Frasi su disperato

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema disperato, vita, essere, ancora.

Frasi su disperato

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“Per quanto una situazione sia disperata, c'è sempre una possibilità di soluzione. Quando tutto attorno è buio non c'è altro da fare che aspettare tranquilli che gli occhi si abituino all'oscurità.”

Norwegian Wood
Variante: Per quanto una situazione possa sembrare disperata, c'è sempre una possibilità di soluzione. Quando tutto attorno è buio non c'è altro da fare che aspettare tranquilli che gli occhi si abituino all'oscurità.

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“Noi non mettiamo in discussione l'accoglienza. Abbiamo dimostrato di saperlo fare meglio degli altri. Per secoli siamo stati terra di passaggio e di scambio. Il problema è che sono troppi. E noi non siamo in grado di gestire queste masse di disperati.”

Andrea Camilleri (1925–2019) scrittore, sceneggiatore e regista italiano

Origine: Da Camilleri: "Sicilia, resisti e fai pagare chi sbaglia" http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/12/28/news/camilleri_sicilia_resisti_e_fai_pagare_chi_sbaglia_-130283704/, Repubblica.it, 28 dicembre 2015.

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“Ma l'impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale.”

Lucio Dalla (1943–2012) musicista, cantautore e attore italiano

da Disperato erotico stomp, lato B, n. 1
Come è profondo il mare

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“È così breve l'amore, ed è sì lungo l'oblio.”

Pablo Neruda (1904–1973) poeta e attivista cileno

da Posso scrivere i versi...
Venti poesie d'amore e una canzone disperata
Origine: in Venti poesie d'amore e una canzone disperata, traduzione di Giuseppe Bellini, Nuova Accademia Editrice, 1963

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“L'uomo non vive soltanto la sua vita personale come individuo, ma – cosciente o incosciente – anche quella della sua epoca e dei suoi contemporanei, e qualora dovesse considerare dati in modo assoluto e ovvio i fondamenti generali e obiettivi della sua esistenza ed essere altrettanto lontano dall'idea di volerli criticare quanto lo era in realtà il buon Castorp, è pur sempre possibile che senta vagamente compromesso dai loro difetti il proprio benessere morale. Il singolo può avere di mira parecchi fini, mete, speranze, previsioni, donde attinge l'impulso ad elevate fatiche e attività; se il suo ambiente impersonale, se l'epoca stessa, nonostante l'operosità interiore, è in fondo priva di speranze e prospettive, se furtivamente gli si rivela disperata, vana, disorientata e al quesito formulato, coscientemente o no, ma pur sempre formulato, di un ultimo significato, ultrapersonale, assoluto, di ogni fatica e attività, oppone un vacuo silenzio, ecco che proprio nel caso di uomini dabbene sarà quasi inevitabile un'azione paralizzante di questo stato di cose, la quale, passando attraverso il senso morale psichico, finisce con l'estendersi addirittura alla parte fisica e organica dell'individuo. Per aver voglia di svolgere un'attività notevole che sorpassi la misura di ciò che è soltanto imposto, senza che l'epoca sappia dare una risposta sufficiente alla domanda "a qual fine?", occorre o una solitudine e intimità morale che si trova di rado ed è di natura eroica o una ben robusta vitalità.”

La montagna incantata

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“Ora tirano dalla strada, dal campanile e dalle case più lontane. Gli sono addosso, non gli lasciano scampo. Di Nanni toglie di tasca l'ultima cartuccia, la innesta nel caricatore e arma il carrello. Il modo migliore di finirla sarebbe di appoggiare la canna del mitra sotto il mento, tirando il grilletto poi con il pollice. Forse a Di Nanni sembra una cosa ridicola; da ufficiale di carriera. E mentre attorno continuano a sparare, si rovescia di nuovo sul ventre, punta il mitra al campanile e attende, al riparo dei colpi. Quando viene il momento mira con cura, come fosse a una gara di tiro. L'ultimo fascista cade fulminato col colpo. Adesso non c'è più niente da fare: allora Di Nanni afferra le sbarre della ringhiera e con uno sforzo disperato si leva in piedi aspettando la raffica. Gli spari invece cessano sul tetto, nella strada, dalle finestre delle case, si vedono apparire uno alla volta fascisti e tedeschi. Guardano il gappista che li aveva decimati e messi in fuga. Incerti e sconcertati, guardano il ragazzo coperto di sangue che li ha battuti. E non sparano. È in quell'attimo che Di Nanni si appoggia in avanti, premendo il ventre alla ringhiera e saluta col pugno alzato. Poi si getta di schianto con le braccia aperte nella strada stretta, piena di silenzio.”

Giovanni Pesce (1918–2007) partigiano e politico italiano

cap. VI, Morte e Trasfigurazione, pp. 144-145
Senza tregua: La guerra dei GAP

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“L'uomo vuole sempre sperare. Anche quando è convinto di essere disperato.”

Alberto Moravia (1907–1990) scrittore italiano

Origine: Da Il disprezzo.

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“Il loro cuore è mite, e l'animo paziente. Secoli di rassegnazione pesano sulle loro schiene, e il senso della vanità delle cose, e della potenza del destino. Ma quando, dopo infinite sopportazioni, si tocca il fondo del loro essere, e si muove un senso elementare di giustizia e di difesa, allora la loro rivolta è senza limiti, e non può conoscere misura. È una rivolta disumana, che parte dalla morte e non conosce che la morte, dove la ferocia nasce dalla disperazione. I briganti difendevano, senza ragione e senza speranza, la libertà e la vita dei contadini, contro lo Stato, contro tutti gli Stati. Per loro sventura si trovarono ad essere inconsapevoli strumenti di quella Storia che si svolgeva fuori di loro, contro di loro; a difendere la causa cattiva, e furono sterminati. Ma, col brigantaggio, la civiltà contadina difendeva la propria natura, contro quell'altra civiltà che le sta contro e che, senza comprenderla, eternamente la assoggetta: perciò, istintivamente, i contadini vedono nei briganti i loro eroi. La civiltà contadina è una civiltà senza Stato, e senza esercito: le sue guerre non possono essere che questi scoppi di rivolta; e sono sempre, per forza, delle disperate sconfitte; ma essa continua tuttavia, eternamente, la sua vita, e dà ai vincitori i frutti della terra, ed impone le sue misure, i suoi dèi terrestri, e il suo linguaggio.”

1990, p. 122
Cristo si è fermato a Eboli

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“Non dire no! | Lo so che ami un altro | ma che ci posso fare? | Io sono un disperato | perché ti voglio amare.”

Lucio Battisti (1943–1998) compositore, cantautore e produttore discografico italiano

da Il tempo di morire, lato A, n. 3
Emozioni

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“L'importante è insegnare quei valori | che sembrano perduti, | con il rischio di creare nuovi disperati.”

Giorgio Gaber (1939–2003) cantautore, commediografo e regista teatrale italiano

da Il tutto è falso, n. 1
Io non mi sento italiano

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“Non vi è peggior schiavitù di quella che s'ignora.”

Piero Martinetti (1872–1943) filosofo italiano

Origine: Pietà verso gli animali, pp. 131-132

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“Un male disperato richiede un rimedio pericoloso.”

Guy Fawkes (1570–1606) militare, attivista politico e rivoluzionario inglese
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“Decisero allora, per poter in qualche modo difendersi dai suoi giochi fastidiosi, e prendere un po' di riposo, e lasciare a turno uno di loro di sentinella mentre gli altri dormivano, con l'incarico di tenere almeno lontano il monachicchio, se la fortuna non consentiva di afferrarlo. Tutto fu inutile: quell'inafferrabile folletto continuava i suoi dispetti come prima, ridendo allegramente della rabbia impotente degli operai. Disperati, essi ricorsero allora all'ingegnere che dirigeva i lavori: era un signore istruito, e forse sarebbe riuscito meglio di loro a domare il monachicchio scatenato. L'ingegnere venne, accompagnato dal suo assistente, un capomastro: tutti e due armati col fucile da caccia a due canne. Al loro arrivo il monachicchio si mise a fare sberleffi e risate, dal fondo della grotta, dove tutti lo vedevano benissimo, e saltava come un capretto. L'ingegnere imbracciò il fucile, che aveva caricato a palla, e lasciò partire un colpo. La palla colpì il monachicchio, e rimbalzò indietro verso quello che l'aveva tirata, e gli sfiorò il capo con un fischio pauroso, mentre lo spiritello saltava sempre più in alto, in preda a una folle gioia. L'ingegnere non tirò il secondo colpo: ma si lasciò cadere il fucile di mano: e lui, il capomastro, gli operai e Carmelo, senza aspettar altro, fuggirono terrorizzati. Da allora quei manovali si riposano all'aperto, sotto il sole, coprendosi il viso col cappello: anche tutte le altre grotte dei briganti, in quei dintorni di Irsina, erano piene di monachicchi, ed essi non osarono più metterci piede.”

Cristo si è fermato a Eboli

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“In età molto tenera i bambini sono indifesi e completamente dipendenti; li si può controllare facilmente esprimendo disapprovazione oppure facendo ricorso alla forza fisica e alle punizioni. Nei confronti dei bambini più grandi si può raggiungere lo stesso scopo con la seduzione. Al bambino viene promesso un trattamento speciale, una maggiore intimità, se si adeguerà ai desideri dei genitori. […] II bambino che viene portato a sentirsi speciale diventa il centro della lotta dei genitori per il potere e la sua posizione diventa particolarmente critica nel periodo edipico. Se è maschio entra in competizione con il padre, perché la madre lo induce a sentirsi superiore a lui. L'interesse speciale che il padre riversa sulla ragazza fa sì che questa divenga la rivale della madre. Il bambino è intrappolato in una situazione disperata. C'è sempre, da un lato, il pericolo dell'ostilità del genitore dello stesso sesso e dall'altra, se c'è stata una risposta sessuale alla seduzione, la paura dell'incesto o di un rifiuto umiliante. In quasi tutti i casi, il genitore che seduce è anche un genitore che rifiuta. A quell'età la paura dell'incesto è paura fisica dell'organo genitale adulto, che appare potente. Purtroppo per il bambino non c'è via d'uscita da questo genere di situazione edipica se non quella di sopprimere i sentimenti sessuali. Il bambino non soffoca la genitalità ma la sessualità – e cioè sensazioni di languore nell'area della pelvi, che sono la base dell'amore sessuale. Ma la soppressione dei sentimenti equivale a una castrazione psicologica e lascia orgasticamente impotenti. Sono fermamente convinto che, al livello più profondo, questa impotenza sia alla base della lotta per il potere.”

Alexander Lowen (1910–2008) psicoterapeuta, medico e psichiatra statunitense

Origine: Il narcisismo. L'identità rinnegata, pp. 77-79

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“La morte non è | nel non poter comunicare | ma nel non poter più essere compresi.”

da Una disperata vitalità
Poesia in forma di rosa
Origine: Citato in Pier Paolo Pasolini: In Living Memory, a cura di Benjamin Lawton e Maura Bergonzoni, New Academia Publishing, Washington, 2014, p. 254 https://books.google.it/books?id=K4TaEzPzCxAC&pg=PA254. ISBN 978-0-9818654-1-6

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“Non c'è fonte di umorismo più ricca e affidabile della mente di un bambino. Gran parte degli autori di fumetti, essendo infantili, lo riconoscono, anche se, nel momento in cui tentano di catturare la natura tumultuosa dei giovanissimi, falliscono e finiscono per creare bambini che non sono bambini, ma noiosissimi adulti in miniatura che fanno dell'umorismo. È sorprendente, ma la stragrande maggioranza degli autori di strisce comiche per bambini (compresi gli autori dei Cosby) dimostra di aver ben poco feeling e fiducia nella vera fonte della comicità che è l'infanzia in tutta la sua fascinosa spensieratezza. Questo non vale per Bill Watterson, che si è distinto, come del resto i suoi personaggi alquanto insoliti, Calvin & Hobbes. Watterson ce l'ha fatta, è riuscito a cogliere l'infanzia in tutti i suoi innumerevoli stati d'animo. Chiunque stia vicino a un bambino sa che la realtà per lui non esiste. La fantasia nel suo mondo è così facilmente raggiungibile e lontana dalla realtà quotidiana. Guardate i genitori di Calvin, che vivono nell'angoscia di cadere nei suoi tranelli mentre, in realtà, per Calvin non esistono neanche. Il bambino è il re e custode del suo fantastico regno, ed è molto selettivo nello scegliere i suoi compagni. Il fatto che il suo regno sia così esclusivo non fa che provocare il tentativo, da parte di molti grandi, di riconquistare la serendipità della giovinezza per recuperare ciò che è irrecuperabile. Pochi disperati si sforzano a tal punto da guadagnarsi un bel posto al Betty Ford Center [clinica per recupero alcolisti]. Gli altri, dotati di un pizzico di sensibilità in più, leggono Calvin & Hobbes.”

Garry Trudeau (1948) fumettista statunitense

dall'introduzione di Bill Watterson, Calvin and Hobbes, Comix, 1998. ISBN 9788881930432

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“Nel tempio della scienza ci sono molte dimore… e diversi davvero sono coloro che le abitano e i motivi che ve li hanno condotti. Molti cercano nella scienza l'esaltante sensazione di superiore capacità intellettuale; la scienza è lo sport da cui trarre un'esperienza vivida e il soddisfacimento delle ambizioni; nel tempio ci saranno anche i molti che hanno immolato i prodotti del loro cervello a fini puramente utilitaristici. Se venisse un angelo del Signore a cacciare tutta la gente che appartiene a queste due categorie, il tempio si svuoterebbe di molti fedeli, ma qualcuno rimarrebbe: uomini sia dell'epoca presente sia di quella passata… Se le categorie che abbiamo appena espulso fossero le sole a popolare quel luogo, il tempio non sarebbe mai esistito, così come non può esistere un bosco fatto di soli rampicanti. Coloro che troveranno favore presso l'angelo […] sono tipi isolati, poco comunicativi, solitari, in realtà molto meno simili tra loro degli appartenenti alla schiera dei cacciati. Quel che li ha portati al tempio […] non c'è un'unica risposta per spiegarlo, […] l'evasione dalla vita quotidiana, dalla sua penosa crudezza, da una disperata monotonia, la fuga dalla schiavitù dei propri desideri. Una natura nobile desidera con tutte le sue forze di sfuggire al suo ambiente affollato e rumoroso per rifugiarsi nel silenzio delle vette più alte, dove l'occhio spazia liberamente nell'aria ancura pura e segue con sguardo amorevole i placidi contorni che paiono costruiti per l'eternità.”

Albert Einstein (1879–1955) scienziato tedesco
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“Dire quella parola e poi morire: cosa v'è di più grande? Poiché voler morire è morire e non fu colpa di quell'uomo se, mitragliato, sopravvisse.
Colui che ha vinto la battaglia di Waterloo non è Napoleone messo in rotta, non è Wellington, che alle quattro ripiega e alle cinque è disperato, non è Blücher che non ha affatto combattuto; colui che ha vinto la battaglia di Waterloo è Cambronne. Poiché fulminare con una parola simile il nemico che v'uccide, significa vincere.
Dar questa risposta alla catastrofe, dire siffatta cosa al destino, dare codesta base al futuro leone, gettar codesta ultima battuta in faccia alla pioggia della notte, al muro traditore d'Hougomont, alla strada incassata d'Ohain, al ritardo di Grouchy e all'arrivo di Blücher; esser l'ironia nel sepolcro, fare in modo di restar ritto dopo che si sarà caduti, annegare in due sillabe la coalizione europea, offrire ai re le già note latrine dei cesari, fare dell'ultima delle parole la prima, mescolandovi lo splendore della Francia, chiudere insolentemente Waterloo col martedì grasso, completare Leonida con Rabelais, riassumer questa vittoria in una parola impossibile a pronunciare, perder terreno e conquistare la storia, aver dalla sua, dopo quel macello, la maggioranza, è una cosa che raggiunge la grandezza eschilea.
La parola di Cambronne fa l'effetto d'una frattura: la frattura d'un petto per lo sdegno, il soverchio dell'agonia che esplode.”

II, I, XV; 1981
I miserabili

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“La politica sociale è la disperata decisione di operare i calli di un malato di cancro.”

Karl Kraus (1874–1936) scrittore, giornalista e aforista austriaco

Detti e contraddetti

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“I più disperati sono i canti più belli | e ne so d'immortali che sono puri singhiozzi.”

Alfred De Musset (1810–1857) poeta, scrittore e drammaturgo francese

(da La notte di maggio, in Poesie nuove)
I più disperati sono i canti più belli. Ne conosco di immortali che sono dei veri singhiozzi.

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“Una letteratura disperata è una contraddizione in termini.”

Albert Camus (1913–1960) filosofo, saggista e scrittore francese

Origine: Da L'estate

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“Non c'è maggior consolazione di quella della desolazione, come non c'è speranza più attiva di quella dei disperati.”

Miguel de Unamuno (1864–1936) poeta, filosofo e scrittore spagnolo

L'agonia del Cristianesimo

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