconfitta per terra. Sir John Stuart ne fu tanto orgoglioso che arrivò ad insultare i vinti. «Mai» disse nel suo rapporto, «la vanità del nostro presuntuoso nemico è stata più duramente mortificata, mai la superiorità delle truppe britanniche più gloriosamente provata come negli avvenimenti di questa giornata memorabile». Sebbene da entrambe le parti pochissime fossero le truppe schierate, la battaglia ebbe conseguenze rilevanti. I francesi perdettero per qualche tempo tutta la Calabria. Il generale Reynier fu costretto a ritirarsi in disordine per la vallata del Lamato su Catanzaro, che raggiunse con molta fatica l'indomani.
Fortunatamente, per lui, gli inglesi non pensarono ad inseguirlo. Di lì a qualche giorno, pago del suo successo, sir John Stuart fece nuovamente imbarcare i suoi uomini, dopo aver calato a terra il materiale necessario ad armare una insurrezione calabrese, a capo della fu designato il maggiore Gualtieri, soprannominato Pane di Grano.”

François Lenormant (1837–1883) assiriologo e numismatico francese

citato in Viaggiatori stranieri nel Sud, a cura di Atanasio Mozzillo, Saggi di cultura contemporanea, 1982, Edizioni di Comunità, Milano, p. 288

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“Karin Ebnet: Raccontaci del tuo passato, quando a Londra dividevi l'appartamento con il tuo amico Tom Sturridge [co-protagonista in La fiera delle vanità].
Robert Pattinson: Era un periodo molto difficile. Non era facile trovare lavoro e i soldi scarseggiavano. Un po' per scaldarci, un po' per tirarci su, per un anno abbiamo passato ogni sera ad ubriacarci. A salvarmi è stato Harry Potter…
Karin Ebnet: La stampa britannica ti ha definito il nuovo Jude Law: ti ci ritrovi in questa definizione?
Robert Pattinson: A dire il vero non vedo una gran somiglianza anche se da ragazzino ho fatto anch'io il fotomodello. Almeno finché ho smesso di sembrare una bambina…
Karin Ebnet: Qual è stata la scena di Twilight più impegnativa da girare?
Robert Pattinson: Sembrerà strano ma è quella in cui mi mostro per la prima volta a Bella alla luce del sole. È stato difficilissimo rendere il modo in cui la pelle reagisce alla luce. Abbiamo provato ad utilizzare su di me dei sali minerali che riflettono la luce, poi abbiamo testato una tinta bluastra sulla faccia di un assistente di produzione ma non ha funzionato molto bene…
Karin Ebnet: Imparare a volare è stato quindi più semplice…
Robert Pattinson: Non proprio. Sembra facile: tu stai lì tranquillo e aspetti di essere sollevato coi cavi. Ma è molto difficile mantenere il baricentro e l'equilibrio e, al contempo restare abbastanza "sciolti" per farsi trasportare qua e là.
Karin Ebnet: Come definiresti Edward?
Robert Pattinson: È un vampiro ma non vorrebbe esserlo, è pieno di conflitti interiori. È un poeta, una persona molto profonda e straordinariamente inquieta.
Karin Ebnet: Come ti sei preparato al ruolo?
Robert Pattinson: Nel libro la storia è raccontata dalla prospettiva di Bella, così ho letto alcuni capitoli del romanzo scritto dal punto di vista di Edward (Midnight Sun, ancora inedito). Inoltre, ho cercato di sviluppare i pettorali ma è stata un'impresa impossibile!”

Robert Pattinson (1986) attore britannico
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“Ho appena sentito che 15 anni fa, il 22 settembre 1997, sono entrato per la prima volta nel ranking ATP, al numero 803, con 12 punti. Eccomi pronto per i prossimi 15.”

Roger Federer (1981) tennista svizzero

2012
Origine: Citato in Federer: "Sono da 15 anni nel ranking: pronto per i prossimi 15..." http://www.ubitennis.com/sport/tennis/2012/09/24/776932-federer_sono_anni_ranking_pronto_prossimi.shtml, Ubitennis.com, 24 settembre 2012.

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“Era magnifico quel tempo, com'era bello, | quando eravamo collegati, perfettamente, | al luogo e alle persone che avevamo scelto, prima di nascere.”

Franco Battiato (1945) musicista, cantautore e regista italiano

da Un irrestibile richiamo, n. 1
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“L'Inter prima del 2006 arrivava a 15 punti dalla Juventus. Finito l'alone di Calciopoli è ritornata nell'ambito che le è più proprio, cioè a 23 punti dalla Juventus e al sesto posto. Questa è la dimostrazione migliore che il calcio era pulito e che c'era chi non sapeva operare.”

Luciano Moggi (1937) dirigente sportivo italiano

Origine: Da RTL 102.5; citato in Moggi: «La Juve ha ragione a chiedere 30 scudetti» http://www.tuttosport.com/calcio/serie_a/juventus/2012/05/07-186471/Moggi%3A+%C2%ABLa+Juve+ha+ragione+a+chiedere+30+scudetti%C2%BB, Tuttosport, 7 maggio 2012

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“Non tutti i «gentili» – per sfortuna degli ebrei – sono stati degli «ingenui» o «zucche vuote» come essi amano chiamarli. Anche essi, o almeno una parte di essi ha saputo guardare il viso non amabile forse, ma pur tuttavia immutabile, della realtà. Un colpo tremendo deve aver subito il cuore ebreo nel vedere sorgere un movimento, quale quello fascista che denunciava la inconsistenza pratica della parola libertà nel campo politico dove gli uomini sono in tal modo costrutti da trasformare la libertà loro accordata in anarchia. Una rabbia immensa deve aver riempito il cuore degli anziani di Sion, nel sentire dei non ebrei dire che il comunismo è un'utopia irraggiungibile e che le sue applicazioni pratiche sono costruzioni meccaniche e crudeli dove milioni di schiavi lavorano per una minoranza di dirigenti (ebrei). L'odio di chi vede svelati i suoi piani è enorme, l'odio di chi vede rovinati i propri piani è tremendo. Questo odio degli ebrei contro il fascismo è la causa prima della guerra attuale. La vittoria degli avversari solo in apparenza, infatti, sarebbe una vittoria degli anglosassoni e della Russia; in realtà sarebbe una vittoria degli ebrei. A quale ariano, fascista o non fascista, può sorridere l'idea di dovere in un tempo non lontano essere lo schiavo degli ebrei? È certo una buona arma di propaganda presentare gli ebrei come un popolo di esseri ripugnanti o di avari strozzini, ma alle persone intelligenti è sufficiente presentarli come un popolo intelligente, astuto, tenace, deciso a giungere, con qualunque mezzo, al dominio del mondo. Sarà chiara a tutti, anche se ormai i non convinti sono pochi, la necessità ineluttabile di questa guerra, intesa come una ribellione dell'Europa ariana al tentativo ebraico di porla in stato di schiavitù". (da La Provincia grande – Sentinella d'Italia, Foglio d'ordini settimanale della Federazione dei Fasci di Combattimento di Cuneo, 14 agosto 1942).”

Giorgio Bocca (1920–2011) giornalista italiano
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“Sarà l'ordinario a fare la magia, | come un cerchio nell'istante prima che si chiuda.”

Neffa (1967) cantautore e rapper italiano

da Nella luce delle 06:00, n. 19
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“Il patto è… stringerci di più, prima di perderci, forse ci sentono lassù… è un po' come sputare via il veleno… urlando contro il cielo!”

Luciano Ligabue (1960) cantautore italiano

da Urlando contro il cielo, n. 10
Lambrusco coltelli rose e popcorn

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“Nella storia dell'umanità non cala mai il sipario. Se solo ci si potesse allontanare dal teatro prima della fine dello spettacolo.”

Enzo Biagi (1920–2007) giornalista, scrittore e conduttore televisivo italiano

da Fatti personali

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“Non voglio farla troppo lunga sulla mia traiettoria politica. Da elettore radicale, ho simpatizzato una prima volta per Berlusconi nel '94; da dirigente radicale, negli anni successivi, ho ripetutamente cercato – senza riuscirvi – di contribuire a un'intesa politica tra Forza Italia e il mio partito di allora; molto spesso, negli anni passati, ho considerato Berlusconi un avversario, e mi è capitato di indirizzargli non poche critiche; se in Italia ci fosse stata un'operazione davvero blairiana nel centrosinistra, molto probabilmente avrebbe visto una mia entusiastica adesione; ma la mia valutazione è che nello schieramento alternativo al Pdl non ci sia oggi spazio per una politica liberale. Per questo (fatto decisamente raro nel nostro Paese…), ho scelto nel novembre 2007 di dimettermi dalla Presidenza della Commissione attività produttive della Camera, dopo aver lasciato il mio partito. Sono state le due finanziarie del Governo Prodi a indirizzarmi verso quella scelta: mi sono espresso contro la prima manovra, e alla seconda ho ritenuto giusto lasciare la poltrona, come si dice. Le mie dimissioni – cosa che racconterò ai miei nipotini, se ne avrò – caddero proprio nel periodo in cui sembrava che l'Esecutivo Prodi potesse reggere a lungo: quelle che la stampa aveva definito "spallate" erano infatti fallite, e ho ancora nelle orecchie l'affettuoso "ma sei matto?" con cui amici autorevoli commentarono la mia decisione, tecnicamente suicida, almeno secondo i parametri della politica romana. La mia valutazione – invece – è che sia tuttora addirittura incalcolabile il danno arrecato al centrosinistra, oltre che all'Italia, dalle decisioni economiche del Governo Prodi-Visco-Padoa Schioppa. Va ricordato che il Governo Prodi ebbe la fortuna di lavorare in un momento positivo dell'economia mondiale: e invece bruciò questa grande opportunità rinunciando alle riforme, aumentando le tasse a tutti, gettando acqua gelida sulla crescita, e infine – per sovrammercato – ingannando il Paese con la telenovela del "tesoretto". Così, in quei mesi, si è prodotta una frattura difficilmente ricomponibile tra il centrosinistra e i cinque milioni di piccole imprese industriali, artigianali, commerciali, dei servizi, che rappresentano la spina dorsale economica del Paese. E non poteva bastare, come ha fatto Veltroni, "far sparire" Visco. Serviva, invece, molto più coraggio: occorreva un'autocritica pubblica e definitiva rispetto a una scellerata politica anti-imprese, con l'impegno solenne, per il futuro, a incamminarsi nella direzione opposta. Neppure questo, forse, sarebbe stato sufficiente a vincere: ma – almeno – sarebbe servito a dare al Pd un profilo nuovo, e a metterlo in condizione di tornare competitivo in futuro, almeno in tempi medi. Per queste ragioni, quando la legislatura si è successivamente interrotta, come tanti altri italiani ho trovato molto più convincente (citavo nelle pagine precedenti il rapporto Itanes) la proposta politica complessiva dello schieramento di centrodestra; infine, dopo le elezioni del 2008 (alle quali non mi sono candidato, pur sostenendo pienamente il Pdl), Silvio Berlusconi ha ritenuto di propormi un incarico di prestigio e responsabilità, quello di portavoce di Forza Italia, che ho molto volentieri accettato. Questa mia vicenda, questa mia condizione di libertà, di persona che vive con la lettera di dimissioni in tasca, mi permette di esprimere un giudizio sereno ed in qualche misura perfino freddo, quello – cioè – che emerge chiaramente dalle pagine di questo piccolo libro.”

Daniele Capezzone (1972) politico italiano

Democrazia istantanea

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“Divenuto adolescente la prima intuizione, | ogni capo deve avere un capo di imputazione.”

Caparezza (1973) cantautore e rapper italiano

da Legalize the Premier n.° 12

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“La vita che sogni è tutta un pacco | come in tv "Affari tuoi", | è come la verginità, ad un tratto | prima la perdi e poi la rivuoi.”

Fabri Fibra (1976) rapper, produttore discografico e scrittore italiano

da Tranne te, n. 11
Controcultura

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“Terza, seconda, prima | e il Paese non si mette più in moto, Honda.”

Fabri Fibra (1976) rapper, produttore discografico e scrittore italiano

da Pronti, partenza, via!, n. 5
Guerra e pace

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“Prima di tutto sia in te la certezza che tutte le donne
si possono conquistare: le conquisterai, ma tendi bene le insidie.”

Prima tuae menti venit fiducia, cunctas
Posse capi: capies, tu modo tende plagas.
Ars Amatoria

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“Prima di inciampare, prega e chiedi.”

Isacco di Ninive (640–700) monaco, mistico, religioso (vescovo di Ninive)

Discorsi ascetici – prima collezione

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“[Ultime parole ai medici, la notte prima della morte] Chi è che mi ha sparato questa fucilata al cuore? Adesso basta, lasciatemi morire.”

Totò (1898–1967) attore, commediografo, paroliere, poeta e sceneggiatore italiano

Origine: Citato in Franca Faldini, Goffredo Fofi, Totò, Tullio Pironti editore, 1987, p. 128. Il testo è la ristampa di Totò: l'uomo e la maschera, Feltrinelli, 1977.

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“La volta che a San Siro scoppiò un grande applauso perché finalmente, dopo anni, aveva sbagliato un passaggio. O quell'altra che da fuori area colpì la traversa così forte, ma così forte, che il pallone rimbalzò oltre la metà campo e il Milan rischiò di prender gol in contropiede. Quante razioni di buonumore, caro vecchio Nils, e quante lezioni di calcio, in campo e fuori. Con quella maschera alla Buster Keaton e quell'italiano sussurrato che nemmeno dopo cinquant'anni e passa di residenza contemplava i verbi ausiliari e certe consonanti: loro abastansa bene; noi jocato melio. Un signore prima che un campione. Un educatore prima che un allenatore. Non c'era il gusto, o forse il vizio, delle statistiche ai tempi in cui giocava: ma non risulta che sia mai stato ammonito. Così come non c'è traccia di atteggiamenti men che composti nella sua lunga carriera di allenatore, altro che area tecnica tratteggiata col gesso come usa oggi dinanzi alla panchina: il massimo del compiacimento, piuttosto che del disappunto, erano le gambe che si scavallavano per riaccavallarsi dall'altra parte. Questo ovviamente non significava distacco, come ai tempi nostri della recita elevata a sistema si potrebbe pensare: semplice, quanto ferreo, autocontrollo nervoso. Quel matto di Altafini pensò di ripetere al barone lo scherzo riuscito l'anno prima con Rocco: rannicchiarsi tutto nudo nell'armadio dell'allenatore e saltar fuori urlando quando quello lo apriva. La differenza è che il Paròn era saltato per aria dallo spavento: Liedholm alzò un sopracciglio e ricordò al centravanti che il suo ripostiglio era un altro. Due scudetti da allenatore, Milan e Roma. Il primo nel '79, con un gioco offensivo imperniato su di un unico attaccante, Chiodi, la cui caratteristica principale era quella di non segnare mai. Il secondo nell'83, con il povero Di Bartolomei finto libero supportato dalla velocità di Vierchowod. Fu allora che Boniperti provò a chiamarlo alla Juventus: per sentirsi rispondere, grazie presidente, ma sarebbe tropo fascile. Quattro titoli da giocatore dopo l'oro olimpico a Londra '48 con la Svezia. Un maratoneta illuminato, lo stantuffo inesauribile al servizio del talento di Gren e della potenza di Nordhal. Chi ha visto giocare il trio svedese del Gre-No-Li, con tutto il rispetto per quello olandese a cavallo degli anni '90, ne conserva un ricordo insuperato. Chi ha ascoltato lo storico trio radiofonico di Tutto il calcio minuto per minuto, non avrà dimenticato che a dosare la verve dei due più celebri solisti, Enrico Ameri e Sandro Ciotti, c'era dallo studio centrale la voce di Roberto Bortoluzzi. Se n'è andato anche lui, nel pomeriggio di ieri, ultimo testimone di una grande stagione radiofonica che ha dispensato a generazioni di tifosi emozioni, gioie, sofferenze: con il timbro di una classe senza eguali.”

Gigi Garanzini (1948) giornalista, scrittore e conduttore radiofonico italiano

6 novembre 2007

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“I capi di governo come Blair e Bush non devono più dire che l'islam è ostaggio di una minoranza di terroristi. L'islam è ostaggio di se stesso. Sarebbe più utile se invece convincessero l'Arabia Saudita del fatto che i regimi repressivi, la pressione demografica e un certo metodo di insegnamento religioso producono estremisti.
In Europa e nei Paesi Bassi la maggioranza autoctona può aiutare la minoranza islamica non sottovalutando la gravità della condizione odierna dell'islam – che Afshin Ellian definisce oscurantismo – ma denunciandola. Ai musulmani sono anche utili le domande e le critiche che dopo l'11 settembre vengono mosse all'islam. Che all'integrazione delle minoranze vengano poste condizioni più severe è uno sviluppo positivo, anche se non tutti lo capiranno. Concedendo spazi in Occidente alla voci di dissidenti si può contribuire a controbilanciare la retorica religiosa unilaterale e paralizzante che milioni di musulmani sono costretti a sentire ogni giorno. Lasciate che i Voltaire di oggi possano adoperarsi per l'illuminismo dell'islam in un ambiente sicuro. Nel nostro mondo questa possibilità non viene concessa spesso. L'islam non ha avuto un illuminismo e le società islamiche si trovano ancora a dover affrontare gli stessi problemi della cristianità prima del processo illuministico. La conoscenza della ragione libererebbe lo spirito dei singoli musulmani dal giogo dell'aldilà, dai continui sensi di colpa, e dalla tentazione del fondamentalismo. Inoltre impareremmo ad assumerci la responsabilità della nostra arretratezza e dei nostri problemi. Per questo non abbandonateci al nostro destino, concedeteci un Voltaire.”

Ayaan Hirsi Ali (1969) politica e scrittrice somala

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