Frasi su rovina

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema rovina, mondo, vita, essere.

Frasi su rovina

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“I preti sono aborti in sottana, un brulichio di cimici nere, dei rettili: la Chiesa cattolica stessa non ha che un desiderio: la nostra rovina.”

Adolf Hitler (1889–1945) dittatore della Germania nazista dal 1933 al 1945

Conversazioni a tavola

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“Chi è convinto di farci del bene spesso ci rovina.”

Aforismi e magie

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“Ognuno ha la libertà che gli spetta, misurata dalla statura e dalla dignità della sua persona.”

Julius Evola (1898–1974) filosofo, pittore e poeta italiano

da Gli uomini e le rovine, Edizioni Mediterranee, 20025
Gli Uomini e le Rovine

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“Ogni regno discorde cade in rovina e nessuna città o famiglia discorde può reggersi.”

Gesù (-7–30 a.C.) fondatore del Cristianesimo

12, 25
Nuovo Testamento, Vangelo secondo Matteo

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“La poltrona e le pantofole son le rovine dell'uomo.”

Benito Mussolini (1883–1945) politico, giornalista e dittatore italiano
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“[Al giudice, che prima della condanna a 20 anni e 4 mesi di carcere gli aveva chiesto che cosa avrebbero fatto i comunisti se l'Italia fosse entrata in guerra] Voi fascisti porterete l'Italia alla rovina, e a noi comunisti spetterà salvarla!”

Antonio Gramsci (1891–1937) politico, filosofo e giornalista italiano

Origine: Citato in Palmiro Togliatti, Il partito comunista italiano, Editori Riuniti, Roma 1997<sup>4</sup>, cap. VIII, p. 80.

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“Chi non legge smette anche di studiare. In Italia solo un venti per cento di quadri segue corsi di aggiornamento: quattro volte meno della media europea. Una classe dirigente male alfabetizzata, quindi non aggiornata, è la rovina di un paese, molto più di un crollo della Borsa.”

Tullio De Mauro (1932–2017) linguista italiano

Origine: Citato in Michele Smargiassi, Nell'Italia dei laureati che non sanno scrivere http://www.repubblica.it/2008/02/sezioni/scuola_e_universita/servizi/laureati-analfabeti/laureati-analfabeti/laureati-analfabeti.html, Repubblica.it, 6 febbraio 2008.

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“Trova qualcuno che ti rovini il rossetto, non il mascara.”

Marilyn Monroe (1926–1962) attrice, cantante, modella e produttrice cinematografica statunitense
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“[Sul Rubicone] Stando qui inizia la mia rovina. Venendo là inizia quella degli altri.”

Gaio Giulio Cesare (-100–-44 a.C.) console, dittatore, oratore, scrittore romano

Attribuite

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“Preso nella morsa di questa sfida [il nostro ambiente in pericolo], il genere umano diventa per la prima volta uno solo, che lo sappia già o no, saccheggiando la propria dimora terrena, condividendo il destino della propria rovina, essendo l'unico possibile salvatore di entrambi: la terra e se stesso. Una nuova solidarietà di tutto il genere umano sta sorgendo tra noi. Una colpa comune ci lega, un interesse comune ci unisce, un destino comune ci attende, una responsabilità comune ci chiama […]. Lasciatemi concludere con una valutazione simbolica di come la "condizione umana" sia venuta trasformandosi. Una volta era la religione a dirci che eravamo tutti peccatori a causa del peccato d'origine. Oggi è l'ecologia del nostro pianeta che ci accusa di essere tutti peccatori a causa dell'eccessivo sfruttamento dell'ingegno umano. Una volta era la religione a terrorizzarci con il Giudizio universale alla fine dei tempi. Oggi è il nostro torturato pianeta a predirci l'approssimarsi di quel giorno senza alcun intervento divino. L'ultima rivelazione, che non giungerà da alcun monte Sinai né da alcun monte delle beatitudini, né da alcun albero della bodhi di Buddha, è il grido silenzioso delle cose stesse, quelle che dobbiamo sforzarci di risolvere per arginare i nostri poteri sul mondo, altrimenti moriremo tutti su questa terra desolata che un tempo era il creato.”

Hans Jonas (1903–1993) filosofo tedesco

Origine: Da Il concetto di Dio dopo Auschwitz, pp. 48-49.

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“La donna è la rovina dell'uomo ma resta il fatto che l'uomo senza la donna è rovinato.”

Marilyn Monroe (1926–1962) attrice, cantante, modella e produttrice cinematografica statunitense
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“La guerra resta presente impressa nelle rovine di una città saccheggiata di sorrisi e popolata da sguardi spauriti.”

Vittorio Arrigoni (1975–2011) scrittore e attivista italiano

Origine: Gaza. Restiamo umani, p. 99

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“Con la concordia le piccole cose crescono, con la discordia le grandissime vanno in rovina.”

Gaio Sallustio Crispo (-86–-34 a.C.) storico romano in lingua latina e senatore della repubblica romana

da La guerra giugurtina, 10, 6

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“Sono del parere che la televisione rovina gli uomini politici, quando vi appaiono di frequente.”

Sandro Pertini (1896–1990) 7º Presidente della Repubblica Italiana

Origine: Alla Camera il 22 luglio 1971, rivolgendosi all'Onorevole Giuseppe Niccolai.

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“La tirannia di un principe non porta uno Stato più vicino alla sua rovina di quanto l'indifferenza per il bene comune non vi porti una repubblica.”

Charles Louis Montesquieu (1689–1755) filosofo, giurista e storico francese

Considerazioni sulle cause della grandezza e decadenza dei Romani

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“Alì dagli Occhi Azzurri
uno dei tanti figli di figli,
scenderà da Algeri, su navi
a vela e a remi. Saranno
con lui migliaia di uomini
coi corpicini e gli occhi
di poveri cani dei padri

sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sè i bambini,
e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua.
Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali.

Sbarcheranno a Crotone o a Palmi,
a milioni, vestiti di stracci
asiatici, e di camicie americane.
Subito i Calabresi diranno,
come da malandrini a malandrini:
«Ecco i vecchi fratelli,
coi figli e il pane e formaggio!»
Da Crotone o Palmi saliranno
a Napoli, e da lì a Barcellona,
a Salonicco e a Marsiglia,
nelle Città della Malavita.
Anime e angeli, topi e pidocchi,
col germe della Storia Antica
voleranno davanti alle willaye.

Essi sempre umili
Essi sempre deboli
essi sempre timidi
essi sempre infimi
essi sempre colpevoli
essi sempre sudditi
essi sempre piccoli,

essi che non vollero mai sapere, essi che ebbero occhi solo per implorare,
essi che vissero come assassini sotto terra, essi che vissero come banditi
in fondo al mare, essi che vissero come pazzi in mezzo al cielo,

essi che si costruirono
leggi fuori dalla legge,
essi che si adattarono
a un mondo sotto il mondo
essi che credettero
in un Dio servo di Dio,
essi che cantavano
ai massacri dei re,
essi che ballavano
alle guerre borghesi,
essi che pregavano
alle lotte operaie…

… deponendo l’onestà
delle religioni contadine,
dimenticando l’onore
della malavita,
tradendo il candore
dei popoli barbari,
dietro ai loro Alì

dagli Occhi Azzurri - usciranno da sotto la terra per uccidere –
usciranno dal fondo del mare per aggredire - scenderanno
dall’alto del cielo per derubare - e prima di giungere a Parigi

per insegnare la gioia di vivere,
prima di giungere a Londra
per insegnare a essere liberi,
prima di giungere a New York,
per insegnare come si è fratelli
- distruggeranno Roma
e sulle sue rovine
deporranno il germe
della Storia Antica.
Poi col Papa e ogni sacramento
andranno su come zingari
verso nord-ovest
con le bandiere rosse
di Trotzky al vento…”

Pier Paolo Pasolini (1922–1975) poeta, giornalista, regista, sceneggiatore, attore, paroliere e scrittore italiano

Alì dagli occhi azzurri

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“Le rovine del tempo costruiscono dimore nell'eternità.”

William Blake (1757–1827) poeta, incisore e pittore inglese

Ruins of time build mansions in eternity.
Origine: Dalla lettera a William Hayley del 6 maggio 1800; citato in Ivan Illich, Pervertimento del cristianesimo: Conversazioni con David Cayley su vangelo, chiesa, modernità, traduzione di Aldo Serafini, Quodlibet, Macerata, 2012, p. 58. ISBN 978-88-7462-431-7

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“Scienza senza coscienza non è che rovina dell'anima!”

libro II, cap. VIII
Gargantua e Pantagruele

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“Non è il mio modo di pensare che ha fatto la mia rovina, ma il modo di pensare degli altri.”

Donatien Alphonse François de Sade (1740–1814) scrittore, filosofo e poeta francese

citato in Focus n. 71, p. 158

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“[L'Etna] Tuona di orrende rovine | e vomita nel cielo una nube nera | fumante d'un turbine di pece e di ardenti faville.”

Publio Virgilio Marone (-70–-19 a.C.) poeta romano

citato in Corriere della sera, 25 ottobre 2008

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“La grande riputazione acquistatasi da Alaimo non potea non destar sospetti nell' animo dell' infante don Giacomo, precoce mirabilmente nella cattiveria, ed al quale bene appropriava il Muntaner il proverbio catalano: «Spina non punge se non nasce acuta (2)». Certamente contribuiva a renderlo sgradito all' infante e alla corte la superbia della moglie Macalda, la quale pare che molto potesse sull' oramai vecchio marito. Ella niegava di dare a Costanza il nome di regina; chiamavala «la madre di don Giacomo». In corte non andava quasi mai, o se qualche volta mostravasi era per fare sfoggio de' suoi vestiti di porpora e de' suoi ricchi adornamenti (3). Essendo incinta, come maggiore ad ogni legge, volle far soggiorno nel convento de Frati minori, che piacevale per l'amenità del luogo, e quivi partorì. Costanza andò a visitarla e fa sgarbatamenie ricevuta: si profferì col figlio a tenere al fonte battesimale il fanciullo: rispose la madre che temea il freddo dell' acqua gli nuocesse così piccino; e tre dì dopo lo fece battezzare dandolo a tenere ad uomini del popolo. Un' altra volta fu notato, che essendosi la regina, perché inferma, fatta portare su di una barella da Palermo al santuario di Morreale, l'indomani Macalda, ne inferma ne per cagione di divozione, si fece portare per le vie di Palermo in barella coperta di scarlatto, e di poi viaggiò in quella guisa da quella città fino a Nicosia, il che parve strana e superba cosa in quei tempi. Spiacque anco molto in corte, che viaggiando per l'isola 1 infante don Giacomo con iscorta di trenta cavalli, ella, che volle accompagnarlo, ne menasse seco trecento, e si arrogasse l'autorità di maestro giustiziere, ufficio stato conceduto al marito. Ne le parole raffrenava, e sappiamo che un dì disse al Loria, uomo alla corte devotissimo, e dell'autorità e fama di Alaimo invido e nemico: «Bel compenso ci rende il vostro re don Pietro! Noi lo chiamammo compagno e non re, ed egli, assumendo il dominio del regno, noi che siamo compagni tratta come servi (d)». Aggiungono gli storici a questi fatti palesi e certi altri oscuri e forse finti, cioè che Macalda facesse giurare il marito non darebbe consigli contro i Francesi, procurerebbe il loro ritorno in Sicilia (2). Queste femminili vanità ed intemperanze, se non cagionarono, sollecitarono la rovina di Alaimo, il quale avendo molto contribuito ad assicurare la corona di Sicilia a' reali di Aragona, dovea da costoro essere odiato, perché somiglianti beneficj si pagan sempre colla ingratitudine. Giacomo raduna segretamente in Trapani tutti i suoi fedeli e tutti i Catalani eh' erano ne' dintorni. Quivi egli chiama a sé Alaimo, gli espone i pericoli del regno se il padre non mandi solleciti aiuti : egli solo potrebbe ottener tutto: vada in Catalogna; le galere sono nel porto apparecchiate: salvi alla patria la libertà e al re la corona. Allora tutti i cortigiani circondano Alaimo, e lo priegano con grave istanza e lo sollecitano a partirsi. È li fissa in viso, comprende il suo stato, non vede scampo, risponde che andrà, e nel medesimo dì monta in nave e naviga verso Barcellona, ove Pietro lo accoglie onorevolmente, loda, promette e lo ritiene seco con segni di affetto non sì bene simulati che Alaimo dell' infingimento non s'accorgesse (4).”

Giuseppe La Farina (1815–1863) patriota e scrittore italiano

Vol VI: 1250-1314, Cap. LV Della rovina di Alaimo di Lentini e di sua moglie Macalda, pp. 303-304
Storia d'Italia narrata al popolo italiano

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“Napolitano si indigna per una battuta di Calderoli. Ma Napolitano si indignò quando la Fornero, col voto di Pd e Pdl, rovinò milioni di pensionati e lavoratori?”

Matteo Salvini (1973) politico italiano

Origine: Il riferimento è alla dichiarazione di Roberto Calderoli ritenuta razzista: "Amo gli animali, orsi e lupi com'è noto, ma quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare, anche se non dico che lo sia, alle sembianze di orango."
Origine: Citato in Kyenge, Lega: "Calderoli non si dimette". Letta: "Maroni risolva subito o è scontro" http://www.repubblica.it/politica/2013/07/15/news/salvini_napolitano_taci_che_meglio-63009767/?ref=HREA-1, Repubblica.it, 15 luglio 2013.

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“Cosa sarebbe diventato possibile se fossi rimasto a Palermo si può immaginare solo in un film del tutto diverso che si svolge in toni di tragicommedia sotto il cielo di Sicilia, portato avanti nel pensiero fino alla decrepita vecchiezza. E quanto era rimasto dei greci, saraceni, normanni e Staufen in quell'insulare luogo di rovine si sarebbe certo addensato in materia narrativa per un romanzo epicamente ramificato.”

Günter Grass (1927–2015) scrittore, poeta e drammaturgo tedesco

Origine: Citato in Silvestro Livolsi Le memorie di Grass per un amore siciliano http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/07/23/le-memorie-di-grass-per-un-amore.html, Repubblica.it, 23 luglio 2009.

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“Per cinquantaquattro anni | ho ornato il cielo di stelle. | Ora balzo attraverso – | che rovinio!”

Eihei Dōgen (1200–1253) monaco buddhista giapponese

Origine: Era tradizione che nell'imminenza della morte un Maestro Zen componesse una poesia che recando l'impronta del suo spirito, fosse una sintesi della sua vita e come un lascito spirituale per i discepoli. Piccolo beviario zen, p. 302.
Origine: Citato in Piccolo beviario zen, p. 303

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“Alcuni disoccupati trasformati in docenti “formano professionalmente” altri disoccupati destinati a diventare a propria volta “docenti”

Pietrangelo Buttafuoco (1963) giornalista e scrittore italiano

libro Buttanissima Sicilia: Dall'autonomia a Crocetta, tutta una rovina

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“Sentimento senza azione è la rovina dell'anima.”

Edward Abbey (1927–1989) scrittore

Deserto solitario

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“Chi pensa che i regimi comunisti dell'Europa Centrale siano esclusivamente opera di criminali, si lascia sfuggire una verità fondamentale: i regimi criminali non furono creati da criminali ma da entusiasti, convinti di aver scoperto l'unica strada per il paradiso. Essi difesero con coraggio quella strada, giustiziando per questo molte persone. In seguito, fu chiaro che il paradiso non esisteva e che gli entusiasti erano quindi degli assassini. Allora tutti cominciarono a inveire contro i comunisti: Siete responsabili delle sventure del paese (è impoverito e ridotto in rovina), della perdita della sua indipendenza (è caduto in mano alla Russia), degli assassinii giudiziari Coloro che venivano accusati rispondevano: Noi non sapevamo! Siamo stati ingannati Noi ci credevamo! Nel profondo del cuore siamo innocenti! La discussione si riduceva a questa domanda: Davvero loro non sapevano? Oppure facevano solo finta di non aver saputo nulla? Tomas seguiva la discussione (così come la seguivano tutti i dieci milioni di cechi) e si diceva che tra i comunisti c'era sicuramente chi non era del tutto all'oscuro (dovevano pur sempre aver sentito parlare degli orrori che erano stati commessi e che venivano ancora commessi nella Russia postrivoluzionaria). Ma era probabile che la maggior parte di loro non ne sapesse davvero nulla. E si disse che la questione fondamentale non era: Sapevamo o non sapevamo?, bensì: Si è innocenti solo per il fatto che non si sa? Un imbecille seduto sul trono è sollevato da ogni responsabilità solo per il fatto che è un imbecille? Ammettiamo pure che un procuratore ceco che all'inizio degli Anni Cinquanta chiedeva la pena di morte per un innocente sia stato ingannato dalla polizia segreta russa e dal proprio governo. Ma ora che sappiamo tutti che le accuse erano assurde e i giustiziati innocenti, com'è possibile che quello stesso procuratore difenda la purezza della propria anima e si batta il petto: La mai coscienza è senza macchia, io non sapevo, io ci credevo. La sua irrimediabile colpa non risiede proprio in quel 'Io non sapevo! Io ci credevo!'? Fu allora che a Tomas tornò in mente la storia di Edipo: Edipo non sapeva di dormire con la propria madre ma, quando capì ciò che era accaduto, non si sentì innocente. Non poté sopportare la vista delle sventure che aveva causato con la propria ignoranza, si cavò gli occhi e, cieco, partì da Tebe. Tomas sentiva le grida dei comunisti che difendevano la loro purezza interiore e diceva tra sé: Per colpa della vostra incoscienza la nostra terra ha perso, forse per secoli, la sua libertà e voi gridate che vi sentite innocenti? Come potete ancora guardarvi intorno? Come potete non provare raccapriccio? Siete o non siete capaci di vedere? Se aveste gli occhi, dovreste trafiggerveli e andarvene da Tebe!”

L'insostenibile leggerezza dell'essere

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“Gli altari in rovina sono abitati da demoni.”

Ernst Jünger (1895–1998) filosofo e scrittore tedesco

da Epigrammi, p. 187
Foglie e pietre

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“Saremo pronti a celebrare la vittoria | e brinderemo lietamente sulle nostre rovine.”

Carmen Consoli (1974) cantautrice italiana

da Eco di sirene, n. 9
Mediamente isterica

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“Non ci insegneranno mai l'amore i potenti, e la carità le croci rosse sulle rovine…”

Gianna Nannini (1954) cantautrice e musicista italiana

da Alla fine
Grazie

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“Euclione: Sono perduto! Sono morto! Sono assassinato! Dove correre? Dove non correre? Fermalo, fermalo! Fermare chi? Chi lo fermerà? Non so, non vedo nulla, cammino alla cieca. Dove vado? dove sono? chi sono? Non riesco a stabilirlo con esattezza. [Al pubblico] Vi scongiuro, vi prego, vi supplico, aiutatemi voi: indicatemi l'uomo che me l'ha rubata. [A uno spettatore] Che ne dici tu? Voglio crederti: lo capisco dalla faccia, che sei una brava persona… Che c'è? perché ridete? Vi conosco tutti: so che qua ci sono parecchi ladri, che si nascondono sotto una toga imbiancata a gesso, e se ne stanno seduti, come fossero galantuomini… Eh? Non ce l'ha nessuno di costoro? Mi hai ucciso! Dimmi dunque, chi l'ha? Non lo sai? Ah, povero, povero me! Sono morto! Sono completamente rovinato, sono conciato malissimo: troppe lacrime, troppe sventure, troppo dolore mi ha portato questo giorno; e fame, e miseria!… Sono il più sventurato tra gli esseri della terra. Che bisogno ho di vivere, ora che ho perduto tutto quell'oro che avevo custodito con tanta cura! Mi sono imposto sacrifici, privazioni; ed ora altri godono della mia sventura e della mia rovina. Non ho la forza di sopportarlo.
Liconide: [A parte, uscendo dalla casa di Megadoro] Chi sta lamentandosi? Chi piange e geme davanti a casa nostra? Ma è Euclione, mi pare. Sono completamente perduto; s'è scoperto tutto. Senza dubbio sa già che sua figlia ha partorito. Ora non so che fare. Devo andarmene o rimanere? affrontarlo o evitarlo? Per Polluce! Non so più che fare.
Euclione: Chi sta parlando là?
Liconide: Sono io, un infelice.
Euclione: Infelice sono io, e sventurato! io che sono stato colpito da sì grande disgrazia, da sì grande dolore!
Liconide: Fatti coraggio.
Euclione: Farmi coraggio? Come potrei, di grazia?
Liconide: Il misfatto che t'angustia il cuore, sono stato io a compierlo: lo confesso.
Euclione: Cosa mi tocca sentire?
Liconide: La verità.
Euclione: Che male t'ho dunque fatto, o giovine, perché tu agissi così e rovinassi me e i miei figli?
Liconide: È un dio che mi ci ha indotto e mi ha attratto verso di lei.
Euclione: Come?
Liconide: Confesso d'aver commesso un torto; so di essere colpevole. E così vengo a pregarti di essere indulgente, di perdonarmi.
Euclione: Come hai osato fare una cosa simile: toccare ciò che non era tuo?
Liconide: Che vuoi farci? Ormai è fatta; non si può disfare. È stato il volere degli dèi, senza dubbio: certo, senza la loro volontà, non sarebbe accaduto.
Euclione: E allora credo che gli dèi abbiano anche voluto che io ti facessi crepare in catene, in casa mia.
Liconide: Non dir questo!
Euclione: Perché dunque hai toccato, contro il mio volere, una cosa mia?
Liconide: È stata colpa del vino e dell'amore.
Euclione: Sfrontatissimo essere! Aver osato presentarti a me con un simile discorso! Impudente! Se esiste un diritto che ti permette di scusare una simile azione, non ci resta che andare a rubare pubblicamente gioielli alle matrone, in pieno giorno; e se poi dovessimo essere arrestati, ci scuseremmo dicendo che l'abbiamo fatto in istato d'ebbrezza, per amore! Varrebbero troppo poco, il vino e l'amore, se l'ubriaco e l'innamorato avessero il diritto di soddisfare impunemente i loro capricci.
Liconide: Ma io vengo di mia spontanea volontà a supplicarti di perdonare la mia follia.
Euclione: Non mi piacciono gli individui che si scusano dopo aver fatto del male. Tu sapevi che essa non era tua; non avresti dovuto toccarla.
Liconide: Dal momento che ho osato toccarla, non voglio cercare pretesti, ma tenerla nel migliore dei modi.
Euclione: Tu vorresti tenere, contro il mio volere, una cosa mia?
Liconide: Non pretendo d'averla contro il tuo volere; ma penso ch'essa mi spetti. Converrai subito tu stesso, Euclione, ch'essa deve spettare a me.
Euclione: E io – per Ercole!”

ti trascinerò subito dal pretore e t'intenterò un processo, se non restituisci...
Liconide: Cosa dovrei restituirti?
Euclione: Ciò che mi hai rubato.
Liconide: Io? rubato? dove? Cosa significa?
Euclione: [ironicamente] Che Giove ti protegga, com'è vero che tu non sai niente!
Liconide: A meno che tu non dica cosa stai cercando... (vv. 713-762; 1998)
Aulularia
Origine: Nel lamento dell'avaro Euclione per il furto della pentola dell'oro, Plauto parodia i registri della poesia tragica, come farà anche Gaio Lucilio nel libro XXVI delle Satire.
Origine: Fedria, figlia dell'avaro Euclione, ha partorito prima del matrimonio. Il padre del bambino è Liconide, che l'aveva violentata nove mesi prima, durante le Cerealia. Per riparare al danno, vuole prenderla in sposa, ma deve prima parlarne con il padre della ragazza, Euclione. Gli si avvicina, origlia, lo vede in preda al dolore e subito crede che egli abbia saputo della maternità della figlia. Infatti non sa che Euclione ha una pentola d'oro, il cui furto è la causa di tanto dolore. Il giovane si fa coraggio e gli parla: entrambi sottintendono la causa del dolore, così che il dialogo si intride di equivoco, in quanto Liconide confessa d'aver reso incinta Fedria mentre Euclione lo crede reo confesso del furto della pentola. Questa, per Plauto, è un'occasione d'oro per impostare la satira contro la categoria degli avari: l'avaro, influenzato nelle decisioni dalla sua stessa avarizia, formula male la classifica delle sue priorità e pospone la preoccupazione per i figli alla salvezza del patrimonio, che finisce per trascendere l'utilità e non procura altro che vane preoccupazioni.

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“[Haiku] Erba estiva: | dei sogni di gloria dei grandi guerrieri, | ora, | rovine, | e null'altro”

Matsuo Bashō (1644–1694) poeta giapponese

Origine: In Cento haiku, scelti e tradotti da Irene Iarocci, presentazione di Andrea Zanzotto, tredici illustrazioni, Guanda, Parma, 1991, p. 92. ISBN 8877462671
Origine: Per riprodurre alcuni aspetti peculiari della lingua giapponese di difficile resa in italiano, la traduttrice non si attiene in maniera univoca alla classica disposizione su tre righe. Cento haiku, pp. 26-30.

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“L'uomo quando vuole affermare una sua indipendenza da Dio, non è libero che per la morte, non è libero che per la distruzione e la rovina.”

Divo Barsotti (1914–2006) sacerdote e monaco italiano

da Ascesi di comunione, Edizioni San Paolo, 2007

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“Il mondo sta andando in rovina», ripeté Coen annuendo con aria falsamente meditabonda. «Quante volte l'ho già sentito!»
Lambert fece una smorfia. «Anch'io. E non c'è da stupirsi, ultimamente è sulla bocca di tutti. Così dicono i re, quando viene fuori che dopotutto per regnare è necessario almeno un briciolo di cervello. Così dicono i mercanti, quando l'avidità e la stupidità li conducono alla bancarotta. Così dicono i maghi, quando cominciano a perdere la loro influenza sulla politica o sulle fonti di reddito. E colui cui viene rivolta questa frase deve aspettarsi che a essa segua subito una proposta. Perciò abbrevia i preamboli, Triss, e facci la tua.”

Coen e Lambert, cap. 3
Il sangue degli elfi
Variante: «Il mondo sta andando in rovina», ripeté Coen annuendo con aria falsamente meditabonda. «Quante volte l'ho già sentito!»
Lambert fece una smorfia. «Anch'io. E non c'è da stupirsi, ultimamente è sulla bocca di tutti. Così dicono i re, quando viene fuori che dopotutto per regnare è necessario almeno un briciolo di cervello. Così dicono i mercanti, quando l'avidità e la stupidità li conducono alla bancarotta. Così dicono i maghi, quando cominciano a perdere la loro influenza sulla politica o sulle fonti di reddito. E colui cui viene rivolta questa frase deve aspettarsi che a essa segua subito una proposta. Perciò abbrevia i preamboli, Triss, e facci la tua.»

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