Frasi su volontà
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“La capacità di discernere la volontà di Dio richiede una nuova sensibilità spirituale, precisamente quella che ci è data attraverso l'evento della nostra conversione.”

André Louf (1929–2010) monaco cattolico belga, eremita, scrittore di libri di spiritualità

Generati dallo Spirito

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“Questo secolo oramai alla fine, | saturo di parassiti senza dignità, | mi spinge solo ad essere migliore, | con più volontà.”

Franco Battiato (1945) musicista, cantautore e regista italiano

da E ti vengo a cercare, n. 2
Fisiognomica

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“Se la volontà di Dio sarà fatta sulla terra come lo è nel cielo, allora la terra non sarà più terra… allora tutti saremo cielo.”

Origene di Alessandria (185–254) scrittore, religioso, teologo (catechista)

Origine: Citato in Ermes Ronchi, Il canto del pane, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2006, p. 72. ISBN 88-215-4709-4

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“Non ci fa paura la bestemmia, perché anche nella maledizione di Dio riconosciamo l'immagine stranita dell'ira di Geova che maledice gli angeli ribelli. Non ci fa paura la violenza di chi uccide i pastori in nome di qualche fantasia di rinnovamento, perché è la stessa violenza dei principi che cercarono di distruggere il popolo di Israele. Non ci fa paura il rigore del donatista, la follia suicida del circoncellione, la lussuria del bogomilo, l'orgogliosa purezza dell'albigese, il bisogno di sangue del flagellante, la vertigine del male del fratello del libero spirito: li conosciamo tutti e conosciamo la radice dei loro peccati che è la radice stessa della nostra santità. Non ci fanno paura e soprattutto sappiamo come distruggerli, meglio, come lasciare che si distruggano da soli portando protervamente allo zenit la volontà di morte che nasce dagli abissi stessi del loro nadir. Anzi, vorrei dire, la loro presenza ci è preziosa, si iscrive nel disegno di Dio, perché il loro peccato incita la nostra virtù, la loro bestemmia incoraggia il nostro canto di lode, la loro sregolata penitenza regola il nostro gusto del sacrificio, la loro empietà fa risplendere la nostra pietà, così come il principe delle tenebre è stato necessario, con la sua ribellione e la sua disperazione, a far meglio rifulgere la gloria di Dio, principio e fine di ogni speranza.”

Il nome della rosa

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“Per la tua amicizia mi sanguina il cuore | Sii mio nemico – per amicizia.”

William Blake (1757–1827) poeta, incisore e pittore inglese

Versi e Canti

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“Imitare la bellezza del creato, adeguarsi all'assenza di finalità, di intenzioni, di discriminazione, significa rinunciare alle nostre intenzioni, alla nostra volontà.
Essere perfettamente obbedienti significa essere perfetti come è perfetto il nostro padre celeste.”

Origine: Cfr. Gesù, Discorso della Montagna: «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
Origine: Attesa di Dio, Forme dell'amore implicito di Dio, p. 145

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“Far il poema della coscienza umana, foss'anco d'un sol uomo, del più infimo fra gli uomini, sarebbe come fondere tutte le epopee in un'epopea superiore e definitiva. La coscienza è il caos delle chimere, delle cupidigie e dei tentativi, la fornace dei sogni, l'antro delle idee di cui si ha vergogna; è il pandemonio dei sofismi, è il campo di battaglia delle passioni. Penetrate, in certe ore, attraverso la faccia livida d'un uomo che sta riflettendo, guardate in quell'anima, in quell'oscurità; sotto il silenzio esteriore, vi sono combattimenti di giganti come in Omero, mischie di dragoni ed idre e nugoli di fantasmi, come in Milton, visioni ultraterrene come in Dante. Oh, qual abisso è mai quest'infinito che ogni uomo porta in sé e col quale confronta disperatamente la volontà del cervello e gli atti della vita!”

I, III, VII; 1981
I miserabili
Variante: V'è uno spettacolo più grande del mare, ed è il cielo;
v'è uno spettacolo più grande del cielo, ed è l'interno dell'anima.
Far il poema della coscienza umana, foss'anco d'un sol uomo, del più infimo fra gli uomini, sarebbe come fondere tutte le epopee in un'epopea superiore e definitiva. La coscienza è il caos delle chimere, delle cupidigie e dei tentativi, la fornace dei sogni, l'antro delle idee di cui si ha vergogna; è il pandemonio dei sofismi, è il campo di battaglia delle passioni. Penetrate, in certe ore, attraverso la faccia livida d'un uomo che sta riflettendo, guardate in quell'anima, in quell'oscurità; sotto il silenzio esteriore, vi sono combattimenti di giganti come in Omero, mischie di dragoni ed idre e nugoli di fantasmi, come in Milton, visioni ultraterrene come in Dante. Oh, qual abisso è mai quest'infinito che ogni uomo porta in sé e col quale confronta disperatamente la volontà del cervello e gli atti della vita!

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“Una favola orientale racconta di un uomo cui strisciò in bocca, mentre dormiva, un serpente. Il serpente gli scivolò nello stomaco e vi si stabilì e di là impose all'uomo la sua volontà, così da privarlo della libertà. L'uomo era alla mercé del serpente: non apparteneva più a se stesso. Finché un mattino l'uomo sentì che il serpente se n'era andato e lui era di nuovo libero. Ma allora si accorse di non saper cosa fare della sua libertà: "nel lungo periodo del dominio assoluto del serpente egli si era talmente abituato a sottomettere la sua propria volontà alla volontà di questo, i suoi propri desideri ai desideri di questo, i suoi propri impulsi agli impulsi di questo che aveva perso la capacità di desiderare, di tendere a qualcosa, di agire autonomamente. In luogo della libertà aveva trovato il vuoto, perché la sua nuova essenza acquistata nella cattività se ne era andata insieme col serpente, e a lui non restava che riconquistare a poco a poco il precedente contenuto umano della sua vita". L'analogia di questa favola con la condizione istituzionale del malato mentale è addirittura sorprendente, dato che sembra la parabola fantastica dell'incorporazione da parte del malato di un nemico che lo distrugge, con gli stessi atti di prevaricazione e di forza con cui l'uomo della favola è stato dominato e distrutto dal serpente. Il malato, che già soffre di una perdita di libertà quale può essere interpretata la malattia, si trova costretto ad aderire ad un nuovo corpo che è quello dell'istituzione, negando ogni desiderio, ogni azione, ogni aspirazione autonoma che lo farebbero sentire ancora vivo e ancora se stesso. Egli diventa un corpo vissuto nell'istituzione, per l'istituzione, tanto da essere considerato come parte integrante delle sue stesse strutture fisiche.”

Franco Basaglia (1924–1980) psichiatra e neurologo italiano

da Corpo e istituzione, 1967

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“La malvagità presuppone un certo spessore morale, forza di volontà e intelligenza. L'idiota invece non si sofferma a ragionare, obbedisce all'istinto, come un animale nella stalla, convinto di agire in nome del bene e di avere sempre ragione.”

The Shadow of the Wind
L'ombra del vento
Variante: La malvagità presuppone un certo spessore morale, forza di volontà e intelligenza. L'idiota invece non si sofferma a ragionare, obbidisce all'istinto, come un animale nella stalla, convinto di agire in nome del bene e di avere sempre ragione.

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“Non il voto dei cittadini, ma il riconoscimento degli dèi afferma la volontà generale.”

Luigi Einaudi (1874–1961) 2º Presidente della Repubblica Italiana

Prediche inutili

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“L'anima juventina è un complesso modo di sentire, un impasto di sentimenti, di educazione, di bohemien, di allegria e di affetto, di fede alla nostra volontà di esistere e continuamente migliorare.”

Enrico Canfari (1877–1915) calciatore e dirigente sportivo italiano

da un documento autografo citato dalla rivista ufficiale Hurrà il 26 dicembre 1915

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“Si dice che ci sono quattro tipi di cavalli: eccellenti, buoni, mediocri e cattivi. Il migliore correrà piano o forte, a destra o a sinistra, secondo la volontà del cavaliere, ancor prima di vedere l'ombra della frusta; il secondo miglior cavallo farà tutto bene come il primo, ma un attimo prima che la frusta lo raggiunga; il terzo correrà quando avvertirà dolore sul corpo; il quarto correrà solo dopo che il dolore gli sarà penetrato fin nel midollo delle ossa. Immaginate un po' quanto è difficile per il quarto cavallo imparare a correre! Ascoltando questa storia, quasi tutti vorremmo essere il cavallo migliore. Se non è possibile essere il migliore, vogliamo essere il secondo dopo di lui. È questo, credo, il modo consueto di intendere questa storia e lo Zen. Può darsi che pensiate che, sedendo in zazen, scoprirete se siete tra i migliori cavalli o tra i peggiori. Qui, tuttavia, ci troviamo di fronte a un fraintendimento dello Zen. Se pensate che scopo della pratica zen sia addestrarvi a diventare uno dei cavalli migliori, allora avrete veramente un grosso problema. Ma non è questo il retto intendimento. Se praticate lo Zen nel modo giusto non ha alcuna importanza che voi siate il cavallo migliore o peggiore. Se considerate la misericordia del Buddha, quale pensate sia l'atteggiamento del suo cuore nei confronti dei quattro tipi di cavalli? Egli avrà più simpatia per i peggiori che non per i migliori. Quando siete decisi a praticare lo zazen con la grande mente di Buddha, scoprirete che il cavallo peggiore è quello che vale di più. Proprio nelle vostre imperfezioni troverete la base per la vostra mente ferma, la mente che cerca la via.”

Shunryū Suzuki (1904–1971) monaco buddhista

Origine: Mente Zen, Mente di principiante, pp. 33-34

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“Non bisogna accusare l'indisciplina. Non c'è niente di male ad essere indisciplinati se nell'indisciplina c'è una volontà. La cosa peggiore è quando l'indisciplina non c'è più, quando si sceglie di dare retta agli altri.”

Vittorio Foa (1910–2008) politico, giornalista e scrittore italiano

Origine: Dal sito www.cgil.it del 20 ottobre 2008, per ricordare la scomparsa di Vittorio Foa.

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“Mettere al mondo un figlio ha un senso solo se questo figlio è voluto, coscientemente e liberamente dai due genitori. Se no è un atto animalesco e criminoso. Un essere umano diventa tale non per il casuale verificarsi di certe condizioni biologiche, ma per un atto di volontà e d’amore da parte degli altri. Se no, l’umanità diventa – come in larga parte già è – una stalla di conigli. Ma non si tratta più della stalla «agreste», ma d’un allevamento «in batteria» nelle condizioni d’artificialità in cui vive a luce artificiale e con mangime chimico.
Solo chi – uomo e donna – è convinto al cento per cento d’avere la possibilità morale e materiale non solo d’allevare un figlio ma d’accoglierlo come una presenza benvenuta e amata, ha il diritto di procreare; se no, deve per prima cosa far tutto il possibile per non concepire e se concepisce (dato che il margine d’imprevedibilità continua a essere alto) abortire non è soltanto una triste necessità, ma una decisione altamente morale da prendere in piena libertà di coscienza «…».
Nell’aborto chi viene massacrato, fisicamente e moralmente, è la donna; anche per un uomo cosciente ogni aborto è una prova morale che lascia il segno, ma certo qui la sorte della donna è in tali sproporzionate condizioni di disfavore in confronto a quella dell’uomo, che ogni uomo prima di parlare di queste cose deve mordersi la lingua tre volte.”

Italo Calvino (1923–1985) scrittore italiano
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“«Le strade di Fantàsia», disse Graogramàn, «le puoi trovare solo grazie ai tuoi desideri. E ogni volta puoi procedere soltanto da un desiderio al successivo. Quello che non desideri ti rimane inaccessibile. Questo è ciò che qui significano le parole 'vicino' e 'lontano'. E non basta volere soltanto andar via da un luogo. Devi desiderarne un altro. Devi lasciarti guidare dai tuoi desideri.»
«Ma io non desidero affatto andarmene da qui», ribatté Bastiano.
«Dovrai trovare il tuo prossimo desiderio», replicò Graogramàn in tono quasi severo.
«E quando l'avrò trovato», fece Bastiano di rimando, «come potrò andarmene da qui?»
«Ascolta, mio signore», disse Graogramàn a voce bassa, «in Fantàsia c'è un luogo che conduce ovunque e al quale si può giungere da ogni parte. Viene chiamato il Tempio delle Mille Porte. Nessuno lo ha visto dall'esterno, perché non ha un esterno. Il suo interno consiste in un labirinto di porte. Chi lo vuole conoscere deve avere il coraggio di inoltrarsi in quel labirinto.»
«Ma come è possibile, se non ci si può avvicinare dall'esterno?»
«Ogni porta», continuò il leone, «ogni porta in tutta Fantàsia, persino una comunissima porta di cucina o di stalla, sicuro, persino l'anta di un armadio, può in un determinato momento diventare la porta d'ingresso al Tempio delle Mille Porte. Passato quell'attimo, torna a essere quello che era, una porta qualsiasi. Perciò nessuno
può passare per più di una volta dalla stessa porta. E nessuna delle mille porte riconduce là da dove si è venuti. Non esiste ritorno.»
«Ma una volta che si è dentro», domandò Bastiano, «si può uscirne?»
«Sicuro», rispose il leone, «però non è così facile come nei soliti edifici. Perché attraverso il labirinto delle Mille Porte ti può guidare solo un vero desiderio. Chi non lo ha è costretto a continuare a vagarci dentro fino a quando sa esattamente che cosa desidera. E questo talvolta richiede molto tempo.»
«E come si fa a trovare la porta d'ingresso?»
«Bisogna desiderarlo.»
Bastiano rifletté a lungo e poi disse:
«È strano che non si possa semplicemente desiderare quello che si vuole. Ma, per la verità, da dove ci vengono i desideri? E che cos'è un desiderio?»
Graogramàn guardò il ragazzo a occhi spalancati, ma non rispose.

Qualche giorno più tardi ebbero un altro colloquio molto importante.
Bastiano aveva mostrato al leone la scritta sul rovescio dell'amuleto. «Che cosa può significare?» domandò. «FA' CIO' CHE VUOI, questo vuol dire che posso fare tutto quello che mi pare, non credi?»
Il volto di Graogramàn assunse d'improvviso un'espressione di terribile serietà e i suoi occhi divennero fiammanti.
«No», esclamò con quella sua voce profonda e tonante, «vuol dire che devi fare quel che è la tua vera volontà. E nulla è più difficile.»
«La mia vera volontà?» ripeté Bastiano impressionato. «E che cosa sarebbe?»
«È il tuo più profondo segreto, quello che tu non conosci.»
«E come posso arrivare a conoscerlo?»
«Camminando nella strada dei desideri, dall'uno all'altro, e fino all'ultimo. L'ultimo ti condurrà alla tua vera volontà.»
«Ma questo non mi pare tanto difficile.»
«Di tutte le strade è la più pericolosa», replicò il leone.
«Perché?» domandò Bastiano. «Io non ho paura.»
«Non è di questo che si tratta», ruggì Graogramàn, «ciò richiede la massima sincerità e attenzione, perché non c'è altra strada su cui sia tanto facile perdersi definitivamente.»”

Michael Ende (1929–1995) scrittore tedesco
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“Io non sono vecchio! Non vogliono dir nulla settantaquattro anni! Cinquant'anni non sono nulla, non mi separano affatto dalla giovinezza. Se mi volto, dietro le mie spalle c'è la giovinezza chiara, nitida, e dietro c'è la fanciullezza, ancora più chiara e nitida di quando avevo vent'anni. I pensieri sono con me, li devo ancora sviluppare, e così i sentimenti, i desideri: li devo ancora appagare! Io non sono affatto sazio di vita, comincio appena ora ad assaporarla! Perché mi mettete addosso questi dolori artritici, queste rughe che mi fanno ghignare mentre non ghigno affatto, queste borse di pelle? Perché m'impastoiate come un mulo e mi accecate? Perché mi otturate le orecchie? E perché mi guardate con quegli occhi che trovano maturale che io muoia? C'è un errore, ve lo giuro! Arrivate alla mia età e ve ne accorgerete! Ma allora avrete anche voi un bel gridare, e quelli che avranno i venti, i trenta, i quaranta, i cinquant'anni che adesso avete voi non vi crederanno, e vi conforteranno col tono bonario che si usa con i pazzi quando dicono d'essere sani!". Paolo uscì; tremava leggermente. Come poteva un uomo ridursi così? Era chiaro: niente mai meditazione, niente mai volontà, niente mai autocritica, e quindi niente coraggio, niente dignità, niente luce intellettuale, niente superiorità sulla morte. Lo spirito, relegato nella stiva del corpo, costretto a servirlo per renderne infiniti i godimenti, ora si limitava a sbattere le sue catene per annunziare che il padrone colava a picco.”

Vitaliano Brancati (1907–1954) scrittore, sceneggiatore
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“Ogni qualvolta la mia vita dà in qualche modo se stessa per la vita altrui, la mia volontà di vivere limitata s'identifica con la volontà di vivere illimitata nella quale tutte le vite sono una cosa unica. Ho con me una bevanda che mi impedisce di morire di sete nel deserto della vita.”

Albert Schweitzer (1875–1965) medico, teologo, musicista e missionario luterano tedesco, di origine francese alsaziana

Origine: Da The Philosophy of Civilization; citato in Gino Ditadi, I filosofi e gli animali, vol. 1, Isonomia editrice, Este, 1994, p. 219. ISBN 88-85944-12-4

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