Frasi su mano
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“Sempre col telefono in mano finché poi sarà lui che controllerà noi.”

Gue Pequeno (1980) rapper italiano

da Rose nere
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“[Rivolgendosi al capitano di una nave che si lamentava dell'abbordaggio appena subito] Dannazione a voi. Siete un animale strisciante come tutti quelli che accettano di essere governati da leggi che i ricchi si sono fatti per sé; perché questi piccoli cani vigliacchi non hanno il coraggio di difendere in un altro modo quello che si sono procurati con la rapina. Dannazione a tutti: a loro, che sono un ammasso di astute canaglie, e a voi che siete al lor servizio, voi, una massa di codardi dal cuore pavido. Ci disprezzano, quelle canaglie, benché tra noi e loro ci sia una sola differenza: loro rubano ai poveri facendosi scudo della legge, già, proprio così, mio Dio, mentre noi rubiamo ai ricchi difendendoci soltanto con il coraggio. Non fareste meglio a diventare uno dei nostri invece di strisciare dietro quegli scellerati per un lavoro? Quanto a me, sono un principe libero e ho tanta autorità per fare guerra al mondo intero, come se disponessi di cento vascelli sul mare o centomila uomini sulla terraferma, ecco ciò che sento. Ma non serve a niente discutere con simili cuccioli mocciosi che accettano di essere presi a pedate su e giù per il ponte dai loro superiori finché questi ne hanno voglia, cuccioli che mettono la propria fede in mano a un ruffiano pastore, a un merlotto che non crede né pratica quello che ficca nelle teste ridicole degli sciocchi a cui predica.”

Samuel Bellamy (1689–1717) pirata britannico

Origine: Citato in Gilles Lapouge, Pirati (Les pirates. Forbans, flibustiers, boucanieres et autres gueux de mer), traduzione di Anna Benucci Serva, Excelsior, p. 87.

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“Invecchio, sì; perdo il gusto di comandare. Me lo fa perdere la servilità che scopro in tutti. Uomini, vorrei uomini! Mi vedo attorno automi, fantocci che devo atteggiare così o così, e che mi restano davanti, quasi a farmi dispetto, nell'atteggiamento che ho dato loro, finché non lo cambio con una manata. Soltanto di fuori però, capisci? si lasciano atteggiare! Dentro… eh, dentro, restano duri, coi loro pensieri copert, nemici, vivi solamente per loro. Che puoi su questi? Docili di fuori, miti, malleabili, visi ridenti, schiene ossequiose, t'approvano, t'approvano sempre. Ah, che sdegno! Vorrei sapere perché mi arrovello così; perché e per chi lo faccio… Domani morrò. Ho comandato! Sì, ecco: ho assegnato la parte a questo e a quello, a tanti che non hanno mai saputo veder altro in me che la parte che rappresento per loro. E di tant'altra vita, vita d'affetti e di idee che mi s'agita dentro, nessuno che abbia mai avuto il più lontano sospetto… Con chi vuoi parlarne? Sono fuori dalla parte che devo rappresentare… Certe volte, a qualcuno che viene qua a visitarmi, a incensarmi, mi diverto a rivolgere certi sguardi, certi sguardi che sfondano la parete, e me lo vedo allora per un attimo, restar davanti sospeso, impacciato, goffo; Dio sa che forza devo fare su me stesso per non scoppiargli a ridere in faccia. Mi crederebbe ammattito, per lo meno. E anche tu, caro mo, se vedessi con che occhi mi stai guardando in questo momento…
– Io no! – disse subito Aurelio, riscuotendosi.
Flaminio Salvo rise, scotendo il capo:
– Anche tu, anche tu… È così; per forza è così… Ti posso io dire quello che vorrei veramente da te? Il piacere che mi faresti, se tu agissi com'io forse al tuo posto agirei?
– E perché no? – domandò Aurelio, levandosi. – Mi dica…
– Ma perché no, – negò subito il Salvo, stringendosi nelle spalle, – perché non posso… Puoi dirmi tu quel che pensi, quel che senti, la vita che hai dentro in questo momento?… Non puoi… Sei davanti a me nella relazioni che possono correre tra me e te: tu sei il mio ingegnere, il mio buon figliolo che amo, a cui questa sera, davanti a una ventina di marionette, ho dato l'incarico di recarsi a Colimbetra, messaggero di trionfo: e basta! Che altro potrei dirti? Questo soltanto, forse, per il tuo bene…
E Flaminio Salvo posò una mano sulla spalla di Aurelio:
– Non ti tracciar vie da seguire, figliuolo mio; né abitudini, né doveri; va', va', muoviti sempre; scròllati di tratto in tratto d'addosso ogni incrostatura di concetti; cerca il tuo piacere e non temere il giudizio degli altri e neanche il tuo, che puoi stimar giusto oggi e falso domani. Conosci don Cosmo Laurentano? Se sapessi quanta ragione ha quel matto! Va', va', è tardi; andiamo a dormire. Addio.”

Luigi Pirandello (1867–1936) drammaturgo, scrittore e poeta italiano premio Nobel per la Letteratura nel 1934
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“Scrissi col lapis, sopra la punteggiatura, come vogliono appunto le convenzioni internazionali che tutelano il diritto delle genti: "Signora, robustizza pacco pentachìlo a 1/2 cedola all'uopàta evitando medicincarte et infiammabili. Pàccami lancorredo, sigartabacco e seccacastagne. Se però credi castagne ben cotte possano giovare al bambino, non inviarle. Non mi manca niente. Di una sola cosa ti prego: che la sera della vigilia di Natale tu imbandisca la tavola nel modo più lieto possibile. Fai schiodare la cassa delle stoviglie e quella della cristalleria; scegli la tovaglia migliore, quella nuovissima piena di ricami; accendi tutte le lampade. E prepara un grosso albero di Natale con tante candeline, e prepara con cura il presepe vicino alla finestra, come l'anno scorso. Signora, io ho bisogno che tu faccia questo. Il mio pensiero ogni notte varca il reticolato: lo so, ti riesce difficile figurarti il mio pensiero che varca il reticolato. Il pensiero è un soffio di niente e non ha volto: e allora figurati che io stesso, ogni notte, esca dal recinto. Figurati un Giovannino leggero come un sogno e trasparente come il vento delle serenissime e gelide notti invernali. Io, ogni notte, approfitto del sonno degli altri e mi affido all'aria e trasvolo rapido gli sconfinati silenzi di terre straniere e città sconosciute. Tutto è buio e triste sotto di me, e io affannosamente vado cercando luce e serenità. Rivedo la Madonnina del Duomo, ma le strade e le piazze non sono più quelle di un tempo, e stento a ritrovare il nostro quarto piano. Signora, non dire che sono il solito temerario se entro in casa dal tetto: anzi, loda la mia prudenza se non mi avventuro lungo le macerie della scala. E poi il tetto è scoperchiato e si fa più presto. Riconosco lo scheletro delle nostre stanze e ricerco i nostri ricordi nascosti sotto i rottami dei muri crollati. Tutto è buio, freddo e triste anche qui, e soltanto se la luna mi assiste riesco a scoprire sui brandelli delle tappezzerie che ancora pendono alle pareti, i riquadri chiari e la topografia dei nostri mobili. Per le strade deserte, cammina soltanto la paura vestita di luna. Su un brano di tappezzeria dell'ex-anticamera vedo un fiorellino. Uno strano fiore nero a cinque petali. Signora, rammenti quando Albertino decorò le nostre stanze con la piccola sciagurata mano intinta nell'inchiostro di China? Inutilmente vado a ricercare vestigia di giorni lieti fra le pareti dell'ufficio; le pareti non ci sono più, e il grande edificio è un cupo mucchio di cemento annerito dal fumo. Fuggo dalla città buia e silenziosa, e rivedo i luoghi dove, zitella, tu mi conoscesti zitello. Ma anche qui è squallida malinconia, e io mi rifugio alla fine nella casupola dove si accatastano i miei ultimi effetti e i miei primi affetti. Tu dormi, Albertino dorme, mia madre, mio padre dormono. Tutti dormono, e cercano forse di ritrovare in sogno il mio ignoto, lontano rifugio. I nostri mobili si affollano disordinatamente nelle esigue stanze immerse nell'ombra, e dentro le polverose casse del solaio le parole dei miei libri si sono gelate. Signora, io cerco un po' di luce, un po' di tiepida serenità, e invece non trovo che buio e freddo, e non posso ravvisare nel buio il volto di mio figlio, e sui laghi e sulle spiagge tutto è spento e abbandonato, tutto è silenzio, e io rinavigo verso il recinto e torno al mio pagliericcio portando il gelo nelle ossa del numero 6865. Signora, bisogna che, almeno la notte di Natale, il mio pensiero, fuggendo dal recinto, possa trovare un angolo tiepido e luminoso in cui sostare. Voglio tanta luce: voglio rivedere il vostro volto, voglio rivedere il volto dell'antica serenità. Altrimenti che gusto c'è a fare il prigioniero?" Qui ebbi la sensazione che le 24 righe stessero per finire, e mi interruppi. Le righe erano in effetti 138, e io avevo riempito le 24 mie, le 24 della risposta e altri cinque foglietti che stazionavano nei paraggi. Con estrema cura cancellai tutto e ricominciai da capo: "Signora, robustizza pacco pentachìlo a 1/2 cedola all'uopàta evitando medicincarte et infiammabili. Pàccami lancorredo, sigartabacco…"”

Giovannino Guareschi (1908–1968) scrittore italiano

Origine: Diario clandestino, pp. 31 a 34

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“Dove sono cavallo e cavaliere? Dov'è il corno dal suono violento?
Dove sono l'elmo e lo scudiere, e la fulgida capigliatura al vento?
Dov'è la mano sull'arpa, e il rosso fuoco ardente?
Dov'è primavera e la messe, ed il biondo grano crescente?
Son passati come pioggia sulla montagna, come raffiche di vento in campagna;
I giorni scompaiono ad ovest, dietro i colli che un mare d'ombra bagna.
Chi riunirà il fumo del legno morto incandescente?
Chi tornerà dal Mare e potrà mirare il tempo lungo e fuggente?”

Variante: "Dove sono cavallo e cavaliere? Dov'è il corno dal suono violento? Dove sono l'elmo e lo scudiere, e la fulgida capigliatura al vento? Dov'è la mano sull'arpa, e il rosso fuoco ardente? Dov'è primavera e la messe, ed il biondo grano crescente? Son passati come pioggia sulla montagna, come raffiche di vento in campagna; I giorni scompaiono ad ovest, dietro i colli che un mare d'ombra bagna. Chi riunirà il fumo del legno morto incandescente? Chi tornerà dal Mare e potrà mirare il tempo lungo e fuggente?"
Origine: Il Signore degli Anelli, Le due torri, p. 619, Rusconi

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“E se andrai lontano, fa che non sia troppo fuori mano o trova un posto irraggiungibile.”

Claudio Baglioni (1951) cantautore italiano

da Fammi andar via
Io sono qui

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“In genere da una donna in analisi è impossibile cavare alcunché. Come ho avuto modo di constatare più volte, le sventurate che cadono in mano agli psicanalisti diventano definitivamente e letteralmente inutilizzabili. Questa conseguenza non va considerata come un effetto secondario della psicanalisi, bensì come il suo scopo principale. Con l'alibi della ricostruzione dell'io, in realtà gli psicanalisti procedono a una scandalosa demolizione dell'essere umano. Innocenza, generosità, purezza… tutto ciò viene rapidamente triturato dalle loro rozze mani. Gli psicanalisti, pinguamente remunerati, supponenti e stupidi, annientano definitivamente nei loro cosiddetti pazienti qualunque attitudine all'amore, sia mentale che fisico; in pratica si comportano da veri e propri nemici dell'umanità. Spietata scuola di egoismo, la psicanalisi sfrutta con agghiacciante cinismo le brave figliole un po' smarrite e le trasforma in ignobili bagasce dall'egocentrismo delirante, incapaci di suscitare altro che un legittimo disgusto. In nessun caso bisogna accordare la minima fiducia a una donna che sia passata per le mani degli psicanalisti. Meschinità, egoismo, arrogante ottusità, completa assenza di senso morale, cronica incapacità di amare: ecco il ritratto esaustivo di una donna "analizzata". Véronique, va detto, corrispondeva punto per punto a questa descrizione. L'ho amata quanto più ho potuto – il che significa parecchio amore.”

Michel Houellebecq (1956) scrittore, saggista e poeta francese

Origine: L'estensione del dominio della lotta, pp. 100-101

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“Capita di credere di aver tutto a portata di mano e invece no, quello di cui tu hai più bisogno è aldilà del recinto.”

Emma Marrone (1984) cantautrice italiana

da Cullami, n. 2
A me piace così

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“Per ordine del Podestà sono proibiti tutti i ragionamenti. Berardo provvide ad affiggere il cartello, in alto, sulla facciata. La sua condiscendenza ci sbalordiva assai. Ma poi Berardo disse: "Quello che il Podestà ordina da oggi, io l'ho sempre ripetuto. Coi padroni non si ragiona, questa è la mia regola. Tutti i guai dei cafoni vengono dai ragionamenti. Il cafone è un asino che ragiona. Perciò la nostra vita è cento volte peggiore di quella degli asini veri, che non ragionano. L'asino irragionevole porta 70 chili di peso, oltre non ne porta. L'asino irragionevole ha bisogno di una certa quantità di paglia. Tu non puoi ottenere da lui quello che ottieni dalla vacca, o dalla capra, o dal cavallo. Nessun ragionamento lo convince. Nessun discorso lo muove. Lui non ti capisce, o finge di non capire. Ma il cafone invece, ragiona. Il cafone può essere persuaso. Può essere persuaso a digiunare. Può essere persuaso a dar la vita per il suo padrone. Può essere persuaso ad andare in guerra. Può essere persuaso che nell'altro mondo c'è l'inferno benché lui non l'abbia mai visto. Vedete le conseguenze. Guardatevi intorno e vedete le conseguenze. Un essere irragionevole non ammette il digiuno. Se mangio lavoro. Se non mangio non lavoro. O meglio neppure lo dice, perché allora ragionerebbe, ma agisce così per natura. Pensa un po' se gli ottomila uomini che coltivano il Fucino, invece di essere asini ragionevoli, cioè addomesticabili, cioè convincibili, cioè esposti al timore del carabiniere, del prete, del giudice, fossero invece veri somari, completamente privi di ragione. Il principe potrebbe andare per elemosina. E cosa ci impedisce ora di strappare quel cartello che ci hai portato e strangolarti a morte? Ce lo può impedire solo il ragionamento delle possibili conseguenze dell'assassinio. Ma tu, di tua mano, hai scritto su quel cartello che da oggi, per ordine del Podestà, sono proibiti i ragionamenti. Tu hai rotto il filo al quale era legata la tua incolumità."”

Fontamara

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“Il dolore ci conduce per mano alla soglia della vita eterna.”

Léon Bloy (1846–1917) scrittore, saggista e poeta francese

La tristezza di non essere santi

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“Chi tira la bomba e chi nasconde la mano.”

Rino Gaetano (1950–1981) cantautore italiano

da Ma il cielo è sempre più blu, 1975
Frasi censurate
Origine: Citato in Silvia D'Ortenzi, Rare tracce, p. 38.

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“Invano cerchi tra la polvere, | povera mano, la città è morta.”

da Milano, agosto 1943
Giorno dopo giorno

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“Che ne sai tu di un campo di grano, | poesia di un amore profano, | la paura d'esser preso per mano, che ne sai…”

Lucio Battisti (1943–1998) compositore, cantautore e produttore discografico italiano

da Pensieri e parole, lato B, n. 1
Lucio Battisti vol. 4

“Amo la droga, che se non è vero che è un siero è una mano nuova che fruga nel tuo pensiero.”

Rancore (rapper) (1989) rapper italiano

da Non esistono, n. 17, Bonus Track
Non incluse in album

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“Amare l'uomo quando meno lo merita è rimettere mano a strade scomparse dalle mappe.”

Marco Pozza (1979) presbitero, scrittore e giornalista italiano

Il pomeriggio della luna

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“Tigre! Tigre! divampante fulgore | Nelle foreste della notte, | Quale fu l'immortale mano o l'occhio | Ch'ebbe la forza di formare | La tua agghiacciante simmetria?”

William Blake (1757–1827) poeta, incisore e pittore inglese

da Tigre, in Canti d'esperienza, 2000
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“Credo di essere una delle persone più gelose del mondo. La mia mano destra è gelosa se la sinistra dipinge un bel quadro.”

Andy Warhol (1928–1987) pittore, scultore, regista, produttore cinematografico, direttore della fotografia, attore, sceneggiatore e…

La cosa più bella di Firenze è McDonald's

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“Ma la causa vera di tutti i nostri mali, di questa tristezza nostra, sai qual è? La democrazia, mio caro, la democrazia, cioè il governo della maggioranza. Perché, quando il potere è in mano d'uno solo, quest'uno sa d'esser uno e di dover contentare molti; ma quando i molti governano, pensano soltanto a contentar se stessi, e si ha allora la tirannia più balorda e più odiosa; la tirannia mascherata da libertà.”

cap. XI; 1973, p. 448
Il fu Mattia Pascal
Variante: Tu non le sai, povero ubriaco filosofo, queste cose; non ti passano neppure per la mente. Ma la causa vera di tutti i nostri mali, di questa tristezza nostra, sai qual è? La democrazia, mio caro, la democrazia, cioè il governo della maggioranza. Perché quando il potere è in mano d’uno solo, quest’uno sa d’essere uno e di dover contentare molti; ma quando i molti governano, pensano soltanto a contentar se stessi, e si ha allora la tirannia più balorda e più odiosa: la tirannia mascherata da libertà.

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“Il mondo di oggi è malato fino al midollo delle ossa della mancanza di cose elementari: di un fuoco a portata di mano, di acqua che sgorga dalla terra, di aria e della stessa cara terra sotto i piedi.”

Henry Beston (1888–1968) scrittore, scienziato

Origine: Citato in Renaldo Fischer, Storia di un cane e del padrone a cui insegnò la libertà, traduzione di Laura Pignatti, Corbaccio, Milano, 1997, p. 57. ISBN 88-7972-205-0

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“…Qua probabilmente, anzi certamente ride e alza un dito, per il dominio, per la rimonta riuscita, perché Rossi ritrova Rossi, Rossi e Rossi si stringono la mano e si abbracciano reciprocamente e si dicono Rossi c'è, Rossi su Stoner…”

Guido Meda (1966) giornalista e conduttore televisivo italiano

Durante la gara classe MotoGP Rossi conquista su Stoner, il quale è arrivato secondo, il Gran Premio di Assen.
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“Gli ispettori delle compagnie di trasporti sono capaci di prendere in mano un volante di un autobus e questo è abbastanza logico. Nel calcio, purtroppo, qualsiasi imbecille, anche quelli che non hanno mai dato una pedata a un pallone, sono capaci di diventare dirigenti, addirittura presidenti di un club.”

Brian Clough (1935–2004) calciatore e allenatore di calcio inglese

Origine: Citato in Clough, dalla panchina al video http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,18/articleid,1118_01_1973_0259_0018_16215375/, La Stampa, 3 novembre 1973.

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