Frasi su specie

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema specie, essere, vita, stesso.

Frasi su specie

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“Perché le persone interessanti sono così poche? Con tanti milioni, perché sono così poche? Dobbiamo continuare a vivere con questa specie noiosa e monotona? Sembra che il loro unico gesto sia la Violenza. In quello sono bravissimi. Brillano. Luccicore di merda, che ci ammorba ogni possibilità. Il problema è che devo continuare a interagire con loro. Almeno se voglio che le luci continuino ad accendersi, che mi riparino il computer, se voglio tirare lo scarico del cesso, se devo comprare le gomme nuove, farmi togliere un dente o farmi tagliare la pancia, devo continuare a interagire. Ho bisogno di quegli stronzi per le piccole necessità, anche se loro, in sé, mi fanno inorridire. E inorridire è una parola gentile.
Ma mi martellano la coscienza con i loro fallimenti in aree vitali. Tutti i giorni, per esempio, mentre vado alle corse continuo a sintonizzare la radio su stazioni diverse in cerca di musica, musica decente. È tutta brutta, piatta, senza vita, stonata, fiacca. Eppure alcune di queste composizioni si vendono a milioni e i loro creatori si considerano veri "artisti". È porcheria, porcheria orribile che entra nella testa dei giovani. A loro piace. Cristo, dagli merda e mangeranno merda. Non sono capaci di distinguere? Non sono capaci di ascoltare? Non sentono che è sciacquetta, roba vecchia?”

Charles Bukowski (1920–1994) poeta e scrittore statunitense

27/2/93, 12:56 AM; 2000, p. 135
Il capitano è fuori a pranzo

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“Ancora sedicenne, li osservavo con cupa meraviglia; già allora mi stupivano la grettezza del loro pensiero, la stupidità delle occupazioni, dei giochi, dei discorsi loro. Non capivano certe cose cosí indispensabili, non s'interessavano di argomenti cosí suggestivi e impressionanti che per forza presi a considerarli inferiori a me. Non era la vanità offesa che mi ci spingeva, e, per amor di Dio, non venitemi avanti con le obiezioni convenzionali, rancide fino alla nausea, che io non facevo che sognare, mentre essi già allora capivano la vita reale. Nulla essi capivano, nessuna vita reale, e vi giuro che questo, appunto, era ciò che piú m'indignava in loro. Al contrario, la realtà piú evidente, piú abbagliante la percepivano in modo fantasticamente sciocco e già allora si abituavano ad inchinarsi nient'altro che al successo. Di tutto ciò che era giusto, ma umiliato e oppresso, ridevano crudelmente e vergognosamente. La posizione la consideravano ingegno; a sedici anni discorrevano già di comodi posticini. Naturalmente, in questo molto derivava dalla stupidità, dal cattivo esempio che aveva sempre circondato la loro infanzia e adolescenza. Erano depravati fino alla mostruosità. S'intende che anche qui c'era soprattutto esteriorità, soprattutto cinismo ostentato, s'intende che la giovinezza e una certa freschezza trasparivano anche in loro perfino attraverso la depravazione; ma in loro non era attraente nemmeno la freschezza e si manifestava come una specie di bricconeria. Io li odiavo tremendamente, sebbene fossi magari peggio di loro. Essi mi ripagavano della stessa moneta, e non nascondevano la propria ripugnanza per me. Ma io non desideravo piú il loro affetto; al contrario, avevo sempre sete della loro umiliazione.”

Fëdor Dostoevskij (1821–1881) scrittore e filosofo russo

A proposito della neve bagnata, III; 2002, p. 70

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“Guardate ancora quel puntino. È qui. È casa. Siamo noi. Su di esso, tutti quelli che amate, tutti quelli di cui avete mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito, hanno vissuto la propria vita. L'insieme delle nostre gioie e dolori, migliaia di presuntuose religioni, ideologie e dottrine economiche, ogni cacciatore e raccoglitore, ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e suddito, ogni giovane coppia innamorata, ogni madre e padre, figlio speranzoso, inventore ed esploratore, ogni predicatore di moralità, ogni politico corrotto, ogni "superstar", ogni "comandante supremo", ogni santo e peccatore nella storia della nostra specie è vissuto lì su un granello di polvere sospeso dentro ad un raggio di sole. La Terra è un piccolissimo palco in una vasta arena cosmica. Pensate ai fiumi di sangue versati da tutti quei generali e imperatori affinché, nella gloria ed il trionfo, potessero diventare i signori momentanei di una frazione di un punto. Pensate alle crudeltà senza fine impartite dagli abitanti di un angolo di questo pixel agli abitanti scarsamente distinguibili di qualche altro angolo, quanto frequenti i loro malintesi, quanto smaniosi di uccidersi a vicenda, quanto ferventi i loro odii. Le nostre ostentazioni, la nostra immaginaria autostima, l'illusione che abbiamo una qualche posizione privilegiata nell'Universo, sono messe in discussione da questo punto di luce pallida. Il nostro pianeta è un granellino solitario nel grande, avvolgente buio cosmico. Nella nostra oscurità, in tutta questa vastità, non c'è nessuna indicazione che possa giungere aiuto da qualche altra parte per salvarci da noi stessi.
La Terra è l'unico mondo conosciuto che possa ospitare la vita. Non c'è nessun altro posto, per lo meno nel futuro prossimo, dove la nostra specie possa migrare. Visitare, sì. Abitare, non ancora.
Che vi piaccia o meno, per il momento la Terra è dove ci giochiamo le nostre carte. È stato detto che l'astronomia è un'esperienza di umiltà e che forma il carattere. Non c'è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane che questa distante immagine del nostro minuscolo mondo. Per me, sottolinea la nostra responsabilità di occuparci più gentilmente l'uno dell'altro, e di preservare e proteggere il pallido punto blu, l'unica casa che abbiamo mai conosciuto."”

Carl Sagan (1934–1996) astronomo e scrittore statunitense

da Pale Blue Dot

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“Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento.”

Charles Darwin (1809–1882) naturalista britannico che formulò la teoria dell'evoluzione

Attribuite

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“Credi nell'amicizia vera non ne dubitare | specie nel giorno in cui qualcuno la tradirà.”

Max Pezzali (1967) cantautore italiano

da Fai come ti pare, n. 1
Il mondo insieme a te

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“Se in virtù di carità o disperazione doveste mai trovarvi a passare del tempo in una struttura statale di recupero da Sostanze come la EH, verrete a sapere molte cose nuove e curiose. Scoprirete che […]. O, per esempio, che le persone dipendenti da una Sostanza che smettono all'improvviso di assumere quella Sostanza soffrono spesso di una forma perversa di acne papulosa che può durare mesi in attesa che gli accumuli di Sostanza abbandonino lentamente il corpo. Lo Staff vi farà sapere che questo accade perché la pelle è effettivamente il più grosso organo escretivo del corpo. […] Che (un sollievo ma allo stesso tempo una delusione) i peni dei neri tendono ad aver misure nel complesso uguali a quelle dei peni bianchi. […] Che si riesce ad avvertire una specie di microsballo anfetaminico se si consumano in rapida successione tre Millennial Fizzy e una confezione di biscotti Oreo a stomaco vuoto. […]Che riguardo alle funzioni sessuali ed escretive le persone di sesso femminile sanno essere volgari quanto quelle di sesso maschile. […] Che un paradosso poco menzionato della dipendenza da una Sostanza è il seguente: una volta che siete così schiavi di una Sostanza da doverla abbandonare per salvarvi la vita, la Sostanza schiavizzante è diventata per voi così profondamente importante che uscirete di senno quando ve la porteranno via. Oppure che a volte, dopo che la vostra Sostanza vi è stata portata via per salvarvi la vita, mentre siete inginocchiati per le preghiere obbligatorie della mattina o della sera, vi troverete a pregare perché vi sia consentito di perdere letteralmente il senno, di avvolgere la vostra mente i un vecchio giornale e lasciarla in un vicolo a cavarsela senza di voi. […] Che oltre il cinquanta per cento delle persone con una dipendenza da Sostanza è contemporaneamente affetto da qualche altra forma di disturbo psichiatrico. […] Che la validità logica di un argomento non ne garantisce la verità. [.. ] Che statisticamente è più facile liberarsi da una dipendenza per le persone con un basso QI che per quelle con un QI più alto. […] Che è possibile abusare fino all'assuefazione di antinfluenzali e antistaminici da banco. Che le attività noiose diventano perversamente molto meno noiose se ci si concentra molto su di esse. […] Che esiste una cosa come la cruda, incontaminata, immotivata gentilezza. Che è possibile addormentarsi di botto durante un attacco d'ansia. […] Che la maggioranza delle persone con una dipendenza da Sostanza è anche dipendente dal pensare, nel senso che ha un rapporto compulsivo e insano con il proprio pensiero. […]Che ci vuole un grande coraggio per dimostrarsi deboli. Che nessun singolo momento individuale è in sé insopportabile. […]Che è possibile fumare così tante sigarette da farsi delle piccole ulcerazioni bianche sulla lingua. Che il cliché "Non so chi sono" sfortunatamente si rivela più di un cliché. Che provare a ballare da sobri è tutto un altro paio di maniche. Che per qualche perversa ragione, è spesso più divertente desiderare qualcosa che averlo. Che è consentito VOLERE. Che tutti sono identici nella segreta tacita convinzione di essere, in fondo, diversi dagli altri. Che questo non è necessariamente perverso.”

David Foster Wallace (1962–2008) scrittore e saggista statunitense

pp. 239-245

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“I vecchi sono degli esseri umani? A giudicare dal modo con cui sono trattati nella nostra società, è lecito dubitarne. Per questa società, essi non hanno le stesse esigenze e gli stessi diritti degli altri membri della collettività: a loro si rifiuta anche il minimo necessario. Per tranquillizzare la coscienza della collettività, gli ideologi hanno forgiato miti, del resto contraddittori, che incitano l'adulto a vedere nell'anziano non un suo simile, ma un "altro": il saggio venerabile che domina dall'alto il mondo terrestre, o il vecchio folle stravagante e vanesio. Che lo si ponga al di sopra o al di sotto della nostra specie, resterà in ogni caso un esiliato. Ma piuttosto di travisare la realtà, si preferisce ignorarla radicalmente: la vecchiaia resta un segreto vergognoso, un soggetto proibito. È proprio questo il motivo che mi ha indotto a scrivere queste pagine. Ho voluto descrivere la condizione di questi paria e il loro modo di vivere, ho voluto fare ascoltare la loro voce: saremo costretti a riconoscere che si tratta di una voce umana. Si comprenderà allora che la sorte infelice loro riservata denuncia il fallimento dell'intero nostro sistema sociale: è impossibile conciliarla con la morale umanista professata dalle classi egemoni… Ecco perché bisogna rompere una congiura del silenzio. Chiedo ai lettori di aiutarmi in questa battaglia.”

Simone de Beauvoir (1908–1986) insegnante, scrittrice, saggista, filosofa e femminista francese

La terza età

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“Proviamo a sintetizzare perché per molti il principio dell'eguaglianza tra uomini e animali non è accettabile:
1. Perché il dolore che prova un animale, per esempio un ratto, non è uguale a quello provato da un uomo. Gli esseri umani hanno una complessa struttura neuropsichica che li porta a soffrire enormemente di più di quanto soffrirebbe un animale in circostanze simili.
2. Tra gli uomini esiste un dolore e una sofferenza indotta (dei genitori, dei figli, degli amici, di tutta una comunità etc.) che non è esistente, o è minima, nella gran parte degli animali a causa della loro rudimentale struttura affettivo-sociale.
3. La coscienza e consapevolezza della propria esistenza, e del proprio futuro, porta gli uomini, in caso di sofferenza, a condizioni di angoscia che gli animali non possono provare, essendo incapaci di elaborare il concetto di futuro e di morte.
4. Gli animali sono aggressivi tra di loro e spesso quelli di una specie uccidono e mangiano quelli di altre: sono in altre parole i più deteriori esempi di specismo. Perché rispettare regole che gli animali per primi non rispettano?
5. Esiste una legge naturale, darwiniana, secondo la quale il più forte e il più intelligente ha la meglio sul più debole, che asserve o semplicemente uccide e mangia. L'uomo è il risultato anche di questa regola vecchia di milioni di anni e farebbe bene, proprio per rispetto alle leggi naturali, a non cambiarla.
I nuovi filosofi rispondo a queste obiezioni in modo semplice e, nel complesso, convincente. Riguardo ai primi tre punti si fa notare che anche nella specie umana vi sono condizioni (spesso definite «casi marginali») il cui livello di elaborazione psichica della sofferenza e di capacità di percezioni esistenziali e di angoscia sono nulle o minime (neonati, ritardati, cerebrolesi, malati di Alzheimer) ma nessuno riterrebbe tali condizioni sufficienti per uccidere questi esseri o per usarli per esperimenti.
Alla quarta obiezione si risponde che proprio questi comportamenti sono quelli che vengono definiti «bestiali» e che certamente non vanno presi come guida morale (Singer). Inoltre, gli animali spesso non sono in grado di considerare possibili alternative e soprattutto non hanno princìpi etici sul modo di alimentarsi. Per quanto riguarda l'ultimo punto, è facile obiettare innanzitutto che è sbagliato pensare che il consumo di animali (come cibo, per esperimenti e per decine di altri usi) sia parte del disegno evolutivo naturale. In secondo luogo, quand'anche lo fosse, sarebbe giusto correggere, come si è fatto in molte altre circostanze, una legge naturale ingiusta e iniqua.”

Umberto Veronesi (1925–2016) medico, oncologo e politico italiano

pp. 190-191

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“Una delle notti seguenti trovò asilo in un villaggio presso poveri contadini, che non avevano pane ma una zuppa di miglio. Qui l'aspettavano nuove esperienze. La contadina di cui era ospite partorì nella notte e Boccadoro assistette: erano corsi a chiamarlo sul suo pagliericcio, perché prestasse aiuto; in realtà non trovò altro da fare che tenere il lume mentre la levatrice s'affaccendava. Era la prima volta che assisteva a un parto; fissava con occhi ardenti e stupiti il volto della donna e si sentì arricchito a un tratto di una nuova esperienza. Ciò che scorse in quel volto di partoriente parve almeno a lui degno del più vivo interesse. Alla luce della fiaccola di pinastro, mentre osservava con grande curiosità il volto della donna in preda alle doglie, ebbe una rivelazione inattesa: le linee di quel volto contratto che gridava erano ben poco dissimili da quelle ch'egli aveva viste in altri volti di donne nel momento dell'ebbrezza d'amore! l'espressione della grande sofferenza nel volto umano era più violenta e più sfigurante che l'espressione di un grande godimento… ma in fondo non era diversa: lo stesso contrarsi in una specie di smorfia, lo stesso accendersi e spegnersi. Questa rivelazione, che dolore e piacere potessero essere simili come fratelli, lo sorprese in modo strano, senza che ne comprendesse il perché.”

Origine: Narciso e Boccadoro, p. 123

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“I genitori che si servono abitualmente ed a lungo della televisione come una specie di bambinaia elettronica, abdicano al ruolo di primari educatori dei propri figli.”

Papa Giovanni Paolo II (1920–2005) 264° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Origine: La potenza dei media, p. 51

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“La nostra generazione è troppo superficiale per il matrimonio. Ci si sposa come si va al McDonald's. Poi si fa zapping. Come vorreste che si restasse tutta la vita con la stessa persona nella società dello zapping generalizzato? In tempi in cui le star, gli uomini politici, le arti, i sessi, le religioni sono più intercambiabili che mai, perché il sentimento amoroso dovrebbe fare eccezione alla schizofrenia generale? E poi, prima di tutto, da dove ci viene questa strana ossessione d'ingegnarci a ogni costo per essere felici con una sola persona? Su 558 tipi di società umane, solo il 24 per cento è monogama. La maggior parte delle specie animale è poligamo. Il matrimonio è caviale a ogni pasto: un'indigestione di ciò che adorate, fino alla nausea. "Su prendetene ancora un po'… Come? Non ne potete più? Ma se lo trovavate delizioso poco fa, che vi succede, si può sapere?"
La potenza dell'amore, il suo incredibile potere, doveva terrorizzare la società occidentale a tal punto da farle creare questo sistema mirato a disgustarvi di ciò che amate.
Un ricercatore americano ha recentemente dimostrato che l'infedeltà è biologica.
L'infedeltà, secondo questo celebre scienziato è una "strategia genetica atta a favorire la sopravvivenza della specie". Immaginatevi la scena: "Amore, non ti ho tradita per mio piacere personale: l'ho fatto per la sopravvivenza della specie! Tu puoi anche fregartene, ma qualcuno deve pur farsi carico della sopravvivenza della specie! Se credi che io mi diverta!…”

Frédéric Beigbeder (1965) scrittore e critico letterario francese
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“Scienza e fede non possono andare insieme, perché la fede presuppone di credere ciecamente a qualcosa di rivelato nel passato, una specie di leggenda che ancora adesso persiste, senza criticarla, senza diritto di mettere in dubbio i misteri e i dogmi […].”

Umberto Veronesi (1925–2016) medico, oncologo e politico italiano

Origine: Dall' intervista http://tg24.sky.it/tg24/cronaca/2010/02/04/umberto_veronesi_scienza_fede_10.html a SKY TG24 del 4 febbraio 2010.

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“Se la specie umana sopravviverà, gli uomini del futuro considereranno la nostra epoca illuminata, immagino come un vero e proprio secolo d'oscurantismo. Saranno indubbiamente capaci di apprezzare l'ironia di questa situazione in modo più divertente di noi. È di noi che rideranno. Sapranno che ciò che noi chiamiamo schizofrenia era una delle forme sotto cui – spesso per il tramite di gente del tutto ordinaria – la luce ha cominciato a filtrare attraverso le fessure delle nostre menti chiuse. La follia non è necessariamente un crollo (breakdown); essa può essere anche una apertura (breakthrough)… L'individuo che fa l'esperienza trascendentale della perdita dell'ego può e non può perdere l'equilibrio, in diversi modi. Può allora essere considerato come pazzo. Ma essere pazzo non è necessariamente essere malato, anche se nel nostro mondo i due termini sono diventati complementari… Dal punto di partenza della nostra pseudosalute mentale tutto è equivoco. Questa salute non è una vera salute. La pazzia dei nostri pazienti è un prodotto della distruzione che imponiamo a loro e che essi impongono a se stessi. Nessuno immagini che ci imbattiamo nella vera pazia, cosí come non siamo veramente sani di mente. La pazzia con cui abbiamo a che fare è un grossolano travestimento, una falsa apparenza, una grottesca caricatura di ciò che potrebbe essere la guarigione naturale da questa strana integrazione. La vera salute mentale implica in un modo o nell'altro la dissoluzione dell'ego normale…”

Ronald Laing (1927–1989) psichiatra scozzese

da La politica dell'esperienza; citato in Gilles Deleuze e Félix Guattari, L'Anti-Edipo, traduzione di Alessandro Fontana, Einaudi, 2002, p. 147

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“A diciannove anni era già favoloso, il nostro Alex, e non è cambiato. […] L'ultimo scudetto della Juve l'hanno vinto lui e Peruzzi. […] Attaccano lui per fare male alla Juve, anche a me succedeva, per questo durante il riscaldamento uscivo da solo sul campo e mi prendevo gli insulti, ero una specie di parafulmine. E so che una squadra e un giocatore si giudicano alla quarta di campionato, non prima.”

Giampiero Boniperti (1928) dirigente sportivo, politico ed ex calciatore italiano

Origine: Citato in Maurizio Crosetti, Nel tunnel di Alex: Troppa malafede http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2000/09/05/nel-tunnel-di-alex-troppa-malafede.html, la Repubblica, 5 settembre 2000, p. 54.

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“A scuola la signora Forbes mi disse che quando mia madre era morta era volata in cielo. Mi aveva raccontato questa cosa perché la signora Forbes è molto vecchia e crede nell’aldilà. Porta sempre i pantaloni della tuta perché sostiene che sono molto più comodi dei pantaloni normali. E ha una gamba leggermente più corta dell’altra a causa di un incidente in moto.
Quando mia madre è morta, però, non è andata in cielo perché il cielo non esiste.

Il marito della signora Peters è un prete che tutti chiamano il Reverendo Peters, e ogni tanto viene a trovarci a scuola per parlare un po’ con noi; un giorni gli chiesi dove fosse il cielo. - Non è nella nostra galassia. È un luogo a sè, - rispose.

Qualche volta il Reverendo Peters emette uno strano verso mentre pensa, una specie di ticchettio con la lingua. E fuma e si sente l’odore delle sigarette mentre tespira e a me dà fastidio.

Dissi che non c’era niente fuori dall’universo e che non poteva esistere un luogo a sè. A meno che non si attraversi un buco nero, ma un buco nero è ciò che si definisce una Singolarità, che significa che è impossibile scoprire cosa c’è dall’altra parte perché la forza di gravità di un buco nero è talmente potente che persino le onde elettromagnetiche come la luce non riescono a sfuggirle, e le onde elettromagnetiche sono il mezzo attraverso il quale riceviamo le informazioni su tutto ciò che è lontano da noi. Se il cielo si trovasse dall’altro lato di un buco nero i morti dovrebbero essere scaraventati nello spazio su dei razzi per arrivare fin lassù e così non è, altrimenti la gente se ne accorgerebbe.

Penso che le persone credano nell’aldilà perché detestano l’idea di morire, perché vogliono continuare a vivere e odiano pensare che altri loro simili possano trasferirsi in casa loro e buttare tutte le loro cose nel bidone della spazzatura.

Il Reverendo Peters spiegò: - Be’, quando dico che il cielo è fuori dall’universo è solo un modo di dire. Immagino che ciò che significa veramente è che i defunti sono con Dio.

- Ma Dio dov’è?

Allora il Reverendo Peters tagliò corto dicendo che avremmo fatto meglio a discuterne in un altro momento, quando avessimo avuto più tempo a disposizione.

Ciò che di fatto avviene quando una persona muore è che il cervello smette di funzionare e il corpo si decompone, come quando morí Coniglio e noi lo seppellimmo in fondo al giardino. E tutte le sue molecole si frantumarono in altre molecole e si sparsero nella terra e vennero mangiate dai vermi e defluirono nelle piante, e se tra 10 anni andremo a scavare nello stesso punto non troveremo altro che il suo scheletro. E tra 1000 anni anche il suo scheletro sarà scomparso. Ma va bene ugualmente perché adesso lui è parte dei fiori e del melo e del cespuglio di biancospino.

Quando una persona muore qualche volta viene messa in una bara, che significa che il suo corpo non si unirà alla terra per moltissimo tempo, finché anche il legno della bara non marcirà.

Mia madre però fu cremata. Questo vuol dire che è stata messa in una bara e bruciata e polverizzata per poi trasformarsi in cenere e fumo. Non so cosa capiti alla cenere e non potei fare domande al cimitero perché non andai al funerale. Però so che il fumo esce da lcamino e si disperde nell’aria e allora qualche volta guardo il cielo e penso che ci siano delle molecole di mia madre lassù, o nelle nuvole sopra l’Africa o l’Antartico, oppure che scendano sotto forma di pioggia nelle foreste pluviali del Brasile, o si trasformino in neve da qualche parte, nel mondo.”

The Curious Incident of the Dog in the Night-Time

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“L'«angoscia» si può definire come una specie di stato di attesa o di preparazione al pericolo, anche se ignoto.”

Sigmund Freud (1856–1939) neurologo e psicoanalista austriaco, fondatore della psicoanalisi

Origine: Al di là del principio del piacere (1920), p. 27

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“Nel centro della tela, nel posto ove suole stare il ragno, Gwynplaine vide una cosa formidabile e magnifica: una donna nuda.
Non assolutamente nuda. Questa donna era vestita e vestita dalla testa ai piedi. Indossava una camicia lunghissima, come le stole d'angeli nei quadri di santi, ma così sottile che sembrava bagnata, Donde un incirca di donna nuda, più fervido e pericoloso che la nudità assoluta.
La tela d'argento trasparente era una tenda. Fermata soltanto in alto, essa poteva essere sollevata. Separava la sala di marmo, ch'era una sala da bagno, da una camera, ch'era una camera da letto. Questa camera, piccolissima, era una specie di grotta tutta specchi. Ovunque cristalli veneziani, aggiustati poliedricamente, congiunti da bacchette dorate, riflettevano il letto ch'era nel centro. Su quel letto, d'argento come la toeletta e il canapè, era sdraitata la donna. Ella dormiva.
Dormiva col capo supino. Coi piedi respingeva le coltri, come il succubo sopra al quale aleggia il sogno.
Il suo guanciale di trine era caduto a terra sul tappeto. Fra la sua nudità e lo sguardo dell'uomo, erano due ostacoli: la camicia e la tenda di velo d'argento. Due trasparenze. La camera, più alcova che camera, era illuminata lievemente dal riflesso della sala da bagno.
Forse la donna non aveva pudore, e la luce invece ne aveva ancora.
Il letto era senza colonne, né cortinaggio, né cielo, così che la donna, aprendo gli occhi, poteva vedersi riflessa mille volte nuda negli specchi che aveva sopra il capo.
Una veste da camera di magnifica seta della Cina era gettata sulla sponda del letto.
Oltre il letto, in fondo all'alcova, era forse una porta, nascosta, segnata da uno specchio piuttosto grande, sul quale eran dipinti pavoni e cigni.
Al capezzale del letto era fermato un leggio d'argento ad aste girevoli, ed a fiaccole fisse, sul quale si poteva vedere un libro aperto, che in cima alle pagine aveva questo titolo a letteroni rossi: Alcoranus Mahumedis.
Gwynplaine non scorgeva nessuna di queste cose. La donna: ecco quello che vedeva.”

1967, p. 236
L'uomo che ride

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“Qual è la specie più alta dell'essere e qual è la più vile? Il parassita è la più vile, ma chi è della specie più alta nutre il maggior numero di parassiti.”

Friedrich Nietzsche (1844–1900) filosofo, poeta, saggista, compositore e filologo tedesco

III, Di antiche tavole e nuove', 1963

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“L'uomo vuole la concordia; ma la natura sa meglio di lui ciò che è buono per la sua specie: essa vuole la discordia.”

Immanuel Kant (1724–1804) filosofo tedesco

Origine: Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico, p. 103

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“Occorre prestare attenzione al sacrificio che, spesso inconsapevolmente, richiediamo agli animali per sfamarci. Voi direte: è la catena alimentare. Io vi dico che è una catena alimentare non alla pari: un formichiere può mangiare solo formiche, un uomo può scegliere. La possibilità di scelta fa la differenza.
Basterebbe ascoltare anche una volta sola come si lamentano le aragoste, per non aver più voglia di mangiarne nemmeno un boccone. Ho letto con apprensione il saggio di uno scrittore americano, David Foster Wallace, dal titolo Considera l'aragosta. L'autore dedica decine di pagine al consumo del famoso crostaceo raccontando con dovizia scientifica, dati alla mano, che la prelibata bestiola dei fondali marini, quando viene immersa viva nell'acqua bollente non solo soffre, ma soffre lentamente perché non muore di colpo. Motivo in più per lasciar perdere, e lasciar vivere.
Io, da quando mi sono imbattuto in quella lettura, non le mangio. Evito i ristoranti con l'acquario in bella mostra, quelle specie di galere acquatiche in cui l'aragosta è segregata con le chele bloccate da un lacciolo, fino a quando un cliente non la sceglie, decretando la sua fine. Unica consolazione mi proviene dal conto sicuramente salato che quel commensale si troverà a fine pasto. Ma è una magra consolazione.”

Maurizio Costanzo (1938) giornalista, conduttore televisivo e autore televisivo italiano

Origine: Preferisco i cani (e un gatto), p. 77

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