Frasi sulla morte
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“Di qui la nota sentenza di Ippocrate: Il più efficace dei medici è quello in cui molti hanno fede, in quanto liga molti, o coll'eloquio, o con l'aspetto, o con la notorietà. Ciò riguarda non solo il medico, ma anche ogni genere di mago, e quale che sia il titolo di potere, perché chi opera ligature difficilmente con altri mezzi potrà suscitare l'immaginazione.
Ed i teologi credono ed ammettono e predicano su colui che per sé può compiere ogni cosa, ma che non era in grado di curare quelli che non avevano fede in lui, e l'esauriente spiegazione di simile impotenza va riportata all'immaginazione, che egli non fu in grado di ligare; i famigliari, infatti, cui la sua modesta origine ed educazione erano note, spregiavano ed irridevano il medico e il profeta: di qui il proverbio Nessun profeta è riconosciuto nella sua terra.
È dunque più facile, per qualcuno, ligare colui che è meno noto, per mezzo dell'opinione e della disponibilità della fede, per la quale la potenza dell'anima si predispone in una certa maniera, si apre, si esplica, come se, per accogliere il sole, aprisse finestre che in altro frangente manterrebbe sigillate, e vien dato accesso a quelle impressioni che l'arte del ligatore esige, onde imporre successive ligature, come la speranza, la compassione, il timore, l'amore, l'odio, l'indignazione, l'ira, la gioia, la pazienza, lo spregio della vita, della morte, della fortuna, e tutti gli altri affetti, le cui forze dall'anima trasmigrano nel corpo, per modificarlo.”

Giordano Bruno (1548–1600) filosofo e scrittore italiano

2000, pp. 91-93

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“Il pensiero della morte è come uno specchio, in cui la vita è apparenza, breve come un sospiro. Fidarsene è errore.”

William Shakespeare (1564–1616) poeta inglese del XVI secolo

Pericle; atto I, scena II
Pericle, il principe di Tiro

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“I dolori sono ignoti, l'amore non si impara, l'ingiunzione che ci chiama ad entrare nella morte rimane oscura. Solo il canto sulla terra consacra e celebra.”

Rainer Maria Rilke (1875–1926) scrittore, poeta e drammaturgo austriaco

Origine: Da I sonetti a Orfeo – Cederna, traduzione di Raffaello Prati.

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“La vita è un sonno, la morte è il risveglio.”

Lev Nikolajevič Tolstoj (1828–1910) scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista, esegeta ed attivista sociale russo

Origine: Dal Ciclo di letture, 7 novembre; citato in Lev L'vovič Tolstoj, p. 137.

“Invecchiando, io rivelo il mio carattere, non la mia morte. […] Per il bene dell'umanità, bisognerebbe proibire la chirurgia cosmetica e considerare il lifting un crimine contro l'umanità.”

James Hillman (1926–2011) psicoanalista, saggista e filosofo statunitense

da La forza del carattere; citato in Umberto Galimberti, Facciamo un lifting alle nostre idee, in L'espresso n. 20 anno LIII, 24 maggio 2007, p. 199

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“La creazione, nella sua infinita varietà, costituisce un insieme armonioso, le cui parti sono legate fra loro e vivono le une in funzione delle altre. Dall'atomo all'angelo, dalla coesione delle molecole alla comunione dei santi, niente esiste da solo né per se stesso. Dio non ha creato che unendo. Il dramma dell'uomo è quello di separare. Egli si separa da Dio con l'irreligiosità, dai suoi fratelli con l'indifferenza, l'odio e la guerra, si separa infine dalla sua anima con la ricerca dei beni apparenti e caduchi. E quest'essere, separato da tutto, proietta sull'universo il riflesso della sua divisione interiore; egli separa tutto intorno a sé; porta le sue mani sacrileghe sulle più umili vestigia dell'unità divina; sbriciola tutto fin dentro le viscere della materia. L'uomo atomizzato e la bomba atomica rispondono l'uno all'altra. La metafisica della separazione è la metafisica stessa del peccato. Ma poiché l'uomo non può vivere senza un simulacro d'unità, queste sue parti, disgiunte ed uccise dal peccato, si ricongiungono, in quanto morte, non più come gli organi d'un medesimo corpo, ma come i granelli di sabbia dello stesso deserto. La separazione porta con sé la confusione, la rottura, l'uniformità. Non esistono più artigiani liberi ed originali, ma una «massa» di proletari; non ci sono più coppie che si amano di un amore unico, ma una bellezza standard ed una sessualità meccanicizzata. Non c'è possibilità di salvezza che nel ritorno all'unità nella diversità […].”

Gustave Thibon (1903–2001) filosofo e scrittore francese

Quel che Dio ha unito

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“La croce di Cristo abbracciata con amore non porta mai alla tristezza, ma alla gioia, alla gioia di essere salvati e di fare un pochettino quel che ha fatto Lui nel giorno della sua morte.”

Papa Francesco (1936) 266° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Omelie, Omelia nella solennità della Domenica delle Palme http://www.vatican.va/holy_father/francesco/homilies/2013/documents/papa-francesco_20130324_palme_it.html, Piazza San Pietro, 24 marzo 2013

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“La Morte e la Risurrezione di Gesù sono proprio il cuore della nostra speranza.”

Papa Francesco (1936) 266° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Udienze, Udienza Generale 3 aprile 2013, Piazza San Pietro http://www.vatican.va/holy_father/francesco/audiences/2013/documents/papa-francesco_20130403_udienza-generale_it.html

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“Per la morte non c'è spazio, ma le vite volano e si aggiungono alle stelle nell'alto cielo.”

IV, 226-7
Nec morti esse locum, sed viva volare sideris in numerum atque alto succedere caelo.
Georgiche

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“Vi racconto una piccola atroce storia per capire quale possa essere talvolta la posizione del potere politico dentro una vicenda mafiosa, una storia vecchia di alcuni anni fa e che oggi non avrebbe senso e che tuttavia in un certo modo interpreta tutt'oggi il senso politico della mafia. Nel paese di Camporeale, provincia di Palermo, nel cuore della Sicilia, assediato da tutta la mafia della provincia palermitana, c'era un sindaco democristiano, un democristiano onesto, di nome Pasquale Almerico, il quale essendo anche segretario comunale della DC, rifiutò la tessera di iscrizione al partito ad un patriarca mafioso, chiamato Vanni Sacco ed a tutti i suoi amici, clienti, alleati e complici. Quattrocento persone. Quattrocento tessere. Sarebbe stato un trionfo politico del partito, in una zona fino allora feudo di liberali e monarchici, ma il sindaco Almerico sapeva che quei quattrocento nuovi tesserati si sarebbero impadroniti della maggioranza ed avrebbero saccheggiato il Comune. Con un gesto di temeraria dignità, rifiutò le tessere.
Respinti dal sindaco, i mafiosi ripresentarono allora la domanda alla segreteria provinciale della DC, retta in quel tempo dall'ancora giovane Giovanni Gioia, il quale impose al sindaco Almerico di accogliere quelle quattrocento richieste di iscrizione, ma il sindaco Almerico, che era medico di paese, un galantuomo che credeva nella DC come ideale di governo politico, ed era infine anche un uomo con i coglioni, rispose ancora di no. Allora i postulanti gli fecero semplicemente sapere che, se non avesse ceduto, lo avrebbero ucciso, e il sindaco Almerico, medico galantuomo, sempre convinto che la Dc fosse soprattutto un ideale, rifiutò ancora. La segreteria provinciale s'incazzò, sospese dal partito il sindaco Almerico e concesse quelle quattrocento tessere. Il sindaco Pasquale Almerico cominciò a vivere in attesa della morte. Scrisse un memoriale indirizzato alla segreteria provinciale e nazionale del partito denunciando quello che accadeva e indicando persino i nomi dei suoi probabili assassini. E continuò a vivere nell'attesa della morte. Solo, abbandonato da tutti. Nessuno gli dette retta, lo ritennero un pazzo visionario che voleva continuare a comandare da solo la città emarginando forze politiche nuove e moderne.
Talvolta lo accompagnavano per strada alcuni amici armati per proteggerlo. Poi anche gli amici scomparvero. Una sera di ottobre mentre Pasquale Almerico usciva dal municipio, si spensero tutte le luci di Camporeale e da tre punti opposti della piazza si cominciò a sparare contro quella povera ombra solitaria. Cinquantadue proiettili di mitra, due scariche di lupara. Il sindaco Pasquale Almerico venne divelto, sfigurato, ucciso e i mafiosi divennero i padroni di Camporeale. Pasquale Almerico, per anni, anche negli ambienti ufficiali del partito venne considerato un pazzo alla memoria.”

Giuseppe Fava (1925–1984) scrittore, giornalista e drammaturgo italiano

da I Siciliani, gennaio 1983

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“Lo so che tra noi due il più forte sei, sempre tu! Ma dammi questa dolce morte, tanto non vivo più.”

Raf (1959) cantautore italiano

da Ti pretendo
Cosa resterà

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“Ed eccovi in secondo luogo la "cuna", altro flagello dell'infanzia, altro strumento di morte per bambini. Bisogna far dormire per forza quella mummia, che grida nei suoi ceppi. Le sue grida riescono importune, moleste, insopportabili. Dl'altronde, la madre deve attendere alla sua acconciatura, ha da intendersi colla sarta, ha da finire di leggere quel romanzo che tanto l'interessa! Deve vestirsi pel teatro, per le visite, pel veglione, per la passeggiata. Bisogna dunque per forza quel marzmottino si acceti nel sonno. Ed ecco il piccolo importuno consegnato alla balia, che te lo acchiappa come un involto di robe vecchie e te lo getta nella "cuna", dopo aver dato una buona ristretta alle fasce, quasi che tema ceh il prigioniero non scappi. Ed accola a far giuocare quel crpicciuolo ad un violento giuoco di altalena, agitando la culla in modo tempetosissimo che, senon fosse per legge fisica che il gran moto produce l'immobilità, quel puttino dovrebbe essere cento volte tramazzato sul suolo ovvero trabalzato in aria come la palla della racchetta. Bisogna far dormire a forza il monello. Dunque, stordendolo fino alla stupefazione, fino all'encefalagìa, fino al coma. L'oppio, la morfina ed altri mortali soporiferi riuscirebbero meno letali a quel tenero tessuto nervoso della violenta agitazione della "cuna". Un bel dì, il bambinello è assalito da convulsioni nervose e leva l'incomodo alla madre: «Dio se l'ha preso» dice questa. E noi diremo: «Siete voi che Glielo avete dato!».”

Francesco Mastriani (1819–1891) scrittore italiano

Parte prima, libro II, cap. XXVI, p. 253-54

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“Il loro cuore è mite, e l'animo paziente. Secoli di rassegnazione pesano sulle loro schiene, e il senso della vanità delle cose, e della potenza del destino. Ma quando, dopo infinite sopportazioni, si tocca il fondo del loro essere, e si muove un senso elementare di giustizia e di difesa, allora la loro rivolta è senza limiti, e non può conoscere misura. È una rivolta disumana, che parte dalla morte e non conosce che la morte, dove la ferocia nasce dalla disperazione. I briganti difendevano, senza ragione e senza speranza, la libertà e la vita dei contadini, contro lo Stato, contro tutti gli Stati. Per loro sventura si trovarono ad essere inconsapevoli strumenti di quella Storia che si svolgeva fuori di loro, contro di loro; a difendere la causa cattiva, e furono sterminati. Ma, col brigantaggio, la civiltà contadina difendeva la propria natura, contro quell'altra civiltà che le sta contro e che, senza comprenderla, eternamente la assoggetta: perciò, istintivamente, i contadini vedono nei briganti i loro eroi. La civiltà contadina è una civiltà senza Stato, e senza esercito: le sue guerre non possono essere che questi scoppi di rivolta; e sono sempre, per forza, delle disperate sconfitte; ma essa continua tuttavia, eternamente, la sua vita, e dà ai vincitori i frutti della terra, ed impone le sue misure, i suoi dèi terrestri, e il suo linguaggio.”

1990, p. 122
Cristo si è fermato a Eboli

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“Vorrei essere in montagna a sciare…» «le piace sciare Mr. Laurel?» «…lo detesto, ma è sempre meglio di essere qui.”

Stan Laurel (1890–1965) attore britannico

Si dice che abbia rivolto questa frase all'infermiera in punto di morte
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“Mangiamo, beviamo, godiamo: dopo la morte non vi è più diletto alcuno.”

Assurbanipal (-685–-627 a.C.) Sovrano assiro

citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli

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“[Ultime parole ai medici, la notte prima della morte] Chi è che mi ha sparato questa fucilata al cuore? Adesso basta, lasciatemi morire.”

Totò (1898–1967) attore, commediografo, paroliere, poeta e sceneggiatore italiano

Origine: Citato in Franca Faldini, Goffredo Fofi, Totò, Tullio Pironti editore, 1987, p. 128. Il testo è la ristampa di Totò: l'uomo e la maschera, Feltrinelli, 1977.

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“Pregate per me, povera peccatrice, soprattutto nell'ora della mia morte.”

Bernadetta Soubirous (1844–1879) religiosa e mistica francese

Le parole di Bernadette

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“Io non ho paura [delle minacce di morte]. Accetto il rischio, fa parte della mia vita, ormai. Sono loro che hannno paura. Altrimenti non vorrebbero uccidere una piccola donna come me.”

Shirin Ebadi (1947) avvocato e pacifista iraniana

Origine: Citato in Umberto Veronesi, Dell'amore e del dolore delle donne, Einaudi, Torino, 2010, p. 139. ISBN 978-88-06-20133-3

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“Ringraziamo Iddio, noi attori, che abbiamo il privilegio di poter continuare i nostri giochi d'infanzia fino alla morte, che nel teatro si replica tutte le sere.”

Gigi Proietti (1940) attore italiano

Origine: Citato in Dizionario degli attori: Gli attori del nostro tempo, a cura di Gabriele Rifilato, Rai-Eri, 2005, Roma. ISBN 8839712895

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“Al figlio che scelse l'infedeltà di essere non musulmano sarà chiesto di pentirsi (e tornare all'Islam), altrimenti sarà messo a morte.”

Ruhollah Khomeyni (1902–1989) politico e religioso iraniano

Origine: Citato in The best of imam Khomeini http://www.ilfoglio.it/zakor/119, Il foglio.it, 25 giugno 2009.

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“La vita è sacra? E chi l'ha detto? Dio? Ehi, se leggi la storia, ti rendi conto che Dio è una delle principali cause di morte. È successo per migliaia di anni! Hindu, musulmani, ebrei, cristiani; tutti a uccidersi l'un l'altro perché Dio ha detto loro che era una bella pensata. La spada di dio, il sangue dell'agnello, la vendetta è mia; milioni di figli di puttana morti. Milioni di figli di puttana tutti morti perché hanno dato la risposta sbagliata alla domanda di Dio: "Credi in Dio?" "No." BAM! Stecchito. "Credi in Dio?" "Sì." "Credi nel mio Dio?" "No." BAM! Stecchito. "Il mio Dio ha un cazzo più grande del tuo Dio!"”

George Carlin (1937–2008) comico, attore e sceneggiatore statunitense

Life is sacred? Who said so? God? Hey, if you read history, you realize that God is one of the leading causes of death. Has been for thousands of years. Hindus, Muslims, Jews, Christians all taking turns killing each other 'cuz God told them it was a good idea. The sword of God, the blood of the land, vengeance is mine. Millions of dead motherfuckers. Millions of dead motherfuckers all because they gave the wrong answer to the God question. "You believe in God?" "No." *Pdoom*. Dead. "You believe in God?" "Yes." "You believe in my God?" "No." *Poom*. Dead. "My God has a bigger dick than your God!"
Back in Town
Origine: Trascritto in George Carlin On the Sanctity of Life http://windupwire.com/tag/george-carlin/, windupwire.com.

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“La salute non ha mai prodotto niente. L'infelicità è un dono. Io mangio solo per nutrire il dolore. La preparazione alla morte dura una vita intera.”

Alda Merini (1931–2009) poetessa italiana

Origine: Citato in Una vita vissuta tra follia e poesia https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/1995/ottobre/17/Una_vita_vissuta_tra_follia_co_0_951017690.shtml, Corriere della sera, 17 ottobre 1995, p. 47.

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“[…] l'aborto è una morte doppia, di una mamma e di un bambino.”

Costanza Miriano (1970) giornalista, scrittrice e blogger italiana

da La vita dopo l'aborto http://costanzamiriano.com/2013/05/15/la-vita-dopo-laborto/, Il blog di Costanza Miriano, 15 maggio 2013

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“Penso spesso alla morte, sperando che lei non pensi a me.”

Patrick Tambay (1949) pilota automobilistico francese

Origine: Citato in Marco Pastonesi e Giorgio Terruzzi, Palla lunga e pedalare, Dalai Editore, 1992, p. 48. ISBN 88-8598-826-2.

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“Finché gli uomini massacreranno gli animali, si uccideranno tra di loro. In verità, colui che semina il seme del dolore e della morte non può raccogliere amore e gioia.”

Pitagora (-585–-495 a.C.) matematico, legislatore, filosofo, astronomo, scienziato e politico greco

Attribuite
Origine: Citato in Steven Rosen, Il vegetarismo e le religioni del mondo, traduzione di Giulia Amici, Jackson Libri, 1995, p. 130. ISBN 88-256-0826-8 (La polemica pitagorica contro le uccisioni di animali è in funzione apologetica del vegetarianismo, di cui Pitagora è considerato l'iniziatore in Occidente; cfr. Pitagora e Scuola pitagorica su Wikipedia)

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“Sono, le pompe effimere del mondo, | verdi salici che, se pure invecchino, | finiscono per fuoco, accetta o nembo; | incurva e attrista noi decrepitezza. | Porpora e rosa: egual destino; belle | fin che durino gocce dell'aurora; | ma che il Padre dei vivi le dardeggi | d'un solo raggio, e vedile avvizzire. | Breve è la vita ai fiori; orgoglio, fasto, | al mattino, e la sera già decade | loro impero e calamità li reca | a trista morte. Tutto ch'è su terra | ha una fine, non é gloriosa cosa | o bella che non abbia a un tratto mozzo | il respiro e non cada nella tomba. | Su tutta la sua faccia arrotondata | non è la terra che una tomba.”

Acolmiztli Nezahualcóyotl (1402–1472) poeta

da Sulla caducità della vita, p. 391
In Orfeo, il tesoro della lirica universale
Origine: Nel sedicesimo secolo le poesie di Nezahualcóyotl furono raccolte e tramandate da un suo discendente, Fernando de Ixtlilxochitl che si era convertito al cristianesimo e parlava spagnolo. È possibile quindi che i testi originari siano stati modificati con inserimenti più vicini al gusto europeo. Questo possibile rimaneggiamento non esclude tuttavia l'esistenza certa di un nucleo autentico. Orfeo, p. 1931.

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“Non ci fa paura la bestemmia, perché anche nella maledizione di Dio riconosciamo l'immagine stranita dell'ira di Geova che maledice gli angeli ribelli. Non ci fa paura la violenza di chi uccide i pastori in nome di qualche fantasia di rinnovamento, perché è la stessa violenza dei principi che cercarono di distruggere il popolo di Israele. Non ci fa paura il rigore del donatista, la follia suicida del circoncellione, la lussuria del bogomilo, l'orgogliosa purezza dell'albigese, il bisogno di sangue del flagellante, la vertigine del male del fratello del libero spirito: li conosciamo tutti e conosciamo la radice dei loro peccati che è la radice stessa della nostra santità. Non ci fanno paura e soprattutto sappiamo come distruggerli, meglio, come lasciare che si distruggano da soli portando protervamente allo zenit la volontà di morte che nasce dagli abissi stessi del loro nadir. Anzi, vorrei dire, la loro presenza ci è preziosa, si iscrive nel disegno di Dio, perché il loro peccato incita la nostra virtù, la loro bestemmia incoraggia il nostro canto di lode, la loro sregolata penitenza regola il nostro gusto del sacrificio, la loro empietà fa risplendere la nostra pietà, così come il principe delle tenebre è stato necessario, con la sua ribellione e la sua disperazione, a far meglio rifulgere la gloria di Dio, principio e fine di ogni speranza.”

Il nome della rosa

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